«Ritornate a me», un canto di pace
Ero
indecisa sul modo in cui far capire che non sono indifferente a quanto sta
accadendo in Terra Santa. Avevo pensato a un post su santa Maria Alfonsina Danil Ghattas, fondatrice delle Suore del Santo Rosario di Gerusalemme, ma non
ho avuto il tempo di prepararlo bene. Ho quindi pensato di rimandarlo, così da
parlare comunque di quella Santa, pazienza se non seguirò l’attualità.
Nei
giorni scorsi, però, mi è venuto in mente uno dei canti del Gruppo Shekinah, il
coro giovanile di Milano, di cui faccio parte. Penso che riproporlo da queste
parti, con un mio commento, rientri perfettamente nell’iniziativa #vocidipace
lanciata da Avvenire.
Ritornate
a me è la traccia numero 12 del terzo CD del Gruppo Shekinah, Leggero sorriso
di grazia (qui la mia guida all’ascolto), uscito nel 2015. Come molti
nostri canti, è nato dopo un’esperienza di viaggio e di servizio musicale, il
pellegrinaggio in Terra Santa che si è compiuto dal 3 all’8 agosto 2014 (qui i miei post a riguardo). Da
allora, pensare a quella terra, a chi vi abita, ma anche ai drammi che essa
vive, nonché leggere brani biblici, non è più lo stesso, per chi di noi vi ha
partecipato.
Ecco il
video ufficiale, a cui accompagno il testo commentato. Gli autori sono don
Bortolo Uberti (testo) e Filippo Bentivoglio (musica).
Il silenzio s’infila
tra gli ulivi sul monte
nella notte un gallo
canta il pianto negli occhi
mentre il cuore s’accorda
al disegno del Padre
nel mistero di Pasqua,
nel mistero di Pasqua.
Il riferimento immediato è alla preghiera di Gesù nell’Orto degli Ulivi, a cui si rifà più diffusamente un altro canto di Shekinah, Getsemani. Il secondo verso echeggia il rinnegamento di san Pietro e al suo pianto amaro seguito all’udire il canto del gallo, quindi all’avverarsi della predizione del Maestro, ma soprattutto all’aver riconosciuto l’errore nel fingere di non averlo mai conosciuto.
Sia il
Getsemani, sia San Pietro in Gallicantu sono state tappe del nostro
pellegrinaggio.
Noi varchiamo le mura
con il passo che canta
la preghiera di pace.
Questi versi mi fanno pensare a quando io e compagni abbiamo attraversato le mura di Gerusalemme cantando spensieratamente, ma anche ai pellegrini che salivano alla Città Santa cantando i Salmi delle Ascensioni.
Poi la croce di
Cristo posta al centro del mondo
sulla terra ferita dà
speranza agli oppressi, dà speranza.
Anche la basilica del Santo Sepolcro è stata visitata da noi, peraltro in un momento in cui non c’erano praticamente pellegrini. Un altro giorno abbiamo celebrato la Messa nella cappella del Calvario, dove, come ci riferì la nostra guida, un’antica tradizione riteneva che fosse situato il centro del mondo allora conosciuto.
La Croce,
quindi, da patibolo infamante è diventata segno di speranza per gli oppressi di
tutto il mondo, a cominciare dalla terra dove fu piantata.
Ti chiediamo ogni giorno
di svelarci il tuo
volto
Il ritornello si apre con un’altra eco dei Salmi, particolarmente di quelli in cui l’orante cerca il volto del Signore (come il Salmo 27).
camminiamo nel mezzo
dell’eccesso dell’uomo
La categoria
dell’ “eccesso” era una di quelle con cui il cardinal Carlo Maria Martini
cercava di spiegare l’essenza di Gerusalemme, città dove aveva studiato e dove,
se le sue condizioni di salute non fossero peggiorate, aveva anche sperato di
morire.
Proprio
a quest’espressione mi ero rifatta dando, come titolo alla parte del mio diario
di quel pellegrinaggio, A Gerusalemme, tra eccesso e santità.
spartiremo con l’alba
ogni nostra canzone.
Quando canto questi versi mi viene sempre in mente l’alba del nostro ultimo giorno in Terra Santa.
Ritornate a me figli
dissetatevi all’acqua
camminate nell’alba
voi sarete il domani.
La seconda parte del ritornello è non più una preghiera dell’uomo a Dio, ma di Dio all’uomo, con suggestioni simili a quelle contenute nei libri profetici dell’Antico Testamento, soprattutto Isaia, Geremia e Gioele.
È una
preghiera rivolta soprattutto ai giovani, che sono certo il domani della Chiesa
e del mondo, ma ne costituiscono anche il presente.
Adorate il Bambino
contemplate la Croce
voi sarete speranza.
Il ritornello si chiude con l’allusione, che ritorna nella seconda parte della seconda strofa, a Betlemme, all’adorazione di Gesù Bambino da parte dei pastori, che ricevettero l’annuncio a Beit Sahur, “Campo dei Pastori”. È ripreso il riferimento alla Croce, con cui si chiudeva la prima strofa.
Nel deserto una voce
sa di sabbia e di vento
Questo primo verso della seconda strofa mi riporta alla meditazione che abbiamo avuto nel Deserto del Negheb, dove abbiamo sorprendentemente trovato vita, sotto la forma anche del vento (tanto vento!) e di qualche corso d’acqua.
sulle rive del lago
prende forma di luce.
Un altro luogo della Terra Santa che non dimentico è il lago di Tiberiade. Non l’abbiamo attraversato in barca, ma abbiamo pasteggiato sulla riva, a base di focaccine aromatizzate allo za’atar, la miscela di spezie mediorientali.
Quel
lago torna anche nei nostri canti Domani e per sempre (in realtà fa
parte del disco precedente), sulla vocazione degli apostoli, e Sul lago di
Pasqua, dedicato alla professione di fede e di amore di san Pietro davanti
a Gesù Risorto.
La sua ombra feconda
nella cura fedele
questa terra promessa,
questa terra promessa.
La cura di Dio nella Terra Santa si manifesta in migliaia di modi: uno su tutti, l’impegno dei medici, del personale sanitario e delle religiose del Caritas Baby Hospital, dove abbiamo svolto un piccolo concerto.
Fa paura quel muro che
divide i fratelli
rende muto il
profeta.
Il muro di separazione sorge a pochissima distanza dal Caritas Baby Hospital. Anche noi siamo rimasti spaventati da quanto fosse alto e ammutoliti, ma pensiamo che sia accaduto anche a papa Francesco, nel suo viaggio apostolico, che aveva preceduto di pochi mesi il nostro pellegrinaggio.
Ma un bimbo a
Betlemme posto al centro del mondo
fa sicuri per tutti i
nostri sogni più belli, i nostri sogni.
Qui c’è un riferimento letterario, che don Bortolo ci aveva presentato proprio nei nostri giorni a Betlemme, anzi, nella meditazione tenuta al Campo dei Pastori. È alla poesia Ricordo della vigilia di Natale, del poeta irlandese Patrick Kavanagh, in cui l’autore pensa ai suoi umili compaesani: Si reggono ai margini del prato. / I loro pensieri sono terreni, / ma la mente s’invola a sognare / della Vergine Maria, / perché Uno, a Betlemme, / ha messo al sicuro per loro / i loro sogni.
Segue quindi il ritornello, come dopo la prima strofa.
Il
canto si conclude con una ripresa musicale del ritornello, leggermente variata
nel finale. La interpreto come una risposta di chi canta alla supplica da parte
di Dio.
Dio nascosto nell’uomo
tra i frammenti di
guerra
dentro il pianto
innocente
noi apriamo le porte
all’annuncio di
grazia
canteremo la gioia,
canteremo la gioia.
Il Dio nascosto in carne mortale, di cui scriveva padre David Maria Turoldo nel componimento Mentre il silenzio (di cui anche noi di Shekinah abbiamo una versione musicata, nel nostro repertorio), è sicuramente il Bambino Gesù; la statuetta che lo raffigura, realizzata dalle Piccole Sorelle di Gesù, è tra i ricordi materiali di quel pellegrinaggio a cui sono particolarmente affezionata.
Ma è
anche Gesù che soffre nel pianto innocente dei bambini del Caritas Baby
Hospital, nei giovani a cui è negato di poter varcare liberamente il confine,
negli artigiani che, senza pellegrini, guadagnano poco o nulla.
L’impegno
che resta a chi lascia la Terra Santa è, appunto, disporsi alla grazia e
cantare con gioia al Signore, come noi di Shekinah cerchiamo di fare alle veglie
in Duomo o nei nostri concerti-meditazione, che molto spesso si concludono con Sing
for joy to the Lord, il canto composto proprio per il nostro pellegrinaggio e che parafrasa
il Salmo 99 (100).
Vorrei
spendere qualche parola anche sull’arrangiamento musicale. Il brano si apre con
sonorità mediorientali, con uno strumento a corde che si aggiunge a un soffio
simile a quello del vento nel deserto.
La
prima parte delle strofe è punteggiata dalle percussioni suonate in modo
marziale, a cui si sostituisce una graduale apertura, che sfocia nella serenità
del ritornello. Non fa parte del testo, anche se è qualcosa di cantato, quello yallah
yallah che anticipa le strofe e si ripete al loro interno, fino al finale.
Mi viene da pensarlo non soltanto come un colore musicale, ma anche nel suo
valore etimologico: vuol dire «Presto!» e ce lo sentivamo ripetere moltissimo,
mentre camminavamo per Gerusalemme, Betlemme e Nazaret.
Quindi,
è come se Dio continuasse a dire ai suoi figli, specie in Terra Santa: «Presto,
ritornate a Me! Affrettatevi a costruire un cammino di pace!».
Infine,
se volete utilizzare Ritornate a me per qualche celebrazione per la pace
in Terra Santa (riconosco che per oggi è un po’ tardi), o per prepararvi a
qualche pellegrinaggio, quando potranno ripartire, vi suggerisco di contattare,
per richiedere lo spartito, il Gruppo Shekinah: o tramite il sito ufficiale, o
mediante i social media. Attenzione, però: Shekinah di Milano si distingue per
il logo che raffigura una tenda stilizzata.
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