Adele Bonolis, aralda dell’amore riabilitato
Foto ufficiale scelta per i santini (fonte) |
Chi è?
Adele Bonolis nacque a Milano il 14 agosto 1909, sesta figlia di Luigi Girolamo Bonolis e Luigia Varenna. Venne battezzata il 26 novembre dello stesso anno, nella parrocchia di Sant’Ambrogio, più per consuetudine che per una reale appartenenza della famiglia alla vita ecclesiale; per lo stesso motivo, fu indirizzata a seguire il catechismo e a ricevere gli altri Sacramenti.
Dopo la Cresima, fu lei a scegliere autonomamente di seguire un cammino di fede, frequentando l’oratorio femminile delle Suore Orsoline di San Carlo, in via Lanzone, e la Gioventù Femminile di Azione Cattolica a Sant’Ambrogio.
Nell’estate 1932, partecipando agli Esercizi spirituali per la Gioventù Femminile a Rovagnate, conobbe Giuseppina Achilli, studentessa all’Università Cattolica. Entrarono subito in sintonia, tanto che Adele fu aiutata da lei ad affrontare la licenza magistrale, la maturità classica e a iscriversi alla facoltà di Lettere e Filosofia in Cattolica. Intanto aveva già un diploma di Licenza Commerciale e lavorava come impiegata in un istituto di assicurazione. Si laureò in Filosofia il 25 novembre 1944, con una tesi su «Il male morale». S’iscrisse poi a Medicina, ma non discusse la tesi.
Insegnò in vari istituti superiori: tra il 1940 e il 1945 a Lecco e Sondrio, poi anche al Liceo Berchet di Milano. Con Giuseppina e un’altra amica, Giovanna Negrini, che era stata una religiosa, avviò il gruppo delle Aralde d’Amore, come lo chiamò in una bozza di statuto. Lasciò poi cadere l’esperienza, pensando che la consacrazione tramite il Battesimo fosse sufficiente. A dire il vero, il 24 giugno 1941, a Monterosso, Adele si era donata a Dio in forma privata.
Nel 1947 accettò di dirigere una colonia estiva a Castel Vezio, da cui sorse la Casa dei Ragazzi, per quelli che all’epoca erano definiti “discoli”. Negli anni ’50, all’epoca della Legge Merlin, cominciò a pensare a un progetto per accogliere le donne vittime di prostituzione, per aiutarle a reinserirsi nella società. Nacque quindi la Casa di Orientamento Femminile (COF), seguita da altre realtà per ex carcerate e persone uscite dagli ospedali psichiatrici: la Casa di Orientamento per le Dimesse da Istituti Correzionali (CODIC), nel 1953 e l’Opera Assistenza Fraterna (As.Fra.) nel 1957. Radunò poi i volontari che l’aiutavano nell’Associazione Amicizia, per il progresso e la crescita spirituale dei membri.
Il 13 dicembre 1978 fu operata per un tumore all’intestino, di cui aveva avuto i sintomi nel giugno 1976. Trascorse i suoi ultimi anni senza muoversi dalla casa di via Lanzone 18, dove viveva insieme a Giuseppina dal maggio 1949. Morì l’11 agosto 1980, poco prima di compiere settantuno anni.
L’inchiesta diocesana della sua causa di beatificazione si è svolta a Milano dal 31 gennaio 2003 al 14 dicembre dello stesso anno. Il 21 gennaio 2021 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui veniva dichiarata Venerabile. La sua tomba si trova nel cimitero di Lucinasco, non lontano da una delle case delle sue Opere.
Cosa c’entra con me?
Per un fatto curioso ma non troppo, il mio primo contatto con Adele Bonolis è avvenuto non tramite le pagine di una rivista di settore, ovvero di un settimanale d’ispirazione cattolica, ma mediante Sorrisi e Canzoni TV. Nelle pagine con le notizie rapide dal mondo dello spettacolo, un giorno, comparve un brevissimo articolo che era intitolato «Fanno santa la prozia di Paolo Bonolis» o giù di lì.
Non ricordo l’anno esatto: oggi suppongo che fosse una notizia del 2003, anno in cui si svolse e si concluse l’inchiesta diocesana. Quando andai a cercare la sua scheda biografica su santiebeati.it, c’era un testo tratto da In Dialogo, periodico dell’Azione Cattolica ambrosiana; ora c’è un profilo che ho corretto, ma l’autore principale è un collega.
In ogni caso, lei è stata una dei candidati agli altari delle mie parti che non avevo mai approfondito prima che monsignor Ennio Apeciti, nella rubrica che curava sulle pagine di Milano Sette, «Santi di casa nostra», le dedicasse qualche puntata. Precisamente, accadde nell’aprile 2012, in cinque puntate (la prima, la seconda, la terza, la quarta e la quinta).
Così, per comprendere meglio le ragioni del suo impegno, mi avventurai nella sede di piazza Castello 24 della Fondazione Amicizia, il nome all’epoca dell’Associazione Amicizia, che dal 2019 si chiama Fondazione Adele Bonolis. Mi fu concessa una buona accoglienza, tenuto conto che ero arrivata senza preavviso: mi vennero dati alcuni santini e un libro in cui erano delineate le tappe della sua vita e le Opere da lei costituite. Lessi il volumetto, ma non ricordo particolari impressioni.
Col passare degli anni, mi sono chiesta a che punto fosse la sua causa. Vedevo man mano che gli altri Servi di Dio ambrosiani diventavano Venerabili, ma non sembrava ancora giunto il suo turno.
Lo scorso 2 marzo, però, ho sentito che nella trasmissione Io Credo con don Marco Pozza, su TV 2000, sarebbe stato intervistato anche Paolo Bonolis. Speravo che avrebbe menzionato quella sua parente esemplare: lo ha fatto a partire dal minuto 33.31 del video qui sotto, anche perché don Marco riferisce che un suo confratello, impegnato come lui nel mondo del carcere, aveva conosciuto lei a Roma.
A dirla tutta, Paolo non ha adoperato i termini adatti per descrivere il suo cammino verso gli altari né per definire il suo stato di vita: di solito per “suora laica” s’intendono genericamente le consacrate degli Istituti secolari, dell’Ordo Virginum o di realtà analoghe; la sua consacrazione, invece, era un fatto privato. Ho comunque trovato interessante che abbia conservato un ricordo molto positivo di lei, relativo all’accoglienza verso le donne che desideravano un riscatto. Avrei dovuto capirlo già dal fatto che una delle sue figlie ha preso il nome da lei, quindi un sottile legame c’era.
Mi domando però se abbia prestato la sua testimonianza giurata nel corso dell’inchiesta diocesana: dalle sue parole sembra di no. Non sarebbe comunque la prima volta che un personaggio noto per la sua attività televisiva o giornalistica dichiarasse di aver conosciuto uno che è in fama di santità: basti pensare a Mike Bongiorno, che depose a favore dell’attualmente Beata Enrichetta Alfieri.
Ho avuto notizie circa l’avanzamento della causa leggendo la Rassegna Stampa preparata dall’Ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi di Milano, che arrivava nella casella di posta elettronica delle parrocchie nei giorni della prima ondata pandemica.
Un articolo comparso il 6 giugno sull’edizione Brianza Sud de Il Cittadino, infatti, raccontava la visita dell’Arcivescovo monsignor Mario Delpini a Casa San Paolo, uno dei plessi di As.Fra., a Vedano al Lambro. Riportava anche questa dichiarazione del presidente della Fondazione Adele Bonolis, Alessandro Pirola: «Pochi giorni fa i consultori teologici hanno decretato ammissibile la causa di beatificazione di Adele Bonolis e ora aspettiamo il decreto del papa».
Ancora una volta notavo una terminologia imprecisa (sarebbe stato meglio affermare: «I Consultori teologi hanno espresso un parere positivo») insieme all’espressione di un fatto: se c’era stato questo pronunciamento, che era solo una delle tappe della fase romana e non dava per scontate le altre, voleva dire che la Positio super virtutibus, ovvero il volume con la biografia documentata e le testimonianze più rilevanti emesse nell’inchiesta diocesana, era stata già conclusa, stampata e consegnata. Peraltro, quella frase mi ha fuorviata: il sito della Fondazione riporta che la seduta dei Consultori teologi si era svolta il 20 febbraio, non a giugno come poteva invece essere inteso.
A quel punto, mi domandavo se esistesse un sito ufficiale sia delle Opere della dottoressa, sia uno dedicato più direttamente a lei. Li ho indicati tutti nel paragrafo Su Internet, ma qui mi preme indicare che consultandoli ho visto confermata la mia supposizione: la Positio era stata trasmessa a Roma nel 2017.
Ho poi riconosciuto che sarebbe stato ottimo parlare di lei l’11 agosto dello scorso anno, nel quarantesimo anniversario della morte. Avevo però in programma un altro post per il giorno precedente, ma quasi all’ultimo momento è stato rimandato.
A quel punto avrei potuto programmare quello su di lei, ma le parole del presidente Pirola mi facevano pensare che sarebbe stato più opportuno prepararlo e non pubblicarlo prima che il Bollettino della Sala Stampa e il sito della Congregazione delle Cause dei Santi dessero notizia dell’effettiva promulgazione del decreto sulle virtù eroiche.
Nell’attesa, ho riletto il libro che mi era stato regalato: questa volta, sono stati molti gli aspetti a colpirmi. Il primo è stato aver riscontrato, nella Dottoressa (la chiamavano così perché, se non altro, aveva una laurea), non un attivismo sfrenato, ma un atteggiamento di riflessione e di preghiera, prima di prendere qualsiasi decisione. L’ho appurato dall’episodio in cui una collaboratrice la sorprese nel suo ufficio, in atteggiamento quasi estatico.
Nell’amicizia profonda con Giuseppina Achilli, che peraltro visse con lei dal 1949 alla morte, ho poi riscontrato un’affinità con quella che mi lega alla mia migliore amica: anche tra me e lei si è creato subito un legame che continua ancora oggi.
Ho poi riflettuto su come lei sia riuscita a capire la propria vocazione. Le Aralde d’Amore a cui aveva pensato – anche se le aderenti al momento erano solo tre – avrebbero potuto diventare un Istituto secolare come quelli sorti, in terra ambrosiana, negli stessi anni, ovvero le Missionarie del Sacerdozio Regale di Cristo e le Missionarie del Lavoro, le cui fondatrici, peraltro, erano anche loro membri di spicco dell’Azione Cattolica: Ezia Fiorentino, per il primo Istituto, e Angela Milani, per il secondo.
Quando poi ho letto che lasciò perdere, probabilmente perché sentiva che le bastava la consacrazione mediante il Battesimo (lasciando stare l’atto privato con cui si donò a Dio), ho ripensato all’esperienza del Venerabile Marcello Candia e al suo considerarsi un “semplice battezzato”, ma ha anche costituito un esempio per me.
Tempo fa, infatti, un anziano sacerdote disse alla mia amica sopra citata che, se non avesse fatto una qualsiasi scelta di vita, sarebbe rimasta come un osso spezzato nel corpo della Chiesa. Ora sono io in quella situazione, ma più passa il tempo, più penso che non sia un’espressione tanto felice: il Battesimo mi rende parte della Chiesa sempre e non s’infrange come quando ci si rompe una gamba.
Tornando ad Adele, ho riscontrato in lei una grande fiducia nella Provvidenza, ma anche nei mezzi che le fornivano gli amici e i volontari. Perfino l’arcivescovo Montini era intervenuto materialmente, perché la conosceva e si fidava di lei. Ho poi apprezzato il suo umorismo tutto lumbard, con battute sottili e ironiche.
Infine, in tempi in cui continuavo a sentire considerazioni cupe riguardo alla situazione sanitaria vista come punizione divina, mi ha fatto bene sentire la convinzione che lei ripeteva anche sul letto di morte: Dio non è un Dio del castigo, come invece aveva sentito predicare, quando era piccola, in una chiesa a Celle Ligure.
Non mi aspettavo proprio che il decreto sulle virtù eroiche uscisse ieri, tant’è che non avevo più aggiornato la bozza di questo post. Così, anche se sui miei social sto riproponendo gli articoli sugli esempi di santità adolescente presenti sul nuovo sussidio della FOM, ho pensato che fosse buona cosa pubblicare questo racconto. Ho poi avuto la possibilità di dedicarle un piccolo profilo sul nostro Portale diocesano.
Cosa c’entra con san Giuseppe?
Potrebbe risultare strano che una figura femminile possa aver incarnato i tratti peculiari di san Giuseppe. Eppure credo di ravvisarli nella Dottoressa, specie tramite il trinomio che caratterizzava il suo stile d’impegno: «Previdenza, Prudenza, Provvidenza». Sono tre elementi che si vedono anche nello sposo di Maria, in fin dei conti.
In più, come sottolineò l’allora abate-parroco di Sant’Ambrogio, monsignor Libero Tresoldi, nell’omelia nelle esequie, lei era diventata un punto di riferimento e di appoggio, come di certo è stato anche il capo della Sacra Famiglia.
Il suo Vangelo
In fin dei conti, anche Adele è stata educatrice, seppure in senso diverso da quanti avevano direttamente a che fare con bambini e ragazzi (ma l’inizio delle sue Opere è stata qualcosa di simile alla realtà fondata da don Carlo San Martino). Ha lavorato per ricordare agli ospiti delle Case che non dovevano pensarsi come dei rifiuti solo perché la società li considerava tali. Ha pregato per ottenere i mezzi necessari, ma anche per avere la forza di continuare a testimoniare che credeva davvero nell’Amore.
In una meditazione scritta nel gennaio 1942, prima ancora di pensare a quali opere avviare di preciso, ribadiva la sua incondizionata donazione a Dio, perché, attraverso la santità della sua vita (che poi la Chiesa si è impegnata a verificare con la dovuta serietà), tutti riconoscessero la Sua azione e Lo glorificassero.
Era certa che l’Amore divino fosse già presente nelle persone, solo che non tutti se ne accorgevano o lo dimenticavano: bisognava sottolineare la loro dignità, oltre gli errori che potevano essere stati compiuti o la fragilità psichica. Scrisse quindi:
Per riabilitare l’Amore conculcato si richiede una visione del tutto soprannaturale delle anime: Dio vive anche nel peccatore che ha perduto la grazia, con la sua potenza, la sua presenza, la sua essenza, ed è necessario riportare la grazia a questi perché l’Amore cioè Dio, sia riabilitato, riattivato, rivalutato.
Con la sua vita di preghiera, di penitenza e di carità, intendeva quindi preparare la via al sacerdote, che avrebbe riabilitato definitivamente l’Amore tramite l’azione dei Sacramenti. A quanto pare, sembra che ci sia riuscita almeno un po’.
Per saperne di più
Al momento non mi risulta che ci siano pubblicazioni sulla Venerabile Adele. Non so neanche se il libro Riabilitare l’amore sia ancora disponibile; eventualmente, invito a seguire i contatti indicati nei siti qui sotto.
Su Internet
Sito della Fondazione Adele Bonolis e di As.Fra.
Sito del Comitato per la sua causa di beatificazione e canonizzazione
Sezione a lei dedicata del sito di Casa Maria delle Grazie a Cibrone di Nibionno
Vecchio sito della Fondazione Amicizia e di Villa Salus
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