Padre Charbel Makhlouf, come cedro forte del Libano (Corona d’Avvento dei Testimoni 2018 # 4)

Chi è?
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Youssef Antoun (in italiano, Giuseppe Antonio) Makhlouf nacque nel villaggio di Beqaa Kafra, in Libano, nel 1828, probabilmente l’8 maggio. Era uno dei cinque figli di Antoun Zaarour Makhlouf e Brigita Issa Chidiac, di mestiere contadini.
Rimasto orfano di padre a tre anni, passò sotto la tutela di Tanios, un fratello del padre. L’influsso di due zii materni, eremiti nella valle della Qadisha, e del secondo marito di lei, un uomo molto devoto, contribuì a far riflettere Youssef sulla propria vocazione.
Così, nel 1851, lasciò la propria casa per entrare nell’Ordine Libanese Maronita, presso il monastero di Nostra Signora di Mayfouq, sulle montagne di Byblos. Nel novembre dello stesso anno vestì l’abito religioso e cambiò nome in fratel Charbel. L’anno successivo si trasferì al monastero di san Marone ad Annaya, dove emise i voti solenni il 1° novembre 1853.
Completò gli studi teologici nel monastero dei Santi In seguito, fratel Charbel fu mandato al monastero dei Santi Cipriano e Giustina a Kfifan, avendo come docente di Teologia Morale padre Nimatullah Kassab al-Hardini (canonizzato nel 2004).
Dopo l’ordinazione sacerdotale, avvenuta il 23 luglio 1859, padre Charbel tornò ad Annaya. Sei anni dopo, ottenne di poter diventare eremita nell’eremo dei Santi Pietro e Paolo, non lontano dal monastero. Visse in quel luogo altri ventitré anni, digiunando e pregando.
Il 16 dicembre 1898, mentre celebrava la Messa, fu colpito da apoplessia: morì dopo otto giorni di agonia, il 24 dicembre. È stato sia beatificato sia canonizzato dal Papa san Paolo VI, rispettivamente il 5 dicembre 1965 e il 9 ottobre 1977. I suoi resti mortali sono venerati nel monastero di San Marone ad Annaya, in un’urna di legno di cedro.

Cosa c’entra con me?

Il modo in cui ho conosciuto san Charbel è lo stesso con cui sono entrata in contatto con santa Rafqa Ar-Rayes: il cappellano dell’università che frequentavo mi portò alcuni santini, uno dei quali ritraeva i tre Santi canonizzati del Libano. Il volto di san Charbel mi fece impressione, perché aveva il cappuccio calato e gli occhi chiusi.
Nel corso del tempo ho sentito parlare parecchio di lui, ma più dei miracoli a lui attribuiti che delle virtù esercitate nel corso della sua esistenza terrena. Di solito rifuggo da storie dove si danno più peso ai prodigi straordinari che alla vita ordinaria del personaggio in questione, anche se la santità è ormai confermata; è stato così anche per lui.
Due anni fa, i miei amici del Gruppo Shekinah sono stati in Libano. Avrei voluto esserci anch’io, ma avevo deciso di fare il Cammino di Santiago con i giovani del mio oratorio. Tuttavia, l’esperienza mi è stata preclusa per via della mia scarsa resistenza fisica e psicologica. Sono stata poi al Villaggio senza Barriere, ma quella è un’altra storia raccontata in un altro post.
Come era già successo, stavolta non il don, ma una mia compagna (Sara, se mi leggi: grazie ancora!) mi portò un santino di santa Rafqa con la preghiera in italiano, un opuscolo su di lei, sempre nella nostra lingua, e il Vangelo di Luca in lingua araba e francese.
Dopo quel viaggio è nato il canto Come cedro del Libano (sul sito di Shekinah, alla voce Repertorio, trovate il testo; per lo spartito, contattate la segreteria del coro) che si rifà all’incontro dei miei compagni con un eremita libanese, ma credo proprio che si adatti alla vicenda umana di san Charbel: il titolo del post è tratto proprio dal “ponte” del canto, ossia dalla parte che anticipa il ritornello.
Il 30 gennaio 2018 mi trovavo a Monza, perché ero andata a vedere il film Cruxman al Cinema Carrobiolo. Dato che ero arrivata col mio solito anticipo, mi sono fermata nella chiesa di Santa Maria al Carrobiolo, retta dai Barnabiti. Là ho trovato molto materiale interessante: santini dei Beati Zeffirino Giménez Malla ed Emilia Fernández Rodríguez de Cortés, un libro su padre Fortunato Maria Ridolfi e una coroncina con la medaglia di san Charbel. Ho colto quest’ultima come un invito a raccomandarmi a lui, ma anche a scrivere di lui (qui trovate come recitare la coroncina).
Per partire alla sua scoperta, ho fatto un salto alla sede dell’editrice Gribaudi, che è proprio vicino a casa mia e ha in catalogo alcuni libri su di lui. Ne ho preso uno che prometteva di essere una raccolta di aneddoti e di omelie. La lettura mi ha fatto capire che i miracoli avvengono durante la vita, basta rendersene conto: a san Charbel è avvenuto così, ma solo perché si era allenato a un’esistenza ordinata e semplice.
Mi era venuta l’idea di scrivere di lui a luglio, a ridosso della sua memoria liturgica, ma ho lasciato perdere perché ero troppo impegnata nei preparativi per andare a cantare all’incontro dei giovani italiani col Papa. Ho controllato che quest’anno cadeva non solo il centonovantesimo anniversario della nascita (il cui giorno esatto, come ho scritto sopra, è incerto), ma anche il centoventesimo della morte. Così, dopo aver appurato che fosse un personaggio da presentare nella Corona d’Avvento dei Testimoni, mi sono messa all’opera.
Già che c’ero, l’ho incluso nelle Litanie dei Santi e dei Beati al cinema e in TV, che sono in costante aggiornamento: esiste un film su di lui, che riprendo sotto (è sottotitolato in inglese).


Il suo Vangelo

La vita di san Charbel, e di conseguenza il suo personale modo d’incarnare il Vangelo, sarebbe rimasta sconosciuta ai più se sulla sua tomba non fossero avvenuti eventi inspiegabili, tra cui l’essudazione di un liquido non altrimenti identificabile. Ogni tanto accade che i corpi dei Santi abbiano questa facoltà, quasi a dire che, anche da morti, parlano ancora.
Se anche non fosse successo, la sua vita sarebbe stata ugualmente gradita a Dio, per l’attenzione con cui lui compiva ogni servizio, per l’obbedienza pronta ai superiori, per i saggi consigli che dispensava a chi veniva da lui e, infine, per l’estrema cura che poneva nella celebrazione della Messa, a cui pensava continuamente anche durante l’agonia.
Non ho trovato un suo pensiero direttamente riferibile alla meditazione sul Natale, però, secondo quanto ho letto, uno dei temi centrali della sua predicazione era l’incoraggiamento a vivere una vita santa, cioè sobria, raccolta, piena d’amore e che non riconosca altro segno più grande di quello che portò Gesù a restare per sempre nel Pane consacrato.
Per questo si sentiva di affermare:

La via della santità si estende dal campo al pane, dalla polvere alla luce, dal presepe alla croce.
Percorretela con la gioia della risurrezione.

Per saperne di più

Francantonio Bernasconi, San Charbel Makhlouf – “Le virtù nascoste e il trionfo del soprannaturale”, Velar-Elledici 2011, pp. 48, € 3,50.
Già segretario particolare del cardinal Giovanni Colombo, monsignor Bernasconi è anche un grande devoto di san Charbel. In questo libretto infonde tutta la sua conoscenza della sua vita e il suo affetto per lui.

Patrizia Cattaneo, San Charbel - Sole d’Oriente, Gribaudi 2011, pp. 240, € 11,00.
Un’esperta e devota dei santi libanesi presenta i fatti ordinari e straordinari di san Charbel.

San Charbel. Dio solo basta alla vita, Shalom 2017, pp. 288, € 7,00.
Breve vita, con le preghiere in appendice.

Hanna Skandar (a cura di), Parole di San Charbel - Omelie pensieri aneddoti, Gribaudi 2017, pp. 96, € 7,00.
Come da sottotitolo, una raccolta di aneddoti e di espressioni tratte dalle sue omelie.

Padre Elias Al Jamhoury, olm, San Charbel – Itinerario nelle profondità, San Paolo Edizioni 2015, pp. 144, € 11,00.
Il postulatore dell’Ordine Libanese Maronita approfondisce vita e virtù del suo santo confratello.

Su Internet

Sito del santuario di Annaya (in inglese, francese, spagnolo e arabo)
Sito della Procura dell’Ordine Libanese Maronita a Roma
Sito a cura di Patrizia Cattaneo

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