Io c’ero #35: GMG 2023 – A Lisbona, per servire come Maria (terza parte)

 

Prima di entrare in Piazza del Commercio (foto mia)

Con questa puntata credevo di porre fine al racconto di viaggio della Giornata Mondiale della Gioventù 2023. Ho trascorso troppo tempo a ripensare a quello che ho vissuto e, di conseguenza, ho indugiato nel compiere quello che avevo iniziato a decidere durante la veglia di sabato scorso.

Tuttavia, alcuni lettori mi hanno fatto presente che questo diario va letto con calma. Quindi ho deciso di pensare a un’ultimissima parte dopo questa: ora però è il momento di descrivere il cammino verso la veglia e le impressioni che ho avuto dal discorso del Papa.

 

5 agosto

Quattro passi per Lisbona

 

La facciata della cattedrale con lo stemma del Patriarca (foto mia)

Contrariamente a quanto avevano fatto altri gruppi di giovani, noi di Shekinah abbiamo deciso di visitare brevemente Lisbona, prima di dirigerci al luogo della veglia: praticamente, fino a quel momento, avevamo visto solo le stazioni della metropolitana.

La città era proprio come me la immaginavo: salite e discese, palazzi antichi, negozi con ogni genere di articoli, ma nei quali non potevo fermarmi, o avrei rallentato il cammino del gruppo. Ho anche visto i famosi tram, molto simili a quelli più antichi e ancora in circolazione a Milano.

Col gruppo sono arrivata davanti alla cattedrale, ma non è stato possibile entrarvi: era in corso una Messa per i pellegrini francesi, per cui chiunque non avesse scritto “France” sul pass non poteva entrare. Ci siamo accontentati di ascoltare una breve spiegazione e di ammirare le possenti mura dell’edificio, che lo rendevano più simile a una fortezza che a una struttura sacra.

 

A casa di sant’Antonio

Non so perché, ma questa statua
 veniva bersagliata di monetine (foto mia)


A quel punto, le guide del mio gruppo hanno iniziato a cercare qualche altro luogo interessante da visitare. L’hanno subito trovato: la chiesa sorta sul luogo dove, secondo la tradizione, è nato Fernando de Bulhões, più noto come sant’Antonio di Padova o, appunto, sant’Antonio da Lisbona.

Quasi mi ero dimenticata che sorgeva a due passi dalla cattedrale: se anche me ne fossi ricordata, mi sarei quasi vergognata di chiedere di andarci, o sarebbe accaduto come nel 2005, quando, di passaggio per Praga, domandai di poter visitare Nostra Signora delle Vittorie e venerare la statuetta originale del Gesù Bambino di Praga, ottenendo in cambio sbuffi e mormorazioni (ma non da parte del don del mio oratorio di nascita).

Anche lì era in corso una celebrazione eucaristica, ma i volontari guidavano i pellegrini a entrare in un corridoio laterale, che portava alla cappella che conservava la stanza dove sant’Antonio ha iniziato il cammino della sua vita. Non si può entrare, ma si può vedere da una finestrella. Mi sono inginocchiata, il tempo di un Gloria al Padre per mia madre, che porta quasi lo stesso nome del Santo, poi sono stata invitata ad allontanarmi.

Appena entrata, nel portico della chiesa, avevo preso tre cartoline, una spilletta e alcuni dolcetti, di cui farò menzione nell’ormai immancabile paragrafo gourmet. Lungo il percorso, però, c’era un’altra zona per i ricordini, con immaginette della statua venerata lì – sopravvissuta perfino al terribile terremoto del 1755 – recanti, sul verso, preghiere in italiano.

Nel frattempo, papa Francesco era a Fatima per il Rosario con i giovani ammalati. Alcuni miei parenti credevano che anch’io fossi là, sbagliando clamorosamente. In effetti, non ero l’unica del mio gruppo a sperare di passare per Fatima: di fatto, era di strada tra Porto e Lisbona, ma non c’era stato tempo di fermarsi.

 

Il cammino verso la veglia


C'è stato un momento in cui veramente non restava che pregare... (foto mia)

Il tragitto verso il Parque Tejo, luogo della veglia, rinominato Campo della Grazia, è stato il più pesante che io abbia affrontato, nel corso delle mie quattro GMG. In quelle precedenti c’è sempre stato qualcuno che ristorava i pellegrini offrendo loro bevande fresche e generi di conforto, oppure annaffiandoli con secchiate d’acqua o idranti. Stavolta, invece, non ho visto proprio nessuno.

Ho stretto i denti fino a quando il mio gruppo non ha deciso di fermarsi e d’inviare alcuni delegati a ritirare i sacchetti con i cibi pronti per la cena di sabato, la colazione e il pranzo di domenica. Sul sito ufficiale della GMG erano indicati già da tempo, quindi avevo già una mezza idea di cosa mi aspettava. Ho però dovuto consegnare il mio pass, dimenticandomi che bastava restituire la parte staccata con solo il QR Code: più il tempo passava, più mi sentivo quasi come se fossi nuda.

Dopo quasi due ore, i delegati sono tornati e anche il mio pass. Gli alimenti erano tutti in un unico sacchetto: a ciascun pellegrino era lasciata la libertà di scegliere quali fossero più di proprio gradimento per i vari pasti.

Ci siamo avvicinati al parco intorno alle 17, ma la folla continuava ad accalcarsi. Sono sopraggiunti anche i pompieri, ma non riuscivano a infilarsi, complicando ulteriormente la situazione. Quanto a me, continuavo a resistere, più che per me, per non dare ulteriore fastidio, a parte quello causato dall’aggrapparmi allo zaino di chi mi precedeva.

 

Missione A04

 

Questa l'ho scattata quando finalmente ho trovato posto

Quasi un’ora dopo, siamo entrati nella vera e propria zona della veglia. Tuttavia, i problemi non erano ancora terminati: secondo quanto ci avevano riferito altri amici che erano già sul posto, il settore A04, indicato sui nostri pass, era al completo. I miei compagni hanno chiesto ai volontari di poter entrare, appunto, in un altro settore, ricevendo un diniego: o il settore A04, o nulla.

Mi sembrava di rivivere quello che mi era succeduto a Colonia, quando i miei compagni si erano sistemati in un settore che non ci spettava e, per non destare sospetti, avevano deciso che tutti avremmo dovuto togliere il cartoncino di riconoscimento. Questo mi ha complicato la vita più tardi, quando, nel tentativo di procurarmi coperte e tè caldo, ho finito con l’essere ricoverata nell’ospedale da campo.

È stato allora che non ho quasi più avuto la forza di resistere: senza esplodere e versando solo qualche lacrima, ho iniziato a domandarmi perché dovesse sempre accadere così. Per reagire, ho provato a telefonare al gruppo del mio Decanato, che sapevo essere partito alle 9 del mattino: anche loro non avevano più spazio.

Poco dopo, un’altra mia compagna ha portato una lietissima notizia: aveva trovato quattro posti in mezzo a un gruppo della Valceresio. Subito i capigruppo hanno inviato me e altre due ragazze oltre a quella che aveva trovato il posto, mentre il resto si sarebbe sistemato sui bordi della strada sterrata.

Così, una volta sistemata, ho selezionato le pietanze che avrei consumato per la cena, quelle che avrei tenuto da parte per la colazione e il pranzo e quelle che pensavo di portare a casa a Milano, come ulteriore ricordino.

Un po’ mi è dispiaciuto, come alle ragazze che erano con me, di non poter vivere la veglia accanto ai nostri compagni. Almeno la visuale era molto buona, sia del palco – peccato però per le tende che qualcuno ha piazzato: ma non erano vietate? – sia del ponte Vasco da Gama, dove il fiume Tago va a morire nell’oceano.

 

Consigli per non “rimanere caduti”

 

Poco prima che iniziasse la veglia (foto mia)

Non ho seguito bene l’inizio della veglia perché, incoraggiata da una mia compagna, sono andata ai servizi, immaginando che non ne avrei più fatto uso prima del giorno seguente. 

Ho quindi ascoltato a spezzoni le testimonianze di don Antonio Ribeiro de Matos e delle sue continue cadute e risollevamenti, che l’hanno condotto a diventare sacerdote nonostante tutto, e di Marta Luis, diciottenne mozambicana, che non ha mai perso la fede nonostante i ripetuti attacchi dei terroristi contro la sua famiglia.

Quindi le parole del Papa, che invece ho ascoltato quasi integralmente, appuntandomi soprattutto un concetto:

A volte non abbiamo voglia di camminare, non abbiamo voglia di fare fatica, copiamo agli esami perché non abbiamo voglia di studiare e non arriviamo al risultato.

Non so se a qualcuno di voi piace il calcio..., a me piace. Dietro a un gol, cosa c’è? Tanto allenamento. Dietro un risultato, cosa c’è? Tanto allenamento. E nella vita, non sempre uno può fare quello che vuole, ma quello che ci porta a fare la vocazione che abbiamo dentro ognuno ha la propria vocazione.

Mi sembravano quasi la risposta a quello che avevo pensato mentre mi affaticavo per raggiungere il parco. A me non piace camminare troppo – credo che l’abbiate capito, se avete avuto la pazienza di seguirmi fin qui – e nemmeno incontrare problemi nella vita. Vorrei trovare lavoro senza fare sforzi, guadagnare facendo ciò che mi piace, avere la via spianata per quel che concerne la mia vocazione.

Invece, ha continuato il Santo Padre:

Nella vita, nulla è gratis, tutto si paga. Solo una cosa è gratis: l’amore di Gesù!

È solo questo amore che mi porta a non gettare del tutto la spugna e a non “rimanere caduta”, secondo quel canto alpino citato nel medesimo intervento. Se gli resterò fedele, anche per me le cose si sistemeranno, ma devo ancora allenarmi.

Su questo mi hanno aiutato molto i miei compagni: almeno un paio di loro mi ha dato delle dritte su come riorientarmi lavorativamente. Al Signore, esposto nel Santissimo Sacramento nel punto culminante della veglia, ho chiesto proprio questa grazia: di rendermi più disponibile a seguire quei consigli, dettati da un’ammirazione che, davvero, non mi aspettavo di avere.

Dopo aver appuntato qualche riflessione sul Diario di bordo del kit degli italiani, mi sono preparata a dormire. Non era il caso di andare in cerca delle cappelle per l’Adorazione, come avevo fatto a Cracovia, essenzialmente perché non mi andava di perdermi. Il giorno dopo ho scoperto che le cappelle non c’erano per nulla: anche qualcun altro di noi voleva andarci.

Mi sono coperta al meglio e ho preso sonno, sperando di non sentirmi male nel frattempo. Ogni tanto, girandomi, mi trovavo i fari del campo sparati negli occhi; mi rigiravo e riprendevo sonno.

 

Testimoniando gourmet: i peixinhos de Santo António

 


I dolcetti che ho preso alla chiesa di Sant’Antonio sono basati su uno dei miracoli del Santo portoghese-padovano: la predica ai pesci in quel di Rimini. Rientrano quindi alla perfezione in quella rassegna di biscotti o dolciumi relativi ai Santi di cui avevo scritto tempo fa.

In sostanza, sono fatti di cocco, zucchero, amido di mais e uova, più alcune gocce di cioccolato a simulare gli occhi dei pesciolini. 

Sono stati confezionati dalle Monache Concezioniste Francescane del convento di Santa Beatrice a Viseu. Si può provare a richiederli a loro tramite il loro sito, o alla chiesa di Sant'Antonio medesima.

 

Negozi e ristoranti fintoitaliani, seconda parte

Anche Lisbona aveva la sua buona dose di ristoranti e negozi che nel nome volevano attrarre i turisti italiani in vena di nostalgia...

 

Allora!


L’ho visto di sfuggita, quindi non ho capito che tipo di esercizio commerciale fosse; adesso ho appurato che è un ristorante.

 

Il Gelatone


Evidentemente, per i portoghesi, “Italia” e “gelato” vanno di pari passo.

 

La Tagliatella


Nella zona della Fiera di Lisbona; ammetto che per poco non cedevo...

 

Ristorante Ginos A Dos Oceanos


E poi dicono che mettere una “s” al termine delle parole non fa suonare l’italiano come lo spagnolo o il portoghese...


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