Terra Santa 2014 #8: a Betlemme, dove il Verbo si fa ancora carne (seconda parte)




Nel secondo giorno a Betlemme mi sono finalmente dedicata alle visite turistico-religiose, ma ho anche familiarizzato con le suore che mi ospitavano e compreso, una volta di più, le difficoltà che la gente del posto affronta quotidianamente. Anche stavolta le foto sono tutte opera mia.

 Mercoledì 13 agosto
9: 30 – Verso la Stella di Betlemme

Dopo una lauta colazione, io e gli ospitati alla “Società Antoniana” siamo tornati alla parrocchia greco-cattolica, punto di partenza anche per i membri del gruppo delle visite. Mentre chi era di turno si affaccendava in cucina e altri giocavano coi bambini, io e una decina di miei compagni ci siamo raggruppati per andare con Elena, nostra imprescindibile guida. La strada da compiere per andare alla Basilica della Natività non era molto lunga, quindi nel giro di pochi minuti eravamo già a destinazione.
Dopo essere passati per la cosiddetta “porta dell’umiltà”, la cui esiguità è in realtà dovuta al fatto che si voleva impedire l’ingresso dei cavalli, abbiamo notato che la navata centrale era completamente coperta da ponteggi. Elena ci ha spiegato che finalmente le varie confessioni cristiane si sono accordate per dare l’avvio a dei restauri improrogabili, altrimenti il tetto avrebbe rischiato di crollare.
Di lì a poco abbiamo potuto scendere nel punto esatto dove si fa memoria della nascita di Gesù. Sin dal nostro arrivo, ci siamo sentiti ripetere spessissimo da don Bortolo che dovevamo riscoprire che il Natale non è la festa zuccherosa e plastificata cui siamo abituati, bensì l’occasione per ricordare che Dio si è fatto uno di noi. Con quello spirito mi sono inginocchiata anch’io e ho baciato la stella della grotta, per chiedere di poter continuare ad essere una vera adoratrice del Santo Bambino, capace di cercarlo e di cantarne la gloria.
Per una nuova spiegazione da parte della nostra guida ed avere un minimo di tempo per meditare, ci siamo spostati nell’adiacente chiesa latina di Santa Caterina, poi nella grotta dedicata a san Girolamo. È stata occasione, per me, per ripensare al mio rapporto con le Sacre Scritture, tanto amate e studiate da quel Dottore della Chiesa, e a come lasciare che esse modifichino gli aspetti più feroci del mio carattere, anche se non sono di origini dalmate come lui; un po’ come, in base alla leggenda, lui riuscì a rendere mansueto un leone estraendogli una spina dalla zampa.

11:35 – Come nutrire corpo e anima

Usciti dalla Basilica, ci siamo incamminati lungo una strada leggermente in salita, per raggiungere la chiesa della Grotta del Latte, che ricorda uno dei mille episodi leggendari accaduti durante la fuga in Egitto della Sacra Famiglia. Il tragitto è stato allietato dagli innumerevoli negozi, più o meno grandi, che vendevano articoli religiosi e oggetti in legno d’ulivo. Elena, tuttavia, ci ha detto di accelerare il passo, perché avremmo avuto tempo in seguito per comprare tutto quello che volevamo. Per lo stesso motivo non ci ha fatti fermare a lungo di fronte a una botteguccia quasi nascosta, che mi ha ricordato una simile vista a Gerusalemme: come quella, era delle Piccole Sorelle di Gesù, rinomate per la produzione di statuine in terracotta, in particolare di Gesù Bambino.
Dopo una brevissima introduzione, siamo stati lasciati liberi di visitare le due chiese sul luogo della grotta: la prima, più antica, scavata nella roccia (è davvero bianchissima!) e la seconda, più moderna, accanto alla quale sorge una cappella dove le suore Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento prestano il loro servizio di preghiera. Mi ha colpita in maniera speciale quest’associazione tra il culto eucaristico e la memoria del nutrimento materiale che Gesù ha ricevuto da piccolissimo: è come se l’uno non possa esistere senza l’altro. Mi sono domandata, allora, perché a volte realizziamo intingoli raffinatissimi e curiamo fino all’eccesso la disposizione della tavola dove mangiamo, mentre trascuriamo la Messa oppure la prepariamo in base ai nostri gusti personali. Ho trasformato quell’interrogativo in un’intenzione di preghiera, scritta su di un foglietto e imbucata nell’apposita urna: affinché chi viene a visitare i luoghi santi celebri l’Eucaristia con la stessa attenzione che la Vergine Maria aveva nell’allattare il suo divino Figlio.

17:13 – Relax e regali

Dopo la Messa abbiamo avuto un po’ di tempo a nostra disposizione. Io e gli altri non alloggiati in parrocchia ne abbiamo approfittato per darci una ripulita e rilassarci un po’.
Terminata la doccia, invece di starmene in camera, ho deciso di fare un giro per la struttura che ci ospitava, anche perché ero incuriosita dal viavai di persone esterne nel cortile. In particolare, desideravo tanto vedere com’era la cappella, situata proprio al centro: contrariamente al giorno prima, era aperta.
Mi sono guardata brevemente attorno, poi ho posato lo sguardo su due armadietti completamente pieni di libri. Ne ho presi in mano un paio, quando una voce dall’alto mi ha fatta trasalire. Non si trattava di presenze ultraterrene, bensì di suor Paula, una delle Figlie di Nostra Signora dell’Orto residenti nella casa di riposo. Credevo di averla fatta arrabbiare, invece è stata molto felice di vedermi interessata a quei testi, concedendomi di prenderne quanti ne volessi. In particolare, ero interessata a uno dei famosi libretti blu sui “Messaggeri d’amore”, dedicato a sant’Antonio Maria Gianelli, fondatore dell’istituto di cui le nostre ospitanti fanno parte (motivo per cui sono popolarmente note come “Gianelline”); già che c’ero, le ho chiesto se avesse anche qualche suo santino. Quando sono tornata verso la mia camerata, le mie compagne mi hanno domandato dove fossi capitata e hanno sorriso non poco, nel vedermi arrivare con un sacco di libri in mano.

18:00 – Charlie, sale di una terra difficile

Sono tornata dagli altri giusto in tempo per ripartire alla volta della parrocchia, dove ci aspettava l’incontro, da lungo preparato, con un certo Charlie. Ero convinta che mi sarei trovata davanti un ragazzino, non un uomo fatto, a sua volta padre di famiglia, che parlava un buon italiano per aver studiato a lungo a Roma.
Per cominciare, ci ha spiegato in cosa consiste il rito seguito da lui e dalla sua comunità: è sorto nel XVIII secolo, dopo che alcuni fedeli ortodossi si sono riagganciati alla Chiesa di Roma. I dogmi e i sacramenti sono comuni a quelli latini, ma sono state mantenute alcune consuetudini, come la possibilità di avere sacerdoti uxorati (va precisato che il matrimonio avviene prima dell’ordinazione sacerdotale). Lui stesso ne sa qualcosa, essendo figlio dellabuna del luogo.
Quanto a lui, che lavora a Gerusalemme per un’organizzazione no profit americana di confessione evangelica, ha riconosciuto tutte le difficoltà della sua gente, che si trova in mezzo a due potenze economiche e politiche tendenti all’estremismo.
«È molto facile dire che dobbiamo essere sale della terra e costruttori di ponti, come disse san Giovanni Paolo II qui nel 2000», ha affermato, «ma nella pratica è molto difficile».
Tutti gli sforzi dei fedeli sono tesi a conservare, da più di due millenni, i luoghi santi accanto ai quali hanno il dono di abitare, ma anche a soddisfare i bisogni di base, incluso quello di avere di che mangiare. Solo negli ultimi tempi, ha aggiunto, si sta riflettendo su come rendere bambini e ragazzi veri testimoni di Gesù.
Con una battuta, ironica ma profondamente vera, ha sintetizzato quello che per lui è il senso profondo della presenza cristiana lì: 
«Il Medio Oriente senza cristiani è come cucinare senza sale o zucchero: la nostra storia, il nostro essere fa parte di questa terra». 
Compito di noi del coro, nei nostri giorni di passaggio, doveva essere far salire a Dio il nostro canto, come l’incenso, per chiederGli di aiutare i cristiani che non hanno più forza interiore.
Lo stesso Charlie aveva dei modi per aiutare i suoi compagni: conduceva un programma settimanale alla radio sulla cristianità, che raggiungeva anche molti ascoltatori musulmani, ma ha dovuto interromperlo a causa del proprio lavoro. Si occupava anche di una rivista periodica dove i giovani pubblicavano le loro idee su religione, arte, politica e altro; anche quella ha dovuto chiudere, ma spera di riprenderla, perché lì non esiste nulla di simile.
«In fondo», ha concluso, «vogliamo solo vivere normalmente, come tutte le persone sulla terra».
Terminato l’incontro, alcuni dei miei compagni mi hanno sollecitata a scrivere un articolo su Charlie: ho pensato di includere la sua storia nel racconto di viaggio, proprio perché è intimamente connessa con quella dei luoghi che abbiamo visitato.

20:00 – Tutti al ristorante

Al termine di una giornata così piena e in preparazione di una altrettanto intensa, con tanto di concerto, le nostre guide hanno pensato bene di portarci fuori a cena. Non avrei mai immaginato, nemmeno lontanamente, che nel giro di pochissimi minuti mi sarebbero arrivate al tavolo una quantità spropositata di salsine (hummus incluso, ovvio), pane, carne di agnello e montone. Se ho ben capito, inoltre, ripulire il piatto col pane non è segno, come da noi, di gradimento delle pietanze, ma che se ne vogliono ancora!

Il secondo giorno a Betlemme si è concluso tra le risate, ma l’indomani avremmo avuto le nostre lacrime da versare. Se siete curiosi di sapere a cosa faccio riferimento, continuate a leggere le prossime puntate!

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