CineTestimoniando #12: «Mater Dei»

La locandina scelta anche per ledizione in DVD (fontefonte)


Italia 1951, Emilio Cordero, Parva Film, 1h30’

 

Nel corso del mio approfondimento della vita e dell’operato del Beato Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia Paolina, avevo iniziato a capire anche le motivazioni che l’avevano condotto a iniziare l’apostolato del cinema. In particolare, mi aveva colpito il fatto che, prima di annunciare questa nuova esperienza, avesse trascorso giorni interi nel suo studio, pregando e digiunando.

Da piccola avevo a mia volta ricevuto i benefici di quella che, ai tempi, era chiamata Sampaolofilm (scritto con la “m” e tutto di seguito), tramite alcune cassette del Videocatechismo che oggi hanno un sapore molto vecchio stile. Ad esempio, ricordo la puntata in cui il catechista e i suoi bambini interrogavano un computer: lo facevano andare in tilt perché gli avevano posto domande sul senso della vita, le cui risposte erano impossibili anche per un cervello elettronico.

Per questa ragione, non appena avevo saputo che in quel di Lissone si stava girando il film Voglio essere profumo, ho pensato di fare proprio come colui che i religiosi e i cooperatori laici paolini e paoline chiamano il Primo Maestro, anzi, di chiedere la sua intercessione.

Ho quindi visitato per questo scopo il negozio delle Pie Discepole del Divin Maestro qui a Milano, ho bussato alla porta delle Figlie di San Paolo sempre a Milano e ho scritto alla casa madre delle Suore Apostoline.

A tutte loro ho chiesto di pregare per le riprese e perché il film avesse un buon esito: in senso economico, certo, ma principalmente perché la storia narrata permettesse di far conoscere la vera vicenda che le stava dietro. Per non parlare, poi, del fatto che al produttore ho regalato un santino di don Alberione, invitandolo a invocarlo come “produttore celeste”!

Nel corso delle mie letture, avevo scoperto che lui non aveva solo voluto la realizzazione di filmini catechistici, ma di veri e propri lungometraggi, sia con soggetto tratto dalla Bibbia o da vite esemplari, sia di finzione ma con messaggi credenti.

Già conoscevo di fama Abuna Messias, sull’operato missionario di padre Guglielmo Massaja, poi Cardinale, attualmente Venerabile. Proprio non sapevo, invece, che il primissimo film italiano a colori, precedente anche a Totò a colori, fosse dovuto ai Paolini.

Si tratta di Mater Dei, il cui regista è don Emilio Cordero (qui un suo ricordo a firma del confratello don Attilio Monge), il quale tutto s’immaginava, una volta entrato nella Pia Società San Paolo, tranne che sarebbe finito dietro la macchina da presa. Ricevuta quell’ubbidienza (così la definisce, nella sua recensione dello stesso film, il padre gesuita Virgilio Fantuzzi) dal Primo Maestro, cominciò a lavorare alle riprese.

Gli interni sono stati girati in parte nella cripta della basilica di Maria Regina degli Apostoli alla Montagnola, frutto di un voto formulato da don Alberione durante la seconda guerra mondiale: l’avrebbe edificato se nessuno dei suoi figli o figlie fosse perito durante i bombardamenti.

Sviluppando poi le invocazioni litaniche che precedevano la Preghiera per il cinema pubblicata sul bollettino San Paolo del febbraio 1952, ho stilato le mie Litanie dei Santi e dei Beati... al cinema e in TV, che non potevano iniziare se non con “Santa Maria, Madre di Dio”.

Non avevo mai visto Mater Dei prima della sera di Capodanno di quest’anno, giorno in cui il Rito Romano ricorda appunto Maria Madre di Dio, quando è stato trasmesso – credo proprio che sia stata una prima visione assoluta – su Telenova, l’emittente televisiva del Gruppo San Paolo. Ho pensato che sarebbe stato interessante parlarne qui, magari nel giorno in cui la Famiglia Paolina ricorda Maria Regina degli Apostoli, ovvero il sabato (giorno mariano per eccellenza) prima della solennità di Pentecoste.

Tuttavia, dato che per quel giorno ho altri programmi che conto di rispettare, pubblico la recensione oggi, a chiusura del mese di maggio.

 

La trama in breve

 

Nonostante il peccato originale commesso dai progenitori, Dio ha promesso la salvezza all’umanità, partendo dalla stessa stirpe di Adamo. I profeti hanno ripetuto questa promessa, simboleggiata anche nel roveto ardente visto da Mosè.

Molti secoli dopo, Maria, ragazza del villaggio di Nazareth, promessa sposa a Giuseppe suo compaesano, viene visitata da un angelo, che le annuncia la nascita, per mezzo suo, di un figlio che chiamerà Gesù e che sarà il Redentore promesso.

Maria (Myriam de Majo – nella locandina è scritto Miriam con la “i” – doppiata da Lydia Simoneschi) segue Gesù (Giorgio Costantini, doppiato da Giulio Panicali) dalla nascita e nella sua crescita, ma anche nella sua vita pubblica, caratterizzata dalla predicazione itinerante, fin sotto la croce. Quando gli apostoli che Gesù aveva scelto cominciano a radunarsi insieme ad alcune donne e ad altri discepoli, lei è presente in mezzo a loro. La sua assunzione in cielo chiude la prima parte del film.

La seconda parte descrive invece come Maria continui a guidare i suoi figli: tramite i Sacramenti, che li incorporano nella Chiesa, con cui lei stessa è identificata, ma anche mediante le opere buone e ispirandoli a non compiere il male contro sé stessi. I fedeli ricambiano il suo amore con tanti gesti umili e quotidiani, ma anche con l’arte e con l’edificazione di chiese in suo onore.

 

Considerazioni di stile

 

Tecnicamente parlando, il film sente tutto il peso dei suoi anni e dell’impostazione che vi sta a monte. In modo estremamente didascalico, si verifica sullo schermo ciò che la voce fuori campo (di Mario Besesti) ha anticipato poco prima. Anche la recitazione a volte è rigida, ma nei primi e primissimi piani emerge meglio l’espressività degli attori.


Il dolcissimo sorriso di Maria col suo Bambino

La scelta pionieristica del colore – non essendoci in Italia macchinari adatti, le bobine del film vennero sviluppate col metodo americano Ansco-color – è a servizio del messaggio che produttore e regista hanno voluto offrire, per renderlo visivamente attraente. Anche in questo caso, come nell’effetto speciale usato per descrivere l’Assunzione al Cielo di Maria (l’acqua diventata vino nella scena delle nozze di Cana è resa meglio) si percepisce che la tecnica cinematografica è andata avanti.

La struttura binaria riflette la divisione tra primo e secondo tempo, che ora non esiste più nelle proiezioni pubbliche. Il secondo tempo, con gli occhi di oggi, funziona molto meglio del primo, sia per il ritmo, sia per le soluzioni adottate, che evidenziano l’identificazione tra l’amore di Maria e la cura della Chiesa.

Se oggi si tentasse un rifacimento, sarebbe meglio concentrarlo sulla seconda parte, che in effetti ha parecchi rimandi alla prima. Tuttavia, non si capirebbe la maternità di Maria senza riconoscerla, come recita appunto il titolo, Madre di Dio.

 

Considerazioni di fede

 

Se dal punto di vista dello stile il film è invecchiato, non ha perso affatto il suo smalto nei contenuti veicolati, rappresentati molto spesso con guizzi di originalità che non si riscontrano nelle produzioni successive a tema biblico-mariano e che non sono quasi mai in contraddizione con l’insegnamento della Chiesa.

Scrivo così perché in due punti, ossia dopo la caduta dei Progenitori e poco prima della scena della Presentazione al Tempio, viene pronunciato il termine “corredentrice” in riferimento a Maria. In un altro punto, le viene dato l’appellativo di “mediatrice”.

Attualmente, è ancora in discussione tra i teologi la definizione dogmatica di entrambi gli appellativi, rigettata da parecchi tra essi, anche sulla scorta di alcuni testi del Magistero di papa Francesco (come l’omelia del 12 dicembre 2019 o l’Udienza Generale del 24 marzo 2021, nella quale però riconosce che i molti titoli sono come un’esagerazione dettata dall’amore dei figli per la Madre).

Per quel che mi è dato di capire, don Alberione, invece, riteneva che si potesse considerare la Vergine come tale; altrimenti, da consulente religioso (così lo indicano i titoli di testa), non avrebbe inserito quei termini.


Maria bambina presentata al Tempio


Tra le soluzioni più interessanti, considero anzitutto la scelta di mettere in bocca ad Anna, la madre di Maria, i versetti 11-12 del Salmo 45, mentre la figlia è ancora bambina e presentata al Tempio. Sono molto gradevoli anche le scene di vita quotidiana in cui Maria, ormai fanciulla, prepara il pane e aiuta una donna povera che ha bussato alla porta di casa sua.

Sorprendentemente per uno sguardo moderno, invece, dall’Annunciazione in poi non è più una ragazza, ma già donna, forse a indicare che era matura spiritualmente per accettare il volere di Dio su di lei.

Altrettanto originale è la scena del ritrovamento di Gesù dodicenne nel Tempio. Fior di scrittori ed esegeti si sono domandati quale fosse il contenuto della sua disputa coi dottori della Legge: in questo film viene suggerito che fosse proprio sul brano della Genesi,  letto come profezia messianica, in cui Dio comunica al serpente che sarà sconfitto dalla donna e dalla stirpe di lei.

Maria e Giuseppe, arrivati nel frattempo, sono sì «angosciati» secondo il dettato del Vangelo di Luca, però specialmente la prima guarda Gesù come una madre orgogliosa del proprio figlio, il quale sta parlando bene di lei.

Quanto al ruolo della Madonna nella vita pubblica, è una partecipazione a distanza, non priva di preoccupazioni per il  Figlio che «non ha dove posare il capo», deriso da chi non lo capisce, tradito da uno dei Dodici.

Viene anche ipotizzata la sua presenza all’Ultima Cena: accarezza il Calice e lo guarda con lo stesso amore con cui guardava Gesù mentre predicava. Anche il rinnegamento di Pietro viene considerato uno dei dolori di Maria, ai quali lei ripensa sotto la Croce: si capisce solo quando si arriva, appunto, alla scena sul Golgota.


La preghiera per l'elezione del dodicesimo apostolo 


Infine, è offerta un’interpretazione insolita del ruolo di Maria tra gli Apostoli, specie in relazione alla scelta del sostituto di Giuda. Dopo che Pietro, che rappresenta l’autorità, spiega ai discepoli riuniti (altro tratto di fedeltà scritturistica: nel Cenacolo ci sono anche alcune donne, a parte lei) che bisogna trovare l’elemento mancante al numero dei Dodici, è lei a far pregare tutti: pronuncia la preghiera contenuta ai versetti 24-25 degli Atti,  ripetuta, frase per frase, dal resto della comunità. In più, è lei stessa che, con gioia evidentissima, sorteggia il nome di Mattia.

Sull’Assunzione mi sono già espressa, però vale la pena di sottolineare che viene riportata la tradizione, passata nei testi apocrifi del tipo dei Transitus, secondo cui l’arcangelo Gabriele avrebbe annunciato a Maria anche la sua imminente morte, portandole un ramo di palma, adempiendo una richiesta che lei avrebbe rivolto a Gesù.

Il secondo tempo rende con efficacia la continua presenza mariana nella Chiesa, specie nelle scene più drammatiche, alle quali è stata dedicata una delle due locandine ufficiali (presente nella scheda dell’Internet Movie Database dello stesso film): quella in cui una donna disperata è sul punto di gettarsi da una rupe, ma viene dissuasa da una “voce” materna, e quella in cui un uomo rischia di annegare e invoca: «Madonna mia, aiutami!». È poco prima di questa sequenza, non nel primo tempo, che viene inserito l’episodio delle nozze di Cana: non è affatto una scelta casuale.

In molte sequenze di questo secondo segmento, alle immagini filmate si accompagnano citazioni letterarie e artistiche: anche queste sono segni dell’amore per la Madre di Dio. Durante la deposizione dalla Croce e la sepoltura di Gesù sono recitati brani della lauda Donna de Paradiso di Jacopone da Todi, mentre le immagini naturalistiche, che fanno il paio con quelle che descrivevano la Creazione alle origini, sono accompagnate da una voce femminile che recita la poesia Ave Maria di Giosuè Carducci.

L’Ave Maria di Schubert fa da sottofondo alle opere d’arte, molte delle quali riprese quasi come in tableaux vivants nella prima parte, che seguono le immagini dei grandi santuari – sono riconoscibilissimi quelli di Pompei, Loreto, Santa Maria degli Angeli, Santa Maria della Salute a Venezia, Nostra Signora della Guardia a Genova, Maria Ausiliatrice a Torino – e delle cattedrali – Santa Maria del Fiore a Firenze e Santa Maria Nascente a Milano – precedute, a loro volta, dalle “madonnelle” di Roma.


Dulcis in fundo, la Regina degli Apostoli


Tra la scena descrittiva dei modi semplici e popolari con cui i fedeli amano Maria – le immaginette, le medaglie, la preghiera dell’Angelus – e quella delle chiese a lei dedicate, è situata una breve scena in cui si vede una piccola folla che si reca verso una grotta a pregare, mentre la voce fuori campo recita la preghiera «Guarda la stella, invoca Maria» di san Bernardo da Chiaravalle. Non vorrei sbagliarmi, ma mi sembra proprio la grotta della Vergine della Rivelazione, che tra l’altro è poco distante dalla basilica della Regina degli Apostoli.

L’ultima immagine, accompagnata da una supplica speciale, è proprio quella della Madonna più cara ai Paolini, raffigurata in abiti semplici, mentre offre al mondo Gesù, il quale ha in mano il rotolo della Parola. Ai suoi piedi una composizione floreale... con la scritta “Fine”!

Non posso concludere senz’aver riportato una curiosità che sta a metà tra le considerazioni di stile e quelle di fede. Come avevo io stessa indicato a Filippociak, curatore del mai abbastanza rimpianto blog La Luce in sala, Mater Dei contiene due camei davvero eccezionali.


La battuta di madre Tecla nei panni della profetessa Anna è: «Esultate, o figlie di Gerusalemme: il Messia è in mezzo a noi e redimerà il popolo d’Israele»

A prestare il volto e la voce alla profetessa Anna, che la Sacra Famiglia incontra presentando Gesù al Tempio – ha anche una battuta, pure questa con parole bibliche sebbene non tratte dall’episodio in oggetto (l'evangelista Luca afferma solo che Anna parlava del Bambino a quanti aspettavano la redenzione d'Israele) – è la Venerabile Tecla Merlo, cofondatrice delle Figlie di San Paolo.

Don Alberione interpreta... praticamente se stesso

Invece nella seconda parte, proprio all’inizio, il sacerdote che compare è don Alberione stesso: si sente proprio la sua voce, mentre pronuncia, in latino, la formula trinitaria del Battesimo. 
Se un giorno, come auspico, venisse canonizzato, avremmo il primo caso di un Santo che ha consapevolmente partecipato a un film, oltre ad averne curato il soggetto.

 

Consigliato a...

 

Alla luce di queste considerazioni, sento di dover indicare Mater Dei come un film buono per un pubblico semplice, che non si pone troppi problemi sulla resa tecnica, ma che vuole capire davvero come la Madonna continui a essere Madre per tutti, come Gesù ha voluto dall’alto della Croce.

Gli studiosi del cinema religioso, specie italiano, lo considerano comunque un punto di partenza per un nuovo modo di raccontare i contenuti della Bibbia, a cui deve molto anche Pier Paolo Pasolini col suo Vangelo secondo Matteo.

Come dicono su Telenova, il film è disponibile in DVD su San Paolo Store (ma anche su altri siti di e-commerce) e nelle librerie San Paolo e Paoline.

 

Valutazione finale

 

½

 

Gli attori sono in parte professionisti, i mezzi tecnici sono nella media (a parte l’innovazione del colore), ma il cuore del messaggio del film e il modo in cui viene espresso sono la vera forza di questo prodotto: per questo alzo il giudizio complessivo di almeno mezzo punto.

 

Per saperne di più

 

Solitamente, nella rubrica cinematografica, non indico approfondimenti librari. In questo caso sento però di segnalare un volume uscito nel 2005, in occasione del restauro della pellicola da parte dei Centro Sperimentale di Cinematografia:

 

Vittorio Giacci (a cura di), Mater Dei. Storia e rinascita del primo film italiano a colori, Centro Sperimentale di Cinematografia, € 35,00.

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