Lorena D’Alessandro: camminando verso la felicità
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Chi è?
Lorena D’Alessandro nacque a Roma il 20 novembre 1964, primogenita dei tre figli di Giovanni D’Alessandro e Alba Avalle. Studiò nelle scuole elementari e medie della borgata La Rustica, situata nella periferia est di Roma.
La sua famiglia non frequentava molto la parrocchia del quartiere, intitolata dal 1972 a Nostra Signora di Czestochowa, per cui la formazione religiosa di Lorena passò esclusivamente tramite il catechismo. Ricevette la Prima Comunione il 1° maggio 1974 e la Cresima l’8 maggio 1976, in entrambi i casi nella nuova chiesa parrocchiale.
Nello stesso anno della Prima Comunione, durante alcuni giorni di vacanza con la famiglia a Lavinio, i genitori di Lorena trovarono un rigonfiamento all’altezza della tibia sinistra. Gli accertamenti riscontrarono che si trattava di un tumore osseo.
Il 26 settembre 1974 fu sottoposta a trapianto osseo e costretta a restare con le gambe ingessate per tre mesi. Lorena sembrò riprendersi e continuò le medie dalle suore di Nostra Signora della Neve a Tor Sapienza. Il tumore si ripresentò nel 1976: il 9 luglio, durante il ricovero presso il Policlinico Gemelli, fu amputata la gamba, nel tentativo di salvarle la vita, dopo che era stato chiesto il consenso ai genitori.
Dopo essersi ripresa dall’operazione, Lorena cominciò a frequentare in parrocchia il gruppo “Amicizia”, per i ragazzi del dopo Cresima. Si unì anche al gruppo degli allievi catechisti e chiese con insistenza al parroco, don Ugo Peressin, di poter già insegnare il catechismo. Si occupava anche di cantare a Messa, spesso suonando la chitarra, insieme ad alcuni amici.
Per le superiori fu iscritta al liceo classico «Pilo Albertelli» di Roma. I suoi risultati scolastici non erano eccellenti, mentre sul piano delle amicizie alternava momenti di gioia ad altri di sconforto, che cercava di superare invocando Dio.
La sua fede si rafforzò soprattutto dopo la partecipazione al pellegrinaggio a Lourdes organizzato dal Centro Oratori Romani (COR), nel settembre 1980, e l’accoglienza, sul finire dello stesso anno, di una ragazza tedesca per l’incontro dei giovani di Taizé. Intanto aveva iniziato a seguire anche gli incontri del Rinnovamento nello Spirito Santo che si tenevano presso la sua parrocchia.
Verso la metà del gennaio 1981 ebbe una emottisi, segno che il tumore si era esteso ai polmoni; le furono prospettati non più di tre mesi di vita. Non poteva più andare a scuola né seguire i suoi bambini, ma partecipava ugualmente agli incontri della comunità di catechisti e alla Messa. Dopo uno svenimento avvenuto il 19 marzo, capì di non doversi più muovere da casa. Morì il 4 aprile 1981, a sedici anni.
L’inchiesta diocesana della sua causa di beatificazione e canonizzazione si svolse dal 25 maggio 2001 all’8 aprile 2003; gli atti furono convalidati il 5 novembre 2004. I resti mortali di Lorena, inizialmente sepolti presso il cimitero romano di Prima Porta, riposano nella chiesa di Nostra Signora di Czestochowa a Roma – La Rustica (in largo Augusto Corelli 9) dal 20 novembre 2004, giorno in cui avrebbe compiuto quarant’anni.
Cosa c’entra con me?
Per anni, quello di Lorena D’Alessandro, per me, è stato solo un nome tra i tanti presenti nell’elenco dei Santi Bambini e Giovani di www.santiebeati.it. Avevo una conoscenza davvero vaghissima di lei, tanto che non ricordavo neppure di dove fosse e sapevo all’incirca collocarla cronologicamente intorno agli anni ’80 del secolo scorso. Immagino di aver sentito parlare di lei in una puntata di A Sua immagine dove venivano presentati i Testimoni del ‘900 della Chiesa Italiana, in vista del Convegno di Verona del 2005, ma non ho ricordi precisi.
Quando però i collaboratori della FOM mi hanno chiesto di aiutarli per l’annuale sussidio per la Settimana dell’Educazione, nel quale volevano presentare dieci esempi di santità adolescente (per i quali ci fosse almeno la causa in corso nella fase diocesana, anche se alla fine questo criterio non è valso solo per un caso), ho pensato d’inserire anche lei, quasi a scatola chiusa, solo perché era morta a sedici anni.
Mi sono poi resa conto che, dei dieci personaggi selezionati, era una dei tre ai quali non avevo mai dedicato un post qui. Anzi, neppure avevo messo mano alla sua scheda nel sito suddetto, perché non aveva bisogno di aggiornamenti, né di rimaneggiamenti nel contenuto.
Mi è quindi venuto in mente che, quattro anni fa, avevo visto l’uscita del suo diario, ma che l’avevo snobbato, a causa degli altri articoli che dovevo scrivere. Ho pensato di dover partire da lì, per tentare di capirla dall’interno.
Il 12 di questo mese sono andata in una delle mie librerie cattoliche di fiducia, ma mi è stato risposto che il libro era fuori catalogo: mi sembrava strano, essendo uscito nel 2017. Dato che dovevo comunque passare in un’altra libreria lo stesso giorno, ho riprovato là: mi è arrivato due giorni dopo.
Ho iniziato a leggerlo, ma non mi sembrava di trovarci chissà quale profondità spirituale. Vedevo racconti di uscite con gli amici, di legami da una parte intensi e dall’altra fragili, di litigi e commenti sconfortanti, tanto da rasentare l’idea del suicidio, più volte dichiarata. Forse però non ero ancora della disposizione d’animo giusta: ho chiuso il libro e mi sono dedicata ad altro.
Intanto, però, erano arrivati i giorni della Settimana dell’Educazione e non avevo ancora iniziato il post, che avevo programmato per oggi, seguendo la scaletta del sussidio. Perciò, ieri mi sono data da fare e ho terminato la lettura, ricredendomi sulla mia prima impressione.
Ho capito, infatti, che Lorena voleva vivere pienamente, come una qualsiasi delle sue coetanee. Quasi mai, infatti, faceva riferimento all’essere rimasta viva ma con una gamba in meno, tranne nelle pagine del 21 gennaio 1980 (nell’ultima edizione del libro, alle pagine 44-45). Se a volte esclamava che la vita le faceva schifo, non era mai per via di quella menomazione fisica; piuttosto, perché qualche amica sembrava averla tradita e lasciata sola, tanto da condurla a pensare di voler lasciare la comunità dei catechisti.
Ai punti in cui si lasciava andare ai limiti del pessimismo fanno da contraltare le intuizioni sulla preghiera, sul bisogno di sentirsi amata anzitutto da Dio e le citazioni di testi biblici, di pensieri (spiccano quelli di Raoul Follerau) e molti canti religiosi, che chissà quante volte avrà eseguito nelle celebrazioni – a volte faceva anche i doppi turni – che accompagnava col canto e la chitarra. In effetti, è questo l’elemento che me la rende più affine: il servizio canoro, che vorrei vivere il più possibile come un dono per tirare su il morale della truppa, per così dire, ma anche per cercare, dentro di me, le motivazioni per credere ancora.
Mi sono poi domandata quali fossero le considerazioni che gli amici avessero di lei. Ho trovato risposta nel documentario Non potevo correre, promosso dall’Associazione Amici di Lorena (che si è resa parte attrice della sua causa di beatificazione e canonizzazione), che propongo qui sotto.
Infine, ho notato come anche lei fosse per certi versi una Testimone multimediale, ovviamente tenendo conto dei mezzi del suo tempo. Come la Beata Chiara Badano, che volle inviare un suo messaggio ai Gen (giovani del Movimento dei Focolari) che le erano stati vicini, registrò su una audiocassetta una riflessione che voleva condividere, ma che con lo scritto forse non sarebbe risultata spontanea rispetto a come sarebbe venuta fuori con la sua stessa voce.
Quella registrazione è passata di mano in mano, pubblicata ufficialmente e copiata come spesso accadeva con i dischi dei cantanti famosi, portando anche a conversioni o comunque a ripensamenti. Ora è disponibile in formato più moderno, ma la testimonianza di Lorena non si lascia comunque comprimere in un file.
Il suo Vangelo
Il sussidio della FOM abbina a Lorena quasi l’intero capitolo 12 della lettera di san Paolo ai Romani: non tanto perché lei, per certi versi, è erede di quei cristiani di Roma ai quali era indirizzato il testo dell’Apostolo, quanto perché si era impegnata a offrire il proprio «culto spirituale» spendendo tutto il tempo che le rimaneva, quasi presentendo che non sarebbe stato molto, per i bambini del catechismo e per i suoi amici. Grazie alla relazione che aveva con loro, è stata aiutata a camminare in modo sempre più spedito, così da discernere ciò che davvero era gradito a Dio, pervenendo alla vera sapienza.
Inoltre, aveva riconosciuto negli altri catechisti una vera comunità, al di là dell’indirizzo che i padri Benedettini Silvestrini, ai quali era stata affidata la parrocchia, avevano fornito. Ha avuto momenti in cui quasi ha pensato di lasciare tutto, ma ha capito di dover resistere solo per amore di coloro grazie ai quali, al pari dei suoi genitori, doveva una nuova vita.
Lo dice nel già citato passo del Diario risalente al 21 gennaio 1980, che conclude così:
…io mi sento una ragazza perfettamente normale (grazie agli altri), ho la gioia di vivere che mi scoppia nel cuore.
Ho dunque perso una gamba, ma conquistato la felicità di un’altra dimensione!!!
Proprio grazie a questa gioia esplosiva i suoi parrocchiani sono stati i primi a essere convinti che, nonostante i momenti difficili, in lei ci fossero autentiche tracce di santità.
Per saperne di più
Lorena D’Alessandro, A colpi d’amore – Un diario scritto con l’inchiostro della vita, Edizioni RnS 2017, pp 192, € 13,50.
Uscito per la prima volta nel 1996, a oggi è l’unico testo disponibile in commercio su di lei.
Su Internet
Sito ufficiale
Sito dell’Associazione Amici di Lorena, parte attrice della sua causa
Sezione del sito della parrocchia de La Rustica (per visualizzare le pagine successive, cliccare su “Avanti”)
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