Monsignor Josemaría Escrivá de Balaguer: la vita del cristiano è ordinaria e speciale insieme
Fotografia
scattata il 12 novembre 1972
a Pozoalbero, presso Jerez de la Frontera; è l’immagine usata per l’arazzo della canonizzazione (fonte) |
Chi
è?
Josemaría
Escrivá de Balaguer y Albás (“de Balaguer” è un toponimo assunto dai suoi avi
che, da Narbona in Francia, si erano stabiliti in terra catalana; lui lo
aggiunse legalmente al proprio cognome nel 1940) nacque a Barbastro in Spagna
il 9 gennaio 1902, secondogenito di José Escrivá y Corazon e Dolores Albás y
Blanc.
Nel
1915, a causa dei problemi economici di suo padre, si trasferì con la famiglia
a Logroño. Intanto frequentava la scuola, sognando di diventare architetto. Tra
la fine del 1917 e l’inizio del 1918, durante una forte nevicata, vide per la strada
delle orme, chiaramente lasciate da piedi scalzi: da allora cominciò a
chiedersi cosa potesse offrire lui a Dio, mentre tanti, per Lui, compivano
sacrifici del genere.
Nella
primavera del 1918 decise che sarebbe diventato sacerdote diocesano. Iniziò la
formazione nel Seminario di Logroño come studente esterno, ma nel 1920 ottenne
di trasferirsi nella diocesi di Saragozza, anche per poter frequentare la
facoltà di Giurisprudenza.
Il
28 marzo 1925 fu ordinato sacerdote. Dopo due brevi incarichi a Perdiguera e a
Saragozza, rimase per due anni senza una destinazione precisa. Per frequentare
il dottorato in Diritto, domandò di trasferirsi a Madrid, dove divenne
cappellano del “Patronato de Enfermos”, un’opera per i poveri della città
gestita dalle Dame Apostoliche del Sacro Cuore. Intanto divenne anche insegnante
all’Accademia Cicuéndes.
Il
2 ottobre 1928, durante un corso di Esercizi Spirituali per il clero presso la sede
della Congregazione della Missione a Madrid, mentre riordinava i suoi appunti,
don Josemaria comprese di avere il compito d’indicare che era possibile
santificarsi rimanendo nel proprio ambiente di vita. Come comprese il 14 febbraio
1930, quella via era possibile anche per le donne. Il nome di Opus Dei, in
latino “Opera di Dio”, gli fu suggerito dal suo padre spirituale, il gesuita
padre Valentín Sánchez.
Attorno
a lui cominciò a radunarsi un gruppo di discepoli, perlopiù studenti universitari.
L’insorgere della guerra civile spagnola e l’aumento della persecuzione contro
la Chiesa causò la dispersione del gruppo, ma lui cercò di restare in contatto
con i suoi giovani. Il 10 ottobre 1937, con sette di loro, accettò di partire
per raggiungere la parte della Spagna dove la religione era meno minacciata.
Tornato
a Madrid, cominciò a pensare alla configurazione giuridica dell’Opera, come la
chiamava per brevità. Il 14 febbraio 1943 intuì il modo con cui poteva avere
sacerdoti propri: i primi vennero ordinati nel giugno 1944. Cominciò anche i
passi necessari per l’approvazione pontificia: per questo scopo, dal 1946 e più
permanentemente dal 1949, si stabilì a Roma.
Fu
nominato prelato d'onore di Sua Santità (ottenendo quindi il titolo di
monsignore), consultore di due Congregazioni vaticane, membro onorario della
Pontificia Accademia di Teologia. Seguì con interesse il Concilio Vaticano II,
stringendo legami con alcuni dei Padri conciliari. Negli anni successivi
viaggiò in vari Paesi europei e in Sudamerica, per consolidare l’attività dell’Opus
Dei e tenere incontri di catechesi.
Morì
il 26 giugno 1975, appena tornato a Roma da una visita al Centro di formazione
femminile di Castelgandolfo, per un attacco cardiaco. Il 28 novembre 1982 l’Opus
Dei fu eretta in Prelatura personale, una figura giuridica entrata nel Codice
di Diritto Canonico dell’anno successivo.
Monsignor
Escrivá fu beatificato e canonizzato da san Giovanni Paolo II, rispettivamente
il 17 maggio 1992 e il 6 ottobre 2002; in entrambi i casi, in piazza San Pietro
a Roma. I suoi resti mortali sono venerati nella chiesa prelatizia di Santa
Maria della Pace a Roma, in via Bruno Buozzi 75. La sua memoria liturgica cade
invece il 26 giugno, giorno della sua nascita al Cielo.
Cosa
c’entra con me?
Ho
iniziato a conoscere san Josemaría da relativamente poco tempo, rispetto a
figure che fanno parte del mio santorale dall’infanzia. Ad esempio, all’epoca
della sua canonizzazione non mi ero granché interessata di lui. Neppure avevo mai
fatto presente, prima d’oggi, che il giorno, il mese e l’anno della sua nascita
al Cielo sono la stessa data scritta dentro le fedi nuziali dei miei genitori.
Quando
erano in corso le varie polemiche legate prima al libro, poi al film Il
Codice Da Vinci, non ero preoccupata né delle teorie, né dell’immagine
dell’Opus Dei che erano contenute. Di certo sapevo che non era una setta di
monaci albini e avevo appurato che il suo Ufficio Comunicazioni aveva impiegato
uno sforzo non comune nel volgere la situazione in un’opportunità per far
conoscere l’effettiva organizzazione e la spiritualità corretta. Tuttavia, avevo
ancora alcuni pregiudizi, basati su altre dicerie a cui avevo prestato credito.
Una
mia compagna d’università, dopo una gita in cui lasciai emergere la mia
passione agiografica, mi regalò una copia di Solco e, se non sbaglio, anche un santino di san Josemaría.
Accettai per buona educazione, ma non passò molto tempo che mi ritrovai ad
aprire a caso quel volumetto, in cerca di una parola di consolazione.
Non
ricordo quale punto uscì, ma mi sorprese positivamente: mi sembrava strano che
termini così incoraggianti e solari venissero da un personaggio che, altrove,
avevo visto tratteggiato in modo oscuro. Trovai Cammino in un angolo del Santuario di Maria Bambina, presso la
portineria, dove veniva lasciato del materiale per chi passasse di là.
A
quel punto, capii che dovevo vincere le mie resistenze nei riguardi dell’autore
di quei libri. Cominciai procurandomi una sua piccola biografia e leggendone
un’altra, regalo di un prete della mia vecchia parrocchia, che doveva fare
spazio nella sua biblioteca. Mi sorprese soprattutto il fatto che per poco lui
e i suoi primi figli spirituali non sono morti durante la guerra civile
spagnola; in effetti, la sua città natale è la stessa dove si consumò il
martirio dei Beati Clarettiani Filippo di Gesù e compagni, di cui parla il film
Un Dios prohibido.
A
proposito di cinema, più o meno nello stesso periodo avevo scoperto il blog La luce in sala, purtroppo fermo da
anni. Il curatore parlava spessissimo dell’uscita di There be dragons, diretto da Roland Joffé. Anni dopo è effettivamente
uscito anche in Italia ed è passato in televisione, ma non sono mai riuscita a
seguirlo. In compenso, l’ho inserito nelle mie Litanie dei Santi... al cinema e in TV .
Sempre
tramite un film, o meglio, tramite colui che ha contribuito a far arrivare in
Italia L’ultima cima, su don Pablo Domínguez Prieto, venni
a sapere di una novena a san Josemaría per trovare lavoro. Non l’ho
applicata con convinzione perché pensavo che la ricerca di un vero impiego non
fosse da demandare a un Santo, anche esperto del settore come poteva essere
lui.
Prendendo
il santino che mi aveva dato la mia collega, vidi che c’era l’indirizzo dell’Ufficio
delle Cause dei Santi e che, curiosamente, era proprio a Milano, non a Roma. Se
c’era una struttura del genere, pensai, voleva dire che non c’era solo monsignor
Álvaro del Portillo (mi aveva lasciato anche la sua immaginetta) come probabile
candidato agli altari.
Il
materiale mi fu lasciato presso la sede di via Cosimo Del Fante 19. Non entrai,
ma mi bastò intravedere dalle finestre la pulizia e l’alacrità di alcune donne
che stiravano per restare colpita. Non meno abbagliata fui quando, col passare
del tempo, lessi dell’avanzamento delle cause dello stesso monsignor Del Portillo (ora Beato), di Isidoro Zorzano e Montserrat Grases (Venerabili) e di
Guadalupe Ortiz de Landázuri, prima laica e donna dell’Opera a ottenere
l’aureola (nel 2019). Mi sembrava la riprova che le intuizioni del Padre, come
lo chiamano devoti e seguaci, erano capaci di far fruttare autentici modelli
per tutti i credenti.
Peraltro,
come scriveva la collega Lucia in un suo quiz sui Santi, per anni san Josemaría
è stato il personaggio per il quale era passato meno tempo dalla morte alla
canonizzazione, ventisette anni, escludendo (perché all’epoca non erano ancora
stati canonizzati) san Giovanni Paolo II e santa Teresa di Calcutta.
A
oggi, secondo i miei calcoli ed eccettuando gli ultimi due casi, per i quali le
cause sono iniziate in deroga alla regola dei cinque anni dal trapasso, questo
primato spetta a santa Maria dell’Immacolata Concezione (o santa Maria della
Purissima, come la chiamano in Italia le sue consorelle della Compagnia delle
Sorelle della Croce), nata al Cielo il 31 ottobre 1998 e canonizzata il 18
ottobre 2015, quasi diciassette anni esatti dopo.
Ricordandomi
che oggi cadevano i quarantacinque anni dalla fine terrena del “Padre”, come
già lo chiamavano i primi membri, ho deciso di scrivere di lui. A dire il vero,
questo post mi è stato ispirato anche da un articolo in cui si affermava che la
dedicazione di un giardino pubblico a lui e uno a monsignor Luigi Giussani
fosse stata una manovra dell’allora sindaco di Milano, per riconoscere due
simboli della destra, nonché fondatori di «congregazioni» conservatrici molto
radicate nella mia città e nella mia regione.
In
prima battuta, mi sono sorpresa per l’approssimativa qualifica attribuita a
quelle due realtà (ecco il termine che avrei adoperato io). Infatti, l’Opus Dei
è una prelatura personale, una figura giuridica ideata per ottenere
l’interdiocesanità che il fondatore sperava. CL, invece, è un movimento ecclesiale
in senso stretto, anche se «Fraternità di Comunione e Liberazione» è la sua
denominazione esatta. Innegabile è però l’apporto lasciato e operante sul
territorio, va detto.
Ancora
di più, mi aveva innervosita l’attribuire una categoria politica a un sacerdote
Santo e a uno del quale si sta cercando di dimostrare la santità. Come ha
ricordato papa Francesco nell’omelia per l’ultima Pentecoste, «Il mondo vede
conservatori e progressisti; lo Spirito vede figli di Dio».
Lo
stesso dovrebbe valere per i modelli proposti dalla Chiesa. Un altro conto è
che, per motivi vari, non tutti costoro siano affini a tutti i credenti, o che
gli aderenti alle vie da loro proposte abbiano determinati orientamenti nell’interpretare
l’attualità.
Il
suo Vangelo
La
Parola che Dio ha voluto lasciare al mondo tramite san Josemaría è
particolarmente adatta per l’epoca in cui lui ha vissuto e per il nostro tempo:
ogni battezzato può farsi santo là dove vive, nella propria occupazione
professionale, anche ad alti livelli. È un concetto assodato oggi, ma non era
mai stato esposto con chiarezza prima degli anni in cui lui cominciò a
diffonderlo.
La
sua prolungata preghiera affinché il Signore gli facesse vedere il proprio
progetto nei suoi riguardi – non riteneva, infatti, che si limitasse alla
chiamata al sacerdozio – si è compiuta nei momenti d’intuizioni soprannaturali,
ma anche negli incontri che faceva coi giovani che per primi vollero seguire
Dio nel modo in cui lui glielo indicava.
All’apostolato
nel mondo si lega anche la sua riflessione sulla figliolanza divina. Anche in
quel caso, iniziò con una luce interiore, che non lo lasciò più e che trasmise
nelle omelie, nelle meditazioni in tono familiare e negli incontri con migliaia
di persone.
Un
testo suo in particolare viene inteso come sintesi della sua predicazione e
dello spirito della sua Opera: l’omelia Amare il mondo appassionatamente, pronunciata
durante la Messa nel Campus dell’Università di Navarra, a Pamplona, l'8 ottobre
del 1967. Basta anche solo un passaggio per capirlo:
Figli miei, lì dove
sono gli uomini vostri fratelli, lì dove sono le vostre aspirazioni, il vostro
lavoro, lì dove si riversa il vostro amore, quello è il posto del vostro
quotidiano incontro con Cristo. È in mezzo alle cose più materiali della terra
che ci dobbiamo santificare, servendo Dio e tutti gli uomini.
I
luoghi comuni sull’Opera sono duri a morire, anche in ambito cattolico; del
resto, avevano iniziato a circolare già mentre lui era vivo. Allo stesso modo,
percepisco che la conoscenza del suo messaggio è più diffusa tra i membri che
tra i comuni credenti. Personalmente, ho già il mio cammino, ma i consigli del “Padre”
servono tanto anche a me.
Per
saperne di più
Lorenzo
Revojera, San Josemaría Escrivá, Velar-Elledici 2008, pp. 48, € 3,50.
Biografia
sintetica e illustrata.
Lorenzo
Revojera, San Josemaría in terra lombarda - Con lo sguardo alla Madonnina
1948-1973, Àncora 2011, pp. 17,50, € 17,50.
Il
racconto della vera storia di come l’Opus Dei arrivò e si radicò in Lombardia e
dei viaggi lì compiuti dal suo fondatore.
Mariano
Fazio, San Josemaría Escrivá – L’“ultimo dei romantici”, Edizioni Ares
2019, pp. 240, € 14,00.
Un
racconto della sua vita, dove emerge la sua passione per la libertà dell’uomo.
Josemaría
Escrivá, Cammino – Solco – Forgia, Edizioni Ares (per i primi due, ultima
edizione 2019; per il terzo, ultima edizione 2004), € 8,00 ciascuno (ma possono
essere ordinati insieme sul sito dell’editore a € 20,00).
Tre
piccoli libri con brevissimi pensieri.
Josemaría
Escrivá, In dialogo con il Signore, Edizioni Ares 2019, pp. 464, €
20,00.
Raccolta
di venticinque testi ricavati da alcune meditazioni ai membri dell’Opus Dei che
risiedevano a Roma.
Su
Internet
Sezione
a lui dedicata del sito istituzionale dell’Opus Dei
Sito
di Romana, il bollettino della Prelatura della Santa Croce e dell’Opus
Dei
Uno dei miei santi preferiti, forse il preferito in assoluto. Grazie Gesù per il dono di san JoseMaría e del carisma dell'Opus Dei: quanti santi ordinari annovera, molti di piu che quelli in processo canonico, che pure sono tanti. Per esempio segnalo questa bellussima testimonianza di una signora soprannumeraria su sua figlia Cristina morta a 16 anni negli anni '70 per un sarcoma alla gamba. Anche se in spagnolo con i sottotitoli in italiano si può scoprire questa bellissima storia di santità: https://m.youtube.com/watch?v=8RagPWIHwdQ.
RispondiEliminaGrazie Emilia per questi articoli! :-)