Maria Antonia di San Giuseppe, come le donne della Risurrezione

 

Immagine usata
per l’arazzo della canonizzazione
(fonte)

Chi è?

 

Maria Antonia de Paz y Figueroa nacque probabilmente (il suo certificato di Battesimo è andato perduto) nel 1730 a Silípica, presso Santiago del Estero, in Argentina, da una famiglia di proprietari terrieri: i nomi dei suoi genitori, per come sono stati tramandati, sono Francisco Solano de Paz y Figueroa e Andrea de Figueroa. Era dotata di una certa cultura, perché sapeva leggere, scrivere e far di conto.

A quindici anni lasciò la casa paterna e si consacrò privatamente al Signore, diventando una “beata”, ossia una di quelle donne che s’impegnavano a vivere la carità verso i poveri e aiutavano i padri della Compagnia di Gesù nell’organizzazione degli Esercizi Spirituali. Cambiò anche nome, diventando Maria Antonia di San Giuseppe.

Con decreto datato 27 febbraio 1767, ma reso effettivo il 9 agosto seguente, re Carlo III di Spagna ordinò l’espulsione di tutti i Gesuiti dal territorio spagnolo, colonie comprese. Maria Antonia, come molti altri fedeli, rimase sconvolta, ma cominciò a pensare a un modo affinché l’insegnamento dei figli di sant’Ignazio non andasse perso.

Dopo aver pregato a lungo e chiesto consiglio, ebbe un’esperienza di grazia mentre pregava davanti alle reliquie di san Francesco Solano: comprese che doveva curare lei gli Esercizi Spirituali per quanto concerneva la parte organizzativa. Precisamente, mentre un sacerdote avrebbe tenuto le meditazioni, lei e le altre “beate” avrebbero trovato una casa per ospitare i fedeli, oltre al cibo necessario per i giorni di ritiro.

Percorse più di duemila chilometri a piedi per invitare le persone agli Esercizi, prima nella zona di Santiago del Estero, poi estendendosi alle regioni di Catamarca, La Rioja e Córdoba. Gli Esercizi Spirituali, intanto, davano molti frutti, in termini di conversioni personali e non solo.

Agli inizi del settembre 1779 Maria Antonia e altre “beate” compirono ancora un viaggio, di nuovo totalmente a piedi, per arrivare alla grande città di Buenos Aires. L’accoglienza fu pessima, sia da parte degli abitanti, sia del viceré del Río de la Plata, Juan José de Vértiz y Salcedo. Il vescovo di Buenos Aires, Sebastián Malvar y Pinto, passò invece dall’ostilità al sostegno, tanto da scrivere al Papa per elogiarla.

Maria Antonia era ormai nota come “Mama Antula” (“Antula” è comunemente inteso come la versione, in lingua quechua, del nome “Antonia” e si pronuncia con laccento sulla u): le venivano attribuiti doni soprannaturali e prodigi. Le sue lettere, tradotte dai Gesuiti in esilio, vennero diffuse anche in Europa. Quanto a lei, continuò i suoi viaggi, spingendosi fino in Uruguay.

Tornata a Buenos Aires, avviò ancora un’opera, la fondazione della Santa Casa per gli Esercizi, una struttura stabile, non più in affitto, per accogliere gli eserciziandi. Morì proprio in quella casa, nella cella numero 8 che si era riservata, il 7 marzo 1799.

Maria Antonia di San Giuseppe è stata beatificata il 27 agosto 2016 presso il parco Francisco de Aguirre di Santiago del Estero e canonizzata da papa Francesco l’11 febbraio 2024 nella basilica di San Pietro a Roma. Le sue spoglie sono venerate nella basilica di Nostra Signora della Pietà a Buenos Aires, mentre la sua memoria liturgica ricorre il 7 marzo, giorno della sua nascita al Cielo.

 

Cosa c’entra con me?

 

Rispetto a molte altre figure che ho presentato qui, la mia conoscenza di Mama Antula è relativamente recente. Non ne avevo infatti mai sentito parlare, o meglio, non me ne ero interessata finché non è stato promulgato il decreto sul miracolo per la beatificazione.

Dato che in italiano su di lei non c’era praticamente nulla, mi sono messa d’impegno per scrivere un suo profilo biografico per santiebeati, appena tornata dalla GMG di Cracovia. Già da allora mi sono resa conto che era un personaggio davvero da scoprire e da ammirare per la sua intraprendenza. Mi sono però fermata a quell’articolo, quasi come se avessi svolto un compitino o poco più.

Il 24 ottobre scorso mi ha letteralmente colta di sorpresa la notizia che era stato approvato un secondo miracolo e che, quindi, la sua canonizzazione era imminente. Allo stesso modo mi ha meravigliata il fatto che la canonizzazione era prevista per quattro mesi dopo e che per la prima volta dopo anni si sarebbe svolta nella basilica di San Pietro, non in piazza: immaginavo infatti che potesse essere l’occasione perché papa Francesco rimettesse piede in Argentina, per onorare appunto la futura Santa e quello che ha compiuto per il loro Paese.

Ho cercato d’ignorare le malelingue e i complottismi, concentrandomi sull’aggiornamento del profilo, che in sé e per sé era completo: mancavano, appunto, i dati sul miracolo e sulla canonizzazione.

Di fatto, è ormai risaputo che l’attuale successore di san Pietro tenga veramente molto a Maria Antonia, ma preferisco pensare che lui sia stato uno strumento di cui la Provvidenza si è servita per rimettere in luce – perché in vita era già piuttosto famosa, da quel che ho capito, anche qui in Europa – la vicenda di quella donna; insomma, mi pareva, ancora una volta, di riscontrare come fosse arrivata la persona giusta al momento giusto perché la gloria di Dio si manifestasse in una sua figlia.

Per capire se io potessi avere qualche affinità con lei, ho pensato di procurarmi l’unica biografia al momento edita in italiano, chiedendola direttamente all’Ufficio Stampa della Libreria Editrice Vaticana; ovviamente, a post pubblicato, l’avrei trasmesso a chi di dovere.

Tuttavia, per un ritardo nella consegna della posta, o più sicuramente perché io non mi sono mossa per tempo, il libro non è arrivato prima della canonizzazione e, di conseguenza, non ho potuto pubblicare il post l’11 febbraio. Ho cercato di rimediare scusandomi con i miei pochi lettori, evitando che rimanessero delusi al vedere che non ero “sul pezzo”, come si dice.

Ho anche lasciato a metà la lettura del libro, dato che non poteva essere più attuale parlare di lei; avrei potuto farlo a ridosso della prima memoria liturgica da Santa, ma cadeva in Quaresima, periodo nel quale non pubblico nulla se non il 19 e il 25 marzo (quest’ultima data è coincisa con l’inizio della Settimana Santa, quindi quest’anno non ho postato nemmeno allora).

Nel post di scuse promettevo:

Questo però non m’impedirà, eventualmente, di scrivere di lei: in tal caso, cercherei un mio modo personale di trattarla, andando oltre le pur doverose definizioni di donna intrepida, capace di sfidare le convenzioni e di essere un modello per le donne che oggi cercano di far sentire la loro voce nella Chiesa.

L’ispirazione mi è venuta proprio l’altro ieri, ascoltando il Vangelo del Lunedì in Albis che, per il Rito Ambrosiano, si riferiva all’annuncio della Risurrezione secondo Luca. Ho iniziato a pensare che Maria Antonia avesse molto in comune con queste donne: anche lei, alla cacciata dei Gesuiti dai territori spagnoli, si è sentita smarrita, ma poi ha ricevuto un annuncio, sotto forma di un’intuizione interiore: poteva fare qualcosa perché l’eredità ignaziana non andasse dispersa e continuasse a essere un modo per far comprendere ancora meglio ai fedeli l’Incarnazione, la Passione e la Risurrezione di Gesù.

Ho quindi ripreso il libro e l’ho quasi divorato, riuscendo finalmente a capire che tra me e Maria Antonia potevano esserci elementi in comune. Anzitutto, il fatto che entrambe in età non più giovanissima – lei iniziò l’opera degli Esercizi a trentott’anni – abbiamo iniziato a vedere un nuovo spiraglio per il compimento della nostra vocazione, che per lei era già avviato.

Tra l’altro, per comodità si afferma che le “beate” argentine del ‘700 siano simili alle laiche consacrate odierne: forse, però, assomigliano più alle “monache di casa” napoletane coeve, come santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe (qui il mio post su di lei), con una sola differenza: non dipendevano direttamente da un Ordine religioso, anche se potevano avere legami molto forti (nel caso di Maria Antonia, oltre che dai Gesuiti, era riconosciuta come sorella e madre anche dai padri Mercedari).

Un altro tratto che ci accomuna è l’affetto per alcune immagini sacre in particolare. Maria Antonia non si separava quasi mai da due raffigurazioni: una statuetta della Madonna Addolorata, che definiva “la Badessa”, e un Gesù Bambino molto singolare, posto su una croce (ma non crocifisso) che portava al collo. Lo chiamava Mañuco (in quechua) o Manuelito (in castigliano): è un diminutivo di “Emmanuele”, uno degli appellativi di Gesù.

Anche lei aveva i suoi Santi particolarmente cari, a cominciare da san Giuseppe, del quale assunse il nome quando iniziò a vivere nel “beaterio”, la struttura vicina alla casa dei Gesuiti di Santiago del Estero. Decise poi che avrebbe fatto celebrare una Messa in suo onore ogni 19 del mese, per ottenere la grazia del ritorno dei Gesuiti in Argentina. Non avessi programmato un altro post, anche il 19 marzo poteva essere una buona data, ora che ci penso.

La grazia che segnò l’inizio del suo nuovo cammino avvenne mentre era in preghiera davanti alle reliquie di san Francesco Solano a Santiago del Estero: a quel Santo frate francescano, evangelizzatore del Sud America, chiese di poter avere il suo stesso spirito apostolico.

Infine, un altro dei suoi meriti risiede nel non aver fatto perdere la devozione a sant’Ignazio di Loyola, che rischiava di andare dispersa con la cacciata dei suoi figli spirituali. Di pari passo, introdusse il culto a san Gaetano da Thiene, contemporaneo di sant’Ignazio: ogni 7 agosto, giorno della memoria liturgica di quel Santo, il suo santuario nel quartiere Liniers di Buenos Aires è affollato di pellegrini che in lui vedono un dispensatore della Provvidenza divina (per quel che so, insieme a Napoli, è uno dei centri dov’è più venerato al mondo), specie per quanto riguarda i problemi di lavoro.

Un interessante approfondimento sulla sua vita e spiritualità è stato offerto poco prima della canonizzazione, in questa conferenza organizzata dalla Pontificia Università Gregoriana.



Il suo Vangelo

 

Davvero Mama Antula è una donna della Risurrezione: non solo perché ha permesso di far risorgere il senso religioso negli abitanti del nord dell’Argentina e di riportare la pratica degli Esercizi Spirituali, ma perché ha continuato ad annunciare che, anche mentre tutto sembrava perduto, il Signore era ancora vivo e presente in mezzo al suo popolo.

Chi oggi storce il naso perché lei è arrivata così presto al massimo onore degli altari – tra la beatificazione e la canonizzazione intercorrono sei anni e sei mesi circa – farebbe meglio a documentarsi sull’impatto che lei ha lasciato in Argentina, anche a livello civile. Tramite l’opera degli Esercizi, infatti, ha abbattuto le barriere tra ricchi e poveri, che compivano le stesse pratiche penitenziali, ascoltavano le medesime predicazioni e si servivano a vicenda. Agli indios spesso insegnava lei stessa a scrivere, così da fornire loro i necessari strumenti culturali.

Il suo zelo missionario ha conosciuto anche batoste e offese, come quelle avvenute a Buenos Aires e in Uruguay (andandosene da lì, prese alla lettera il Vangelo e scosse via dai suoi sandali la polvere del terreno) e, se la salute gliel’avesse concesso, l’avrebbe condotta anche in Europa, dove le sue lettere ai Gesuiti erano già diffuse e tradotte in più lingue.

Lo assicura lei stessa scrivendo a padre Gáspar Juarez il 7 agosto 1780 (proprio il giorno di san Gaetano), aggiungendo:

Alcuni hanno considerato, come ho già detto, le mie intenzioni pazze e ridicole. Questo non mi imbarazza, perché il mondo è sempre vano e contrario al Vangelo e si deve manifestare sempre in opposizione a tutto ciò che gli è contrario. Tutte queste avversità […] svaniscono col tempo e non hanno altro scopo se non quello di raggiungere la meta e perfezionare la mia missione.

Penso, ora, di sentirla un po’ più vicina e d’invitare ad affidarsi anche a lei, in questo mese dove la Rete Mondiale di Preghiera del Papa invita a pregare «perché vengano riconosciute in ogni cultura la dignità delle donne e la loro ricchezza, e cessino le discriminazioni di cui esse sono vittime in varie parti del mondo».

 

Per saperne di più

 

Nunzia Locatelli e Cintia Daniela Suárez, Mama Antula – La fede di una donna indomita, Libreria Editrice Vaticana 2020, pp. 158, € 13,00.

L’unico libro su di lei al momento disponibile in italiano: non è aggiornato alla canonizzazione, ma colloca con efficacia la sua storia nel contesto sociale e religioso nell’Argentina del suo tempo ed è basato sulle biografie storiche, oltre che sui dati della Positio super virtutibus.

 

Su Internet

 

Sito dei familiari (nel vero senso della parola, ovvero di parenti alla lontana) e devoti di Maria Antonia

Pagina su di lei del sito del Dicastero delle Cause dei Santi 

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