Pierangelo Capuzzimati: vivere la conoscenza con la forza della fede
Pierangelo durante la gita scolastica a Firenze, nell’aprile 2007 (fonte) |
Chi è?
Pierangelo Capuzzimati nacque a Taranto il 28 giugno
1990, primogenito di Angelo Capuzzimati, architetto, e Giuseppina Catanese. La
sua famiglia si era stabilita però a Faggiano, a dodici chilometri dal
capoluogo. Frequentò le elementari al suo paese e le medie alla scuola «Vittorio
Alfieri» di Taranto.
I suoi genitori erano credenti, ma non avevano mai
approfondito le ragioni della fede: per lui e per l’altra figlia, Sara,
chiesero ugualmente i Sacramenti. Pierangelo ricevette il Battesimo tre mesi
dopo la nascita, la Prima Comunione il 7 maggio 2000 e la Cresima lo stesso
giorno, tre anni dopo.
Il 16 luglio 2004, mentre era al mare con la
famiglia, comparvero sul corpo di Pierangelo alcune macchie e puntini rossi.
Esami successivi dimostrarono che si trattava dei segnali di una leucemia acuta
promielocitica. Dopo un iniziale smarrimento, il ragazzo impiegò tutte le sue
forze per non abbattersi e per non peggiorare il morale dei suoi.
Era già iscritto al liceo classico «Archita» di Taranto,
ma poté frequentarlo solo saltuariamente, a causa dei numerosi ricoveri ospedalieri.
Grazie alla sua intelligenza e alla sua sete di conoscenza, riuscì ugualmente a
essere promosso in quinta ginnasio e in prima liceo.
La sua preghiera era basata sulla meditazione della
Parola di Dio e dei testi papali. Prediligeva la recita del Rosario e la Sequenza
allo Spirito Santo. Anche i suoi genitori, col tempo, cominciarono a unirsi a
lui.
Il 30 agosto 2007 affrontò il secondo trapianto di
midollo osseo, ma non ottenne gli effetti sperati. Fu quindi riportato a casa,
per essere curato in attesa della fine. Il 25 aprile 2008 confidò a suo padre
che sentiva di aver vissuto la malattia come un dono del Signore. Morì pochi
giorni più tardi, alle 23.55 del 30 aprile 2008; gli mancavano due mesi per
compiere diciott’anni.
Il nulla osta per l’apertura della sua causa di
beatificazione e canonizzazione, per l’accertamento delle virtù eroiche, fu
emesso dalla Santa Sede il 26 aprile 2018. La prima sessione del processo
diocesano si svolse il 10 gennaio 2020, presso la Curia Arcivescovile di Taranto.
La tomba di Pierangelo si trova nel cimitero
cittadino di San Giorgio Jonico.
Cosa c’entra con me?
Sul sito dell’editrice Elledici, nel luglio 2011, vidi
la biografia di Pierangelo tra le nuove uscite. Mi suscitò immediatamente un
certo interesse, se non altro perché, sulla copertina, spiccava la foto del suo
fugace incontro con papa Benedetto XVI, avvenuto nell’Udienza Generale del 5
novembre 2006.
La comprai quasi subito, leggendola nell’imminenza
della partenza per la GMG di Madrid. Il primo aspetto che mi colpì e che mi
parve decisamente atipico nel panorama dei ragazzi e dei giovani esemplari fu l’amore
per la cultura, sviluppato e cresciuto in maniera autonoma.
Quando poi arrivai a leggere di come, grazie a lui,
i suoi genitori avevano affrontato una conversione nel senso greco del termine
(metanoia, «cambiamento di mentalità»: erano credenti, ma non avevano mai
approfondito i temi della fede), riconobbi in quel lato la specificità più
profonda del suo caso.
Allo stesso tempo, però, sentivo una sottile invidia
nei riguardi di chi poteva parlare di lui in toni così elogiativi e a poco più
di tre anni dalla sua fine terrena. A me, invece, molto spesso era stato fatto presente
che, se avessi fatto lo stesso, avrei anticipato il giudizio ufficiale della
Chiesa nei riguardi dei personaggi a cui tenevo. Mia madre, al sentirmi
lamentare così, commentò che, dopo l’uscita del libro, nessuno avrebbe più
ricordato quel ragazzo.
Una prima smentita arrivò già l’anno seguente,
quando trovai alcuni numeri del mensile Nazareth agli adolescenti e agli
amici, dove si parlava proprio di Pierangelo (precisamente, dal dicembre
2011 al gennaio 2012). L’idea di far nascere questo blog venne alcuni mesi più
tardi. Pensai quindi che, prima o poi, mi sarei occupata di lui, ma, come mi
accade spesso, diedi priorità ad altre storie
Il 9 settembre 2018, sfogliando Avvenire,
lessi che monsignor Filippo Santoro aveva dichiarato, nella sua omelia del
giorno prima, durante il pellegrinaggio diocesano a San Giovanni Rotondo, che
da Roma era «giunto il decreto» che autorizzava a cominciare il processo di
beatificazione non solo per lui, ma anche per Paola Adamo, della quale avevo
una vaghissima conoscenza.
Per certi versi, mi sentivo d’ipotizzare che quella
scelta sorgesse dal desiderio di far capire che anche la Chiesa tarantina
voleva impegnarsi a indagare la santità di due suoi adolescenti. In effetti, tra
gli aspetti che mi hanno portata a rendere grazie a Dio per l’imminente
beatificazione di Carlo Acutis, c’è proprio quello di aver portato a un
nuovo interesse in tale senso.
Cercai subito altre informazioni, trovando un
articolo di un sito locale dove veniva dichiarato anche il nome del postulatore.
Pensai che avrei dovuto rivolgermi a lui più che ai familiari del ragazzo, soprattutto
per capire se le parole del vescovo si riferissero, come immaginavo, al nulla
osta da parte della Santa Sede. Il postulatore fu molto gentile e mi chiese d’inviare
a santiebeati.it un testo che lui aveva già pronto. Gli promisi, a quel
punto, che avrei scritto qui di Pierangelo, nell’imminenza della prima sessione
del processo diocesano.
Misi “Mi piace” alla pagina Facebook ufficiale e, già
che c’ero, ordinai qualche santino. Me ne arrivarono parecchi, insieme a un’altra
copia del libro. Ritenni opportuno corrispondere a tanta generosità con un’offerta
tramite conto corrente postale: nella causale indicai espressamente «Per la
causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Pierangelo
Capuzzimati».
Con mia sorpresa, mi arrivò una lettera di
ringraziamento, insieme ad altri santini: l’Associazione a lui intitolata esprimeva
la propria gioia perché era la prima volta che arrivava un’offerta diretta
proprio a sostenere le spese necessarie.
Il 9 gennaio scorso, scorrendo le notizie di Facebook,
lessi che il giorno dopo ci sarebbe stata la prima sessione. Purtroppo, però,
non potei mantenere la promessa: il direttore di Sacro Cuore VIVERE mi
aveva chiesto di anticipare l’articolo su Marco Gallo perché avrebbe dovuto partire per il
Burundi, quindi la rivista di maggio doveva essere pronta per febbraio.
Intanto avevo visto, con un certo interesse, che su Avvenire
non solo era stata data notizia dell’avvio del processo, ma si era anche
parlato di lui sulla pagina dei giovani, un mercoledì che non ricordo. A rigor
di logica, però, era ancora adolescente anagraficamente, dato che è morto due
mesi prima della maggiore età.
Riguardando il santino, mi accorsi che quest’anno
sarebbe caduto il trentesimo compleanno di Pierangelo, proprio oggi. Pensai
quindi che sarebbe stata l’occasione giusta, ma solo ieri ho riletto la biografia.
Oltre agli aspetti che già mi avevano interessata,
ho scoperto un dettaglio raggelante: il giorno in cui cominciarono ad apparire
i segni della leucemia su di lui corrispondeva a quello del mio ventesimo
compleanno. Mentre io celebravo il dono della vita in un campo estivo con l’oratorio
in montagna, lui, al mare, cominciava a sospettare di avere qualcosa che l’avrebbe
portato alla morte.
Ho poi notato che i suoi compagni di classe (più
compagne in verità, perché in classe erano in numero superiore ai maschi)
conservavano un buon ricordo di lui: nell’unica gita che fece con loro, a
Orvieto e Firenze, non solo li meravigliava per le sue conoscenze, ma partecipava
anche ai Nutella party notturni. Io, nella stessa circostanza, ossia
durante la gita alle Cinque Terre in quinta ginnasio, preferii far finta di
dormire per non finire nei guai.
Nei suoi temi, infine, ho riscontrato una lucidità
non dissimile da quella emersa in testi analoghi dal Venerabile Matteo Farina, pure lui pugliese,
di Brindisi per la precisione. Matteo analizzava la condizione dei giovani domandandosi
quale fosse il modo giusto per parlare loro di Dio, mentre Pierangelo
riconosceva che la società in cui vivevano era arida e incapace di dare le
risposte che cercavano. Anche il già citato Marco Gallo si era domandato lo
stesso e aveva imbastito un testo intitolato «Il metodo per vivere pienamente la
vita per rispondere alle domande ultime; scritto per i giovani, raccontato da
un giovane».
Il suo Vangelo
Alle volte sento dubitare, da parte di qualcuno,
sulla necessità di aprire nuove cause di beatificazione e canonizzazione. L’obiezione
che mi viene posta è che dovrebbero bastare i Santi che ci sono, i quali sono
misteriosamente contemporanei a ciascuno di noi, al di là del tempo e dello spazio.
Eppure, come nel caso di Pierangelo, si continua a voler verificare, al di là
delle etichette, se un figlio della Chiesa sia davvero quell’esempio di cui
tanti sono convinti.
Il suo modo di essere credente è inscindibile da
quell’aspetto della sua personalità che lo rende diversissimo da altre storie
di giovani credenti posti a esempio più o meno ufficialmente: il desiderio di
conoscenza, di approfondire quanto la scuola gl’insegnava e di essere sempre
più amico di Gesù, del quale solo al catechismo gli era stata presentata l’importanza.
Le sue ultime parole al padre hanno causato il colpo
finale che ha portato quel pragmatico architetto a ripensare alla fede come l’unico
modo per trovare sostegno nella vita. Gli stessi concetti sono presenti anche in
altre frasi che gli riferì durante un incontro con la dottoressa Barbara Amurri,
che seguiva le sue terapie:
Papà, ma ti rendi conto…, non si può vivere in questa maniera. Con tante
ansie, tanti pensieri per il poi…, è troppo pesante…! Papà, la vita andrebbe accettata
e vissuta così come viene, giorno per giorno tenendo presente che c’è una forza
più grande di noi che ci guida.
Ora i suoi portano avanti questo insegnamento, certi
che debba essere fatto conoscere a tanti altri.
Per
saperne di più
Giuseppe
Grasso, Pier… una scheggia di paradiso, Elledici 2011, pp. 152, € 10,00.
Biografia
che contiene stralci dei suoi scritti, le confidenze ai genitori e le
testimonianze dei suoi parenti e amici.
Su
Internet
Sito ufficiale, già dell’Associazione Pierangelo Capuzzimati Onlus, nata dopo la sua
morte e diventata parte attrice della sua causa
Non conoscevo questo ragazzo, bellissima testimonianza.
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