Don Luigi Maria Palazzolo, il santo che raccoglieva i ragazzi scartati

Don Luigi Palazzolo
tra i bambini di Borgo San Leonardo
in un dipinto di Marigliani
(fonte)

NOTA PREVIA: finché il Papa non pronuncia la Formula di canonizzazione, i Beati rimangono tali. Tuttavia, per facilitare l'affluenza dei lettori su questa pagina, inserirò ugualmente l’aggettivo “santo” nel titolo effettivo e, al plurale, nelle etichette o tag a corredo del post.

 

Chi è?

 

Luigi Maria Palazzolo nacque a Bergamo il 10 dicembre 1827, ultimo dei nove figli, sei dei quali morti ancora bambini, di Ottavio Palazzolo e Teresa Antoine. A nove anni rimase orfano di padre; la madre, che già amministrava i beni della famiglia, gli fu ancora più vicina, specialmente introducendolo alla vita di fede.

Aiutato da due sacerdoti della parrocchia di Sant’Alessandro in Colonna, che frequentava insieme alla madre, ovvero don Pietro Sironi e don (poi monsignor) Alessandro Valsecchi, fu avviato agli studi in vista del sacerdozio. Nel novembre 1839 iniziò i corsi di Filosofia nel Seminario di Bergamo come studente esterno, passando alla Teologia nel 1844. Fu ordinato sacerdote il 23 giugno 1850.

Poiché all’epoca la diocesi di Bergamo era molto fornita di clero, a don Luigi fu concesso di scegliere in quale contesto esercitare il ministero. Scelse di restare a servizio della parrocchia di Sant’Alessandro in Colonna, ma quasi subito si orientò verso il quartiere della Foppa, povero e popoloso.

Nel 1855 assunse la direzione dell’oratorio che lì si trovava, ma il proprietario dei locali lo costrinse a lasciarlo quattro anni dopo, a causa dell’elevata cifra dell’affitto. Don Luigi non abbandonò i ragazzi e i giovani: li invitò al Polaresco, uno spazio verde alla periferia di Bergamo, ma capì che era una soluzione provvisoria. Grazie al sostegno finanziario di sua madre e al consiglio di monsignor Valsecchi, poté acquistare il terreno per costruire un nuovo oratorio, dedicato a san Filippo Neri. Nel 1862, la morte della madre, si trasferì a vivere in una piccola casa costruita sullo stesso terreno.

Gradualmente cominciò a interessarsi anche delle ragazze abbandonate: impiantò quindi a Bergamo la Pia Opera di Santa Dorotea, fondata a Venezia da don Marco e don Luca Passi (quest’ultimo beatificato nel 2013), a partire dal giorno dell’Epifania del 1864. L’oratorio femminile cominciò a funzionare solo nei giorni festivi, mentre quello maschile lo era tutti i giorni.

Per garantire una presenza continuativa, cominciò a pensare a un istituto religioso femminile. In Teresa Gabrieli, vice-superiora della Pia Opera, trovò la candidata ideale per iniziarlo. 

Teresa trascorse in preghiera la notte tra il 21 e il 22 maggio 1869, insieme a don Luigi e a due compagne. Alle tre di notte, nella casa di via della Foppa, pronunciò i voti religiosi, a cui aggiunse la promessa di fedeltà al Papa e di lavorare senza condizioni per il bene della gioventù.

Il 1° luglio 1869, mentre si trovava a Roma per accompagnare monsignor Valsecchi, nominato vescovo ausiliare di Bergamo, don Luigi ebbe un’intuizione spirituale nel corso degli Esercizi spirituali che stava seguendo presso i Gesuiti di Sant’Eusebio: Gesù era morto nudo, cioè povero, sulla Croce, quindi anche lui doveva amare la povertà.

Alla comunità femminile, le cui componenti avevano iniziato a vestire l’abito religioso, don Luigi diede il nome di «Benedette Figlie e Madri delle Poverelle», ma presto lo cambiò in «Suore delle Poverelle»; suor Teresa (Venerabile dal 2019) ne fu la prima superiora. Nel 1872 fondò anche una comunità religiosa maschile, i Fratelli della Sacra Famiglia, per l’educazione dei ragazzi poveri anche non di estrazione contadina.

Costretto a letto dagli inizi del 1886, malato di asma e di erisipela, don Luigi fu colto da una seria depressione. Fu confortato dall’arrivo del vescovo di Bergamo, monsignor Camillo Guindani, che il 12 maggio dello stesso anno gli portò approvate le Regole delle Suore. Da allora si preparò ad affrontare, nella pace, il trapasso, avvenuto all’1.20 del mattino del 15 giugno 1886.

Fu beatificato il 19 marzo 1963, nella basilica di San Pietro a Roma, dal Papa san Giovanni XXIII, che aveva sempre avuto una gran devozione verso di lui. La sua canonizzazione è stata fissata a domenica 15 maggio, di nuovo a Roma, ma in piazza San Pietro, da parte di papa Francesco.

I resti mortali di don Luigi sono venerati nella chiesa della Casa Madre delle Suore delle Poverelle, in via San Bernardino 56 a Bergamo, mentre la sua memoria liturgica ricorre il 22 maggio, giorno anniversario della fondazione delle suore. I Fratelli della Sacra Famiglia, invece, si sono estinti nel 1928.

 

Cosa c’entra con me?

 

Nella primavera del 2014, mio cognato mi riferì che c’era bisogno di una sostituzione per fare la scrutatrice al seggio speciale dell’Istituto Palazzolo, o meglio, Palazzolo-Don Gnocchi, della mia città. Accettai la proposta, sia per guadagnare qualche soldo, sia perché volevo approfondire la conoscenza del fondatore delle Suore delle Poverelle.

Sapevo appena come si chiamasse, perché una mia vecchia amica – la stessa che mi presentò quella ragazza la quale, a sua volta, è stata il tramite perché iniziassi a conoscere san Vincenzo Grossi – mi aveva regalato un santino suo e uno di madre Teresa Gabrieli, mi pare perché aveva partecipato a un ritiro spirituale in una delle case delle suore.

Valeva lo stesso per loro: le avevo già incontrate, almeno di nome, leggendo che la Beata Enrichetta Alfieri, per interessamento del Beato Alfredo Ildefonso Schuster, era stata inviata in confino a Grumello al Monte, sede di una loro comunità e di una casa per persone con fragilità psichica.

Sapevo poi che il cardinal Loris Francesco Capovilla, già segretario di san Giovanni XXIII, viveva a Ca’ Maitino, sede di un’altra loro comunità (fino al 2017) e ancor prima luogo dei soggiorni estivi dell’allora cardinal Roncalli.

Altrettanto di fama conoscevo le sei Suore delle Poverelle morte nel 1995 in Congo a causa del virus Ebola; sapevo anche che le fasi diocesane delle loro cause (una per ciascuna ma sostanzialmente contemporanee) si erano aperte pochi mesi prima.

Dato che al seggio non arrivava quasi nessuno, chiesi di potermi allontanare per una mezz’oretta, così da partecipare alla Messa, anche se ero già andata alla celebrazione vigiliare in parrocchia. Non mi riuscì di parlare con nessuna delle suore, o meglio, non mi andava di disturbarle.

L’occasione arrivò quando, al seggio, vennero loro stesse. Acconsentirono subito alla mia richiesta, portandomi un libro sulle consorelle e uno sul fondatore, più qualche santino. M’invitarono poi a tornare in chiesa nel pomeriggio, se ne avessi avuto la possibilità: di certo pregai con loro almeno il Rosario.

Se nel primo libro arrivai a rabbrividire per la descrizione davvero dettagliata degli effetti del virus, ammetto che il secondo non mi colpì particolarmente. Mi rimase però impressa un’espressione dialettale con cui don Luigi invitava le prime suore a trovare il modo per guadagnare il pane per loro stesse e per i loro poveri: non dovevano «aspettare gli gnocchi dalla luna».

Nel luglio di tre anni dopo, la promulgazione del motu proprio Maiorem hac dilectionem mi fece tornare in mente la vicenda delle sei suore. Dopo aver controllato come fossero le loro schede su santiebeati (ce n’erano tre su sei, più un testo generale), diedi uno sguardo anche a quella del fondatore: in effetti, era davvero da rivedere. In più, mancava del tutto un profilo biografico di madre Gabrieli.

Grazie alla postulatrice, suor Linadele, riuscii ad avere altro materiale prima di partire per le vacanze, così da evitare che la mia buca delle lettere s’intasasse. Ripresi anche gli altri libri, ma prima di affrontare le suore, nonché di risolvere la questione riguardante il percorso scelto per riconoscere la loro santità (di loro ho parlato anche qui sul blog), pensai che fosse opportuno dedicarmi ai loro fondatori, a cominciare da don Luigi.

Dopo la pubblicazione delle relative schede, pensai che ci sarebbe voluto parecchio tempo per aggiornarle. Nel frattempo, mentre ne correggevo altre, esaminai quella di santa Paola Elisabetta Cerioli, scoprendo – o meglio, ricordandomi – che lui l’aveva contattata mentre stava ideando la fondazione dei Fratelli della Sacra Famiglia, ma alla fine le loro strade si erano divise per via delle loro impostazioni pedagogiche (avevano però in comune monsignor Valsecchi come direttore spirituale) .

Invece le notizie relative ai decreti sulle virtù di madre Gabrieli prima, poi di quelli delle suore divisi in due metà (tre un mese, tre in quello seguente), mi portarono a rallegrarmi anzitutto, poi a procedere con le modifiche due-tre anni più tardi.

La sorpresa più grande arrivò poco prima: il miracolo per canonizzare don Luigi. Nelle e-mail con cui aveva risposto alle mie felicitazioni per le altre cause, la postulatrice non me ne aveva mai fatto cenno, attenendosi quindi alle nuove indicazioni fornite dalla Congregazione delle Cause dei Santi.

Nei mesi in cui la pandemia da nuovo coronavirus imperversava, il mio pensiero è andato molto spesso a Bergamo e alle Suore delle Poverelle. Anzi, avevo ipotizzato di scrivere il post sul loro fondatore per includerlo tra i Santi più legati all’emergenza sanitaria, ma poi ho pensato che fosse meglio aspettare la canonizzazione.

Sono addirittura arrivata a ipotizzare una visita di papa Francesco a Bergamo, a emergenza conclusa: avrebbe potuto essere sia l’occasione per canonizzare don Luigi nella sua città (e, già che c’era, anche madre Maria Francesca di Gesù Rubatto, perché le suore da lei fondate hanno una presenza in Città Bassa), sia per consolare il dolore di tante comunità nella stessa diocesi.

Fantasticherie a parte, rileggere il libro che mi avevano dato le suore del Palazzolo-Don Gnocchi e comprare l’ultima piccola biografia appena uscita mi è servito per riconoscere i legami tra me e don Luigi. Credo che possano essere sintetizzati nell’amore per la musica, specie in ambito sacro – tra le manifestazioni di ringraziamento organizzate dalla diocesi di Bergamo c’è un concerto con le sue composizioni – e per il teatro visto come forma di educazione dei ragazzi in oratorio.

Ripassare la sua biografia ha però fatto sorgere in me un paio d’interrogativi: com’è stato possibile che lui, il quale raccomandava alle suore e ai ragazzi di stare allegri nel senso cristiano del termine, che organizzava rappresentazioni teatrali anche coi burattini (conservati oggi nel museo di Casa Madre) e che aveva messo il suo primo oratorio sotto la protezione di san Filippo Neri (tratto, questo, che l’accomuna a san Vincenzo Grossi che citavo sopra), potesse essere spesso soggetto a crisi depressive? Soprattutto, com’è stato possibile proporlo come esempio per la Chiesa, se altre cause sono state frenate per molto meno?

Penso che la risposta sia che, in fin dei conti e come scrivevo già per madre Rubatto, don Luigi non si sia lasciato schiacciare dalle preoccupazioni o vincolare dai propri limiti caratteriali: prova ne è il fatto che abbia trascorso i suoi ultimi giorni pienamente rasserenato, davvero confortato dai Sacramenti dei moribondi. Come sempre, il santo va visto nel suo complesso: il bene che quello in questione ha saputo diffondere è molto, ma molto più grande delle paturnie che, prima o poi, colgono tutti.

 

Il suo Vangelo

 

L’annuncio del Vangelo da parte di don Luigi passa, come ho già detto, per tutti quei mezzi capaci di far stare bene i ragazzi poveri purché non commettessero peccati, ma anche per la consapevolezza che solo in Dio c’è la ricchezza autentica, che non si disperde mai, ma si moltiplica donandola.

Questo vale ancora oggi nelle varie realtà dove operano le Suore delle Poverelle, “avvolte” (è il verbo che don Luigi stesso usava) nei poveri oggi come allora, impegnate a seguire quell’espressione tipica del fondatore citata dal biografo don Carlo Castelletti che, meglio di qualunque altra frase, sintetizza la sua missione nella Chiesa:

Io cerco e raccolgo il rifiuto degli altri, perché dove altri provvede lo fa assai meglio di quello che faccio io, ma dove altri non può giungere cerco di fare qualcosa io come posso.

Li cercava, li raccoglieva, ma soprattutto offriva loro un’occasione per capire che non dovevano limitarsi alla propria condizione, ma riconoscersi amati non solo da Dio, ma anche da tante altre persone.

 

Per saperne di più

 

Arturo Bellini, Don Luigi Maria Palazzolo Testimone dell’amore di Dio tra i più poveri,  Centro Studi Suore delle Poverelle - Gamba Edizioni Verdello (BG) 2019, €15.00.

Una biografia recente scritta da un esperto della Chiesa bergamasca, amico da sempre delle Suore delle Poverelle. Si può ordinare ai contatti presenti sul sito delle suore.

Elisabetta Plati, Luigi Maria Palazzolo santo – “carezza di Dio per i più poveri”, Velar 2022, pp. 72, € 5,00.

Piccola biografia scritta da una delle sue suore immaginando che sia il fondatore stesso a parlare.

 

Su Internet

 

Sito delle suore 

Sito dell’Istituto Palazzolo 

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