Cinque consigli (del Venerabile Giuseppe Quadrio e miei) a un sacerdote novello (Le 5 cose più #19)

I novelli preti di Milano nel corso della Festa dei Fiori nel Seminario di Venegono Inferiore, lo scorso 7 maggio (fonte)

Non so più come festeggiare i preti novelli della mia diocesi. Regalare libri a quelli che conosco no, neppure piccoli, perché costituiscono zavorra per un eventuale trasloco (l’ha detto l’Arcivescovo, come annotavo lo scorso anno). Dedicare un post a quelli che c’entrano con me (l’ho fatto nel 2012, nel 2013, nel 2014 e nel 2016) neppure, perché un giorno potrebbero finire nei guai e qualcuno, a caccia di notizie succose, potrebbe attingere a quello che ho scritto io. Già due anni fa ho provato a pensare a cosa farei io se fossi un sacerdote e non sento di dover cambiare quanto avevo scritto.
In questi giorni, però, ho cominciato a leggere il Diario di don Giuseppe Quadrio, sacerdote salesiano, Venerabile dal 2009, cui dedicherò il prossimo articolo per Sacro Cuore VIVERE. Ho trovato delle pagine il cui contenuto concorda pienamente con quanto sento in me e con quanto vorrei che almeno i Preti 2019 di Milano (ma non solo loro!) esercitassero nel corso del ministero, breve o lungo che sia. A dire il vero, sul finale parla di “regola”, perché i Salesiani non sono sacerdoti diocesani.

Antefatto

Don Giuseppe Quadrio scrisse questi consigli sulla sua agenda, nelle pagine riservate alle note per i mesi di gennaio, febbraio e marzo 1962. Dall’inizio di gennaio era ricoverato alla Nuova Astanteria Martini di Torino per un linfogranuloma maligno, di cui sarebbe morto il 23 ottobre 1963.
Nel corso della sua vita fu prevalentemente docente di Teologia, soprattutto al Pontificio Ateneo Salesiano della Crocetta, a Torino, dove ha insegnato Dogmatica. Fu anche decano della Facoltà Teologica dello stesso ateneo.
I consigli furono chiesti a don Quadrio proprio dai suoi studenti che sarebbero presto stati ordinati presbiteri. In un certo senso, possono essere considerati il suo testamento spirituale. Lui stesso annotò che erano più facili da scrivere che da mettere in pratica. Chi l’ha conosciuto, però, assicura che li visse per primo.
Eccoli quindi, secondo la redazione riportata in Giuseppe Quadrio, Diario e pensieri – Trasparenze d’azzurro, LAS Roma 2014, pp. 122-123. Parole come “Messa”, “Chiesa”, “Messale” o “Vangelo” non sono scritte con la maiuscola, non so perché; “sacerdote novello” invece ha le maiuscole. I corsivi invece sono tali e quali come nel testo.

Cinque consigli a un Sacerdote Novello


1. La santa messa sia il sole di ogni tua giornata.
Compréndila, gústala, vívila. Non dimenticare che la messa meglio celebrata è quella meglio preparata. Celebra ogni messa come se fosse la prima, l’ultima, l’unica della tua vita. Salva la tua messa dall’usura dell’abitudinarismo e dell’automatismo. Ogni parola sia un annuncio, ogni gesto un segno sacro. Trasforma la tua messa in vita e la tua vita in una messa continua, cioè in un offertorio, in una consacrazione, in una comunione ininterrotta. Ricordati che, chiuso il messale, la tua messa continua nella vita.

2. Il breviario è il miglior termometro del tuo fervore sacerdotale. Ordinariamente è il primo che viene massacrato. A costo di sudar sangue, non permettere che divenga una catena di negligenze e di peccati. Amalo come lo scudo della tua castità, come l’anello nuziale che ti stringe alla chiesa, tua sposa.
Non incominciare mai a recitarlo, senza aver prima pensato a quello che fai. Non accontentarti di “dirlo” o di “leggerlo”: devi “celebrarlo” in persona Christi et ecclesiae. Conserva al tuo breviario il tono di preghiera, di dialogo, di dramma: è l’opus Dei. Non essere avaro del tempo proprio col padrone del tempo. Da’ ad ogni parola il suo posto e il suo senso. Fissa per ogni ora canonica un’intenzione particolare. Sii certo che col tuo breviario puoi cambiare il mondo più che con le tue conferenze – o le tue dotte lezioni. 

3. La confessione regolare, sincera, accuratamente preparata salverà il tuo sacerdozio dalla superficialità, dalle illusioni, dal tarlo della tiepidezza, della superbia e della sensualità. È lacrimevole constatare quanto noi sacerdoti trascuriamo questa sorgente di santità! Nella tentazione e nei pericoli immancabili della vita sacerdotale, ricordati che la tua salvezza sarà avere un uomo in cui hai piena fiducia, che sa tutto di te, che ti sappia guidare con mano ferma e sostenere con cuore paterno. Sarebbe la tua rovina, se nel giorno del bisogno, dovessi amaramente confessare: Hominem non habeo [Cfr. Gv 5,7, ndr]!

4. Le anime siano la tua grande passione. Sei sacerdote per loro. Sii sempre, dovunque, con tutti sacerdote: non solo all’altare e nel confessionale, ma anche sulla cattedra, in cortile, (in camera), per strada. Abbi una coscienza vivissima e “senza eclissi” della tua dignità sacerdotale: ogni parola, ogni gesto siano intonati con essa. Lascia ad altri ogni attività profana che non sia strettamente obbligatoria; ad ogni modo, da’ ad ogni tua occupazione un’anima squisitamente sacerdotale. Non tralasciare nulla, affinché i tuoi giovani ti sentano veramente il loro sacerdote, cioè il loro Cristo.
Per quanto ti è possibile, non sottrarti mai al sacro ministero della predicazione e delle confessioni. Confessare i giovani sia la tua delizia. I sacerdoti e i religiosi siano i clienti privilegiati del tuo confessionale: non farti mai attendere, a costo di qualunque sacrificio. Incomincia al lunedì a pensare alla tua predica della domenica successiva. Le tue prediche siano ricavate dalla meditaz[ione] personale non dai repertori. Predica il vangelo continuamente, con la vita, a tutti, a tu per tu. 

5. La bontà sia l’anima lo stile della tua vita. Sii un prolungamento vivente e sensibile della benignitas et humanitas del nostro Salvatore. Sii “come lui”. Abbi per tutti una carità indomabile e instancabile come quella di Gesù, che non si chiuda di fronte alle ingratitudini, non si ritragga in faccia al sacrificio, non cerchi se non il bene degli altri. Considerati a servizio e a disposizione di tutti: felice di poter donarti ed essere utile. Metti sempre chiunque al di sopra di te stesso. Ma la tua bontà sia virile, disinteressata, imparziale, regolata dalla prudenza e dall’ubbidienza. Non ti illudere che esista una carità inosservante o imprudente. Finiresti per diventare un falso profeta, un lupo in veste d’agnello. Nell’apostolato, specialmente femminile nihil sine episcopo. Ricordati che per noi, fuori della regola, c’è l’abisso! Non mi stancherò di ripeterlo.
Sii un “uomo di Dio”, ma anche del tuo tempo e del tuo ambiente.


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