Fulvio Colucci: la preghiera al centro di un messaggio luminoso
Fotografia su gentile concessione dell'Associazione "Sui passi di Fulvio Colucci" |
Chi è?
Fulvio
Colucci nacque a Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta e diocesi di Capua,
il 21 ottobre 2003, terzogenito di Alfredo Colucci, medico, e Angelina Cimmino,
insegnante alle scuole superiori. Quando il bambino aveva circa tre anni, i
genitori si separarono: questo fatto impresse in lui lo stimolo di consolare
quanti gli stavano accanto.
Per via
del lavoro della madre, Fulvio e le sue sorelle Francesca e Chiara vissero per
sei anni a Roma, nel quartiere Balduina. Il bambino trascorreva molto tempo con
Rosetta, la nonna materna, che viveva con la figlia, ascoltandola raccontare
storie della sua vita.
Nel 2013,
quando la famiglia si era stabilita a Caserta, precisamente nella frazione di
Tredici, Fulvio cominciò a frequentare il catechismo nella parrocchia di San
Matteo Apostolo, preparandosi quindi alla Prima Comunione, ricevuta il 18
maggio 2014.
Dopo un
ulteriore trasferimento, questa volta a Caserta città, Fulvio fu iscritto alle
scuole medie presso l’Istituto Cuore Immacolato di Maria, retto dai Salesiani
di Don Bosco, di cui erano allieve anche le sue sorelle.
Era
portato per le materie letterarie e per le lingue straniere, ma anche per l’informatica.
Condivideva la sua passione per i videogiochi con i compagni di scuola e gli
amici. Si rendeva spesso disponibile verso quelli tra loro che vedeva in difficoltà.
Il 15
novembre 2016, mentre si trovava a scuola, Fulvio accusò un forte dolore alla
testa. Portato all’ospedale Santobono Pausilipon di Napoli, ricevette la diagnosi
di medulloblastoma metastatico della seconda fossa superiore, quindi un tumore
al cervello. Mentre i suoi familiari erano smarriti, lui appariva sereno.
Fu sottoposto
subito a un primo, poi a un secondo intervento chirurgico. Per ricevere cure
migliori, affrontò un consulto all’ospedale Gustave Roussy di Parigi, quindi
venne trasferito a Milano, presso l’Istituto dei Tumori. Meravigliava i medici
per la consapevolezza con cui cercava di sopportare quello che gli accadeva.
Mentre era in ospedale, riuscì anche a sostenere l’esame di terza media e a
iniziare il primo anno di liceo scientifico, seguito da un’insegnante di sostegno.
Nell’estate
2019 viaggiò con la famiglia, visitando il santuario di Collevalenza e i luoghi
francescani di Assisi. Poco tempo dopo, si aggravò, tanto da poter frequentare poche
lezioni nel liceo dei Salesiani di Caserta.
Il 2
gennaio 2020 subì una terza operazione, che non ebbe esito favorevole: morì il
22 febbraio successivo. La sua tomba si trova nel cimitero di Caserta.
Cosa c’entra con
me?
La mia
scoperta della storia di Fulvio è avvenuta contemporaneamente a quella di
Samuele Faroni.
A giugno ho visto che erano usciti i libri su tutti e due: ordinati il 10
luglio direttamente all’editore, mi sono arrivati tre giorni più tardi.
Anche
nel suo caso, ho provato a vedere se ci fosse qualche fonte online, ma già la
sinossi del libro era bastata a incuriosirmi. In più l’autore, che ho conosciuto
lo scorso anno al convegno del Dicastero delle Cause dei Santi su La santità
oggi, mi sembrava una buona garanzia.
Dopo aver dato una prima lettura, avevo subito trovato un argomento che mi permetteva d’inserire Fulvio nella galleria di bambini e ragazzi ravvicinabili all’esperienza di Silvio Dissegna, attualmente Venerabile, che sto delineando sulle pagine del periodico a lui dedicato: tutti e due, infatti, come anche la giovane poetessa di Bresso Lucia Roncareggi, sono passati per il Roussy di Parigi, centro all’avanguardia per la cura e lo studio dei tumori.
Ho poi
riscontrato che anch’io sono passata per la chiesa dei Santi Nereo e Achilleo, qui a Milano, dove Fulvio sostava spesso in preghiera: lo fece, ad esempio, nell’ultimo
Venerdì Santo della sua vita.
Quella
parrocchia è strettamente legata a CasAmica, la struttura dove il ragazzo e la
sua famiglia sono stati ospitati durante il tempo delle cure all’Istituto dei Tumori.
Non so se qualcuno avrà avvisato i collaboratori dell’uscita di quel piccolo
libro, dove c’è anche la trascrizione di una piccola testimonianza video che
Fulvio aveva rilasciato a proposito della sua vita lì; magari provo a farlo io.
Fino a
questo punto, i legami tra me e lui, come si vede, sono parecchio esili. Tuttavia, non riuscivo a togliermi dalla mente l’idea di scrivere di Fulvio qui sul blog
e di non trascurare il fatto che oggi ricorrono i vent’anni dalla sua nascita.
Ho
quindi cercato ispirazione consultando la pagina Facebook dell’associazione
nata in sua memoria lo scorso anno, che ha come scopo principale sostenere chi
ha bisogno e senza escludere nessuno, secondo gli ideali che Fulvio stesso
viveva e di cui ha lasciato traccia in alcuni componimenti scolastici.
Secondariamente, s’impegna a diffondere la sua storia soprattutto tra i
giovani, come ha incoraggiato a fare l’autore della piccola biografia.
Ho poi
provato a vedere se, nel frattempo, fossero comparsi altri articoli su di lui. Ho
concentrato la mia attenzione sul contributo di don Dawid Sebastian Tyborski
sul sito Adeste. Questo sacerdote polacco, come dovrebbe fare ogni buon
cronista, ha consumato la suola delle scarpe andando fino a Caserta, per
conoscere la famiglia di Fulvio, visitare casa sua e pregare sulla sua tomba.
Grazie
a lui, ho appurato che esiste un altro legame tra me e quel ragazzo. Fulvia, la
sua bisnonna (dalla quale ha evidentemente preso il nome), era figlia spirituale
di Florinda Romano vedova De Santis, meglio nota come Madre Flora, che a Napoli,
precisamente a Capodimonte, ha dato vita, nel secolo scorso, alla Casa del
Volto Santo. Anche nel ramo materno della mia famiglia quella devozione è molto
radicata, come ho raccontato in questo post.
Rileggendo
il libro, mi è parso di ravvisare altri collegamenti nella Comunione dei Santi tra
Fulvio e i due adolescenti santi per eccellenza, ovvero san Domenico Savio e il
Beato Carlo Acutis. Il primo potrebbe essere il più scontato: anche lui era stato
allievo dei Salesiani, quindi certamente gli avranno parlato della sua storia.
Un
episodio che san Giovanni Bosco per primo raccontò è quello in cui, in un
giorno d’inverno, i ragazzi della classe di Domenico (il quale non frequentava
ancora il primo Oratorio di Valdocco) misero per scherzo, dentro la stufa della
loro classe, dei sassi e della neve: quando il maestro accusò ingiustamente il ragazzo, lui
non disse nulla, pensando a Gesù, l’Innocente condannato.
A Fulvio
è accaduto qualcosa di simile: anche lui, infatti, è stato accusato di una
marachella di cui non aveva nessuna colpa, ma ha accettato in silenzio la
punizione pur di proteggere un compagno, che, per la propria fragilità, non
avrebbe retto all’allontanamento, seppur temporaneo, dalla classe.
Quanto a Carlo, Fulvio lo sentì particolarmente vicino dopo essere passato, nel suo pellegrinaggio ad Assisi, per il Santuario della Spogliazione, dove sono venerate le sue spoglie mortali.
Penso che sia quasi impossibile che non
sapesse nulla di lui prima d’allora, tanto è famoso, ma il biografo sottolinea
come avesse subito trovato una sintonia col suo percorso di fede e con l’esperienza
della malattia. Non solo: erano affini anche per la passione per i videogiochi,
dato che Fulvio aveva assemblato un computer apposta per quello scopo e aveva
una sedia da gamer, ossia da esperto videogiocatore.
Il suo Vangelo
Al di là
dei paragoni, Fulvio ha un suo messaggio particolare e personale. A me pare di
ravvisarlo nella centralità di Dio nella sua vita, nella consapevolezza che, se
anche il suo padre terreno poteva averlo abbandonato, gli rimaneva pur sempre
un Padre nei cieli.
A Lui
si rivolgeva con le preghiere della tradizione, insegnate dalla mamma e dalla
nonna, ma anche con prolungati e silenziosi colloqui, sia nel periodo della
salute fisica, sia quando il tumore l’ha colpito più duramente. A detta del
biografo, non fu mai sentito lamentarsi, tanto da stupire medici, insegnanti,
compagni di scuola.
Immergendosi
nella preghiera, il ragazzo ha potuto farsi maestro anche per i suoi familiari
più vicini, con pensieri che oggi loro custodiscono e ripetono, sicuri della
sincerità con cui li affermava.
Sulla
lastra che chiude il suo loculo al cimitero, su di una placchetta metallica, ci
sono gli ultimi due versi del sonetto Alla Sera di Ugo Foscolo. In esso
il poeta afferma che la sera gli giunge gradita perché immagine della morte, ma
per lui quest’ultima è anche “nulla eterno”. Per Fulvio, invece, l’eternità non
era un nulla, ma un “per sempre” di cui sentiva l’anticipo su questa terra,
come diceva alla madre, alla nonna e alle sorelle:
La preghiera non ha
un tempo. Il tempo è solo di questo mondo. Dove risiede Gesù il tempo non
esiste.
Il suo
tempo terreno si è esaurito prima che potesse arrivare ai vent’anni, ma ora è
prolungato in un’eternità che in tanti sperano essere sinonimo, per lui, di
beatitudine.
Per saperne di più
Antonio
Di Nardo, Fulvio Colucci – Messaggero di luce, Velar 2023, pp. 48, €
5,00.
La prima
biografia di Fulvio, basata sui ricordi dei parenti, degli amici e dei compagni
di scuola.
Su Internet
Sito ufficiale dell’Associazione “Sui passi di Fulvio Colucci”
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