Squarci di testimonianze #15: The Edge nella Cappella Sistina
Scrivevo
tempo fa, nel post dove raccontavo cosa sento di entrarci con san Giovanni
Paolo II, che proprio nei giorni della sua scomparsa vivevo un notevole
dissidio interiore: credevo, infatti, che essere una fan (nel senso etimologico di “fanatica”) degli U2, il famoso
gruppo rock irlandese, non collimasse con il mio cammino di ragazza credente.
Certo,
sapevo che molti loro testi rimandano alle Scritture, specie nei primi anni di
attività, come pure non ignoravo che i membri del gruppo, molto attivi su
vari fronti d’impegno sociale, hanno un rapporto molto complesso con la fede, a
causa della situazione del loro Paese d’origine. Tuttavia, sentivo di essermi interessata
alla loro storia passata e alle ultime novità che li riguardavano con
un’intensità eccessiva. Ci vollero la morte del Papa e le parole del mio
arcivescovo in una lettera ai cresimandi per farmi capire che avevo del tutto
sbagliato prospettiva: avrei dovuto, invece, incanalare quella passione nella
lettura del Vangelo, nell’approfondire la storia della Chiesa, nel sentirmi
parte viva e attiva di essa e, soprattutto, nel prendere a modello i personaggi
elevati agli altari, non i divi del rock.
Col
tempo mi sono riconciliata con questo aspetto problematico, considerando la
musica di Bono Vox e soci come un piacevole sottofondo che accompagnava le mie
giornate, dando a volte una spinta decisiva. Anziché gli aneddoti sul loro passato ho
preferito accumulare quelli sui santi, agli articoli delle riviste musicali ho
sostituito quelli sull’attualità ecclesiale, ma questo non significa che non
abbiano più un posto speciale nel mio cuore. Così ho accolto, sebbene con
un’iniziale perplessità, la notizia che ho visto su un forum di discussione, in
un filone intitolato «Rock alla Sistina».
Ho
letto prima i commenti dei forumisti, improntati perlopiù allo scandalo per la
profanazione di quello spazio sacro, chiedendomi chi fosse il protagonista di
tale scempio. Passando il mouse sul collegamento alla pagina che riportava la
notizia, ho appreso che si trattava di The Edge, nome d’arte di Dave Evans,
chitarrista degli U2 sin da quando non si chiamavano ancora così (suo fratello
Dick, invece, ha lasciato il gruppo prima dell’album di debutto). A quel punto,
non mi restava che andare al cuore del fatto, che ora provo a sintetizzare.
In
breve, dal 28 al 30 aprile si è svolto in Vaticano il Convegno Internazionale sui
progressi della medicina rigenerativa e i suoi impatti culturali, promosso dal
Pontificio Consiglio della Cultura. Uno degli aspetti trattati è stata la
questione dell’accessibilità alle cure per i pazienti affetti da malattie
cosiddette rare.
Il
convegno ha previsto, sabato 30, anche una breve esibizione da parte del
chitarrista, insieme a un gruppo di sette adolescenti irlandesi, davanti a un
pubblico di circa 200 persone. Il motivo della sua presenza è molto personale:
suo padre è morto di tumore e, stando a quello che ho letto, anche sua figlia
ha affrontato una forma di leucemia.
L’ambiente del piccolo concerto è stato quello della
Cappella Sistina, non dell’Aula Paolo VI, dove il Papa ha incontrato i
convegnisti. Stando a quello che ho capito, è la prima volta che un
artista contemporaneo abbia suonato sotto gli affreschi di Michelangelo.
Di
seguito l’esecuzione di If it be
your will di Leonard Cohen (qui un articolo di approfondimento sul
brano), ripresa di nascosto tramite un telefonino. Mi sembra coincidere, almeno
per il titolo, con quanto papa Francesco aveva affermato nell’omelia dello
scorso 14 maggio, riferendosi proprio ai bambini affetti da malattie rare:
Non si può spiegare, no: io non ne sono capace. Perché
soffre un bambino? Non so: è un mistero, per me. Soltanto, mi dà qualcosa di
luce — non alla mente, all’anima — Gesù al Getsemani: «Padre, questo calice,
no. Ma si faccia la tua volontà».
Gli
altri brani appartenevano invece al repertorio degli U2: Yahweh, Ordinary Love e Walk On, quest’ultimo eseguito
con dedica a quello che The Edge ha definito il “parroco ospitante”.
La polemica sorta è causata dal
fatto che in quel luogo non si celebra quasi mai la Messa, eppure è lì che i
cardinali riuniti in Conclave eleggono il nuovo successore di san Pietro. La reazione da fan
sarebbe quella di sentirmi onorata, mentre la parte più tradizionale di me
avrebbe preferito che il concerto si svolgesse in Aula Nervi. Forse sarebbe
stato meglio così, ma ormai è successo e non è stato poi male.
Ci
vogliono luoghi e circostanze in cui le forme di bellezza possano incontrarsi,
possibilmente senza scandalizzare nessuno: stavolta l’intento è riuscito in
parte, ma chissà se non possa accadere di nuovo.
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