Carlotta Nobile: giovane donna combattuta, ma sorretta dalla fede

Carlotta Nobile
fotografata da Manuela Morgia
nel 2009
(fonte: cartella stampa
presente sul sito ufficiale)

Chi è?

Carlotta Nobile nacque a Roma, nella clinica Villa Flaminia, il 20 dicembre 1988, primogenita di Adelina Lepore e Vittorio Nobile. Crebbe in una famiglia credente, dove l’arte e la cultura venivano incentivati anche nell’età infantile. Iniziò infatti, ancora molto piccola, a dipingere e ad annotare le proprie riflessioni, lasciando intendere una sorta di tormento interiore.

Studentessa al liceo classico “Pietro Giannone” di Benevento, poi laureata in Storia dell’Arte all’Università di Roma La Sapienza, parallelamente intraprese la carriera musicale come violinista.

Aveva iniziato a suonare negli anni della scuola elementare, venendo ammessa a dieci anni al Conservatorio “Nicola Sala” di Benevento, dal quale uscì sette anni dopo, col massimo dei voti. Numerosi furono i suoi concerti in Italia e in Europa, come anche i premi e i concorsi internazionali vinti. Nel 2010 venne nominata, a soli ventuno anni, direttore artistico dell’Orchestra da Camera dell’Accademia di Santa Sofia di Benevento.

Tuttavia, Carlotta continuava a sentirsi incompleta e imperfetta: per questo applicava una seria disciplina con sé stessa. La fede vissuta nell’infanzia e nella prima adolescenza, intanto, era come svanita, o comunque appariva estranea dal suo orizzonte di vita.

Nell’autunno 2011 si sottopose all’asportazione di un neo sul polpaccio destro. Il 5 ottobre 2011 ritirò il referto: era un melanoma, che le fu espiantato il 17 ottobre 2011 presso l’Istituto Dermopatico Italiano di Roma.

Inizialmente Carlotta provò rabbia, ritenendosi vittima di un destino ingiusto. In un secondo momento, affrontò la malattia imparando ad accettare i limiti che essa comportava, perfino le cicatrici delle operazioni. Continuò la vita di sempre, tanto che quasi nessuno conosceva le sue reali condizioni. Aderì anche ai “Donatori di Musica”, un gruppo che organizza concerti negli ospedali per i malati di tumore.

Il 27 giugno 2012, all’Istituto dei Tumori di Milano, i medici le comunicarono che aveva metastasi ai polmoni. Carlotta riprese, con i suoi familiari, a seguire le cure tra Roma e Milano. Nello stesso periodo aprì il blog Il Cancro E poi_ e l’omonima pagina Facebook per condividere, seppur in forma anonima, il cambiamento che sentiva di stare vivendo.

Intorno alle 10.10 del 4 marzo 2012, Carlotta ebbe una crisi epilettica mentre si trovava nella sala prelievi dell’Istituto dei Tumori. Nei giorni successivi, inviò alcuni messaggi WhatsApp alla madre, dai quali emergeva che aveva ricevuto in dono la fede.

Il 24 marzo 2013, dopo aver ascoltato l’omelia della Domenica delle Palme di papa Francesco, Carlotta sentì di dover rafforzare il suo incontro con Gesù tornando a confessarsi. Lo fece il 29 marzo 2013, trovando aperta, all’ora di pranzo, la chiesa di San Giacomo in Augusta a Roma. Là trovò il parroco, don Giuseppe Trappolini, il quale aveva seguito il consiglio ricevuto dal Santo Padre durante un incontro informale, ovvero di tenere aperta la chiesa per consentire ai fedeli di potervi pregare nei giorni del Triduo.

Il 9 aprile 2013 Carlotta era a Carrara per un concerto organizzato dai “Donatori di Musica”. Il giorno dopo, ebbe una nuova crisi: fu portata prima all’ospedale di Carrara, poi a quello di Massa, trascorrendo la notte in rianimazione. Si svegliò completamente ripresa, indicando alla madre, che era accanto a lei, un triangolo luminoso, che la donna però non fu capace di vedere.

Riferì l’accaduto a don Giuseppe, il quale le riferì che alla stessa ora aveva ricevuto una telefonata, sul telefono fisso della parrocchia di San Giacomo, da parte di papa Francesco, che lo ringraziava per una lettera che gli aveva inviato a nome dei malati della parrocchia. Quella convergenza di fatti spinse Carlotta a scrivere una lettera al Papa e a desiderare di poterlo incontrare anche solo per pregare il Padre nostro con lui.

Nel maggio 2013 Carlotta rientrò a Benevento, a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni. Trascorse i mesi seguenti curata e amata dai suoi familiari, invitandoli a pregare, vivendo nella gratitudine. Tra la fine di giugno e l’inizio di luglio chiese di potersi confessare: sua madre riuscì a trovare disponibile padre Giampiero Canelli, Cappuccino, parroco della parrocchia del Sacro Cuore a Benevento.

Carlotta  morì tra le braccia del fratello Matteo, dopo un ultimo saluto a lui e ai familiari: era da poco passata la mezzanotte del 16 luglio 2013. La sua tomba si trova nel cimitero di Benevento, nella cappella funeraria della famiglia Ziello-Nobile.

 

Cosa c’entra con me?

Ho un ricordo molto vago del mio primo contatto con Carlotta, ma penso che sia avvenuto nel 2017, perché in quella data il suo sito è comparso tra i nuovi arrivi della Lista dei Siti Cattolici Italiani. Mi sembrava una mancanza di prudenza considerarla esemplare a così poco tempo dalla sua fine terrena. Per la stessa ragione, ho volutamente snobbato l’uscita del primo libro su di lei: proprio non mi attraeva.

Quando ho appreso che lei era tra i testimoni proposti per il Sinodo sui Giovani del 2018 e nella mostra “Santi della porta accanto”, ho di nuovo provato un moto di stizza: erano comunque trascorsi cinque anni dalla sua scomparsa, mentre molti altri personaggi a me più cari e morti da più tempo erano stati esclusi.

Sempre a ridosso del Sinodo del 2018 ho seguito una trasmissione su TV 2000, durante il programma Bel tempo si spera. Anche in quel caso sono stata colta dall’arrabbiatura, ma ho iniziato a intravedere del buono nella sua storia, specie nella conversione (termine che uso solo per semplificare, ma, come spiegherò poi, di conversione vera e propria non si tratta).

Il 15 luglio 2020 stavo aspettando che iniziasse l’appuntamento de L’Italia in Preghiera, il Rosario serale del mercoledì, in onda su TV 2000, avviato durante il primo lockdown; quella volta era dalla cattedrale di Santo Stefano a Prato. Uno degli ultimi servizi dell’edizione delle 20.30 del TG 2000 di quel giorno era proprio su Carlotta: raccontava brevissimamente la sua storia, all’indomani del settimo anniversario della sua morte.

Di nuovo, mi sono arrabbiata perché era comunque passato troppo poco tempo, ma quasi subito mi sono accorta di un fatto che già conoscevo, ma a cui non avevo mai pensato: il 16 luglio 2013 ho compiuto ventinove anni, quindi ho celebrato la festa dell’inizio della mia vita, mentre quella della violinista si era interrotta a ventiquattro (sarebbero diventati venticinque il 20 dicembre successivo), allo scoccare della mezzanotte di quello stesso giorno.

Subito ho preso una decisione: avrei festeggiato i miei compleanni, a cominciare dal trentaseiesimo, che appunto ricorreva il giorno seguente, non tanto perché devo farlo, o per ricevere regali (che pure non guasta), ma pensando anche a quei giovani che, come lei, non potranno arrivare mai alla mia età ormai quasi matura.

Da allora ho iniziato a incuriosirmi riguardo Carlotta, tenuto anche conto che il direttore della rivista Sacro Cuore VIVERE, dell’Opera Salesiana di Bologna, mi aveva suggerito di considerarla nella rubrica che mi aveva affidato. A oggi non me ne sono ancora occupata, proprio perché continuavo a pensare di dover presentare vicende più attinenti all’attualità ecclesiale per anniversari o beatificazioni in vista.

Ancora prima, quando stavo preparando il post sulle immagini di Gesù Bambino che mi sono più care, in vista della processione del Santo Niño di Cebu a Milano, che quell’anno si sarebbe tenuta in una delle mie due parrocchie – fu l’ultima grande manifestazione di popolo prima del lockdown – avevo sentito il uno dei Carmelitani Scalzi del santuario di Gesù Bambino di Arenzano, di nuovo su TV 2000, menzionare la bolla papale per cui solo i membri del suo Ordine possono propagare la devozione al loro “Piccolo Re”, come lo chiamano con affetto i devoti.

Mi è subito tornato alla mente che nel 2010, visitando il convento di Regina Coeli a Napoli, luogo di nascita delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, avevo visto un calendario, se ricordo bene, del santuario di Gesù Bambino di Praga a Benevento, a loro collegato. Dato che quelle religiose non sono spiritualmente imparentate, per così dire, coi Carmelitani Scalzi, mi sono chiesta se avessero avuto una sorta di autorizzazione nel fondare il santuario, o se fossero subentrate in un secondo momento.

È stato allora che, cercando informazioni a riguardo, è di nuovo saltata fuori Carlotta. Il santuario era stato fatto erigere proprio da una Suora della Carità, suor Raffaelina Borruto, la quale, diventata superiora della comunità del posto, nel 1955 ottenne l’erezione della Sezione Beneventana della Pia Unione del Santo Bambino di Praga.

Ormai ottantacinquenne, fu visitata un giorno da Guglielmina Guasco e da sua figlia Adelina, incinta del primo figlio. La signora era una dei benefattori del santuario e delle opere annesse, ovvero un orfanotrofio e una scuola materna: era venuta a ringraziare “il Piccolo Re”, come lo chiamano i devoti, per aver concesso quella gravidanza dopo quasi dieci anni di matrimonio e un aborto spontaneo.

Parlando con madre e figlia, suor Raffaelina esclamò che la più giovane portava in grembo «una donna eccezionale». Le altre due rimasero senza parole: avevano tenuto segreto che l’ecografia, effettuata quindici giorni prima, aveva riscontrato che era in arrivo una bambina, ovvero Carlotta. Dopo la nascita, lei tornò spesso a visitare Gesù Bambino insieme ai genitori, anche perché fu iscritta alla scuola materna vicina al santuario.

Neanche qui mi ero occupata di lei perché ritenevo che c’entrasse poco con me, ovvero solo per la comunanza di date tra il mio compleanno e il suo trapasso. Tuttavia, proprio quest’anno, mi sono resa conto che a breve sarebbero caduti i dieci anni esatti da allora: mi pare che sia successo seguendo la puntata di Verso gli Altari su Padre Pio TV andata in onda il 18 febbraio scorso.

Ho quindi pensato che fosse il momento giusto per provare a raccontare di lei, ma per farlo dovevo leggere almeno uno dei due volumi biografici usciti: ho scelto il secondo perché era descritto come la biografia autorizzata dalla famiglia e perché conoscevo già l’autore. L’ho ordinato a metà giugno e mi è arrivato in libreria il 20, ma l’ho ritirato dopo altri quattro giorni.

L’impressione iniziale che ho avuto era che forse insistesse troppo sull’eccezionalità di Carlotta, profetizzata da suor Raffaelina, ma a scorrere il suo curriculum artistico si capisce che effettivamente era così.

Procedendo, ho apprezzato le sottolineature agli aspetti per certi versi più normali, che mi piace citare a mia volta, anche se sono consapevole che non costituiscono il nucleo della sua testimonianza: seguiva la serie di telefilm Dawson’s Creek, dei cui personaggi ha lasciato un’attenta analisi; le piaceva il cartone animato di Lady Oscar, tanto che nel suo libro Oxymoron ha nascosto sotto il nome di André (uno dei personaggi del cartone, colui che ama, ricambiato forse troppo tardi, quell’eroina dal nome maschile) quello del suo fidanzato di allora; da piccola aveva l’orsacchiotto tecnologico Teddy Ruxpin (l’avevo anch’io!).

Sul piano delle relazioni, aveva amiche inseparabili a cui si confidava e sognava un futuro con l’uomo che amava (ha avuto tre storie d’amore importanti). Aveva perfino deciso il nome della loro prima figlia: Vittoria. Immagino sia per omaggiare suo padre, come spesso si usa al Sud, sia, soprattutto, per indicare come la vita resista su tutto ciò che tenta di sconfiggerla.

Quanto agli aspetti che me la rendono affine, al di là della questione delle date che ho già raccontato, considero anzitutto l’interesse per le vite delle donne non meno eccezionali di lei, reali o fittizie, Sante o estranee alla fede: «combattute», le definì nel suo libro Il silenzio delle parole nascoste. Si sentiva affascinata dalle vibrazioni delle loro anime, spesso inquiete e insoddisfatte, a volte ai limiti di ciò che la società dei loro tempi consentiva.

Poi l’amore per la cultura, specie sotto l’aspetto dei libri: i suoi familiari, dopo la morte, sono arrivati a catalogarne quasi tremilacinquantotto, confluiti nella biblioteca del Centro Studi Carlotta Nobile di Benevento. Riguardo alla cultura musicale, invece, o meglio al padroneggiare uno strumento, l’unico con cui ho a che fare è la mia voce, visto che canto in due cori.

Ho riscontrato come l’arte (anzi, l’Arte con la maiuscola, come scriveva lei) facesse tanto parte della sua vita da averla condotta – con un’ironia che lascia spiazzati – a paragonarsi a una tela di Lucio Fontana, a causa dei tagli che le operazioni avevano lasciato sulla sua pelle.

Non devo poi trascurare il suo interesse per le nuove tecnologie come modo di raccontarsi, che è anche il mio: ha aperto blog e pagine Facebook, rigorosamente anonimi, dove condivideva le sue riflessioni, anche quelle scaturite dalla diagnosi del melanoma, che hanno incuriosito e appassionato i numerosi lettori coi quali è entrata in contatto. Viene da chiedersi cosa sarebbe successo se fosse vissuta – o se fosse rimasta viva – in questi tempi di messaggi istantanei, di video brevissimi ed efficaci, di vari canali dove esporsi.

Quanto alla riscoperta della fede, mi ha meravigliato non tanto come sia arrivata durante la malattia, perché a volte accade, quanto il fatto che sia stata qualcosa di fulmineo e luminoso, sigillato dalle parole di papa Francesco e fatto suo con totale disponibilità.

Questo processo di consapevolezza è stato favorito da una rete di persone che pregavano per lei. Suo fratello Matteo arrivò perfino a comporre una preghiera a don Giovanni Nobile, un loro antico parente vissuto tra Sette e Ottocento, nella quale gli chiedeva d’intercedere per la loro famiglia, specie per i suoi membri ammalati. Negli ultimi mesi di vita, Carlotta ha ricambiato questo amore, pregando con i genitori e il fratello per ricevere forza da Dio, specie quando aveva momenti di cedimento.

Pensando appunto ai legami nella Comunione dei Santi che ho riscontrato nella lettura della biografia, sento di annoverare anche quelli che uniscono lei e me a san Charles de Foucauld e a don Dolindo Ruotolo: le loro preghiere di abbandono a Dio, ricevute in vario modo, sostennero la signora Adelina quando avvenne la crisi del 4 marzo 2012. Viene da ritenere che non sia un caso che proprio il Padre nostro sia diventato l’invocazione più ricorrente, quando ormai la ragazza era malata terminale.

In questo stesso spirito, mi sia concesso qualche parallelismo tra Carlotta e Alessandro Galimberti, il seminarista della mia diocesi che tanto ha segnato la mia vita da quasi vent’anni in qua. Anche lui aveva doti quasi da poeta, ma condivideva i suoi componimenti solo con quanti riteneva che fossero davvero interessati; anche lui amava la musica, pur non avendola mai studiata approfonditamente; infine, anche lui non voleva essere ridotto alla sua malattia, che nel suo caso era legata al sangue e di diagnosi difficile (ora veniva definita eritroblastopenia, ora leucopenia, ora leucemia).

Penso che anche Carlotta avrebbe potuto dire di sé, come lui, di essere una “sana malata”, tanto più dopo che aveva capito di aggrapparsi alla vita non tanto per uno sforzo personalistico, quanto perché sapeva che Dio gliel’aveva donata.

Per concludere, sento di ritenere che tra le «donne combattute», che riconosceva così simili a lei, potrebbe avere posto anche Lucia Roncareggi, di Bresso, giovanissima poetessa, segnata nel fisico da una “grande noce” di natura diversa (non era un tumore della pelle, per farla breve) dal “coccodrillo” di Carlotta, ma non meno aggressiva. A differenza sua, è praticamente vissuta in oratorio e in parrocchia, ma ha anche lei amato la vita con intensità e gratitudine.

Lo stesso giorno del servizio su TV 2000 è uscito il documentario Suonerò per Te, realizzato dalla Fondazione E. U. K. Mamie, diramazione mediatica dell’Associazione Pubblica Internazionale di Fedeli “Focolare della Madre” (a cui si devono molte pubblicazioni in video interessanti, come quelle segnalate in questo articolo). Lo ripropongo qui sotto, perché mi sembra la sintesi più efficace in video della vita di Carlotta.



Il suo Vangelo

Carlotta non è cresciuta in un contesto familiare caratterizzato dall’ateismo o dall’indifferenza religiosa, tant’è che ha seguito l’asilo dalle Suore di Santa Giovanna Antida e ha ricevuto i Sacramenti dell’Iniziazione Cristiana (la Prima Comunione, peraltro, fu proprio nel santuario di Gesù Bambino di Praga a Benevento) non per tradizione, ma perché i suoi ne riconoscevano l’importanza. Allo stesso tempo, non si può dire neppure che abbia rinnegato la Chiesa, visto che si confidava spesso con suor Rosa Razzano, sua educatrice all’asilo e molto vicina alla già citata suor Raffaelina.

Però, dopo la prima crisi e, ancor di più, in seguito a quella che i suoi biografi definiscono “apparizione trinitaria”, qualcosa è sicuramente cambiato. Lo si evince dai messaggi scambiati con la madre, i quali costituiscono il retroterra dell’ultimo post pubblicato sul blog Il Cancro E poi_.

La certezza di credere, quindi, per lei è diventata una luce che ha arricchito la sua battaglia quotidiana per vivere pienamente e per non essere compatita, ma amata al di là dei propri limiti, come già faceva prima di essere illuminata interiormente. Spesso si leggono storie di persone che hanno vissuto l’esperienza del tumore e si sono rese dei modelli, anche eroici secondo le logiche terrene, ma a volte sembra come se mancasse loro qualcosa, ed è proprio la fede.

Invece al fratello, in uno degli ultimi giorni di vita, Carlotta confidò di aver “guadagnato” – usò proprio questo verbo – la fede nel senso di affidamento a Dio. Allo stesso modo, in un messaggio inviato via WhatsApp alla madre il 25 marzo 2013 (il giorno dopo la prima GMG della Domenica delle Palme del pontificato di papa Francesco), arrivò a definire “regalo” il cancro e a esclamare che la vita, senza fede, è arida.

Sempre in un WhatsApp alla madre, alle 9.05 del 26 aprile 2013, si espresse più chiaramente:

Che miracolo ho avuto a trovare finalmente tutto questo! L’ho cercata tanto questa serenità, tanto tanto. E a un certo punto Dio ha voluto darmela! E come faccio a non dire grazie dalla mattina alla sera?! È troppo grande e prezioso tutto questo? Ma me lo merito?

Nello stesso messaggio auspica di poter essere all’altezza di comunicare quella gioia e quella serenità ai suoi cari e al suo fidanzato. Oggi, a dieci anni dalla fine della sua vita, mentre la mia conta la durata di trentanove anni, sento di dover chiedere a mia volta questa grazia, perché io riesca a trasmettere ciò in cui credo anzitutto ai miei familiari, poi a chi mi conosce e, infine, a quanti leggono quello che scrivo qui e altrove.

 

Per saperne di più

Filomena Rizzo, Paolo Scarafoni, In un attimo l'infinito - Carlotta Nobile, Paoline Edizioni 2017, pp. 224, € 15,00.

La prima biografia di Carlotta, che racconta gli aspetti essenziali della sua vita.

Andrea Maniglia, Lo spartito di Dio - Biografia di Carlotta Nobile, Tau Editrice 2021, pp. 172, € 15,00.

Biografia autorizzata dalla famiglia, con testimonianze dei familiari, dei conoscenti e alcuni scritti, editi e inediti.

 

Su Internet

Sito ufficiale (un tempo allo stesso indirizzo si trovava il sito che lei stessa curava, con gli appuntamenti artistici e musicali a cui prendeva parte; dal 2017 è curato da suo fratello e parla anche della sua fede)

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