Giulia Gabrieli, la ragazza del “grazie”
La foto più famosa di Giulia (per concessione della famiglia) |
Chi è?
Giulia Gabrieli è nata a Bergamo il 3 marzo 1997,
figlia primogenita di Antonio e Sara Gabrieli. La sua vita e la sua fede erano
uguali a quelle di tanti altri bambini, finché, il 1° agosto 2009, non notò che
la sua mano sinistra era particolarmente gonfia, come se fosse stata punta da
un tafano. Si trattava, invece, di un tumore, un rabdomiosarcoma alveolare, per
il quale è stata a lungo in cura presso gli Ospedali Riuniti di Bergamo.
Nel
corso del tempo, Giulia ha compreso di dover accettare la malattia come volere
di Dio per lei, cercando di trascorrere un’esistenza il più normale possibile. Il
10 settembre 2010 i medici le hanno comunicato che il tumore aveva avuto una
recidiva: è poi morta il 19 agosto 2011, a 14 anni.
Cosa c’entra con me?
Sul finire dell’agosto 2011, da poco tornata dalla GMG, mi
sono messa a leggere gli argomenti di discussione sul forum Cattolici Romani. Mi sono concentrata su
quello dedicato all’improvvisa guarigione dell’attrice Lucy Hussey-Bergonzi, ma
un forumista ha inserito un articolo fuori tema, che parlava proprio di Giulia Gabrieli.
Inizialmente mi sono commossa, sia per la coincidenza della sua fine terrena
con quella della Via Crucis a Madrid, sia nel vedere che storie come quelle di
cui ho spesso letto, anche abbastanza recenti, continuavano ad accadere. Alle
lacrime di commozione sono venute dietro, immediatamente, quelle causate da una
sottile invidia. Erano motivate dalla chiusa dell’articolo, dove il giornalista
annunciava che il confidente privilegiato della giovanissima defunta – poi
avrei scoperto che era lui stesso – aveva riferito il progetto di un libro,
scritto da lei per raccontare la sua esperienza, nientemeno che alle edizioni
Paoline. Mi sono domandata, nemmeno fossi un avvocato del diavolo (o, più
propriamente, un promotore di giustizia), cos’avesse di tanto speciale da aver
spinto le Figlie di San Paolo ad accettare la pubblicazione.
Non ho aspettato molto, dato che il testo è
apparso sugli scaffali delle librerie esattamente a sei mesi di distanza dalla
morte della sua autrice: per parecchio tempo, inoltre, è stato ai primi posti
della classifica dei libri religiosi stilata dal sito Rebecca Libri. La superiora delle Paoline di Milano, cui avevo
partecipato il mio stupore per la faccenda, me ne regalò una copia: in quel
modo, avrei potuto rendermi conto direttamente di quanto potesse valere.
Lo stile, seppur a tratti acerbo, mi ha
conquistata nel giro di pochissimo, tanto da portarmi a dimenticare che la
scrivente non c’era più: mi ha condotta a ricordarlo lo stesso articolo che
aveva contribuito a renderla famosa, posto nelle ultime pagine.
Mentre leggevo, ho scoperto di avere almeno due
elementi in comune con Giulia: il desiderio di usare le mie doti di scrittura
per il bene del prossimo e un rapporto non esclusivamente miracolistico con i
Santi e i Beati. Nel libro ne menziona due, cui anch’io sento di avere particolari
legami: sant’Antonio di Padova e la beata Chiara Luce Badano. A loro ha chiesto
la guarigione, ma ha ricevuto ben altro: nel primo caso, l’incoraggiamento
tramite la mano di un’anziana pellegrina, posata proprio su quella da cui aveva
sentito iniziare il tumore, mentre si trovava davanti alla sua urna; nel
secondo, un modello nell’accettazione del dolore, per dare ad esso un valore e
conformarsi al volere di Dio.
Sentivo, quindi, di dover fare la mia parte perché
il messaggio che promanava dalla sua vita potesse arrivare a un numero ancora
maggiore di persone. L’occasione mi è venuta dopo che avevo inviato e visto
pubblicare due miei brevi contributi sul giornalino Agli amici di Silvio Dissegna, che riporta sempre un articolo
biografico su qualche altro giovanissimo testimone della sofferenza
santificata. In verità, volevo tentare non un profilo vero e proprio, bensì un
parallelismo tra la giovanissima bergamasca e il suo quasi coetaneo, ora
Venerabile.
Come di consueto, per non sbagliarmi, ho deciso di
contattare i Gabrieli all’indirizzo di posta elettronica presente in quarta di
copertina. Con gran gentilezza, mi hanno non solo risposto, ma hanno
rettificato alcune mie affermazioni. L’articolo è poi comparso sul numero 65 di
gennaio 2013, che si può leggere e scaricare qui.
Nonostante il pessimismo di mia madre, che
affermava che dopo un annetto nessuno se ne sarebbe più ricordato, ho
riscontrato l’esatto opposto. I genitori continuano infatti a essere invitati a
tenere testimonianze pubbliche e sono venuti ospiti due volte, mi par di
ricordare, solo su TV 2000. Altri due progetti, che Giulia avrebbe voluto
realizzare direttamente, hanno avuto seguito: la “preghiera dei piccoli” al
santuario della Madonna dei Campi di Stezzano (un incontro in cui i più giovani
pregano per i loro coetanei gravemente malati) e il sostegno alla “scuola in
pigiama” da lei stessa frequentata in ospedale.
In fondo, credo proprio che il suo sia il primo
caso di testimonianza che, circolando tramite il www perché ha avuto la fortuna
di trovare qualcuno disposto a raccontarla, è diventata sempre più nota. Per
far sì che a tante altre, incluse quelle cui tengo di più, capitasse qualcosa
di simile, ho deciso di aprire questo blog. Non è comunque
l’unico frutto derivato dal mio contatto con Giulia: da lei ho pure imparato a
chiamare le malattie col loro nome, quando scrivo ma non solo, anche se hanno
una denominazione terrificante come “rabdomiosarcoma alveolare”.
La mia vita si è incrociata di nuovo con la sua
durante la registrazione di Leggero
sorriso di grazia, l’ultimo CD del Gruppo Shekinah. Il luogo scelto è
stato il convento dei Cappuccini di Varese, che ci hanno accolti con gran
calore, specie il portinaio, fra’ Mauro. Chiacchierando con lui in una delle
pause delle registrazioni, mi sono accorta che aveva in portineria l’immagine-ricordo
di Giulia, che riproduce la foto in apertura.
Quando gli ho chiesto se l’avesse conosciuta di persona, mi rispose
di sì: la sua destinazione precedente, infatti, erano stati gli Ospedali
Riuniti di Bergamo, proprio durante una delle degenze. Accanto a me c’era un
mio compagno, il quale pareva molto interessato, forse perché è medico: non molto
tempo dopo, gli ho passato il libro, sperando che gli facesse piacere.
Ha testimoniato
la misericordia perché…
Mi sono portata in vacanza il libro di Giulia per
rileggerlo e cavarne fuori l’opera di misericordia che mi sembrava avesse
compiuto di più. Il ripasso, passatemi il termine, ha funzionato, permettendomi
di riconoscere che lei abbia soprattutto consolato gli afflitti.
I primi, senza
dubbio, sono stati i suoi parenti, poi i medici che l’avevano in cura, ai
quali, in una scena che sembra venir fuori da una puntata di Braccialetti Rossi – ma era la realtà,
non finzione – ha generosamente dato un potentissimo abbraccio proprio quando
le hanno annunciato che il tumore aveva avuto una recidiva.
Il suo Vangelo
Il messaggio universale che sento di trarre da
quel che ho capito di Giulia è, senza dubbio, quello di una gratitudine sconfinata,
rivolta principalmente a Dio, anzi, a Dio Amore. In Lui riconosce un Padre
sempre buono e provvidente, che desidera solo il meglio per i suoi figli. Con sorprendente
franchezza, ammette di non averla sempre pensata così, anche durante le varie
fasi della malattia. Tuttavia, ha sempre trovato un motivo per ringraziare,
tanto da aver composto una “coroncina di puro ringraziamento” perché, a suo
dire, una forma di preghiera così le sembrava mancare. Forse non considerava
che il gesto di culto più grande che i cattolici compiono si chiama proprio “ringraziamento”,
Eucaristia.
Ad ogni modo, spinta da quest’amore tanto grande e
dalle sue molteplici forme, si è sentita trascinata dal «gancio in mezzo al
cielo» cantato da Claudio Baglioni e da Laura Pausini (a proposito: qualcuno
avrà mai parlato a questi due cantanti di lei?). Nel suo stile, solo
apparentemente ingenuo, spiega così quale sia la sua concezione della paternità
divina:
Il problema è che noi
sentiamo il Signore così lontano, perché abbiamo in mente solo il «Padre nostro che sei nei cieli». Invece non è così. Dobbiamo pensarlo
proprio come un papà, da abbracciare, da stritolare.
A cinque anni dall’inizio della sua vita eterna,
la sua vicenda continua a circolare e a lasciare una traccia. Sono a conoscenza
di un caso in cui è successo di sicuro: a tempo debito, la racconterò.
Per saperne di
più
Giulia Gabrieli, Un gancio in
mezzo al cielo, Paoline 2012, pp. 128, € 12,00.
Grazie a Fabio Finazzi, il giornalista de L’Eco di Bergamo che la conosceva,
Giulia ha potuto realizzare uno dei suoi mille progetti: il suo libro, adatto a
sani e ammalati, credenti e non.
Su Internet
Sito ufficiale dell’Associazione Con Giulia Onlus
Commenti
Posta un commento