Terra Santa 2014 #5: a Nazaret, dove lo straordinario si fa quotidiano
Da Gerusalemme a Nazaret: potrebbe
sembrare un percorso poco logico, ma non lo è stato. Per capire le ragioni
della donazione senza limiti di Gesù, infatti, bisognava andare alle radici,
all’annuncio fatto alla Vergine Maria e al suo “sì”. Provo quindi a
sintetizzare quello che mi è capitato nel poco tempo trascorso là. Come sempre, le foto, dove non segnalato, sono state scattate da me.
Sabato
9 agosto
8:40
– Sul luogo del primo annuncio
La sera precedente, don Bortolo ci
aveva introdotti a questa seconda grande tappa ricordandoci che Nazaret è anche
il luogo dove i compaesani di Gesù, sentendolo parlare nella loro sinagoga,
preferirono rimanere sull’idea che avevano di Lui invece che cambiarla e
riconoscerlo come l’inviato di Dio profetizzato da Isaia. Suonava come un
avvertimento anche per noi, cresciuti perlopiù in parrocchia e in oratorio e,
perciò, certi di sapere già tutto di Lui.
Il mattino dopo, ci siamo diretti
nei luoghi dove si fa memoria dell’Annunciazione, a cominciare dalla chiesa
greco-ortodossa di San Gabriele e la vicina fontana del Pozzo di Maria. La
tradizione orientale, infatti, come il Protovangelo di Giacomo, ricorda che il
primo annuncio della nascita di Gesù sarebbe avvenuto mentre Maria era andata
ad attingere acqua; la sua risposta positiva sarebbe poi arrivata in un secondo
momento, in casa sua.
Siamo entrati nella chiesa in due
gruppi, perché era in corso la celebrazione eucaristica. Sono rimasta molto
colpita dal fatto che un mio compagno si sia detto affascinato dal modo in cui
i sacerdoti e i fedeli si comportavano: evidentemente, i segni della liturgia (vale
anche per quella cattolica) possono avere ancora presa sui giovani, basta
trattarli a dovere.
9:15
– Un “Eccomi” che smuove
A seguito di un altro breve tratto
di cammino, eccoci in vista della Basilica dell’Annunciazione. Dopo aver
ammirato brevemente le raffigurazioni della Madonna provenienti da gran parte
del globo (c’era perfino un’immagine dove la si venerava come patrona degli esperantisti, ossia dei cultori della lingua esperanto!), siamo entrati nella
basilica inferiore.
Riconosco che l’impatto non è stato
dei migliori: mi pareva eccessivamente buia, forse perché il cielo – unica volta
in tutto il viaggio – era nuvoloso. Ho fatto il giro del posto per cercare un
angolino tranquillo in cui meditare, poi ho colto un invito che mi sembrava
concretizzato in un sacerdote che attendeva accanto a un confessionale. Ci
voleva proprio: non che non mi trovassi bene con la nostra guida, ma pensavo
che una voce esterna al nostro gruppo potesse aiutarmi a far chiarezza su
alcune situazioni per le quali stavo pregando in quei giorni.
Fonte: sito della Peregrinatio Mariae Mondiale |
Avevo da poco iniziato a trascrivere
le buone intuizioni che mi erano venute, quando un gruppo di pellegrini, molto
numerosi, è entrato in chiesa. Per starmene in santa pace – è proprio il caso
di dirlo – mi sono quindi spostata nella basilica superiore, dove c’era molta
più luce. Ho potuto quindi continuare a considerare come la vocazione, a
qualsiasi stato di vita, comporta un movimento, il famoso “uscire da sé” tante
volte prospettato dal Papa. L’avevo visto espresso in maniera plastica in una
statua posta nella chiesa inferiore, dove la Vergine Annunciata non è nella
solita posa remissiva, con mani incrociate sul petto e capo chino, ma nemmeno spaventata:
fa un passo avanti, ha i vestiti scompigliati dal vento e, con una mano, dà
segno di completa disponibilità. Almeno, così l’avevo interpretata io, prima di
leggere la storia che ha alle spalle.
Cercando un’immagine decente per
farvela vedere, ho scoperto infatti che quel simulacro, dall’8 marzo 1998 al
Natale 1999, ha attraversato trentacinque Paesi del mondo, in una peregrinatio organizzata dai padri Cappucini, che aveva lo scopo di
preparare al Grande Giubileo del 2000. Inoltre, non rappresenta proprio la risposta di Maria all'angelo, bensì il momento in cui esce di casa per andare da Elisabetta sua parente.
In un luogo del genere, inoltre, non
potevo dimenticare tanti miei amici, non solo seminaristi, che si preparano a
una scelta importante. Ho pregato perché le loro personali risposte possano
davvero essere il modo in cui rendere felici gli altri e loro stessi.
10:50
–«E stava loro sottomesso»
Dall’Annunciazione ci siamo spostati
alla vicina chiesa di San Giuseppe, dove quella sera avremmo cantato alla Messa
prefestiva parrocchiale. Lì mi è venuto da pensare a come la figura del padre e
custode di Gesù stia godendo di un recupero notevole, a cominciare dall’introduzione
del suo nome nel canone della Messa (anche se parecchi sacerdoti continuano a
scordarselo…).
Ho anche riflettuto sull’ubbidienza da Lui prestata ai Suoi
genitori, ricordata in un punto preciso, come avevo notato nella mia precedente
sosta e avrei visto a Betlemme.
Poco dopo, una visita fuori
programma ci attendeva: grazie a suor Stefania, delle Suore di Nazareth, un
tempo impegnata nella Pastorale Universitaria della mia Diocesi, abbiamo potuto
visitare la loro cappella e i resti archeologici sottostanti, con la cosiddetta “Tomba del Giusto”, badando a non
rovinarli anche semplicemente appoggiandoci alle pareti degli scavi.
Il ritorno è stato non poco
faticoso, almeno per quanto mi riguarda. Non amo molto la montagna e affrontare
anche solo una salitina mi fa sudare in anticipo. Di conseguenza, ci ho messo
forse il doppio del tempo rispetto agli altri nel percorrere in salita la
medesima via che, all’andata, era ovviamente in discesa. Qualcuno ha rallentato
il passo per venirmi accanto, commentando che così io gli facevo tirare il
fiato, ma dentro di me cercavo di trovare le forze per non essere presa in giro
a causa della mia lentezza, ricordandomi di continuo che avevo promesso che
sarei andata fino alla fine.
14:55
– Contemplando la Sua bellezza
La successiva escursione al monte
Tabor e alla chiesa della Trasfigurazione, con mio sommo gaudio, è iniziata in
pulmino. L’episodio che lì viene ricordato (anche se alcuni studiosi ritengono
che sia poco plausibile che sia avvenuto proprio in quel punto) mi è
particolarmente caro, dato che gli avevo dedicato un capitoletto dell’elaborato
finale della laurea triennale, dove mettevo in parallelo la versione presente
negli Atti apocrifi di Giovanni, oggetto del mio lavoro, con il racconto
fornito dai Sinottici.
Foto di Simone Clementi |
La vista che si godeva da lì era
incredibile: il sole era riapparso e tirava un vento tanto forte da togliermi
più volte il cappello. Intanto, don Bortolo ci spiegava come l’unico modo per
spiegare quell’incredibile momento della vita di Gesù sia pensarlo come un
momento d’intimità, tra Lui e il Padre anzitutto, poi tra Lui e i discepoli
prescelti per prendervi parte.
Per me è stata l’occasione di
ripensare alle esperienze a livello ecclesiale di cui sono stata protagonista,
quelle stesse che perfino molti sacerdoti hanno definito inusuali per una
giovane della mia età. Allo stesso tempo, ho riconosciuto che anche la mia
attuale comunità parrocchiale può essere un mezzo per incontrarmi col Volto
glorioso del Signore, come lo stesso Gruppo Shekinah. A quel punto non potevo
che pregare affinché io riesca, nella mia vita, a far sintesi tra lo splendore
del Tabor e la fatica della discesa.
Esatto: abbiamo percorso il ritorno
a piedi, con la montagna da un lato e uno strapiombo dall’altro. Per farmi
passare la paura, ho provato a conversare con qualcuna delle mie compagne,
trovando quindi conferma di ciò che il don ci aveva detto qualche giorno
addietro: invece di cantare canzoncine sceme, lungo i tragitti che ci portavano
da un posto all’altro, potevamo cogliere l’occasione di confidarci a vicenda.
Il canto che ha accompagnato quel
momento è stato il nostro Come nube e fuoco (anche se lì si parla di ben altro “monte santo”, però è ispirato a
Mosè e lui è apparso accanto ad Elia), ma io ne avevo in testa un altro, che
pochi del coro ricordavano per motivi anagrafici: La strada del cuore, che mi pare fosse quello che accompagnava la
proposta per gli oratori ambrosiani del 1995/’96, Che bello con Te. Lo ripropongo al termine del post, per non interrompere la mia narrazione.
18:00
– Accompagnare una comunità
Come dicevo prima, abbiamo cantato
alla Messa d’orario nella parrocchia di San Giuseppe. La nostra collocazione
non era molto felice: avevamo, proprio sopra di noi, un condizionatore che
emetteva aria fredda. Per proteggere le nostre ugole avevamo un solo modo:
usare le pashmine che sono il nostro
segno distintivo, anche se non tutti avevano portato la propria.
L’omelia pronunciata dal viceparroco,
prima in arabo e poi tradotta in italiano, aveva un nucleo fondamentale: Gesù
supera e vince ogni forma di caos, rappresentata, come spesso nella Bibbia, dal
mare in tempesta. Terminata la Messa, ha poi avuto parole di esortazione per
noi: dobbiamo impegnarci a cambiare la nostra Europa, senz’aver paura del
nostro esiguo numero; dopotutto, Gesù ha iniziato con dodici uomini.
Nell’assemblea, in prima fila, ho
notato una donna che aveva l’aria di essere una consacrata, dai tratti
orientali: dopo il primo ritornello, sapeva già cantare il nostro Sing for joy. Mi sono imbattuta
direttamente in lei mentre andavo nella sala parrocchiale, dove i giovani di
San Giuseppe avevano allestito una cena per noi: dopo averle fatto i
complimenti, ho appreso che si chiamava suor Noriko (giapponese, quindi) e
apparteneva alla comunità Chemin Neuf,
che lì gestisce il Centre International Marie de Nazareth. Per chiederle scusa del disturbo, le ho regalato il
braccialetto-decina di Rosario fatto da me che portavo al polso, fatto con
cordoncino biancorossoverde come la bandiera italiana.
Nel corso della cena, come al solito
annaffiata da abbondante hummus, ho
dato corpo a un’idea che avevo dall’inizio del viaggio: intervistare una
ragazza del posto sul suo modo di vivere da cristiana in quella città, così da
non farmi rimproverare da voi lettori perché parlo sempre dei soliti argomenti.
La presenterò domani, in un altro appuntamento della rubrica Tre domande a….
21:00
– Una delicatezza dalla Madonna
Ad un certo punto, i nostri
commensali si sono allontanati e noi con loro: in effetti, ricordavo che ci era
stato detto che avremmo partecipato alla processione aux flambeaux con preghiera del Rosario presso la Basilica dell’Annunciazione.
Mai, però, avrei immaginato di essere coinvolta in maniera speciale.
Appena arrivata con gli altri ai
cancelli della Basilica, ho sentito che cercavano quattro giovanotti che
portassero in processione una riproduzione in piccolo della statua che tanto mi
aveva interessata e qualcuno che guidasse la recita di una decina del Rosario.
Trovati i ragazzi nel mio gruppo, ho sentito che qualcuno faceva il mio nome
per il secondo incarico. Immediatamente, sono stata prelevata da una gentile
signorina, che mi ha tolto lo zaino dalle spalle per portarlo in sacrestia, poi
mi ha messo al collo un cartello plastificato con un’immagine di Gesù tra i
dottori nel Tempio, il quinto Mistero della Gioia. Il tutto è stato così rapido
che non avevo preso con me un elemento importante: avrei potuto certamente
usare le dita, ma tenere il conto con una corona in mano sarebbe stato meglio.
Inoltre, sarebbe stato il colmo: io che produco Rosari ne resto sprovvista al
momento opportuno?
Il finale della processione (anche questa foto è di Simone Clementi) |
Richiamata la signorina e presa al
volo una delle corone che avevo dietro (avevo preparato le altre come regali),
mi sono sistemata insieme alle altre persone deputate a guidare i restanti
misteri. Forse sono troppo vecchio stile, ma in quell’occasione mi sono sentita
di pregare davvero bene: sapevo di essere lì a nome di tutti i miei compagni
del coro, per cui ho presentato al Signore per mezzo di Maria tutti i nostri
desideri e speranze, le preghiere che ci erano state chieste da altri, la gente
incontrata fino a quel momento.
Giunto il mio turno, ho scandito con
voce calma (tanto il microfono amplificava tutto) e con un ritmo non troppo
cantilenante le preghiere; tuttavia, arrivata all’ultima Ave, mi è sembrato che
il microfono si fosse spento. Ho quindi alzato il tono della voce per il Gloria
al Padre, ma così è sembrato che gridassi!
Appena mi sono riunita al gruppo, ho
ricevuto un sacco di complimenti: il don, da parte sua, mi ha assicurato che la
Madonna mi farà grandi grazie per essere stata prescelta. Avrà detto sul serio?
Uscita dalla Basilica, ho notato una
suora che aveva una corona davvero malconcia. Buon segno, ho pensato, ma
sarebbe stato meglio che ne avesse una intera: di conseguenza, ho chiesto se
potevo scambiare la mia (anzi, una delle mie) con quella. Ebbene, si trattava
di suor Beatrice, compagna di suor Noriko, che poco dopo è sopraggiunta. Ai
miei compagni sembrava che ci conoscessimo da un secolo!
Il ritorno è avvenuto in taxi per
quasi tutti, tranne che per me e alcune mie compagne, scortate in automobile da
Francesco (così si è presentato), uno dei giovani di San Giuseppe che non era
potuto intervenire alla cena. Il suo stile di guida è stato a dir poco
rocambolesco, con frenate e sterzate improvvise, ma almeno ci ha riportate alla
Guesthouse St. Margareth, dov’eravamo alloggiate.
Appendice:
La strada del cuore
Come dicevo prima, ecco il testo del
canto La strada del cuore, che avevo
continuamente in testa mentre ero sul Tabor. Sulla Trasfigurazione c’è anche La tenda (noto anche come Signore come è bello oppure Ma il vostro posto è là), di Claudio
Chieffo, ma non lo so bene.
Non sono riuscita a rimediare lo
spartito né una registrazione in formato MP3, ma penso che, se vi rivolgete
agli uffici della Fondazione Oratori Milanesi o alla parrocchia della Sacra Famiglia di Peschiera Borromeo (dal cui libretto dei canti ho tratto il testo),
potrete ricevere quello che volete. Tra l’altro, penso che fosse molto adeguato
al nostro pellegrinaggio.
1. Con te, o Signore
saliremo il monte là,
più su cercheremo noi la Verità.
Non può continuare
non può essere piccola la realtà.
Non è bello cantare se
manca poi il perché,
no, non puoi camminare se
non sai dove vai.
Libera la strada del cuore sarà
limpida l’attesa del Cielo vivrà
quando il mondo tuo
nella luce specchierai
del volto buono, del volto di Dio.
2. Quassù brilla il sole
e la gioia cresce già
con noi tu per sempre, Dio,
abiterai
Dai, facciamo tre tende che
bello è stare qui,
la tua voce dolcissima
dona pace e amor. R.
Del volto buono, del volto di Dio.
GLI
ALTRI POST SUL VIAGGIO IN TERRA SANTA
Commenti
Posta un commento