Monsignor Giuseppe Marello, prezioso curatore degli «interessi di Gesù» (Corona d’Avvento dei Testimoni 2021 #1)

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Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni

Chi è?

 

Giuseppe Marello nacque a Torino il 26 dicembre 1844, primo dei due figli di Vincenzo Marello, commerciante di formaggi, e Anna Maria Viale. Poco dopo aver perso la madre, venne affidato insieme al fratello Vittorio ai nonni paterni, residenti a San Martino Tanaro, attuale San Martino Alfieri. Il padre sposò in seconde nozze Caterina Secco, la quale fu una seconda madre per i due figli.

A dodici anni, come premio per i suoi risultati scolastici, fu portato dal padre al santuario della Madonna della Misericordia di Savona. Lì Giuseppe comprese di essere chiamato al sacerdozio. Il 31 ottobre 1856 entrò quindi nel Seminario Minore della diocesi di Asti, che nel 1859, a causa della seconda guerra d’indipendenza, venne trasformato in caserma. I seminaristi furono dispersi: un buon gruppo fu ospitato a Torino da don Giovanni Bosco, mentre Giuseppe venne accolto da una famiglia di Asti.

Affascinato dalle azioni di quanti si stavano adoperando per costruire un’Italia unita, per un certo periodo credette di dover restare nel mondo, lavorando come giornalista o entrando in politica. Scelse quindi, nel 1862, di non rientrare in Seminario: studiò e fece pratica da geometra a Torino, accontentando quindi le aspirazioni di suo padre.

Nel dicembre 1863 si ammalò gravemente di tifo. Al padre, venuto a trovarlo, chiese di lasciarlo riprendere gli studi verso il sacerdozio, altrimenti sentiva che non sarebbe guarito; l’uomo acconsentì.

Il 9 febbraio 1864, dunque, Giuseppe rientrò in Seminario. Fu ordinato sacerdote il 19 settembre 1868. Il nuovo vescovo di Asti, monsignor Carlo Savio, lo scelse immediatamente come suo segretario. Don Giuseppe ebbe anche il compito d’insegnare il catechismo ai seminaristi ginnasiali, di direttore spirituale e confessore di tutti i seminaristi e, dal 1881 al 1889, di direttore spirituale all’Opera Pia Michelerio. Nel 1881, poi, fu nominato canonico della Cattedrale di Asti.

Intanto, già dal 1872, aveva iniziato a pensare a una “Compagnia” di laici in appoggio ai parroci: a causa delle leggi eversive, infatti, gli Ordini religiosi erano stati soppressi. Il 14 marzo 1878, in un locale dell’Opera Michelerio, insieme a quattro giovani, diede vita alla Compagnia di San Giuseppe, i cui membri avrebbero dovuto dedicarsi all’insegnamento della catechesi e all’assistenza di poveri e giovani. La sede della Compagnia fu trasferita poi nell’ex convento di Santa Chiara, che divenne un centro di spiritualità e carità noto ad Asti e non solo.

Il 23 novembre 1888, il canonico Marello venne nominato vescovo di Acqui. Dal giorno del suo ingresso solenne, il 16 giugno 1889, s’impegnò a conoscere approfonditamente il territorio e il popolo che gli erano stati affidati, attraverso visite pastorali e incontri in circostanze solenni e ordinarie. Come motto episcopale, scelse «Iter para tutum» («Veglia sul nostro cammino», o più letteralmente, «Prepara un cammino sicuro»), dall’inno mariano Ave maris stella.

Continuò a seguire la sua famiglia religiosa, gli Oblati di San Giuseppe (formulazione scelta anche per aggirare gli ostacoli posti dall’autorità civile; oggi sono comunemente detti Giuseppini del Marello), tanto più che alcuni membri erano diventati sacerdoti. Tuttavia, a causa di un dissidio con la Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino circa la proprietà del convento di Santa Chiara (presso cui erano in servizio le suore Vincenzine fondate da san Giuseppe Benedetto Cottolengo), ebbe non poche sofferenze morali.

La sera del 25 maggio 1895, anche se non stava bene, si diresse a Savona, dove i padri Scolopi l’attendevano per le celebrazioni del terzo centenario della morte di san Filippo Neri. Il medico l’invitò a differire la partenza per Acqui, tanto più che il malessere non passava. Alle 18.30 del 30 maggio 1895, monsignor Marello rese l’anima a Dio, ospite nell’episcopio di Savona.

Fu beatificato da san Giovanni Paolo II il 26 settembre 1993, in piazza del Palio ad Asti, e canonizzato dallo stesso Pontefice il 25 novembre 2001, in piazza San Pietro a Roma. 

I suoi resti mortali, riportati ad Asti il 23 giugno 1923, vennero traslati il 14 marzo 1978, a cent’anni esatti dalla fondazione degli Oblati di San Giuseppe, nella seconda cappella da sinistra del santuario di San Giuseppe ad Asti. La sua memoria liturgica ricorre invece il 30 maggio, giorno della sua nascita al Cielo.

 

Cosa c’entra con me?

 

Nell’estate del 2008, insieme alla mia famiglia, visitai il santuario del Getsemani di Paestum. Ci ero già stata quand’ero molto piccola, perché alcuni miei zii avevano una casa per le vacanze in quella località, ma non mi ricordavo quasi nulla. Sapevo solo che c’era una grande statua di Gesù agonizzante, riprodotta in alcuni adesivi sulla vecchia auto di mio padre.

Dopo aver girato tutto il santuario e aver pregato di fronte alla statua, mi venne naturale procurarmi qualche ricordino. Suonai un campanello vicino al locale dedicato, quindi attesi per qualche minuto. Arrivarono una suora e il rettore, ai quali domandai quali fossero le rispettive congregazioni di appartenenza. Al momento non ricordo quella della suora, mentre il sacerdote affermò di essere un Giuseppino del Marello. Sentendo che ero di Milano, m’invitò a visitare la parrocchia della Madonna dei Poveri affidata alla sua stessa congregazione (a distanza di anni, non ho ancora avuto modo di passarci).

Entrambi mi accontentarono ampiamente: riuscii a ottenere delle immaginette del Gesù agonizzante e perfino una riproduzione in scala molto ridotta della statua. Il rettore, invece, mi diede una biografia grossa del suo fondatore, una più agile e un opuscolo pubblicato per la canonizzazione, della quale non ero a conoscenza.

Spaventata dalla mole del primo libro, lessi solo il secondo. Mi sconvolse non poco, soprattutto perché l’autore, usando il metodo dell’intervista immaginaria, invitava il lettore a ricordare che i Santi devono continuare a vivere in mezzo a noi, non restare prigionieri di raffigurazioni stereotipate anche dal punto di vista letterario. Ai tempi non avevo ancora intrapreso pienamente la strada che successivamente mi ha concotta a diventare un’agiografa moderna, ma quelle intuizioni mi rimasero davvero impresse.

Ora che ci penso, credo proprio che quella lettura mi abbia aperto alla scoperta della Comunione dei Santi, quella «corrente unica d’amore» che unisce «Padre, figli e fratelli», che lui raccomandava come fonte di consolazione all’amico Stefano Delaude, poi sacerdote, nella Lettera 23.

Grazie a essa, si sentiva unito e spronato dagli esempi di santa Teresa d’Avila, san Filippo Neri e san Francesco di Sales, tanto che, da vescovo, fu spesso ravvicinato a quest’ultimo. Come spesso accade, però, era collegato, per conoscenza diretta, a suoi contemporanei che oggi riconosciamo come realmente esemplari: san Giovanni Bosco e san Leonardo Murialdo, ma anche i Beati Pio IX e Bartolo Longo, uno che di amicizie con “santi vivi”, come li chiamava lui, se ne intendeva benissimo.

Quando ho saputo che papa Francesco aveva indetto lo speciale Anno di San Giuseppe, mi è venuta subito l’idea di parlare, nel corso di quel periodo, non solo di Testimoni che gli fossero stati particolarmente devoti, ma anche di quali aspetti li potevano rendere affini a lui. Pensavo poi che avrei potuto presentare fondatori e fondatrici che avevano deciso di porre sotto la protezione dello sposo della Madonna le realtà che avevano istituito, a parte quelli di cui avevo già raccontato, come santa Emilia de Vialar o il Beato Clemente Marchisio. Questo terzo progetto, però, non si era ancora compiuto.

Così, tenuto conto che l’Anno di San Giuseppe sta andando verso la conclusione, ho deciso di riprendere la biografia grossa del Marello, anche perché mi sono accorta che giovedì scorso ricorrevano i vent’anni dalla canonizzazione. Avevo pensato anche di pubblicare il post in quella data, ma non ero ancora riuscita a completarlo, poi sono sopraggiunti altri impegni più urgenti.

Ammetto che, se la lettura dell’altro volumetto era scivolata via piacevolmente, questa mi è risultata veramente faticosa, forse perché non mi sono concentrata al meglio, riservandomi di affrontarla nel corso di alcuni viaggi in tram. Ho però capito che, come affermava l’altro biografo, neanche per lui si può parlare di una santità preconfezionata, né avulsa dalle questioni del suo tempo.

Giuseppe Marello, nei suoi anni da seminarista, si era infervorato a sentire le azioni di Giuseppe Garibaldi e dei politici del tempo, che, piaccia o meno, hanno contribuito all’unità nazionale: a «fare gli italiani», per riprendere la nota espressione di Camillo Benso conte di Cavour, ci hanno pensato anche esponenti di quella stessa Chiesa osteggiata, ma mai piegata dalle autorità civili.

In effetti, il giovane non aveva considerato a lungo che agli eroi del Risorgimento mancava una duplice componente che, per lui, non andava trascurata: la fede in Dio e la carità che non doveva essere ridotta a filantropia. Per questa ragione, una volta diventato sacerdote, ha messo tanto impegno nell’insegnare il catechismo e nel far rifiorire la vita delle poche comunità religiose superstiti ad Asti città.

In Marello come segretario del vescovo ho poi rivisto l’azione di tanti sacerdoti che conosco, spesso impegnati in compiti nella Curia arcivescovile, che usano come mezzo per incontrare le persone, come fanno anche nelle parrocchie dove sono inviati per aiutare i parroci.

Nella sua azione come vescovo – per inciso, l’attuale vescovo di Acqui viene proprio dal mio territorio diocesano: appena saputo della sua nomina, mi è venuto spontaneo affidarlo a lui – ho poi ravvisato tanti di quei tratti che oggi vengono raccomandati a chi guida le diocesi.

Viene da dire, sperando di non risultare irriverente, che monsignor Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, non abbia inventato nulla delle “beatitudini del vescovo" proposte anche da papa Francesco alla Conferenza Episcopale Italiana: sono elementi che in vescovi dei quali, come per Marello, la santità riconosciuta in vita è stata sancita con atto solenne, risaltano in modo chiarissimo.

Adesso mi è venuta una voglia matta di poter visitare Asti e il santuario di San Giuseppe. Per il momento, mi accontento di questa presentazione tratta da una trasmissione di due anni fa, andata in onda su Padre Pio TV.


 

Cosa c’entra con san Giuseppe?

 

Mai come in questo caso, i legami tra il Santo di cui parlo e san Giuseppe sono davvero tantissimi, a cominciare dal primo nome di Battesimo. Gli altri erano Chiaffredo, come il nonno paterno, e Stefano, in onore del Santo del giorno in cui nacque, nel quale fu portato al fonte battesimale.

A san Giuseppe fu realmente e profondamente devoto: raccomandava l’imitazione delle sue virtù anche agli amici seminaristi. In lui, poi, vide un modello per la Compagnia che andava progettando: un gruppo di laici che, in una vita nascosta e umile, sostentandosi col proprio lavoro, potessero seguire con attenzione quelle parti della società che non erano raggiunte dagli organismi statali.

Quando avevo letto il primo libro ricevuto dal rettore del Getsemani di Paestum, mi aveva immediatamente colpito una sua frase tratta dalla Lettera 76: lui riteneva che san Giuseppe fosse stato «il primo sulla terra a curare gli interessi di Gesù». Credo che possa essere interpretata e attualizzata in questo modo: dato che è stato il primo a condividere preoccupazioni, sogni e speranze del Figlio che gli era stato consegnato da Dio, chi si rifà al suo stile di vita dev’essere attento ai bisogni della Chiesa e delle membra più deboli, ma non meno importanti, che la compongono.

C’è poi un collegamento davvero rilevante. Da segretario di monsignor Savio, infatti, don Marello partecipò al Concilio Vaticano I, nel corso del quale furono presentate diverse domande affinché papa Pio IX procedesse a nominare il Santo patrono della Chiesa cattolica, come avvenuto con il decreto Quemadmodum Deus, datato 8 dicembre 1870. Proprio per il centocinquantesimo anniversario di questa proclamazione, papa Francesco ha voluto l’Anno di San Giuseppe.

Infine, ormai vescovo, accolse con entusiasmo anche l’enciclica Quamquam pluries di papa Leone XIII e diffuse più che volentieri la preghiera A te, o beato Giuseppe con cui essa si concludeva.

 

Il suo Vangelo

 

La parola che Dio ha voluto dare mediante san Giuseppe Marello mi sembra essere un invito all’essenzialità. In un tempo in cui la Chiesa veniva privata del suo potere temporale, e tanti, compresi molti credenti, erano convinti che questo fosse segno di un’imminente rovina, lui ha iniziato quella piccola famiglia di “fratini” per far capire che non era tutto perduto.

In ogni fase della sua vita, non ha perso mai la capacità di essere un vero pastore, derivatagli sicuramente da tutte le sue letture, ma anche dagli incontri con personalità da cui prendere il meglio, a cominciare da monsignor Savio.

Più di una volta, si era meritato di venire paragonato a una gemma o a una perla, specie da vescovo. Credo che non ci sia miglior complimento, nella vita, di sentirsi definiti preziosi per qualcuno. Non vuol dire essere indispensabili, bensì essere qualcuno che splende e che fa meravigliare quanti l’avvicinano e desiderano cogliere almeno una scintilla del suo bagliore.

Allo stesso modo sono preziosi i suoi insegnamenti contenuti nelle lettere, negli stralci delle omelie ricavati dagli appunti di chi dirigeva spiritualmente, nelle omelie e negli scritti spirituali. Ce ne sono così tanti che mi era risultato difficile sceglierli, al momento della prima stesura del post.

Quando ho dovuto spostarlo di data, ho pensato che a quel punto valesse la pena di aprire con esso la Corona d’Avvento dei Testimoni 2021. Un Santo come lui, anche alla luce di quello che ho scritto sopra, non poteva non avere un’attenzione speciale verso il mistero del Natale. Ecco quindi i suoi auguri per la comunità degli Oblati presente nella casa madre di Santa Chiara, tratti dalla Lettera 244 datata 20 dicembre 1892:

Facciamoci dunque molti auguri per le feste di Natale e di Capodanno, ma lasciamo che il buon Gesù li esaudisca in quel modo e secondo quella misura che Egli sa tornar meglio a gloria sua e a vantaggio nostro spirituale. Vogliamo che sia esaudito l’augurio nel quale si risolvono tutti gli altri: «Salvatore nostro, salvaci».

 

Per saperne di più

 

P. Guido Miglietta osj, San Giuseppe Marello, Velar-Elledici 2009, pp. 48, € 3,50.

Breve presentazione della sua vita e dei tratti essenziali della sua personalità, curata dal direttore di Joseph, il mensile degli Oblati di San Giuseppe

 

Tonino Lasconi, Intervista in Paradiso – Giuseppe Marello un santo per l’oggi, San Paolo 2001, pp. 160, € 10,33.

Col pretesto dell’intervista immaginaria, la presentazione dei fatti della sua vita diventa una riflessione su come intendere i Santi e la santità. È fuori catalogo, ma si può richiedere agli Oblati di San Giuseppe ai contatti presenti qui.

 

Verso la meta – Un anno con san Giuseppe Marello, Shalom 2017, pp. 352, € 5,00.

Pensieri per ogni giorno dell’anno, tratti dall’epistolario, dalla sua direzione spirituale e dagli appunti presi da alcune donne che seguivano la sua predicazione.

 

Giuseppe Marello, Epistolario, Impressioni Grafiche 2011, pp. 822, € 30,00.

Primo dei dieci volumi previsti dell’Opera Omnia, comprende le trecentoventicinque lettere da lui scritte, comprese quelle di cui si conservano solo le minute autografe.

 

Centro Internazionale Giuseppino Marelliano, San Giuseppe Marello sacerdote e vescovo di Misericordia. Atti del II Symposium Internazionale (Torino, Asti, Acqui Terme, San Martino Alfieri, 1-4 settembre 2016), Impressioni Grafiche 2018, pp. 288, € 15,00.

Nell’Anno della Misericordia, l’annuale Symposium Internazionale promosso dai Giuseppini del Marello non poteva che avere lo stesso tema.

 

Su Internet

 

Sezione su di lui del sito della Provincia Italiana degli Oblati di San Giuseppe

Sito della Curia generale degli Oblati di San Giuseppe

Pagina su di lui sul sito della Congregazione delle Cause dei Santi

Pagina sul sito della diocesi di Acqui

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