Andrew Robinson: alla sera il pianto, al mattino la gioia
Per gentile concessione di Maria,
sorella di Andrew Robinson |
Chi è?
Figlio maggiore di Clive Robinson e Stella
Horton, fratello di Maria e Richard, Andrew Clive Robinson nacque il 23 giugno
1969. Lasciandosi alle spalle una brillante carriera come geometra, nel 1996
entrò nel Seminario della diocesi di Birmingham, St. Mary’s College - Oscott.
Quattro anni dopo, il 19 luglio 2000, gli
venne diagnosticato un tumore al colon. Con il sostegno dei parrocchiani della
chiesa di St. Hugh of Lincoln a Kidlington, dove aveva prestato tirocinio
pastorale, fu pellegrino a San Giovanni Rotondo, per affidarsi
all’intercessione di san Pio da Pietrelcina, e a Monte Sant’Angelo.
Tornato a casa, a Coventry,
sperimentò una volta di più la misericordia di Dio tramite la preghiera dei suoi
amici, comparrocchiani e conoscenti. L’arcivescovo di Birmingham, monsignor Richard
Nichols (ora cardinale e arcivescovo di Westminster), che gli aveva dato il
compito di tenere un diario sulla sua malattia, gli prospettò la possibilità di
essere ordinato con dispensa speciale, ma ciò non avvenne: Andrew, che era
ricoverato in ospedale, venne riportato a casa per trascorrervi i suoi ultimi
istanti. Circondato dai suoi cari, morì serenamente il 27 aprile 2001, a 31
anni.
Cosa c’entra con me?
Penso che non avrei mai saputo di Andrew se nel
2011 non mi fossi decisa ad acquistare, dopo lunghi ripensamenti, Preparami la colazione, biografia della
giovane Lucia Roncareggi, scritta dal giornalista Giorgio Bernardelli. Come mi
accade spesso, ho dato una prima sfogliata al libro, con uno sguardo alle
ultime pagine: proprio lì ho trovato la menzione del suo caso. Quando sono
arrivata a leggere che si trattava di un seminarista e che era morto a poco
tempo di distanza da Lucia, ho esclamato interiormente: «Oh no, eccone un
altro!». Chi legge periodicamente i miei articoli sa, infatti, che i
seminaristi e giovani sacerdoti sono la categoria di testimoni che prediligo.
Ciò non vuol dire che io sia uno sciacallo: quando vengo a sapere che devo
aggiungere un nome alla lista che sto compilando, provo un gran dispiacere
anzitutto per la famiglia del giovane in questione, poi per quanti l’hanno
conosciuto.
Ho provato a fare le mie ricerche sul web, ma
in maniera non troppo approfondita: ho trovato sì e no le pagine dove si
menzionava il diario che il suo arcivescovo gli aveva detto di compilare, dato
alle stampe due anni dopo la sua morte; ad esempio, questa. Avrei voluto comprarlo, ma non sono
granché pratica di e-commerce. Ho
provato alla Libreria San Paolo, dove avevo ordinato altri testi in lingua
originale, ma nessun risultato (strano, per essere un testo in lingua inglese).
Dopo aver girato non so più quante librerie, anche non specializzate, ho
gettato la spugna.
Quando però mi sono resa conto che così avrei
dato retta alla mia vocina del cervello, quella che preferirebbe che io mi
dedicassi a tutt’altre materie, ho deciso di riprendere le ricerche, andando
direttamente alla fonte, ossia rivolgendomi a Bernardelli, anche per dedicare un
post a Lucia e ottenere il consenso previo da parte dei genitori di lei.
Ho trovato la mail del giornalista su un
numero di Mondo e Missione, il
mensile cui collabora, e gli ho scritto nel giro di pochissimo. Non altrettanto
celere è stata la sua risposta, ma capisco il perché: uno specialista in stampa
missionaria non dovrebbe dare ascolto alle farneticazioni di una fissata coi
seminaristi deceduti. Mi sono procurata il numero della redazione e, con
l’aiuto di un altro collaboratore, ho sollecitato la risposta.
Rimando il racconto di come sia riuscita a
parlare con la madre di Lucia a quando mi metterò d’impegno a scrivere di lei.
Quanto ad Andrew, il giornalista si è detto ben lieto di prestarmi la sua copia
di Tears at night, joy at dawn, il
diario del giovane, che porta il poco incoraggiante sottotitolo – per la gente
comune, ma non per me – The journal of a
dying seminarian (Il diario di un
seminarista moribondo).
Ho atteso un altro pochino, ma venerdì 28
febbraio 2014 ero al Centro Missionario di via Mosè Bianchi per ritirare il
pacchetto che Bernardelli mi aveva lasciato in portineria. Ne ho approfittato
per mettere alla prova la pazienza di padre Piero Gheddo, incontrato
provvidenzialmente nella cappella di comunità dov’ero entrata per sbaglio, e rimpinguare
la mia collezione di santini con quelli dei Santi, Beati e candidati all’altare
del PIME.
Non ho atteso di tornare a casa per iniziare
a leggere il diario di Andrew: appena mi sono accomodata sul tram che mi
riportava indietro, l’ho estratto dalla busta. Lo stile con cui lui racconta le
sue disavventure ospedaliere, ma anche l’affetto della famiglia (più vasta di
quella di sangue) che lo circondava, mi ha fatto sorridere. In alcuni punti, al
sorriso è subentrata la commozione nel trovarmi di fronte a preghiere accorate
che, per certi versi, mi ricordavano gli scritti di altri giovani scomparsi prima
dell’ordinazione. Ricordandomi però che dovevo stare attenta al caso che avevo
di fronte, mi sono soffermata sugli spunti di riflessione che mi forniva.
Avevo già leggiucchiato, nelle mie ricerche,
che Andrew si recò a San Giovanni Rotondo, ma non immaginavo che avesse una
devozione tanto forte per Padre Pio, che definisce nel libro «un mio vero eroe»
(a true hero of mine). Non su pretese
miracolistiche era basato il suo sentimento, bensì sul desiderio di voler
imparare, come lui, ad amare sotto la croce e su di essa. Non sono mai stata in
quel paese fortunato, ma le parole che avevo sotto gli occhi avevano l’effetto
di portarmici in spirito, anche se dal 2001 sono cambiate molte cose. Da
allora, quando mi capita di seguire il Rosario in diretta su Padre Pio TV,
dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Rotondo, non manco di
ricordarlo.
In comune con me, poi, aveva la devozione a
sant’Antonio di Padova, del quale, se ho ben capito, portava il nome dalla
Cresima, in base all’usanza del confirmation
name, con la quale il cresimando aggiunge, a quello che già porta, il nome
di un Santo come patrono speciale. Lui aveva già sant’Andrea, però a volte i
nomi angloamericani non hanno corrispondenza sul calendario.
Un paio di mesi fa, per programmare i
prossimi post, avevo stilato un elenco di personaggi di cui trattare in vista
di anniversari significativi su un foglietto volante, che ho finito col perdere
per casa. Lo scorso martedì, mentre ripulivo una delle mie chiavette USB, ho
trovato la bozza di questo articolo e, rileggendolo, mi è tornato alla mente
che era vicino il quindicesimo anniversario della scomparsa di Andrew. Ho
quindi ripreso le mie ricerche in maniera più approfondita, riuscendo a trovare
perfino i contatti di sua sorella Maria, impegnata nella Pastorale giovanile
della diocesi di Birmingham.
Senza perdere altro tempo, le ho scritto per
riferirle quello che avevo provato accostandomi alla storia di suo fratello. La
mia delusione è stata parziale: mi è arrivata una e-mail precompilata, che
affermava che lei era fuori ufficio fino al 25 aprile. Mentre mi disponevo ad
aspettare, la mattina dopo ho ricevuto la risposta: Maria mi ringraziava perché
le avevo raccontato come la storia di Andy – ha usato il diminutivo in segno
d’affetto – ha colpito la mia vita.
Ha testimoniato la misericordia perché...
Nel suo diario, Andrew riconosce che senza la
misericordia di Dio, che ha atteso oltre dieci anni la sua risposta, non
sarebbe arrivato a dirgli di sì, lasciando le sicurezze del lavoro e di una
fidanzata. Questo sconfinato amore gli si è manifestato nell’affetto dei
familiari, di quello degli amici e delle persone che, dopo averlo incontrato
nella parrocchia dove prestava servizio, decisero di raccogliere dei soldi per
lui, che decise di usarli per andare a San Giovanni Rotondo.
Penso quindi che l’opera di misericordia che
gli si possa associare sia quella che suggerisce di alloggiare i pellegrini,
anche se, a ben vedere, lui era dalla parte di chi riceve, non di chi fornisce
l’alloggio. In ogni caso, nella risposta al messaggio che mi ha mandato sua
sorella, le ho chiesto quale sia l’opera che lui ha vissuto più direttamente:
se me lo dirà, lo riporterò.
Il suo Vangelo
Sono del parere che il messaggio universale
di Andrew possa essere riassunto nel titolo che è stato dato al suo diario e
che io, in un guizzo di originalità, ho dato a quest’articolo. È tratto, come
si può immaginare, dal Salmo 29 (30), che la Liturgia delle Ore fa pregare ai Vespri del giovedì della prima settimana. Gli era
particolarmente caro, tanto da riprenderlo spesso nei suoi appelli al Signore,
da cui cercava sì la guarigione fisica, ma progressvamente comprese che dovesse essere più necessaria quella dello spirito.
Così, ad esempio, annotava il 28 gennaio
2001:
“Signore, mio Dio, a te ho gridato e mi hai guarito”. [versetto 3 del Salmo
29, nota mia]
Confido e spero in te, mio Dio. Prego, Signore, che tu
verrai in mio aiuto, che mi guarirai, che io possa conoscere la vera felicità e
gioia con te ed essere in perfetta armonia col tuo amore. Guariscimi, Signore,
guariscimi! Che io possa, in unione con gli angeli e i santi, riconoscere e
lodare il tuo amore per sempre. Fa’ scendere anche il tuo amore sui tuoi figli.
Signore, fa’ che possiamo cantare insieme il tuo amore per noi, ora e per
sempre. Amen.
Nella sua città e nella sua parrocchia è
ancora molto vivo il suo ricordo, dato che è stato fondato l’Andrew Robinson Young People’s Trust,
per sostenere l’educazione della gioventù. Mi auguro che quanto ho scritto
contribuisca a renderlo noto in Italia, dove ha per poco tempo soggiornato per
accrescere la sua conoscenza della sofferenza da santificare, alla scuola del
Santo di Pietrelcina.
Per saperne di più
Andrew Robinson, Tears
at night, joy at dawn – The journal of a dying seminarian, Alive Publishing
2010, £9.99
La più recente edizione del diario di Andrew,
arricchita, rispetto alla prima che risale al 2003, di un CD con un
audio-messaggio del cardinal Nichols, di una registrazione con la voce del
seminarista e di un’esecuzione del Salmo 29 da parte della corale della sua
parrocchia di origine, St. Thomas More a Coventry.
Si può acquistare sul sito della casa editrice oppure su quello della diocesi di Birmingham.
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