Don Carlo Gnocchi: il sogno e il compimento di una vita per la carità


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Chi è?

Carlo Gnocchi nacque a San Colombano al Lambro, in provincia di Milano e diocesi di Lodi, il 25 ottobre 1902, ultimo dei tre figli di Enrico Gnocchi e Clementina Pasta. Nel 1908, un anno dopo essere rimasto orfano di padre, si trasferì a Milano con il resto della famiglia. Nel 1915 entrò nel Seminario diocesano di Milano, frequentando le sedi di Seveso, Monza e Milano.
Ordinato sacerdote il 6 giugno 1925, ebbe il primo incarico come vicario parrocchiale a Cernusco sul Naviglio, nella parrocchia di Santa Maria Assunta, ma l’anno successivo fu trasferito con lo stesso ruolo nella parrocchia di San Pietro in Sala a Milano.
Divenne poi cappellano dell’Opera Nazionale Balilla e della Gioventù Universitaria Fascista, più precisamente della II Legione universitaria della milizia di Milano. Dal 22 settembre 1936 don Carlo fu assistente spirituale dell’Istituto Gonzaga di Milano, retto dai Fratelli delle Scuole Cristiane.
Dopo l’entrata in guerra dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, si arruolò volontario come cappellano militare del battaglione «Val Tagliamento» degli Alpini, destinato al fronte greco-albanese. Tornato in Italia, don Carlo riprese il suo impegno al Gonzaga, ma dopo qualche tempo chiese di ripartire per la guerra. Dal luglio 1942 alla ritirata del gennaio 1943 fu cappellano della divisione Tridentina, sempre degli Alpini.
Al rientro in patria, fu nominato assistente spirituale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Cominciò anche a concretizzare un’idea che gli era sorta durante gli anni della guerra: dare vita a un’opera di carità. Iniziò cercando gli orfani dei suoi alpini, poi, quando fu nominato direttore dell’Istituto Grandi Invalidi di Arosio, accolse non solo gli orfani, ma anche i bambini gravemente mutilati. Nacque allora la Fondazione Pro Infanzia Mutilata, poi rinominata Fondazione Pro Juventute.
Nel novembre 1955 don Carlo scoprì di essere malato di tumore allo stomaco. Morì nel pomeriggio del 28 febbraio 1956, presso la clinica Columbus di Milano, dopo aver donato le sue cornee a due dei bambini seguiti dalla sua Fondazione.
È stato beatificato in piazza del Duomo a Milano il 25 ottobre 2009. I suoi resti mortali sono venerati nel Santuario a lui dedicato, accanto al Centro “Santa Maria Nascente”, in via Capecelatro 66 a Milano. La sua memoria liturgica cade il 25 ottobre, giorno del suo compleanno e anniversario della sua beatificazione.

Cosa c’entra con me?


Per lungo tempo don Carlo Gnocchi, per me, è stato un totale sconosciuto. La prima volta che ho sentito parlare di lui fu durante una puntata della trasmissione a quiz Novecento: gli fu dedicato uno spazio molto ampio, sottolineando il dono delle sue cornee. Non ricordo affatto se mi colpì o meno la notizia che il 20 dicembre 2002 era stato autorizzato il decreto che lo dichiarava Venerabile: più probabilmente no, dato che all’epoca non m’interessavo affatto dei percorsi verso la canonizzazione, men che meno dei potenziali Santi delle mie parti.
Un primo interesse mi fu dato dalla lettura del fumetto realizzato da Giuseppe Ramello e Sergio Toppi allegato a Il Giornalino, di cui sono stata lettrice ben oltre l’infanzia. Le matite di Toppi mi avvinsero come era avvenuto per altre biografie lette sul settimanale paolino per ragazzi. Ormai ero nel pieno della mia fase di recupero delle vicende esemplari, ma quella di don Gnocchi, indubbiamente il personaggio più famoso anche al di là dell’ambiente ecclesiale tra i candidati agli altari ambrosiani, rimaneva forse l’unica che conoscevo meno.
L’annuncio della beatificazione, in compenso, mi trovò molto più consapevole e interessata. Avevo già partecipato alla beatificazione di monsignor Luigi Biraghi e di don Luigi Monza ed ero determinata a non mancare. Anche la mia migliore amica voleva esserci, tanto più che suo padre era stato un alpino. Restava da capire come riuscire a recuperare due biglietti per l’accesso a piazza Duomo: supponevamo, senza sbagliarci, che sarebbero finiti in breve tempo.
Più o meno una settimana prima dell’evento, eravamo di passaggio dalle Suore di Maria Bambina, al Santuario annesso alla loro Casa generalizia di Milano. Parlando con la suora portinaia, io venni a sapere che il parroco uscente della mia parrocchia di nascita, delegato arcivescovile per l’Ordo Viduarum, era lì con le signore da lui seguite, per una mezza giornata di ritiro.
Dopo averlo raggiunto – ed essere stata scambiata dalle vedove per una nuova aderente al gruppo, come anche la mia amica, la quale all’epoca non era ancora sposata – gli ho raccontato che avrei voluto andare alla beatificazione. Dopo qualche istante, il don trasse dalla sua borsa due pass per il settore riservatissimo. Grazie a lui, la mattina del 25 ottobre di dieci anni fa ci siamo ritrovate nella metà della piazza più vicina all’altare, anche se, per precauzione, ci eravamo mosse con un discreto anticipo.
Per prepararmi al meglio a quella giornata, mi ero procurata uno dei libri usciti per l’occasione. Mi stupì la descrizione delle varie fasi del ministero di don Carlo, unite dalla preoccupazione educativa per i giovani e poi per i bambini.
Sono rimasta poi meravigliata dalla creatività della sua carità: grazie alla Provvidenza (sollecitata da lettere anche ai più importanti industriali dell’epoca, come racconta la curatrice dell’Archivio Storico della Fondazione nel numero di giugno 2019 della rivista Missione Uomo), poté avere materiale per avviare al lavoro gli ospiti dei suoi centri, o ancora attuare la trasvolata oceanica sull’Atlantico da parte dell’aereo ribattezzato “L’Angelo dei bimbi”, o il raid motociclistico Milano-Oslo della “Freccia Rossa” formata da venticinque Moto Guzzi 65 (i cosiddetti Guzzini) guidati da altrettanti scout.
Il legame tra me e don Carlo si è stretto ancora di più quando, cambiando casa e quindi parrocchia, sono capitata a due passi dal Centro Vismara, passato alla Fondazione Don Gnocchi poco tempo dopo il mio arrivo. Uno dei sacerdoti residenti in una delle mie due parrocchie, ho scoperto quasi contemporaneamente, era ed è assistente spirituale lì. In un incontro del gruppo giovani decanale (se non sbaglio), raccontò che lui stesso aveva avuto un percorso simile a quello di don Carlo: dopo nove anni come prete d’oratorio, chiese di potersi dedicare ai disabili. Per questa ragione, tra le memorie facoltative vivamente raccomandate dei nuovi Beati ambrosiani, quella che cade il 25 ottobre è sentitissima.
Altre letture e altri incontri me l’hanno fatto sentire ancora più vicino. Ad esempio, quello che mi è avvenuto il 23 settembre 2017, nella cattedrale di Bergamo, dov’ero di passaggio per l’apertura dell’inchiesta diocesana della Serva di Dio suor Edda Roda. Il sacrista, a cui mi rivolsi per lasciare un’offerta corrispondente ai libri e ai santini che avevo preso, fu così gentile che mi venne spontaneo ricambiare anche “in natura”, con qualche immaginetta della mia scorta. Estrassi a caso un santino del Beato Carlo Gnocchi, ma il sacrista rifiutò, perché l’aveva già. Non solo: nella prima Adunata dopo la beatificazione, che si svolse proprio a Bergamo, poté stare a sorvegliare l’urna da solo per un’ora intera.
A proposito dell’Adunata degli Alpini, inizialmente pensavo di pubblicare questo post proprio in occasione dell’ultima, che si è svolta a Milano. La notizia dell’uscita del libro Alpini di Dio me lo ha fatto spostare a oggi, per i dieci anni dalla beatificazione.
Leggere quel volumetto mi ha permesso di notare un elemento comune tra il mio percorso di vita e quello di don Carlo: anche lui ha rischiato di morire di freddo, durante la ritirata di Russia, in modo ben più grave di quanto mi è successo alla GMG di Colonia. Anche io ho sentito che la mia vita è stata prorogata, com’è accaduto a lui (usa questo aggettivo in una cartolina a don Carlo Sterpi datata 26 marzo 1943), sebbene per un tipo di carità diversa dalla sua.
Benché si trovi nella mia stessa città, non sono ancora andata a visitare il Santuario a lui dedicato. La ragione è che vorrei portarci la mia amica, ma per i suoi impegni di lavoro non è mai stato possibile. Spero proprio di riuscirci, un giorno.

Il suo Vangelo

Dal Gonzaga agli alpini ai mutilatini, direi che don Carlo non si è accontentato di un ministero mediocre. Lo ha ben compreso il suo arcivescovo, che all’epoca della campagna di Russia era il cardinale Schuster, non senza fatica: oggi li veneriamo entrambi come Beati perché ciascuno ha seguito il proprio percorso originale.
Leggere di quei contrasti mi fa pensare ancora adesso a quei preti che non si sentono compresi nei loro desideri, sperando che siano dovuti a esigenze serie e motivate. Quelle di don Gnocchi sono espresse specialmente nelle sue lettere, in particolare a quelle destinate al cugino Mario Biassoni, suo confidente privilegiato.
Il 17 settembre 1942, dal fronte russo, gli scriveva:
Dio è tutto qui: nel fare del bene a quelli che soffrono ed hanno bisogno di un aiuto materiale o morale. Il cristianesimo, e il Vangelo, a quelli che lo capiscono veramente, non comanda altro. Tutto il resto vien dopo e vien da sé.
Un messaggio davvero condivisibile e applicabile in ogni circostanza, anche da chi non è stato chiamato alla sua stessa vocazione.

Per saperne di più

Ennio Apeciti, Li amò sino alla fine – Vita di don Carlo Gnocchi, Centro Ambrosiano 2009, pp. 216, € 10,00.
Biografia ufficiale uscita per la beatificazione, curata dal Responsabile del Servizio per le Cause dei Santi della diocesi di Milano.

Emanuele Brambilla (a cura di), Don Gnocchi – Il prete che cercò Dio tra gli uomini, Centro Ambrosiano 2009, pp. 192, € 16,00.
A cinquant’anni dalla morte di don Carlo, una raccolta di testimonianze di uomini di Chiesa, tratte da omelie e discorsi pubblici.

Barbara Garavaglia, Malato d’infinito – Don Gnocchi e le virtù, Centro Ambrosiano 2013, pp. 176, € 9,90.
Rilettura del suo percorso con l’accento su come visse le virtù cardinali e teologali.

Carlo Gnocchi, Pedagogia del dolore innocente, San Paolo 2016, pp. 144, € 10,00.
Il testo in cui don Carlo sviluppò la sua riflessione sul mistero del dolore, specie nei bambini. Quest’edizione è corredata anche dai commenti del cardinal Angelo Scola e del filosofo Salvatore Natoli.

Il volume degli scritti completi di don Gnocchi non è più in catalogo, ma suppongo che alla Fondazione ne abbiano almeno qualche copia, o si possa consultare.

Su Internet

Sezione su di lui del sito della Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus

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