Squarci di testimonianze #37: il giornalismo secondo il Beato Manuel Lozano Garrido

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Questo sabato avevo un sacco di altre idee da attuare: continuare la ripresa, sui miei canali social, degli “adolescenti santi” citati nel sussidio per la Settimana dell’Educazione; imbastire un post nuovo che in effetti non si discosta molto da quel tema; aggiornare il sito della mia parrocchia (mi compete la sezione delle News).
Prima di mettermi all’opera, ho dato un occhio al Bollettino della Sala Stampa vaticana, anche se i Decreti della Congregazione delle Cause dei Santi, per questo mese, erano già usciti. È stato pubblicato proprio oggi, alla vigilia della memoria liturgica di san Francesco di Sales, patrono degli scrittori cattolici, dei giornalisti e di quanti lavorano nelle comunicazioni sociali (quest’ultimo patronato è ormai comunemente accettato, anche se non mi consta ci sia un documento ufficiale che lo sancisca), il Messaggio per la cinquantacinquesima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.

Già il titolo mi suscita parecchie riflessioni: «Vieni e vedi» (Gv 1,46). Comunicare incontrando le persone dove e come sono. Il mio interesse maggiore, però, è stato suscitato dalla citazione di uno scritto del Beato Manuel Lozano Garrido, il cui nome non mi era del tutto sconosciuto.

 

La vita, le opere, la santità

 

Alcuni anni fa, non ricordo come ma di certo prima della beatificazione, avevo scoperto la sua vicenda di laico dedito all’impegno nel mondo, sin da ragazzo, come socio di Azione Cattolica e come ministro straordinario e clandestino dell’Eucaristia, nella Spagna della guerra civile: proprio per questa ragione era stato incarcerato.

Nel 1942, dopo aver prestato servizio militare, aveva iniziato ad avere disturbi reumatici. Erano i primi sintomi di una malattia degenerativa, diagnosticata come spondilite, che gli causava dolori in tutto il corpo.

Per mantenersi, ha cominciato a lavorare come giornalista, arrivando a pubblicare, al termine della sua vita, oltre trecento articoli e nove libri, coi quali cercava d’irradiare la fede che l’animava e che irrobustiva tramite la formazione nell’Azione Cattolica, l’amore per l’Eucaristia e la devozione alla Vergine Maria. Ha poi fondato “Sinai”, un centro di apostolato nel quale monasteri di clausura e malati incurabili si dovevano impegnare a pregare per i giornalisti.

Vent’anni dopo i primi sintomi, Lolo, come lo chiamavano i suoi amici, ha perso la vista. Eppure rimaneva sereno e gioioso, meravigliando quanti andavano a fargli visita per chiedergli consigli, compresi molti giovani. Così, anche se non usciva dalla propria stanza, restava comunque pronto all’incontro con tutti.

È morto a Linares, nell’abitazione dove viveva dal 1962 con la sorella Lucy (che gli faceva da assistente e da segretaria), il 3 novembre 1971. La sua fama di santità è stata immediata, ma la diocesi di Jaén ha avviato la sua causa nel 1994; precisamente, l’inchiesta diocesana si è svolta dal 5 novembre 1994 al 21 aprile 1996. L’attore della causa è l’Associazione Amici di Lolo, tuttora attiva.

Il 17 dicembre 2007 papa Benedetto XVI ha autorizzato la promulgazione del decreto sull’eroicità delle virtù e, il 19 dicembre 2009, il decreto che riconosceva come miracolo attribuito alla sua intercessione la guarigione di un bambino di due anni da una serie di patologie gravi.

Lolo è quindi stato beatificato il 12 giugno 2010 a Linares, con la celebrazione presieduta dall’allora Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, monsignor (non ancora cardinale) Angelo Amato, come inviato del Santo Padre.

È il primo Beato laico spagnolo non martire del ventesimo secolo, nonché il primo candidato agli altari beatificato che ha vissuto per gran parte della vita in sedia a rotelle e il primo giornalista laico a ottenere il culto pubblico, sebbene limitato alla sua diocesi di Jaén. Nel Proprio (ossia nei testi liturgici approvati per la sua memoria), precisamente come Seconda Lettura dell’Ufficio delle Letture, è riportato un suo articolo, apparso sull’agenzia Prensa Asociada l’8 aprile 1963.

Le sue reliquie sono venerate sotto l’altare maggiore della basilica di Santa Maria a Linares, dov’era stato battezzato. La sua memoria liturgica cade invece il 3 novembre, giorno della sua nascita al Cielo, della quale quest’anno cade il cinquantesimo anniversario. Lo scorso anno, invece, ricorreva il primo centenario della sua venuta al mondo, accaduta il 9 agosto 1920.

 

Il Decalogo del Giornalista

 

La frase citata nel testo papale è il punto 4 del suo Decálogo del periodista (Decalogo del giornalista), che riporto nella traduzione contenuta in questo articolo di Francesca Polacco sul sito dell’Unione Cattolica Stampa Italiana, uscito poco dopo che papa Francesco, proprio ricevendo i giornalisti dell’UCSI, aveva citato il Beato Lolo, mostrando di conoscerne a grandi linee la vita e, soprattutto, il messaggio.

In questi anni ho letto tanti decaloghi, manifesti, dichiarazioni d’intenti. Penso però che questo me lo stamperò e lo metterò in bella vista, o comunque ci tornerò ogni volta che mi sentirò abbattuta perché il giornalismo, particolarmente quello religioso, non è ancora la mia professione.

 

1. Ringrazia l’angelo che sulla tua fronte segnò la stella della Verità e che la fa brillare ogni momento.

2. Ogni giorno partorirai il tuo messaggio con dolore, perché la verità è una brace che si toglie dal cielo e brucia il nostro cuore per illuminare. Tu fai in modo di portarla dolcemente fino ai cuori dei tuoi fratelli.

3. Tu, quando scriverai, lo dovrai fare in ginocchio per amare; seduto per giudicare, in piedi e con forza per combattere e seminare.

4. Apri con stupore gli occhi a ciò che vedrai, e lascia le tue mani riempirsi della freschezza della linfa, in modo che gli altri, quando ti leggeranno, toccheranno con mano il miracolo palpitante della vita.

5. Il buon pellegrino della parola pagherà con la moneta della franchezza nella porta aperta della locanda che è ogni cuore.

6. Lavora il pane dell’informazione pulita con il sale del buon stile e il lievito dell’eterno. Poi offrilo affettato per avvivare l’interesse, ma non togliere a ciascuno la gioia di assaporare, giudicare e assimilare.

7. Albero di Dio, chiedi di diventare una rovere dura e impenetrabile all’ascia della lusinga e della corruzione, ma con la tua fronte nel fogliame al momento della raccolta.

8. Se chiamano fallimento il tuo silenzio perché la luce manca all’appello, accetta e taci. Guai al povero idolo con i piedi fatti con il fango della bugia. Ma attento anche alla vanagloria del martire quando le parole non si fanno sentire a causa della codardia.

9. Taglia la mano che vuole imbrattare, perché le macchie nei cervelli sono come quelle ferite che non guariscono mai.

10. Ricorda che non sei nato per la stampa a colori (gialla, nera, rossa...). Né confetteria, né piatti forti. Meglio servire il buon boccone della vita pulita e speranzosa, così come è.

 

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