Celestina Bottego: una porta sempre aperta per irradiare Gesù

Fonte: profilo presente sul sito delle Saveriane



Chi è?

 

Celestina Bottego (con l’accento sulla prima “o”) nacque a Glendale, negli Stati Uniti d’America (precisamente in Ohio) il 20 dicembre 1895. Era la secondogenita di Giambattista Bottego e Mary Healy. Rimase a vivere con la madre fino all’estate del 1910: il padre, infatti, era tornato in Italia, stabilendosi a San Lazzaro di Parma con gli altri due figli, anche perché aveva perso suo fratello, Vittorio, morto durante un’esplorazione.

Si adattò a fatica alla nuova realtà, ma alla fine riuscì molto bene negli studi, tanto da ottenere l’abilitazione all’insegnamento dell’inglese presso l’Università di Pisa. Insegnò per molti anni nelle scuole pubbliche: dall’ottobre 1924 presso il ginnasio Romagnoli di Parma, poi dal 1933 all’Istituto Tecnico Macedonio Melloni della stessa città.

Intanto, frequentando l’abbazia benedettina di San Giovanni Evangelista di Parma, aveva conosciuto l’abate, padre Emanuele Caronti. Il 27 aprile 1922 era diventata oblata benedettina, assumendo il nome di Geltrude in onore di santa Geltrude di Helfta. Era anche impegnata nell’Azione Cattolica diocesana e, nel tempo libero dall’insegnamento, aiutava in ogni modo possibile gli abitanti di San Lazzaro, all’epoca autonomo rispetto a Parma.

Nel 1935 cominciò a insegnare inglese ai giovani religiosi della Pia Società di San Francesco Saverio per le Missioni, fondata da monsignor Guido Maria Conforti, vescovo di Parma, morto appena quattro anni prima (canonizzato nel 2011). Lo stesso vescovo aveva immaginato una congregazione femminile che condividesse la spiritualità di quella maschile, ma il progetto non si era mai concretizzato.

Il 2 luglio 1942 il Saveriano padre Romano Turci chiese a Celestina di essere la prima consacrata del ramo femminile, ma lei rifiutò. Padre Giacomo Spagnolo, che aveva chiesto al confratello di parlare in vece sua, era invece convinto che fosse la persona giusta. Nella Pasqua del 1944 le inviò una cartolina con l’immagine del Crocifisso di Velazquez, dietro la quale aveva scritto la data e una sola parola: «Tutto».

Celestina rimase scossa da quell’invito, ma solo il 24 maggio 1944, partecipando agli Esercizi spirituali predicati da padre Spagnolo ai diaconi saveriani, sfollati a Capriglio sull’Appennino parmense, rispose di sì.

Il 19 luglio arrivò la prima aspirante, cui seguirono molte altre. Con loro Celestina visse inizialmente a Mariano, poi tornò a Villa Bottego, la sua casa di San Lazzaro, che diventava quindi la Casa madre.

Il 2 luglio 1950 emise la prima professione religiosa e ricevette quella delle prime tre sorelle: nasceva quindi la Società Missionaria di Maria, che fu riconosciuta, il 27 settembre 1951, durante il V Capitolo Generale dei Missionari Saveriani, ramo femminile dell’Istituto missionario. In seguito assunse il nome di Missionarie di Maria – Saveriane.

Celestina seguì la formazione delle prime sorelle, accompagnandole anche nelle fondazioni delle prime case in terra di missione, in appoggio a quelle dei Missionari Saveriani. Ebbe non poche divergenze con padre Spagnolo, ma continuò a seguire le sue indicazioni.

Ormai settantunenne, chiese di non essere riconfermata come direttrice generale delle Missionarie di Maria. Rimase però a disposizione delle figlie, che ricorrevano ai suoi consigli e non la misero mai in disparte.

Si ammalò di tumore al seno, per il quale subì un’operazione chirurgica, che servì a prolungarle di poco la vita. Morì nella casa madre di Parma il 20 agosto 1980 e venne sepolta nella tomba di famiglia, dove si trovano ancora oggi i suoi resti mortali.

Il 31 ottobre 2013 papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto con cui madre Celestina veniva dichiarata Venerabile.

 

Cosa c’entra con me?

 

Quando ero studentessa universitaria, seguivo alcune lezioni in via Sant’Antonio 5, in quella che è chiamata “Casa Schuster” e ospita ancora oggi, tra l’altro, la sede diocesana dell’Azione Cattolica. Tra gli altri organismi che erano ospitati lì c’era il Centro Documentazione Mondialità, un distaccamento dell’Ufficio per la Pastorale Missionaria della diocesi di Milano.

Credo di averlo scoperto proprio durante una pausa tra i vari corsi, o una volta che ero di passaggio per i vecchi uffici del Servizio di Pastorale Giovanile, o ancora quando, uscendo da una lezione, mi attardai a osservare una sorta di bancarella con vari piccoli oggetti provenienti da Paesi di missione. In ogni caso, familiarizzai con Annamaria, che collaborava col Centro. Grazie a lei, scoprii che uno dei modi per raccogliere fondi era rivendere, a prezzo di favore, stole e paramenti sacri. Lo segnalai alla mia migliore amica, che voleva fare un regalo al suo direttore spirituale.

In tutto questo, non sapevo affatto che Annamaria fosse una Missionaria Saveriana, tanto più che loro non hanno un abito proprio né distintivi che le qualifichino come religiose. Non ricordo neanche come lo scoprii; forse tramite un’intervista televisiva. Di certo, non avevo mai sentito parlare dei suoi fondatori e conoscevo sì e no di nome san Guido Maria Conforti. Di certo lo sapevo già nel 2014, quando seppi dell’uccisione in Burundi delle sorelle Olga Raschietti, Lucia Pulici e Bernardetta Boggian: mi venne spontaneo farle le condoglianze.

Penso che il 2015 sia stato l’anno in cui ho conosciuto davvero madre Celestina. Prima della Veglia Missionaria diocesana, infatti, era stato organizzato un momento in cui le varie realtà missionarie presenti a Milano si facevano conoscere, tramite una serie di bancarelle.

Quella delle Saveriane era, lo ricordo benissimo, in piazza Mercanti. Lì trovai sia le immagini-ricordo delle tre sorelle sopra citate, ma anche del materiale sulla fondatrice, comprese le immaginette con la preghiera per chiedere la sua intercessione. Non molto tempo dopo, il Centro Documentazione Mondialità chiuse i battenti e persi i contatti con Annamaria.

Sul finire del 2016, quindi quasi un anno dopo, sistemando il materiale che avevo raccolto, mi venne il desiderio di controllare come fosse la scheda di madre Celestina su santiebeati.it. Non mi soddisfaceva affatto, per cui, d’accordo col webmaster, decisi di rimaneggiarla.

Volevo però chiedere una consulenza anche alle Saveriane: non contattai la comunità milanese, ma quella della casa madre di Parma. La mia memoria è nuovamente lacunosa a questo punto: dalle mie e-mail sono riuscita a ricavare che il 3 dicembre 2016 scrissi a Piera Grandi, la vicepostulatrice. Forse devo averle telefonato, dato che nella mia casella di posta non c’è traccia del messaggio in cui descrivevo la mia richiesta, ma di quello in cui rispondevo alle sue domande circa il modo in cui avevo conosciuto la sua congregazione.

Un mese dopo, il 6 gennaio 2017, Piera mi rispose, rispedendomi il profilo con alcune piccole aggiunte; fu pubblicato il giorno stesso. Glielo segnalai, ricevendo in risposta uno degli incoraggiamenti più forti che abbia mai ricevuto riguardo la mia attività di agiografa contemporanea: «Le assicuro il nostro ricordo nella preghiera affinchè [sic] il suo impegno nel diffondere messaggi di pace e di amore vissuti da persone concrete, raggiunga il cuore di tanti». Soprattutto quel «persone concrete» lasciò il segno in me, in un periodo in cui, invece, mi sentivo presa in giro perché mi affezionavo a personaggi distanti e quasi bidimensionali.

Non ho mai dimenticato madre Celestina e neppure le Saveriane, anche se ho accantonato l’idea di scrivere per santiebeati anche delle tre sorelle del Burundi e di padre Giacomo Spagnolo, privilegiando altre storie: dopotutto, c’era già abbastanza materiale in giro per la Rete.

Il 19 giugno di quest’anno, mentre stavo per andare a trovare il mio direttore spirituale, consultando il sito Vino Nuovo, ho letto questo articolo: rimandava all’uscita di una nuova biografia di madre Celestina. Nei giorni successivi ho letto, in calce all’articolo, commenti che non ne condividevano l’impostazione: per sapere come fosse davvero il libro, non avevo che da procurarmelo. Ancora una volta, la mia pigrizia ha avuto la meglio: continuavo a ripetermi che avrei potuto sentire le Saveriane di qui, ma pensavo che abitassero troppo lontano. In più, non volevo esporle a eventuali rischi di contagio. Nel frattempo mi ero dimenticata che ad agosto sarebbe caduto il quarantesimo anniversario della sua morte.

Poco meno di un mese fa, seguendo la tappa milanese della Via Lucis 2020 ideata dai fondatori dell’app Tucum, ho partecipato al momento di veglia previsto; nel nostro caso, si sarebbe tenuta in piazza Duca D’Aosta, di fronte alla Stazione Centrale.

Oltre agli animatori della veglia e ad altri giovani, si aggiunsero a noi tre donne, che andarono subito dal responsabile. Dalla loro conversazione ho captato che sapevano di quell’iniziativa già dall’anno scorso, quando avevano partecipato alla tappa di Parma.

Da certe espressioni che avevano usato, mi avevano condotta a dedurre che fossero, quantomeno, delle laiche consacrate: non ci volle poco perché mi rivelassero di essere Missionarie di Maria. A quel punto, mi si è illuminato il volto: ho esclamato che le conoscevo di fama, che avevo scritto un articoletto su madre Celestina e che desideravo davvero tanto poter leggere la sua ultima biografia, oltre che il volume sulle tre sorelle del Burundi.

Pensavo di andarle a trovare, ma, di nuovo, il rischio di contribuire al contagio mi fece desistere. La mattina del 24 ottobre mi venne un’idea: forse anche loro avrebbero preso parte alla Veglia Missionaria, confermata per quella sera stessa in Duomo. Ho quindi cercato il numero della comunità di Milano e ho telefonato, sperando che le Missionarie si ricordassero di me.

Ci siamo messe d’accordo di trovarci fuori dal Duomo al termine di tutto, ma io le ho individuate mentre mi avviavo lungo la navata centrale per raggiungere altre religiose che conosco, anche perché c’erano molte meno persone del solito. Ho ricambiato regalando a ciascuna un Rosario di cordoncino fatto da me e, soprattutto, promettendo quanto prima un post su madre Celestina.

Ancora una volta, avevo fatto male i miei conti: per scrivere bene, avrei dovuto leggere il libro, ma non riuscivo a concluderlo, ora perché impegnata in casa, ora perché presa da altre questioni. Di conseguenza, trascorso il mese di ottobre, non avevo ancora finito.

Martedì scorso sarebbe stata l’occasione perfetta, essendo il dies natalis di san Guido Maria Conforti, ma stavo ancora affrontando i capitoli più delicati, ovvero quelli relativi all’accettazione, da parte di Celestina, della proposta di padre Spagnolo.

La fatica nel concludere il libro non era motivata dallo stile, né dai contenuti. Piuttosto, mi ha condotta a riconoscere che in quell’articolo non avevo detto tutto della Madre delle Saveriane. Non avevo messo  sufficientemente in luce la sua capacità di amare tutti, la sorgente del suo apostolato e, infine, le divergenze con il fondatore e le amarezze che la portarono a chiedere di non essere rieletta superiora generale.

Approfondire la sua conoscenza mi ha portata a vedere che le sue figlie, almeno quelle con le quali ero entrata in contatto in vario modo, avevano ereditato la sua totale disponibilità all’incontro con gli altri, rappresentata dalla porta sempre aperta di casa Bottego, poi sede della casa madre.

In più, non ricordavo di avere un legame con lei basato sul comune amore per la musica in chiesa: io so solo cantare (ma penso che sia comunque una gran cosa), mentre lei suonava l’organo ed era comunque convinta che il canto fosse una preghiera che vale doppio.

 

Il suo Vangelo

 

Madre Celestina sorprende chi l’accosta anzitutto perché ha saputo vincere le proprie difficoltà per aprirsi al prossimo e per imparare sempre di più. Anche quando la sua vita era ormai avviata a una donazione totale a Dio, pur escludendo la clausura o le congregazioni di vita attiva, non si è tirata indietro e ha accolto pienamente il “Tutto” indicatole da padre Spagnolo.

Credo che lei sia una di quelle figure che non si sono poste il problema di come incidere, da donne, nella vita della Chiesa: ha semplicemente agito lasciandosi guidare dal Signore e da coloro che ne rappresentavano la voce.

Diventata “la Madre” delle figlie spirituali, non smise d’indicare loro, come già aveva fatto con i suoi alunni a scuola e con i giovani che riusciva ad avvicinare, la via del vero bene. Il 2 febbraio 1976, ad esempio, scrisse:

Ovunque noi lavoriamo, siamo missionarie e dobbiamo irradiare la bontà, l’umiltà e la mitezza di Gesù per attirare le anime a Lui.

Le testimonianze sul suo conto attestano che effettivamente non si poteva andare via da lei senza sentirsi migliori e senza riconoscere, nel suo fare materno, un raggio dell’amore di Dio.

 

Per saperne di più

 

Celestina Bottego – Una donna che ha creduto all’amore, Società Missionaria di Maria – Parma 2005 (edizione riveduta 2013), pp. 64.

Opuscolo che contiene una selezione di testimonianze su di lei e alcune lettere, integrali o in frammenti.

 

Rosario Missionario con pensieri della Venerabile Madre Celestina Bottego, pp. 32.

Un sussidio per pregare il Rosario Missionario aiutati dalle sue parole.

Insieme all’opuscolo citato sopra, può essere richiesto alla casa generalizia delle Saveriane.

 

Rita Torti, Mite è la forza – Celestina Bottego: la Sjorén’na di San Lazzaro Parmense, fondatrice delle Missionarie di Maria-Saveriane, EMI 2020, pp. 248, € 14,00.

La biografia più recente, che racconta anche gli aspetti più difficili del suo cammino.

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