"Symbolum", i canti per dire il Credo

 


Il viaggio apostolico di papa Leone XIV in Turchia e Libano, in occasione del millesettecentesimo anniversario del Concilio di Nicea, mi ha risvegliato un’idea a cui pensavo da tempo: elencare, come avevo tentato per i canti o inni dei candidati preti ambrosiani, tutti (o quasi) i canti che rientrano sotto la categoria del Symbolum. Fuori dalla mia diocesi, infatti, penso che siano in pochi a conoscere perché questi brani, pur dotati di titolo ufficiale, siano inclusi sotto questa denominazione.

Essendo praticamente tutti molto noti, non indico dove reperire i relativi spartiti. Suggerisco, comunque, di far riferimento alla Sezione Musica Liturgica del Servizio per la Pastorale Liturgica della diocesi di Milano.

 

Una spiegazione storica

Nella terminologia cristiana, il Symbolum è il Credo, anche se etimologicamente si rifà a quei segni di riconoscimento che, nella Roma antica, due contraenti si spartivano per verificare, dopo anni di distanza, se un patto era stato rispettato. Nell’accezione più tarda, quindi, rappresenta la professione di fede.

Sotto l’episcopato del cardinal Giovanni Colombo, fu ripresa l’usanza di radunare in Duomo i catecumeni adulti che, nella Pasqua successiva, avrebbero ricevuto il Battesimo: in quella circostanza, come i primi cristiani, ricevevano il Credo, con l’impegno d’impararlo a memoria e viverlo nella quotidianità. Ai catecumeni venivano uniti i giovani dell’intera diocesi, nell’imminenza della Settimana Santa, nella veglia denominata quindi in traditione Symboli (“nella consegna del Credo”).

Durante il pontificato di san Giovanni Paolo II e fino a quando papa Francesco non l’ha spostata alla solennità di Cristo Re, era anche l’occasione per celebrare la Giornata Mondiale della Gioventù a livello diocesano, ma i giovani ambrosiani continuano a essere invitati a questa veglia.

 

L’apporto dell’Azione Cattolica Ambrosiana

La veglia era affidata fino al 2004, per l’organizzazione dei testi e dei canti da eseguire, ai Giovani dell’Azione Cattolica Ambrosiana. Tra di essi fu anche formato un coro, a cui ogni anno veniva affidato un canto di nuova composizione, che doveva costituire la riproposizione in musica e parole dei contenuti del Credo, adeguata alla fascia giovanile.

I giovani delle parrocchie lo ascoltavano in quell’occasione, lo imparavano, poi lo esportavano nelle comunità d’origine tramite i mezzi allora a disposizione, ovvero il repertorio Insieme nelle sue varie edizioni, pubblicato da In Dialogo, la casa editrice dell’Azione Cattolica diocesana, e coi rispettivi supporti fonografici prodotti dalla Rusty Records, poi Rugginenti. Il canto nuovo veniva quindi identificato come Symbolum con il numero progressivo dell’anno.

 

L’effetto dei “Symbolum” sulle assemblee

Se da un lato i vari Symbolum rappresentavano quindi un ulteriore segno del fermento suscitato dal Concilio Vaticano II per la produzione di musica che rispecchiasse la fede dei credenti anche col mutare degli anni, dall’altra sembrano essere diventati dei canti buoni per ogni occasione, intonati senza riflettere troppo sul contenuto delle parole. Inoltre, i giovani che avevano ascoltato e imparato quei canti in Duomo sono a loro volta invecchiati, mentre i giovani di ora, compresi quelli credenti, apprezzano in generale altre forme musicali.

La mia prima affermazione vale soprattutto per il primissimo Symbolum, quello del 1977, a firma di monsignor Pierangelo Sequeri: per molti è quasi il canto di chiesa per eccellenza, tanto omaggiato quanto parodiato. Ma andiamo con ordine...

 

1977

Symbolum ’77 (titolo dal primo verso: Tu sei la mia vita)

 

Autore: monsignor Pierangelo Sequeri

 

Credo proprio che sia tra i canti di produzione ambrosiana dalla maggior diffusione, non solo nazionale, ma internazionale: nel corso delle mie ricerche ho scovato anche una versione in tedesco (Herr, du bist mein Leben, che letteralmente è “Signore, tu sei la mia vita”) ed è il numero 456 del Gotteslob, il repertorio di canti per le diocesi cattoliche di Germania, Austria, Sud Tirolo, per le parrocchie di lingua tedesca in Lussemburgo e per la diocesi di Liegi in Belgio.

Come spesso accade, l’esecuzione a volte lascia a desiderare: mi risuonano nelle orecchie certe anziane signore di Portici, il mio paese delle vacanze, che, oltre a cantarlo parecchie ottave sotto la scrittura originale, storpiavano il finale del terzo e del quinto verso di ogni strofa.

Invece basterebbe riprendere in mano la partitura originale per rendersi conto della sua ricchezza. Musicalmente esprime la tensione del credente, che invoca la vicinanza di Dio, ribadisce la propria professione di fede nell’incarnazione del Figlio, cerca in Lui la forza ed esplode nella dichiarazione di fedeltà e speranza nella Trinità.

Sul piano testuale, è impostato in forma innica, ossia è privo di un ritornello. Per non risultare noioso, è previsto che le strofe dispari siano all’unisono, mentre quelle pari siano polifoniche.

L’arrangiamento dell’incisione originale risente molto dell’epoca di composizione, tant’è che ha subito altri stravolgimenti, al limite dell’irriverenza, proprio per la sua grande popolarità. Mi sembra però che il rifacimento a opera dei Timoria, per la colonna sonora del film Un Aldo qualunque, abbia una forma rispettosa in fondo, con alcune inserzioni che sembrano prese da Immigrant Song dei Led Zeppelin. 

La ragione è che Aldo, il protagonista del film, interpretato da Fabio De Luigi, canta nel coro della chiesa il cui parroco è un “prete-hippy”: nel ruolo è lo stesso cantante e leader dei Timoria, Omar Pedrini (che nella sua versione commette lo stesso errore delle vecchiette di Portici...).

 


 

1978

Symbolum ’78 (E sono solo un uomo) (titolo dal primo verso: Io lo so Signore)

 

Autore: monsignor Pierangelo Sequeri



 

Leggermente meno noto del precedente, è più festoso nell’andamento, ma mantiene una certa dignità, accentuata dall’uso della polifonia nella seconda parte della strofa e nei ritornelli, nei quali, però, non si ripetono le medesime parole.

La professione di fede è contenuta nella seconda metà della prima strofa, che evoca le tre Persone della Trinità con una curiosa inversione nell’ordine tra Figlio e Spirito Santo. La consapevolezza diventa maggiore nella seconda strofa, fino ad arrivare a dichiarare di accogliere la vita come un dono e di avere il coraggio di morire. Per questa ragione mi è accaduto di sentirlo o di eseguirlo in occasione di funerali.

 

1979

Symbolum ’79 (Io vedo la tua luce)

 

Autore: monsignor Pierangelo Sequeri

 


Per questa ricerca mi sono fatta aiutare da alcuni esponenti del Settore per la Musica e il Canto del Servizio di Pastorale Liturgica della diocesi di Milano, ma anche da Luca Diliberto, che in quegli anni collaborava all’organizzazione della veglia anche sul piano musicale.

Grazie a lui, quindi, ho appreso che un altro classico della produzione di monsignor Sequeri, usatissimo nel tempo d’Avvento, è in realtà nato come Symbolum per la veglia del 1979. Mi sono domandata perché: si riferisce alla missione di Giovanni il Battista e agli inizi della predicazione di Gesù, a meno che il verso E ti abbiamo visto stabilire la tua tenda tra la nostra indifferenza di ogni giorno non sia da intendere come una metafora dell’Incarnazione.

 

1980

Symbolum ’80 (Ma la tua Parola) (titolo dal primo verso: Oltre la memoria)

 

Autore: monsignor Pierangelo Sequeri

 


Con il quarto Symbolum si torna ad atmosfere meno festose e più tese, che però non rinunciano all’invocazione della Trinità (Padre buono, Figlio tanto amato, Spirito d’amore) a cui è dedicato il ponte di ciascuna delle tre strofe.

Sia il ponte, sia il ritornello mi sembrano avere un certo debito col Canone di Pachelbel, ma il ritornello sale di tonalità, rispecchiando come la vita sulla terra nell’attesa della seconda venuta del Signore sia faticosa e non sempre luminosa, ma la Parola permette di rischiarare almeno un po’ chi è capace di affidarsi.

L’ “era Sequeri”, così me l’ha definita Diliberto, si conclude col canto E lo credemmo abbandonato da Dio, composto per la veglia del 1981: non è una professione di fede trinitaria, bensì una meditazione sulla Passione di Gesù (infatti l’ho sentito ed eseguito nelle celebrazioni del Triduo pasquale).

 

1983

Symbolum ’83 (Verremo a Te)

 

Autore: Guido Meregalli

 


Un altro dei canti diventati purtroppo quasi un passepartout, soprattutto per sottolineare l’inizio di una celebrazione, è nato anch’esso per la veglia in traditione Symboli. Diliberto lo fa risalire al 1983, ma in questo repertorio parrocchiale corrisponderebbe al 1981, non so su che base.

Se il ritornello invoca esplicitamente Dio Padre e fa vagamente riferimento allo Spirito Santo (se intendo correttamente il riferimento nel verso di ogni cuore che l’amore attirerà; allora la parola “amore” dovrebbe avere l’ “a” maiuscola), la terza strofa contiene una professione di fede nel Padre, nella Parola (che nel Credo non c’è) e nel Figlio.

 

1987

Symbolum ’87 (Tu mi amavi già)

Autori: Edio Sarini e Duilio Preti

Purtroppo non è disponibile nessuna versione audio online.

L’elenco che mi ha fornito Luca Diliberto ha qualche incertezza, per sua stessa ammissione, ma sul Symbolum del 1987 è sicuro che fosse questo brano, che gode ancora di una certa fama: nel cercarne il testo, che ricordavo vagamente (dev’essere stato riproposto in qualche veglia negli anni 2000), sono finita sul sito del monastero di SantAnna, delle Clarisse, a SantAgata Feltria, in provincia di Rimini. Forse c’è qualche monaca di origine ambrosiana; non lo escluderei.

 

1992

Symbolum ’92 (Padre tu sarai per me)

Autore: don Claudio Burgio

Anche qui non è disponibile nessun audio o video online.

Sono sicura di aver eseguito questo canto in una delle prime veglie a cui ho partecipato in Duomo come membro del coro che, dal 2005, ha sostituito quello dei Giovani di Azione Cattolica (ci torno più in basso).

Sono altrettanto certa che, alcuni anni dopo, mi è capitata sotto gli occhi una preghiera composta dall’allora don Giovanni Battista Montini, il futuro san Paolo VI, risalente ai primi tempi del suo sacerdozio, che inizia con «Ricordati, Signore, che sono tua creatura»; da quel che ho capito, è stata scritta come riflessione sul tempo della malattia, che l’aveva colpito appunto quando era prete da pochi anni. Ascoltandola o leggendola, ho esclamato: «Ecco da dove don Claudio ha preso ispirazione per il suo Symbolum!».

I passaggi precisi sono nella prima strofa, diretta palesemente a Dio Padre (mi hai chiamato da lontano […] perché rispondessi vicino, che nel testo montiniano è praticamente uguale), ma anche nel ritornello, che s’indirizza sempre alla prima Persona della Trinità anche quando le strofe si riferiscono al Figlio e allo Spirito e inizia con le parole Dove nulla si perde io mi perderò, corrispondenti all’atto di totale abbandono che conclude la preghiera di Montini: «Dove niente si perde, perderò l’essere mio, in te, Signore, mio principio e mia fine»

 

2005

Sarò testimone

 

Autori: don Bortolo Uberti (testo), Filippo Bentivoglio (musica)

 


Ed ecco che torno a parlare del Gruppo Shekinah, formatosi proprio perché il coro di Azione Cattolica non si era più reso disponibile per la veglia in traditione Symboli.

Nel 2005 non ne facevo ancora parte, tant’è che, dall’assemblea, mi sentivo disorientata, ma non troppo, grazie alla direttrice dell’assemblea. Naturalmente non potevo conoscere il canto composto per quella veglia prima di averlo ascoltato in quella circostanza, ma mi è quasi subito entrato in testa e, dopo neanche due anni, nel cuore.

La veglia di quell’anno aveva come filo conduttore la conversione e il Battesimo di sant’Agostino, raccontati da alcuni attori, tra i quali ho rivisto uno dei miei ex professori di Religione al liceo. La vicenda del Santo è adombrata anche nelle strofe del canto, attraverso l’immagine della nave sul mare in tempesta e circondata dalla nebbia, ma anche nel riferimento ai maestri ciechi del paganesimo e del manicheismo che avevano spinto Agostino lontano da Dio.

Il ponte, invece, fa capire che c’è stato un uomo che gli ha dato meta ed umiltà (primo ponte), fede e carità (secondo ponte) ed è diventato la stella polare che ha riorientato il cammino del giovane oratore: sant’Ambrogio.

Il giovane che incontra figure come lui, che, come direbbe l’attuale arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, rendono desiderabile diventare adulti, può quindi gridare il suo Io credo in un Dio che è Padre di bontà, Figlio verità, Spirito con me.

Per quel che percepisco, Sarò testimone è uno dei brani più famosi, diffusi e apprezzati del repertorio di Shekinah: è stato ripreso in altre veglie della stessa circostanza, nelle quali il coro era composto da altre formazioni giovanili, secondo quella “pluriformità nell’unità” tanto cara al cardinal Angelo Scola. Sarebbe meraviglioso, un giorno, eseguirlo di fronte a papa Leone XIV, figlio di sant’Agostino, magari in una sua visita a Milano…

Per completezza, indico che esistono altri due canti di Shekinah assimilabili ai Symbolum: A Sua immagine, dove ogni strofa e ogni ritornello rimandano alla Trinità con un tappeto musicale africaneggiante (era stato proposto, con un altro testo, tra i canti che hanno accompagnato la canonizzazione di santa Giuseppina Bakhita), e Nel nome Suo, composto per gli incontri dei giovani con l’Arcivescovo durante l’Anno della Fede.


 

Come nel caso dei canti dei candidati, anche questo post è aperto alle vostre rettifiche ea eventuali segnalazioni: se sapete con certezza che sono stati composti altri Symbolum, riferitemelo ai miei contatti.

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