Eurosia Fabris Barban: saggezza, maternità e carità

 

Giuseppe Antonio Lomuscio,
ritratto ufficiale della Beata Eurosia
(Fonte)
Chi è?

 Eurosia Fabris nacque il 27 settembre 1866 a Quinto Vicentino, in provincia e diocesi di Vicenza, figlia di Luigi e Maria Fabris, omonimi ma non parenti. Frequentò solo le prime due classi delle elementari, perché dovette aiutare i genitori nel lavoro dei campi. Imparò anche a cucire, diventando un’abile sarta, specializzata negli abiti da sposa.

La sua formazione religiosa si svolse nella parrocchia di Marola, dove si trasferì con la famiglia quando aveva quattro anni. Lì divenne catechista tra ragazze di poco più giovani di lei.

Nel 1885 accettò di andare a servizio presso la famiglia Barban, che abitava vicino a lei. Era infatti appena morta Stella Fiorina Fattori, moglie di Carlo Barban, ventitreenne, il quale doveva badare, oltre che al padre Angelo e a suo fratello Benedetto, alle due bambine rimaste orfane, Chiara Angela e Italia, rispettivamente di venti e quattro mesi.

Per tre mesi prestò il suo aiuto in maniera del tutto gratuita, finché Carlo Barban non le propose di sposarlo. Eurosia chiede di poterci pensare: dopo aver pregato ed essersi consigliata con i suoi parenti e con il parroco di Marola, accettò, per poter fare da madre alle due orfane.

Sposò Carlo il 5 maggio 1886 nella parrocchiale di Marola. I primi due figli morirono in tenera età, ma ne seguirono altri sette. Nel 1917 accolse in casa i tre orfani di sua nipote Sabina, il cui marito era in guerra. Uno di loro, Mansueto, al ritorno del padre non volle andare con lui, perché considerava Eurosia come la sua vera madre.

Dei sette figli, tre divennero sacerdoti: Giuseppe e Secondo entrarono nel clero diocesano di Vicenza, mentre Matteo Angelo divenne membro dei Frati Minori, col nome di padre Bernardino. Anche il figlio della nipote divenne religioso nello stesso ordine, cambiando nome in fra Giorgio. Chiara Angela, figlia di primo letto di Carlo, prese il velo tra le Suore della Misericordia di Verona, diventando suor Teofania. L’ultimogenito, Mansueto, morì di meningite a quattordici anni, mentre era allievo della terza ginnasio nel seminario di Marola. Gli altri figli si sposarono.

Eurosia, detta anche Rosa o Rosina, fu anche membro del Terz’Ordine Francescano. Condusse una vita sobria e dignitosa, tra i lavori domestici, la scuola di cucito che aveva aperto in casa propria e l’educazione dei figli.

Rimase vedova il 31 maggio 1930. Diciannove mesi più tardi, nell’autunno 1931, fu bloccata a letto per una poliartrite, mentre ai primi di gennaio 1932 si ammalò di polmonite. Morì alle 21.30 dell’8 gennaio 1932, dopo aver ricevuto gli ultimi Sacramenti ed essersi congedata da figli e nipoti.

Fu beatificata il 6 novembre 2005 nella cattedrale di Santa Maria Annunciata a Vicenza, sotto il pontificato di papa Benedetto XVI. La sua memoria liturgica cade il 9 gennaio, mentre i suoi resti mortali sono venerati presso la parrocchia della Presentazione del Signore a Marola, che dal 2014 è Santuario Diocesano a lei dedicato. Il 13 settembre 2009 è stata dichiarata atrona dei catechisti della diocesi di Vicenza e, il 14 maggio 2017, patrona dell’Ordine Francescano Secolare del Veneto.

 

Cosa c’entra con me?

 

Il mio incontro con la Beata Eurosia rimonta almeno al 2011. In quell’anno, infatti, fui messa in contatto con una signora di Roma, Carla, che aveva fondato un gruppo di preghiera composto perlopiù da madri di famiglia, che aveva come finalità principale il sostegno nell’orazione a sacerdoti e seminaristi. Sentendomi affine a quell’ideale, accettai il contatto.

Il gruppo aveva ricevuto il nome di “Mamme Rose” ed era stato messo sotto il patrocinio proprio di quella madre Beata, che in effetti conoscevo soltanto di nome. Non sapevo, però, il perché fosse stata designata proprio lei.

Più di una volta mi venne in mente di documentarmi sul suo conto, ma puntualmente lasciavo perdere. Il mio interesse si riaccese nel 2016, a ridosso del centocinquantesimo anniversario della nascita, quando pensai di dedicarle un articolo per La Croce – Quotidiano. Già che c’ero, ho controllato il profilo biografico su santiebeati.it, rendendomi conto che aveva bisogno di parecchi miglioramenti.

Consultai quindi l’allora vicepostulatore della sua causa e, in pari tempo, comprai la biografia che più volte avevo preso e lasciato sul suo scaffale. La prima caratteristica che mi attrasse fu il fatto che era piuttosto istruita, per il suo tempo, anche se non aveva proseguito gli studi oltre la seconda elementare. La sua sapienza maggiore, però, arrivava dal confronto con la Parola di Dio, ascoltata in chiesa e meditata tramite il sussidio della Storia Sacra.

Mi sorprese la scelta del matrimonio per dare una nuova mamma alle figlie del vedovo Barban. Temevo che questo fosse preludio a un’unione infelice, ma, procedendo nella lettura, ho appurato che non ci furono episodi di violenza o di sopraffazione da parte del marito; al massimo, di sopportazione di fronte al suo carattere burbero.

Più di tutto, però, rimasi meravigliata di fronte a come visse la maternità: sia nei riguardi dei figli naturali, sia di quelli accolti in casa, sia ancora di quelli a cui fece da balia o a cui provvide nelle necessità materiali. Allora mi fu chiaro perché era stata assunta come patrona da quel gruppo di preghiera: perché tre dei suoi figli più quello della nipote che era rimasto da lei (senza contare Mansueto che morì da seminarista) erano diventati sacerdoti, ma anche perché lei stessa sosteneva, nei limiti del possibile, le strutture dove stavano studiando.

Alla maternità si univa poi la carità espressa nell’accoglienza, anche temporanea, di pastori e famiglie in fuga dalla prima guerra mondiale. Tutte queste doti portarono a riconoscere, da parte dei suoi compaesani, i segni della sua santità: «Se non è andata in paradiso l’Eurosia noi certo non ci andremo», commentarono in molti durante i suoi funerali.

È un bene che non si siano fermati a quelle dichiarazioni estemporanee, promuovendo la sua causa di beatificazione e canonizzazione, anche grazie al sostegno di due futuri candidati agli altari: don Giovanni Calabria (oggi Santo) e don Elia Dalla Costa, all’epoca parroco a Schio (poi arcivescovo di Firenze e cardinale, Venerabile dal 2017).

Non pensavo, però, di dedicarle un post: credevo che non avrei avuto molto da dire. A sollecitarmi è stata quella stessa Carla di cui parlavo all’inizio, che mi aveva ritrovata capitando da queste parti. Meno di un mese fa mi ha telefonato, ricordandomi che il successivo 5 novembre sarebbe caduto il quindicesimo anniversario della beatificazione di mamma Eurosia. A quel punto, le ho promesso che le avrei dedicato un post. Tuttavia, proprio il 5 novembre, ho avuto tanto di quel daffare che sono riuscita sì e no ad abbozzarlo.

In compenso, ho pensato di rileggere il libro che avevo. Tra l’altro, di lì a poco cadeva il compleanno di mia madre, con la quale ho trovato molti parallelismi. Anche lei ha lavorato come sarta, è abbastanza paziente col marito e con tutto il parentado, ma soprattutto è molto saggia, anche quando le chiedo consigli per la vita di fede.

Padre Gianluigi Pasquale, cappuccino e suo bisnipote, una delle voci da cui cerco d'imparare come raccontare sempre meglio di Santi e affini, ha parlato di lei in una delle sue presenze a Siamo Noi di TV2000. 


 

 

Il suo Vangelo

 

La buona notizia di mamma Rosa passa necessariamente per la sua vita domestica, per i giorni lenti trascorsi tra i campi, il cucito e la cura dei figli. È però troppo facile dire che ha vissuto in maniera straordinaria l’ordinario: questo vale per tutti i veri Testimoni.

La sua originalità risiede nell’aver compreso e trasmesso con la propria vita un concetto non da poco: che Dio non permette il male per le sue creature. La sua volontà non era, ad esempio, che lei perdesse i primi due figli, ma che affrontasse quella perdita continuando a fidarsi di Lui e della Madonna, che, da buona vicentina, venerava nel santuario di Monte Berico.

Al di là dell’intuizione che ebbe in quel luogo, ossia che avrebbe avuto molti altri figli e che tre di essi sarebbero diventati sacerdoti, penso che abbia osservato con cura l’immagine custodita lì. Volle quindi modellare il suo stile di famiglia come quel manto ampio, sotto cui la Vergine accoglie moltissimi fedeli.

Anche la modestia con cui vestiva e con cui arredava la casa erano un riflesso dell’unico modo in cui sapeva essere contenta, come è attestato in una delle sue affermazioni:

È meglio essere poveretti che ricchi!... Non sono le ricchezze che fanno contento il cuore, ma il fare la volontà di Dio.

Prego allora che le “Mamme Rose” che si rifanno al suo esempio, ma anche quanti lo conoscono per la prima volta, possano prendere spunto e agire di conseguenza.

 

Per saperne di più

 

Claudio Bratti, Eurosia Fabris Barban, Velar-Elledici 2005, pp. 48, € 3,50.

Piccola biografia curata dal precedente vicepostulatore della sua causa.


Paolo Rodari, Eurosia – Come un fiore di campo, San Paolo 2018, pp. 160, € 18,00.

Un testo che descrive la sua storia e i suoi valori come validi anche per il nostro tempo.

 

Bernardino Angelo Barban, Beata Mamma Rosa – Testimone della bontà in famiglia, Marcianum Press 2014, pp. 429, disponibile esclusivamente in ebook su Amazon e Ibs.

La prima biografia, scritta da uno dei figli, più volte ripubblicata e aggiornata; questa è la nona edizione.

 

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