Marco Bettiol, in viaggio sulla via dell’Amore
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Chi è?
Marco Bettiol nacque a Vicenza il 24 giugno 1992, primogenito di Francesco Bettiol e Patrizia Asproso. Il giorno dopo la nascita venne trasferito, senza essere portato alla madre, al reparto di patologia neonatale. Alle dimissioni, dieci giorni più tardi, ai genitori viene indicato solo di fargli seguire alcune sedute di fisioterapia.
Dopo tre mesi esatti dalla nascita, Marco ebbe la prima crisi epilettica, accompagnata da segni di ipotonia muscolare, che peggiorava col passare del tempo. Nessun medico riusciva a dare un nome esatto alla sua malattia; intanto, continuava la fisioterapia.
Dopo la nascita del fratello Alberto, nel febbraio 1997, Marco smise d’interagire con il mondo esterno; a cinque anni e mezzo, non sorrideva neppure più. Le crisi epilettiche divennero quotidiane, mentre i medici, ancora una volta, non sapevano spiegarsi la ragione di quel male.
Grazie alla sua insegnante di sostegno della scuola materna, una volta passato alle elementari a otto anni, Marco venne introdotto alla tecnica della Comunicazione Facilitata: prima con una macchina da scrivere, poi con un computer, si riaprì agli stimoli esterni, comunicando con i suoi cari, con gli amici e i compagni di scuola.
Membro del Movimento dei Focolari, riuscì anche a esprimere la sua fede con la medesima tecnica, lasciando piccoli pensieri spirituali. Aiutato da don Cinto Busquet, sacerdote focolarino suo amico, maturò la consapevolezza di essere amato da Dio. Proprio “Amato” fu il “nome nuovo” che la fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich, gli donò.
Insieme ai suoi cari, Marco partecipò alla beatificazione di Chiara Badano, il 25 settembre 2010, nel santuario del Divino Amore a Roma. Tre settimane dopo, il 15 ottobre 2010, Marco ebbe un blocco respiratorio, nel sonno, in casa sua.
Riposa nel cimitero di Dueville, la cittadina in provincia di Vicenza dove i suoi si erano trasferiti quando era molto piccolo.
Cosa c’entra con me?
Nel numero 8 del 2 marzo 2013 della rivista A sua immagine, che si rifaceva all’omonima trasmissione televisiva di Raiuno e che ha avuto vita breve, era comparso un articolo che parlava proprio di questo giovane. Non credo, però, che ai tempi mi avesse colpita particolarmente. Neppure ricordo di aver seguito la puntata in cui Rosario Carello, il conduttore al tempo, aveva ospitato in studio i suoi genitori, anche se è molto facile che sia accaduto.
In ogni caso, lo scorso anno Carla, conduttrice volontaria della rubrica Santi giovani giovani santi su Radio Oreb, emittente della diocesi di Vicenza e tra i miei più fedeli lettori, mi ha inviato del materiale su di lui per sollecitarmi a dedicargli un post e una scheda biografica. Solo allora mi sono ricordata di aver letto il medesimo articolo che mi aveva sottoposto.
Ho provato allora a vedere se ci fosse in Rete qualche altro articolo per rimpinguare le mie informazioni; mi sarei rivolta in un secondo momento ai genitori del ragazzo, per domandare la consueta revisione del mio testo.
Carla mi aveva poi segnalato che il 15 ottobre, in occasione del quindicesimo anniversario della partenza per il Cielo di Marco, si sarebbe svolto un incontro online via Zoom, intitolato Fare casa con Marco, promosso anche dal Movimento dei Focolari della diocesi di Vicenza.
È stata un’occasione veramente preziosa, soprattutto perché mi ha concesso di capire un po’ meglio l’ambiente in cui Marco è vissuto, la tenacia dei suoi genitori, ma anche lo sviluppo del suo carattere e della sua spiritualità, che non sarebbero mai emersi se non avesse imparato la Comunicazione Facilitata.
In particolare, sua madre aveva raccontato che, da quando lui aveva cominciato a esprimersi, le sembrava come se l’avesse adottato da poco: prima, nessuno poteva capire cosa gli piacesse, o le sue opinioni su qualche fatto, o sapere cosa volesse indossare; perfino litigare era diventato possibile.
Emergeva anche la sua meraviglia quando si trovava in mezzo alla natura, specialmente alle montagne dalle parti di Ortisei, che amava particolarmente. Tra l’altro, alla conferenza era presente Walter Kostner, artista e disegnatore (suoi sono i personaggi di Gibì e DoppiaW, protagonisti di vignette e illustrazioni pubblicate sulle riviste del Movimento dei Focolari e su Se Vuoi delle Suore Apostoline) nativo proprio di quelle montagne: conosceva bene Marco perché era il suo padrino.
Intanto avevo cominciato ad abbozzare il profilo, ma i genitori di Marco mi risposero che avevano delle osservazioni da farmi. Ero disposta ad ascoltarle, ma avevo preferito aspettare di partecipare alla conferenza. Alla fine, come mi accade spesso, ho tralasciato la questione.
Ci ha pensato Carla a ricordarmi che oggi sarebbe stato il trentesimo compleanno di Marco. Avevo altri programmi per questi giorni, ma ho pensato di doverli accantonare, proprio perché si trattava di un anniversario tondo.
Mi sono poi accorta che, per certi versi, la sua testimonianza poteva rientrare nei temi proposti nell’Incontro Mondiale delle Famiglie, che si sta svolgendo a Roma. La famiglia, infatti, è stata davvero per lui una via per aspirare alla felicità eterna, o meglio alla santità.
Anche i suoi familiari si sono visti sconvolgere la vita da lui: non tanto con la scoperta delle sue inspiegabili malattie, quanto con la profondità delle sue comunicazioni, tanto più maggiore se si pensa che digitava un tasto per volta, autonomamente oppure aiutato da qualcuno (ma i pensieri, assicurano, erano genuinamente suoi).
Ho poi apprezzato l’unità, più che l’affinità, che sentiva di avere con la Beata Chiara Badano, che è un po’ anche la mia. Partecipando alla sua beatificazione, Marco ha sentito ancora di più che poteva dire di sì a Dio come aveva fatto lei.
Ancora prima, come lei aveva ricevuto dalla Serva di Dio Chiara Lubich il “nome nuovo”, non un semplice soprannome, di Luce, lui aveva ottenuto quello di Amato, che da allora in poi aggiunse alla propria firma. A esso si accompagnava la Parola di Vita, ossia il breve passo della Scrittura che rifletteva di più la sua esperienza spirituale: nel suo caso, era tratta dal libro del profeta Geremia («Ti ho amato di amore eterno», Ger 31, 3).
Leggere e ascoltare le testimonianze su Marco mi ha portato a ripensare alle mie esperienze col mondo della disabilità: dalle ore trascorse con Giovanni, un ragazzo che abitava non lontano dalla mia parrocchia e che andavo a trovare con i miei compagni del gruppo giovani (non durò per molto, forse perché non si era creato un vero legame di amicizia con lui), ai giorni di servizio vissuti al Villaggio Senza Barriere fondato da monsignor Mario Campidori, a stretto contatto con persone che solo in apparenza erano limitate, ma nelle quali si nascondevano mondi insospettabili.
Anch’io, a volte, sono stata presa in giro per le mie lentezze e per la mia incapacità a esprimermi se non in modo goffo, o fraintesa per i miei slanci di entusiasmo. Solo ora sto imparando ad accettarmi e a moderarmi se è il caso, ma anche a fare del mio meglio per dimostrare che io non posso essere identificata unicamente con i miei limiti: in me c’è molto di più.
Il suo Vangelo
Questa volta, il messaggio universale che emerge dalla vicenda di Marco Amato è decisamente palese: Dio ama ciascuno dei Suoi figli e li vede come tali, senz’altre etichette o sovrastrutture che noi, invece, ci affibbiamo gli uni con gli altri. Solo chi ama come Lui sa vedere oltre e andare al cuore delle persone, ma questo risulta molto più facile se si ha a che fare con animi sensibili, che aspettano solo l’occasione giusta per fiorire.
L’amore per lui ha guidato i suoi genitori non solo nella ricerca delle cause scientifiche delle sue malattie, ma anche dei modi per farlo vivere il più pienamente possibile. L’hanno quindi sostenuto nelle camminate in paese o in montagna, ascoltato nelle comunicazioni più quotidiane e in quelle più elevate, accompagnato lungo un cammino che, col tempo, si arricchiva di molti altri coi quali camminare. Se fossi uno sceneggiatore in cerca di soggetti, penso proprio che trarrei un film dalla sua vicenda.
Penso quindi che sia particolarmente significativo riportare la comunicazione che Marco rivolse ai suoi amici venuti a trovarlo il 4 luglio 2010, giorno in cui i familiari organizzarono per lui la festa dei diciott’anni, concludendo senza commentare ulteriormente. Di solito mi limito a una frase breve, ma qui non mi sento di tagliare.
La vita è una strada
che non si ferma quando vorremmo sederci,
che molte volte non va nella direzione che avremmo desiderato,
che spesso è così in salita da lasciarci senza fiato,
ma che va affrontata con lo sguardo puntato sulla meta
e non solo con il capo chino per non inciampare sui sassi
che ci intralciano il cammino.
Solo così
si potrà sentirsi parte della strada che Dio ha pensato
per condurci da lui
e assaporare le sue meraviglie che ci alleggeriscono la vita,
come le persone con cui condividiamo la via,
perché il nostro Padre Celeste conosce il cuore
di chi ama
e sa che da soli non si fa strada,
mentre il poter essere insieme ci fa viaggiare
con il vento alle spalle
e godere del sole come della pioggia,
forti della comunione di coloro
che con noi hanno scelto
di raggiungere la vetta con l’amore reciproco.
Buon cammino a ciascuno e ricordate
che siamo tutti compagni di viaggio.
Per saperne di più
AA. VV., Compagni di viaggio - Marco Amato Bettiol, Edizioni Lief Vicenza, 2013, pp. 118, € 5,00.
Piccolo libro con i racconti di chi ha conosciuto Marco e con una selezione delle sue comunicazioni.
Patrizia Asproso, Marco Bettiol, Tutto in una notte - La vita di un ragazzo che attraverso la sua “oscurità” continua a dar luce ai cuori in ombra, BiDiGi Editoria 2019, pp. 304, € 17,50.
Libro in cui la madre di Marco ripercorre la sua vita con lui, intrecciando le proprie riflessioni agli scritti del ragazzo.
I due libri sono disponibili presso la libreria Paoline di Vicenza, la cartoleria di Dueville o scrivendo all’indirizzo tuttoinunanotte2019 [chiocciola] gmail [punto] com (scrivo così per evitare spam).
Su Internet
Il sito ufficiale dedicato a Marco Amato è attualmente in fase di ricostruzione, ma lo segnalo ugualmente.
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