Terra Santa 2014 #1: a Gerusalemme, tra eccesso e santità (prima parte)

Una riproduzione del famoso mosaico di Madaba,
con la mappa di Gerusalemme,
situato presso il mercato bizantino

 


Sono tornata! Sono tutta intera (a parte una piccola escoriazione sulla gamba sinistra)! Eccomi quindi pronta a raccontare per filo e per segno le esperienze e gli incontri vissuti durante le ultime due settimane in Terra Santa. Comincio da Gerusalemme, dove ho passato i giorni dal 3 all’8 agosto. Dove non altrimenti specificato, le foto sono opera mia, mentre gli orari li ho ricavati dalle foto o dai miei appunti. Pronti a partire o, se siete del Gruppo Shekinah, a ripensare a quanto abbiamo visto e udito?

Domenica 3 agosto
Ore 9:40 – L’aeroporto di Malpensa è molto grande

L’appuntamento fissato per tutti i membri del gruppo era alle 9, benché fossimo stati smistati in due voli diversi. Io ero così convinta che non sarei mai più tornata da aver chiesto ai miei genitori di accompagnarmi in automobile, così da avere più tempo da trascorrere con loro. Forse a causa di una mia indicazione errata, abbiamo sbagliato strada, ritrovandoci molto lontani dall’aeroporto. In preda al nervosismo per essere in ritardo, ho telefonato alle mie compagne, che a distanza mi hanno suggerito che direzione prendere.
Così, con quaranta minuti circa di ritardo, sono giunta a Malpensa e ho iniziato una corsa forsennata, facendo slalom tra viaggiatori, carrelli per i bagagli e gente che si salutava. I miei compagni erano sollevati per avermi rivista, ma immagino che fossero anche parecchio arrabbiati – e a ragione – perché avevo rallentato i ritmi del gruppo.
Non prendevo l’aereo da due anni, quando sono stata a Lourdes col pellegrinaggio della mia Diocesi, quindi ero parecchio agitata. Lo sono stata ancora di più, quando ho visto che il mio posto era separato da quelli degli altri del gruppo. Una volta decollata, continuavo ad essere di cattivo umore, tanto da selezionare, dal sistema di svago presente a bordo, perlopiù canzoni tristi. Per fortuna, man mano che i minuti trascorrevano, mi sentivo meglio, come dimostrava il mutamento nella mia playlist.
Sbarcata a Istanbul, mi sono riunita agli altri e abbiamo atteso un paio d’ore il volo che ci avrebbe poi condotti a Tel Aviv. Il mio posto, stavolta, era insieme a loro, quindi sono stata molto più sollevata.
Giunti in Israele e affrontati alcuni disguidi (come il prolungato interrogatorio affrontato dal nostro don e lo smarrimento del bagaglio di una mia compagna), siamo poi saliti in pullman per raggiungere la prima tappa del pellegrinaggio: Gerusalemme. Appena siamo arrivati in vista della città, abbiamo intonato uno dei brani del nostro repertorio, per significare la gioia che ci aveva presi nell’arrivare, finalmente, alla casa del Signore.

Lunedì 4 agosto
Ore 11:00 – Il Cenacolo, luogo di comunione

Lantico simbolo eucaristico del pellicano
in un capitello del Cenacolo
In verità, il primissimo luogo dove siamo passati è stata la Basilica del Santo Sepolcro, presso la quale, nella cappella del Santissimo Sacramento, abbiamo celebrato Messa. Successivamente, ci siamo diretti al Cenacolo, affrontando le stradine strette e perlopiù in salita della Città Vecchia.
Della meditazione offerta da don Bortolo in quella “sala al piano superiore” ho trattenuto un pensiero in particolare: la frase «Fate questo in memoria di me» indica che quanto è accaduto in quel luogo si ripete in ogni celebrazione eucaristica. Se ne fossimo più consapevoli, ho pensato io, le nostre Messe non sarebbero più viste come raduni noiosi, ma come una festa da preparare con cura, ma non per puntiglio, bensì per amore di Gesù.
Inoltre, il mio pensiero è andato a tutti quei giovani che avrebbero voluto vivere almeno il tempo di una Messa o che, su questa terra, ne hanno celebrate poche. Anche in nome loro, in quel posto, ho promesso che m’impegnerò a sentire più intensamente la celebrazione del sacrificio eucaristico, per far capire che io credo davvero che con quel gesto Gesù si dona ancora a tutti.

12:40 – Dove riposò la Vergine

Dal Cenacolo siamo passati alla chiesa della Dormizione della Vergine Maria. Lì mi è venuta una domanda un po’ strana: come avrà pensato la Madonna alla propria morte? Certo, ci sono scritti non passati nel canone di quelli ritenuti autenticamente ispirati da Dio che ci raccontano di come lei abbia ricevuto una seconda Annunciazione, convocato tutte le persone a cui voleva bene e si sia preparata al trapasso. Io, invece, mi chiedevo: sarà stata certa che avrebbe rivisto suo Figlio (e, perché no, anche il suo sposo Giuseppe) o le sarà venuta paura? In ogni caso, le ho domandato la grazia di accettare e di far accettare ai miei cari la mia fine terrena, in qualsiasi modo si possa compiere.

16:00 – A Sant’Anna: canta che ti passa… la paura degli spari

Una minuscola immagine di Maria Bambina posta
nel punto dove si ricorda la sua nascita

Nel pomeriggio, siamo partiti per un’altra visita, alla piscina di Betzatà (quella dove Gesù un paralitico; cfr. Gv 5, 1-17) e alla chiesa di Sant’Anna, dove si fa memoria della nascita della Vergine Maria. Improvvisamente, mentre Elena, la nostra guida, ci spiegava le varie stratificazioni storiche in quel luogo, abbiamo sentito degli spari in lontananza. Lei ha minimizzato, affermando che si trattava di mortaretti fatti esplodere per protesta, ma io facevo fatica a star calma. L’unica cosa per non pensarci era concentrarmi sull’esecuzione, a cappella, di Mentre il silenzio all’interno della chiesa, rinomata per la sua acustica.
Con stupore del nostro direttore Filippo e di noi stessi, l’esecuzione è venuta proprio bene. Ad apprezzarla è stato anche padre Gonzalo, religioso dei Missionari d'Africa, meglio noti come Padri Bianchi, una congregazione missionaria francese. Dopo i complimenti, ci ha rivolto una richiesta musicale: voleva che cantassimo per lui un brano famosissimo, noto sicuramente ai nostri genitori e ai nostri nonni. In breve, si trattava della quintessenza dei canti da panca” (nel gergo di Shekinah, un canto è definito tale quando perfino le panche delle chiese saprebbero eseguirlo, a causa di tutte le volte che l’hanno udito), cioè Symbolum ’77. Ricordandomi di quando, nella mia nuova parrocchia, mi venne suggerito di eseguirlo come se fosse la prima volta, ci ho messo tutta l’intenzione possibile e penso che gli altri abbiano fatto lo stesso.

19:00 – Al Santo Sepolcro: «Non è qui, è risorto!»

A dire il vero, questa foto è del mattino di lunedì
Dopo la Messa in mattinata, siamo tornati nel luogo dove i cristiani fanno memoria dell’annuncio fondamentale della propria fede, pur differenziati a causa delle reciproche incomprensioni. Contrariamente a quanto accade di solito, stando a quello che mi hanno raccontato alcuni miei compagni che c’erano già stati, la chiesa era praticamente vuota e la coda per entrare nel Sepolcro vero e proprio ridotta a pochissimi fedeli.
Arrivato il mio turno, mi sono accorta che, sulla parte alta dell’apertura da attraversare, c’era una frase che mi ha fatto tornare alla mente la storia di Marco Gallo, quel ragazzo che se l’era annotata sulla parete accanto al suo letto poco prima di essere lui stesso colpito da una fine inaspettata (se siete tra quelli che non l’hanno ancora letta, fatelo qui). Così, appena arrivata a baciare la pietra all’interno dell’edicola, ho pregato anche per lui.
Poco dopo essere sbucata all’esterno, per poco non mi sono scontrata con una suora in fila per entrare. Ho dato un occhio alla croce che portava al collo e, dopo aver visto che era decorata con un’Ostia raggiante e le parole «Io sono la Via, la Verità e la Vita», mi è venuto in mente che forse conoscevo la congregazione o famiglia religiosa di cui faceva parte. Suor M. Cecilia, italiana, mi ha confermato quella supposizione: fa parte delle Pie Discepole del Divin Maestro (che citavo nel post sul Beato Giacomo Alberione). Le ho detto che conosco le sue consorelle che hanno un negozio in via della Signora a Milano e l’ho invitata al concerto che avremmo tenuto, l’indomani, presso il Notre Dame Center. Purtroppo ha rifiutato, perché doveva seguire l’Adorazione Eucaristica per i pellegrini presso la cripta della chiesa che si trova alla quarta stazione della Via Dolorosa: a quel punto, le ho chiesto di offrire la sua preghiera anche per noi.
In fondo, quando noi cantiamo, le ho detto, anche se abbiamo uno stile pop, non interpretiamo canzonette, ma testi che proviamo a far nostri per cercare di dare alle varie assemblee che incontriamo dei mezzi per cercare Colui che non riposa più in quel sepolcro.

Termino qui la prima parte del mio racconto: tra l’altro, mi sono accorta solo adesso che costituisce il post numero 100!
Ho il timore che, come ogni blogger che si rispetti, ho aperto un altro ciclo di articoli che non chiuderò mai. Mi metto quindi d’impegno a pubblicare, se possibile ogni giorno, le restanti puntate. Vero che siete curiosi di sapere com’è andata?

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