Terra Santa 2014 #3: A Gerusalemme, tra eccesso e santità (terza parte)
Terza parte del mio racconto, prevalentemente incentrata sul tema della preghiera. Ribadisco che le foto, laddove non specificato, sono opera mia. Spero di non annoiarvi, per cui, se volete, proseguite nella lettura.
Mercoledì
6 agosto
Al Santo Sepolcro, cappella del Calvario
La celebrazione eucaristica con cui
si è aperto il nostro terzo giorno a Gerusalemme si è svolta non nella solita
cappella, bensì in quella dove si fa memoria della crocifissione di Gesù. Sarebbe
stato formidabile essere al Tabor, dato che in quella data ricorreva la
Trasfigurazione, ma è stato previsto che ci saremmo andati un altro giorno.
In quel luogo ho pensato in maniera
particolare a quel mio amico che, come dicevo nel post precedente, mi ha
incoraggiata a sentire vicino il Signore mentre camminavo nella Sua terra: lui era stato lì più o meno un anno
fa.
A causa dello status quo, non abbiamo potuto accompagnare la Messa cantando,
perché doveva tassativamente durare mezz’ora. Non mi è dispiaciuto, anche se
cantare fa decisamente parte del mio stile di preghiera.
11:00
– In preghiera come Gesù insegna
Le famose maioliche del portico col Padre nostro in diverse lingue (perfino in alcuni dialetti italiani!) |
Per quel che mi riguarda, ho
riflettuto sul fatto che a volte il mio modo di pregare può sembrare
eccessivamente all’antica a chi mi guarda da fuori; inoltre, quando devo
esprimermi in maniera spontanea, in realtà bado bene a costruire correttamente
le mie frasi e a non sprecare troppe parole (è successo anche durante il
pellegrinaggio).
Andando oltre, mi è venuto in mente
che l’insegnamento di Gesù oggi si esprime anzitutto nella Parola, ma anche nel
magistero del Papa e dei vescovi. In quest’ultimo caso, ammetto di acquistare
gli ultimi documenti per tenermi al passo, ma non li leggo molto, oppure li
prendo in uno slancio di zelo e altrettanto rapidamente li metto a posto in uno
dei miei scaffali. Ho preso dunque l’impegno di non fare così col nuovo testo
del mio Arcivescovo, anche se la questione educativa non mi competerebbe
direttamente.
Solo in questo modo e facendo
risuonare in me la voce della Scrittura potrò scovare le vere impronte di Gesù,
al di là di quelle considerate tali dalla tradizione, come quella conservata in
una roccia all’interno della chiesa dell’Ascensione.
13:00
– Dove il Signore pianse
Dopo una lauta sosta in un
ristorante, dove ho potuto mangiare il mio primo panino con falafel (vedi sotto), ci siamo diretti
alla chiesa del Dominus flevit che,
come dice il nome stesso, ricorda il momento in cui Gesù, in vista di
Gerusalemme, pianse su di essa perché non aveva riconosciuto la Sua presenza.
Ho brevemente sostato nella
chiesetta e ammirato la vetrata che permette di godere di un magnifico panorama
della città, ma poi sono andata a contemplarlo direttamente, in silenzio,
insieme ad altri miei compagni. Mi è ritornato il pensiero di cui dicevo ieri,
ovvero che non mi sembrava di prendere sul serio chi vive lì, costantemente col
pensiero di non vedere un’alba in più: non potevo che pregare, quindi, per
trascorrere in maniera più rispettosa il tempo che mi restava prima di partire
per Nazaret.
Se pure gli esegeti avessero ragione
nell’affermare che le parole trascritte nel Vangelo di Luca nei versetti
linkati sopra sono una profezia post
eventum, relativa all’assedio di Gerusalemme nel 70 d. C., è pur vero che
per essa c’è ancora qualche possibilità di riconoscere Gesù, prima che il mondo
finisca. Ho quindi pregato per questo e per Milano, la mia città: si trova nel “cuore
credente dell’Europa”, come disse papa Benedetto XVI, ma molto spesso ignora la
sua storia di fede e le persone che, anche oggi, cercano di far presente agli
uomini che Dio c’è e li ama a tal punto da piangere per loro.
15:00
– Una prima sosta al Getsemani
Ulivo piantato cinquant’anni fa dall’ormai prossimo Beato Paolo VI |
Dato che la chiesa ortodossa dove si
conserva la tomba della Vergine Maria era chiusa per pulizie, ci siamo diretti
subito al Getsemani, dove avremmo poi trascorso tutta la mattina dell’indomani.
La Chiesa delle Nazioni, così
chiamata per il contributo di numerosi Paesi del mondo, è molto imponente. A
destare la mia attenzione è stata, in particolare, la grossa pietra posta di
fronte all’altare, una di quelle su cui la devozione usa immaginare Gesù
prostrato in preghiera, per chiedere al Padre di fare la Sua volontà anche in
quel tragico momento di abbandono da parte degli uomini.
A quel punto del giorno ero veramente
stanca, tanto che per poco non rischiavo di assomigliare a Pietro, Giacomo e
Giovanni: com’è vero che “lo spirito è pronto, ma la carne è debole”! Eppure mi
sono ricordata che avevo promesso di resistere fino alla fine, proprio come il
Signore in quella preghiera bagnata di sangue.
20:30
– Pianto, memoria e preghiera di un popolo
A seguito della cena al Casa Nova, abbiamo deciso di visitare il
cosiddetto Muro del pianto. Più correttamente, si dovrebbe definire “Muro
occidentale”, ma è pur vero che molti vi si accostano e danno sfogo alle
lacrime. Elena, la nostra guida, ci ha spiegato che avviene perché i fedeli
ebrei hanno un intenso senso della memoria, un po’ ereditato dai cristiani dei
primi secoli, costantemente in cerca di luoghi dove davvero il Signore passò.
Dopo essere stati suddivisi tra
uomini e donne, ci siamo avvicinati anche noi al Muro. Dentro di me speravo che
il popolo di Gerusalemme non smetta mai d’invocare il suo Dio e di chiederGli
di farsi vicino, anche se a volte potrebbe pensare che non agisca nella loro
tormentata storia.
Terminata la preghiera, sono
indietreggiata senza voltare le spalle, come si usa. Dopo che tutte noi ragazze
ci siamo riunite, una di noi è stata quasi aggredita verbalmente da un’anziana
signora, che l’accusava di averla fotografata mentre pregava. Il bello è che
lei aveva appena tirato fuori la sua fotocamera e stava per immortalare tutt’altro!
I
falafel, questi sconosciuti (finora)
A sinistra del panino, un cavolfiore rosa |
Per sdrammatizzare un po’ il tono
eccessivamente serio di quest’articolo, racconto la mia prima esperienza con un
panino ai falafel (qui un suggerimento di ricetta).
Queste curiose polpettine di sesamo
vengono servite o da sole o all’interno di un panino arabo o pita, riempito di salsine
o di verdure. Quello nella foto conteneva, tra l’altro, degli ortaggi che avevo
visto di sfuggita nel suk prima di
raggiungere il Santo Sepolcro: dei cavolfiori rosa fluorescente! Il sapore era
terribile, ma forse ho pensato così perché non gradisco già quelli con una
tinta più ordinaria. Le altre volte in cui ho mangiato le polpettine, nel corso
del viaggio, mi sono sembrate molto più gradevoli.
Avevo pensato di continuare il post raccontando della mezza giornata al
romitaggio del Getsemani e del giro di spese al suk, ma penso di essermi dilungata troppo. Se spezzetto il mio
racconto, poi, posso riflettere meglio sugli spunti che mi sono stati offerti
dai vari luoghi. A domani, allora!
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