Charles de Foucauld, il Santo della fiducia nel deserto



NOTA PREVIA: italianizzo il nome di religione che lui aveva assunto come Trappista perché aveva professato i voti semplici, mentre da quando inizia la vita nel Sahara traduco solo “fratel”, non il nome proprio, perché non si tratta di un cambio di nome suggellato da voti religiosi.


 


Chi è?


Charles-Eugène de Foucauld nacque a Strasburgo in Alsazia il 15 settembre 1858, secondogenito di Édouard de Foucauld, visconte di Pontbriand e sovrintendente alle foreste dell’Alsazia, e di Elisabeth de Morlet. Rimasto orfano di entrambi i genitori all’età di sei anni, venne accolto dal nonno Charles de Morlet insieme alla sorella minore Marie e con loro si trasferì, in seguito all’annessione dell’Alsazia alla Germania, a Nancy.

Gradualmente, a partire dal 1874, perse la fede. Intraprese la carriera militare come sottotenente, radiato una prima volta per motivi disciplinari e in seguito reintegrato. In seguito si congedò volontariamente, per unirsi agli esploratori che stavano cominciando a perlustrare il territorio del Marocco. L’impatto con la cultura del luogo e con la preghiera dei musulmani lo scosse profondamente, ma alla fine comprese di doversi riaccostare alla fede cattolica.

Così, sul finire dell’ottobre 1886, andò nella chiesa di Sant’Agostino a Parigi per ricevere un’istruzione religiosa dall’abbé Henri Huvelin, a cui era stato indirizzato dalla cugina Marie de Bondy: si sentì invece rispondere che doveva confessarsi e ricevere la Comunione. Da quel momento comprese che non poteva che vivere per Dio solo.

Partì dunque per la Terra Santa nel novembre 1888: a segnarlo particolarmente fu la visita a Nazareth, il luogo della vita nascosta di Gesù. Per imitarlo meglio, scelse di entrare nei Trappisti, presso l’abbazia di Nostra Signora delle Nevi: pronunciò i voti semplici nel 1892, col nome di fra Maria Alberico, dopo essersi trasferito nella filiale di Akbès, in Siria.

Il suo desiderio di radicalità lo spinse a progettare un ordine ancora più povero, ma i suoi superiori lo inviarono a Roma per proseguire gli studi teologici. Alla fine, però, gli fu concessa la dispensa dai voti. Dopo un periodo a Nazareth, come ortolano delle monache Clarisse, Charles divenne quindi sacerdote della diocesi di Viviers il 9 giugno 1901, lasciato libero di vivere il ministero nella forma che preferisse.

Si stabilì poi a Beni-Abbès, al confine tra Algeria e Marocco, dove fratel Charles di Gesù, come si faceva chiamare, cercò di opporsi al fenomeno dello schiavismo. Nel 1905 si trasferì a Tamanrasset, nello Hoggar, regione abitata dai nomadi tuareg. Il 1° dicembre 1916 fu sorpreso da un attacco di predoni, durante il quale venne ucciso accidentalmente con un colpo di fucile.

La sua fama di santità condusse all’apertura del processo di beatificazione per indagare l’eroicità delle sue virtù, cominciato nel 1927 in fase diocesana. Tra interruzioni e riprese, si arrivò al 24 aprile 2001, quando san Giovanni Paolo II autorizzò la promulgazione del decreto che lo dichiarava Venerabile.

È stato beatificato a Roma, nella basilica di San Pietro, il 13 novembre 2005, insieme a madre Maria Pia Mastena e madre Maria Crocifissa Curcio. Il 26 maggio 2020 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto sul secondo miracolo necessario per la sua canonizzazione, celebrata oggi, 15 maggio 2022.

La sua memoria liturgica cade il 1° dicembre, giorno della sua nascita al cielo, mentre i suoi resti mortali sono venerati nella tomba che si trova nel cimitero francese di El Golea in Algeria, custodita dai Padri Bianchi, che officiano la vicina chiesa di San Giuseppe. 


Cosa c’entra con me?


Il ricordo del mio primo contatto con lui è molto fumoso. Credo che sia avvenuto durante un ritiro spirituale da adolescente, quando mi sono imbattuta in un quadro che lo raffigurava: mi colpirono molto il suo sorriso e il cuore rosso, sormontato da una croce, che portava sull’abito. Ho domandato al sacerdote che era con me chi fosse e mi disse il suo nome.

Trascorsero parecchi anni, quando me lo sono ritrovata di fronte sulla copertina de Il Segno, il mensile della diocesi di Milano: era il novembre 2005, a ridosso della beatificazione. Ero uscita da poco dalla crisi di rigetto che mi aveva spinta ad accantonare l’approfondimento delle vite dei Santi e dei candidati all’aureola, ma mi sono ricordata di quel quadro visto tempo addietro e ho pensato di dover andare più a fondo. Il motivo di quella copertina era dovuto al fatto che il miracolo che portò alla beatificazione è avvenuto proprio dalle mie parti, precisamente a Desio (verso la fine di questa pagina, il racconto di monsignor Ennio Apeciti, che seguì il processo sul miracolo come delegato arcivescovile).

Durante una delle mie prime visite nelle librerie cattoliche del centro di Milano, ho quindi iniziato a valutare quali fossero le migliori proposte editoriali per conoscerlo; non sono però andata oltre un libriccino da poche pagine e una raccolta di pensieri.

Grosso modo in quel periodo, un sacerdote venuto nella mia parrocchia di nascita per gli Esercizi Spirituali serali ci parlò di lui e del suo desiderio di vivere la vita nascosta di Nazareth: dopotutto era il parroco di “Gesù a Nazareth”, la cui intitolazione è legata proprio alla spiritualità foucauldiana (lì, per la canonizzazione, è stato previsto un cammino di avvicinamento, che culminerà con la Messa presieduta dall’Arcivescovo di Milano martedì 17).

Durante il mio pellegrinaggio in Terra Santa, nel 2014, ho incontrato personalmente alcune religiose che seguono il suo esempio: precisamente, appartenevano alle Piccole Sorelle di Gesù. Sia la visita al negozietto di sorella Rose, a Gerusalemme, sia la breve intervista alle altre che vivono a Betlemme, famose per i loro adorabili (nel vero senso della parola) Bambinelli di terracotta, mi ha permesso d’intuire qualcosa del loro stile, finora conosciuto tramite i libri o i resoconti di altri.

Mi sono riavvicinata di più alla sua storia quando mi è stato chiesto di produrre un nuovo profilo biografico per santiebeati, dato che quello precedentemente inserito trattava solo una parte della sua vita.

Mi è servito per andare oltre i luoghi comuni sulla sua vicenda e comprenderli nella loro reale profondità: da quello del “fratello universale”, espressione da lui medesimo adoperata (un po’ come quello della “matita nelle mani di Dio” di santa Teresa di Calcutta) a quello di un presunto martirio.

Nei fatti la sua causa è partita, come dicevo nella sintesi biografica, per l’accertamento delle virtù eroiche e non è mai stata presa in considerazione l’ipotesi di verificare il martirio in odio alla fede, semplicemente perché i razziatori pensavano di portarlo via come ostaggio; si può parlare di morte violenta, di sicuro (qui, per chi capisce il francese, un’interessante intervista al precedente postulatore della sua causa, che esplica quanto ho scritto in sintesi). Un altro conto è pensare che lui avesse messo in conto di morire martire, come emerge da molti suoi appunti spirituali.

Fin qui il post che avevo pubblicato il 1° dicembre 2016, a cent’anni esatti dalla morte di fratel Charles.

Circa due anni dopo, nel corso della mia collaborazione per Sacro Cuore VIVERE, rivista dell’Opera Salesiana del Sacro Cuore di Bologna, il direttore mi chiese di occuparmi di lui. Credendo di padroneggiare già la materia a sufficienza, mi limitai a ridurre il profilo già pubblicato su santiebeati. Per approfondirne la spiritualità, lessi avidamente un volumetto scritto da un Piccolo Fratello, che contattai per una revisione.

Tuttavia, il direttore mi mosse un rimprovero: era come se mi fossi abbuffata senza digerire. Inoltre, non avevo precisato come la sua eredità fosse continuata anche a dispetto di una fine terrena apparentemente fallimentare. Io stessa mi sentivo di aver fallito, per cui andai nella biblioteca della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, in cerca di qualche altro testo da consultare.

Quel giorno m’imbattei in un sacerdote che conoscevo e che sapeva della mia attività agiografica. Mi diede un incoraggiamento che ancora oggi mi accompagna nei momenti di crisi creativa: avevo scritto di così tante figure, per cui non potevo fermarmi solo perché quella che dovevo affrontare mi sembrava superiore alle mie forze.

Dopo aver mandato la seconda versione, il direttore rispose che l’articolo era il migliore che avessi prodotto per lui fino a quel momento. Credo che avesse contribuito il fatto che, per questioni familiari, avevo dovuto per un po’ accantonare i miei impegni di scrittura: avevo quindi capito che quella era la “Nazareth” che avrei dovuto abitare. Ora invece mi sembra di oscillare tra la vita nascosta, quando aiuto in casa e in parrocchia, e quella pubblica, caratterizzata da un lavoro che tale è, sebbene pagato poco o non pagato per nulla.

La notizia del miracolo per la canonizzazione – peraltro avvenuto il giorno precedente quello in cui avevo pubblicato il primo post – mi ha realmente colta di sorpresa: non avevo sentito, prima di allora, che fosse stata istruita la relativa inchiesta diocesana. In quel caso, era palese che il riserbo avesse retto, benché riguardasse una figura famosissima a livello mondiale.

A quel punto, non mi restava che sperare che gli altri che sarebbero stati canonizzati insieme a lui ricevessero una considerazione maggiore proprio per quella ragione, secondo quel principio che avevo teorizzato, a ridosso delle canonizzazioni del 14 ottobre 2018, come “effetto Bakhita” (in breve: che, quando vengono beatificati o canonizzati più personaggi insieme appartenenti a cause diverse, e tra di loro c’è qualche figura di cui si parla già molto anche al di là dell’ambito ecclesiale, diventino famosi – anche se non nell’accezione di “fama di santità” – anche quelli che prima di allora non lo erano).

 

Il suo Vangelo


Il messaggio universale che traspare dalla figura di fratel Charles è quello di una fiducia illimitata in Dio, anche in una situazione terribile come quella in cui si era venuto a trovare, anche nella desolazione interiore: in dieci anni di presenza a Tamanrasset, infatti, non ebbe nemmeno un convertito.

Il suo desiderio, però, era quello di essere un segno che rimandasse alla presenza del Signore anche tra i tuareg, perché ci fosse qualcuno che, ogni giorno, elevasse l’Ostia per loro; per questa ragione, incoraggiato dall’abbé Huvelin e dalla badessa delle Clarisse di Gerusalemme, madre Elisabetta del Calvario, accettò di prepararsi al sacerdozio.

Nel vecchio post, col quale iniziavo la Corona d’Avvento dei Testimoni 2016, citavo una sua riflessione sull’Avvento. Adesso, invece, ho letteralmente l’imbarazzo della scelta per la citazione da riportare come sintesi della sua testimonianza di fede.

Credo, però, che si possa ricondurre tutto a un passaggio della lettera del 14 agosto 1901, pochi mesi dopo l’ordinazione sacerdotale, all’amico Henry de Castries. Quest’ultimo era all’incirca nella medesima situazione in cui, fino a dodici anni prima, era lui stesso. Senza fargli una predica, ma presentandogli in semplicità il proprio cammino, fratel Charles gli scrisse:


Non appena credetti che c’era un Dio, compresi che non potevo fare altro che vivere per Lui: la mia vocazione religiosa risale alla stessa ora della mia fede. Dio è così grande! C’è una tale differenza tra Dio e tutto quello che non è Lui!


Per recepire ancora di più questo messaggio, ho chiesto di potermi unire al pellegrinaggio che la Pastorale Giovanile della mia diocesi ha organizzato, al quale si aggiungono alcuni parrocchiani di San Galdino, parrocchia milanese dove le Piccole Sorelle di Gesù hanno una presenza. Aspettatevi presto, qui e altrove, il mio resoconto!


Per saperne di più


Oltre ai testi citati nel primissimo post, suggerisco queste recentissime pubblicazioni:


Pierre Sourisseau, Charles de Foucauld 1858-1916 – La vita, Effatà 2018, pp. 768, € 32,00.

Corposa biografia basata sulla documentazione raccolta per la causa di beatificazione e canonizzazione, della quale l’autore è l’archivista.


Charles de Foucauld, Non c’è distanza per i cuori che si amano – Lettere alla sorella Marie, Effatà 2020, € 16,00.

Nella raccolta delle lettere a sua sorella, il futuro Santo cerca d’indicarle come seguire, pur restando nel mondo e vivendo come madre di famiglia, il suo ideale spirituale.


Andrea Mandonico, Mio Dio, come sei buono. La vita e il messaggio di Charles de Foucauld, Libreria Editrice Vaticana 2020, pp. 344, € 20,00.

Opera nata dopo la beatificazione dei monaci di Tibhirine (qui la mia recensione del film su di loro, Uomini di Dio), curata dal vicepostulatore della sua causa, sacerdote dei Padri Bianchi, delinea in breve il suo profilo biografico e l’interiorità, facendo riferimento anche al contesto storico.


Comunità Sorelle del Signore, La mistica della tenerezza – L’avventura umana e spirituale di Charles de Foucauld, Centro Ambrosiano 2022, pp. 160, € 16,00.

Anche la Comunità Sorelle del Signore, fondata nella diocesi di Milano nel 1996, ha un legame spirituale con fratel Charles. In questo volumetto, le consacrate che ne fanno parte presentano un suo breve profilo, commentano alcuni scritti e propongono uno schema di veglia e uno di Adorazione eucaristica.


Pierangelo Sequeri, Charles de Foucauld – Il vangelo viene da Nazareth, Vita e Pensiero 2022, pp. 128, € 14,00.

Nuova edizione rivista e aumentata di un testo davvero fondamentale per capire il senso profondo della sua testimonianza anche per questo nostro tempo.


Su Internet


Sito della Famiglia Spirituale Charles de Foucauld (sezione in italiano)

Sito nato per il centenario della morte e riconvertito a sito ufficiale della canonizzazione (in francese)




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