Benedetto XVI, che fu Testimone fra i Testimoni
Ritratto fotografico ufficiale (fonte) |
Joseph Aloysius Ratzinger nacque a Marktl am Inn, nella diocesi di Passau in Germania, il 16 aprile 1927, terzo e ultimo figlio di Joseph Ratzinger, agente di polizia, e Maria Peintner-Rieger, la quale aveva lavorato come cuoca.
Trascorse l’infanzia e l’adolescenza a Hufschlag, non lontano da Traunstein, alla frontiera tra Germania e Austria. Entrò nel 1939 in Seminario, preceduto, nel 1935, dal fratello Georg (avevano anche una sorella, Maria, che era la primogenita).
Ordinato sacerdote il 29 giugno 1951 nel duomo di Frisinga, intraprese un intenso percorso di studi e insegnamento. Fu professore di teologia a Frisinga, Bonn, Münster e Tubinga. Al seguito del cardinale Joseph Frings, arcivescovo di Colonia, partecipò al Concilio Vaticano II come consultore teologico.
Nominato arcivescovo di Monaco e Frisinga dal Papa san Paolo VI il 25 marzo 1977, fu da lui creato Cardinale nel Concistoro del 27 giugno seguente. Prese parte ai due Conclavi del 1978.
Negli anni del pontificato di san Giovanni Paolo II, precisamente dal 25 novembre 1981, fu Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede. Nel 2002 divenne Decano del Collegio cardinalizio.
Partecipò anche al Conclave del 2005, dal quale, il 19 aprile, venne eletto Papa, assumendo il nome di Benedetto XVI.
Sotto il suo pontificato sono state promulgate le Norme che prevedono, per le cerimonie di beatificazione, la scelta della diocesi nella quale i futuri Beati sono morti o altri luoghi analoghi. Ha poi presieduto dieci cerimonie di canonizzazione e quella della beatificazione di Giovanni Paolo II.
Il 10 maggio 2012 ha iscritto Ildegarda di Bingen nel Calendario Generale della Chiesa, estendendone il culto liturgico alla Chiesa Universale. Il 7 ottobre dello stesso anno ha proclamato santa Ildegarda e san Giovanni d’Ávila Dottori della Chiesa.
L’11 febbraio 2013, durante un Concistoro pubblico su alcune cause di canonizzazione, ha annunciato che avrebbe rinunciato al ministero petrino a causa dell’avanzare dell’età. Dal 28 febbraio dello stesso anno ha vissuto nel monastero Mater Ecclesiae nella Città del Vaticano, dedicandosi alla preghiera e ricevendo occasionali visite. Il suo successore, papa Francesco, ha mantenuto con lui rapporti di stima e cordialità, più volte ricambiati.
Negli ultimi giorni del dicembre 2022 la sua salute ha cominciato a peggiorare gradualmente. È morto alle 9.34 di oggi, 31 dicembre 2022, a 95 anni, nel monastero Mater Ecclesiae. I suoi resti mortali riposeranno nelle Grotte Vaticane, nella tomba lasciata libera dopo la traslazione delle reliquie di san Giovanni Paolo II.
Cosa c’entra con me?
Il post di oggi costituisce un ampliamento e un aggiornamento necessari di quello che avevo scritto il 16 aprile 2012, giorno dell’ottantacinquesimo compleanno di papa Benedetto XVI. Pensavo che fosse doveroso dedicare al Pontefice allora in carica il primissimo post della categoria “Testimoni di oggi”, per far capire ai miei lettori che non intendevo parlare solo di Testimoni deceduti.
Benedetto XVI è stato il secondo successore di san Pietro sotto il quale ho vissuto, dopo san Giovanni Paolo II, anzi, è stato il Papa della mia gioventù. La sua figura, col tempo, mi è diventata familiare al pari di quella del suo venerato predecessore, ma all’inizio non lo era affatto.
Nel momento in cui fu eletto ero a casa e stavo ripassando alcuni appunti di una lezione universitaria. Appena sentii il nome “Josephum”, mi chiesi se non fosse un errore, visto che il mio dizionario di latino dava “Joseph” come indeclinabile.
Poi capii: «Oh, no! È Ratzinger!», esclamai interiormente. Da quel poco che avevo sentito dire di lui, leggendo qualche giornale nella pausa pranzo dalle lezioni, mi ero fatta l’idea del severissimo e teutonicissimo custode della fede, che avrebbe reso la vita difficile a molti, se fosse stato eletto.
Eppure, quando lo vidi uscire sulla Loggia delle Benedizioni, mi venne una sorta di commozione, accentuata dalle parole pronunciate poco dopo: più che l’autodefinizione «un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore», dalla quale mi parve di subodorare una falsa modestia, mi colpì quando riconobbe che Dio «sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti» e, soprattutto, quando si affidò alle preghiere di tutti.
Col passare del tempo, cominciò a sorgere in me il concetto di non doverlo contrapporre a tutti i costi al predecessore: adesso c’era lui, a lui bisognava dare ascolto. Anche in quel caso, però, avevo numerosi pregiudizi, dovuti essenzialmente alla mia ottusità nei confronti degli argomenti filosofici e teologici. Provavo ad ascoltarlo all’Angelus, ma non traevo nessun giovamento dalle sue parole.
Qualcosa cominciò a cambiare nel 2005, durante la Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia. Avevo grandissime aspettative per la mia prima GMG, fomentate dai racconti dei giovani miei comparrocchiani che furono a Roma nel 2000 e dai servizi che seguivo in televisione.
Le prime parole del Papa che mi colpirono furono quelle del discorso nella festa di accoglienza dei giovani, precisamente nel punto in cui riecheggiava l’omelia d’inizio del ministero petrino. Ero in un periodo della mia vita dove mi domandavo se potessi far collimare il mio essere credente con le mie passioni, soprattutto per quella musicale. Sentire che Gesù non toglie nulla di quello che già siamo, ma lo arricchisce, mi fornì non poca consolazione.
Le frasi che più mi segnarono, però, furono quelle che ascoltai nel discorso della veglia del 20 agosto 2005. Posso affermare con sicurezza che, dopo averlo udito, come i Magi ho fatto ritorno al mio paese per un’altra strada, segnata dall’amicizia dei Santi. Nel frattempo, però, sono finita all’ospedale da campo per un principio d’ipotermia, come ho raccontato nel post in cui rievocavo la mia esperienza e il mio viaggio verso Colonia.
Nel 2007 avvenne un altro cambiamento nel mio legame con lui, grazie all’incontro con colei che sarebbe diventata la mia migliore amica. Quella ragazza mi raccontò che registrava gli Angelus, le Udienze generali e i Viaggi apostolici, trascrivendo a mano tutti i discorsi papali.
Lì per lì pensai che fosse un po’ matta, ma allo stesso tempo ammirai quel suo attaccamento al Magistero di papa Benedetto, segnalandole però che bastava scaricare e stampare i medesimi testi dal sito della Santa Sede. Dato che lei aveva qualche problemino informatico, cominciai ad aiutarla, compatibilmente con lo studio all’università.
Da allora potei riconoscere che, fra le numerosissime parole che rileggevo e ascoltavo, alcune mi rammentavano aspetti della fede che avevo trascurato, oppure mi confermavano nelle mie idee.
Tra queste ci sono sicuramente i documenti e i testi relativi all’Anno Sacerdotale 2009-2010, capitato proprio in un momento nel quale stavo riscoprendo l’importanza del sacerdozio e della preghiera, accompagnata dall’affetto fraterno (ahimè, tante volte frainteso), per i sacerdoti e i seminaristi.
Le parole di papa Benedetto hanno anche accompagnato la genesi di questo blog, per certi versi. Nel 2011, infatti, mi stavo interrogando su che posto dare nella mia vita spirituale ai semplici Testimoni. Un sacerdote m’invitò a leggere il testo dell’Udienza Generale del 13 aprile, l’ultima sul ciclo dei Santi. Fu, per me, una vera sorpresa: il terribile teologo tutto d’un pezzo si sbilanciava nel definire “indicatori di strada” (virgolette sue) tante persone che aveva conosciuto e delle quali, forse, non avrebbe mai visto la canonizzazione.
Avevo poi scritto un post nel quale mi sembrava di trovare un parallelismo tra il suo Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali e il tema dell’Oratorio Estivo 2012, che era PassParTù – Di’ soltanto una parola.
Non potevo non dedicarne uno alla sua visita a Milano per l’Incontro Mondiale delle Famiglie dal 1° al 3 giugno. Rimando alla lettura che avevo dato delle sue parole, anticipando però che mi ero concentrata sulla frase del discorso di arrivo, nella quale esortava Milano a riscoprire le proprie radici e a guardare con speranza al futuro, ma anche sull’invito ai cresimandi a non essere pigri nell’ascoltare la voce di Dio e, nell’omelia della Messa conclusiva, sull’incoraggiamento rivolto sia ai fedeli segnati dalla separazione e dal fallimento dei propri matrimoni, sia alle diocesi che dovevano manifestare loro accoglienza e vicinanza.
Venne poi, per me, il momento di traslocare e di lasciare la casa, il quartiere e la parrocchia dov’ero nata e cresciuta. Tra dicembre 2012 e gennaio 2013 completai il trasloco, insediandomi nel nuovo appartamento insieme alla mia famiglia; mancavano però alcuni elementi per completarlo.
L’11 febbraio 2013, verso mezzogiorno, avevamo disattivato l’energia elettrica per installare alcuni lampadari. Mentre i miei genitori erano alle prese con quell’operazione, ricevetti una telefonata: era la mia amica di cui sopra, che mi annunciava la rinuncia del Papa. Quando la corrente fu ripristinata, cercai di capire cosa fosse successo.
La mia reazione iniziale fu di immensa delusione: come poteva il custode della fede, che aveva indetto peraltro uno speciale Anno della Fede proprio per quel 2013, vacillare a tal punto da rifiutare di guidare la Chiesa? Lui, che era rimasto sotto il temporale alla GMG di Madrid (qui il mio racconto), si lasciava spaventare da ben altre tempeste? Era quindi fuggito davanti ai lupi, come invece aveva pregato di non dover fare?
Avevo poi un’altra domanda: era il caso di cancellare il post che gli avevo dedicato? In fin dei conti, tra le regole che mi ero data, c’era quella per la quale avrei dovuto cancellare i post di personaggi che si fossero resi indegni, per gravi motivi, della qualifica di Testimone. A questo si aggiungeva il senso di colpa per aver lasciato solo il Papa. Molto spesso, infatti, ero caduta preda delle critiche rivolte contro di lui da laici e sacerdoti.
Ero perfino arrivata, pochi mesi prima, a rimpiangere i tempi andati di cui mi veniva raccontato, solo perché il Papa regnante e l’Arcivescovo in carica erano osteggiati da molti. Ci era voluta una parola buona da parte dell’attuale Arcivescovo di Milano perché capissi che, nella Chiesa, quello che conta è che Gesù è presente: è Lui che non la fa crollare, non tanto chi la guida a vari livelli.
Dopo quattro giorni di riflessione, mi sentii in dovere di dire la mia e di annunciare che, in ogni caso, non avrei cancellato il post. Papa Benedetto aveva infatti un ultimo insegnamento per me: quando il Signore mi avrebbe fatto capire una volta per tutte la mia vocazione, l’avrei portata a compimento fino alla consumazione totale delle mie risorse fisiche e psichiche.
Per molto tempo dopo la rinuncia, attuai una tattica per la quale dovevo pensare a papa Benedetto come se fosse già morto, tant’è che presto sarebbe stato eletto il suo successore. Quando poi è arrivato papa Francesco, ho deciso che con lui non mi sarei comportata più come prima: avrei pregato con intensità ancora maggiore per il suo ministero e per la sua persona. In quel modo, non avrei più avuto rimorsi.
Anche con quello spirito ho vissuto il pellegrinaggio diocesano a Roma del 2013: previsto in ringraziamento per la visita in occasione dell’Incontro Mondiale delle Famiglie, ovviamente ha finito col comprendere la seconda udienza generale di papa Francesco. Prima che arrivasse ero freddina, ma quando è passato mi sono commossa proprio come quando ho visto papa Benedetto a Colonia: ero già andata oltre la sofferenza con cui avevo vissuto la rinuncia.
Ho avuto altri interrogativi, però: mi domandavo se pensare a lui e rileggerne le opere, le encicliche e i messaggi fosse un comportamento da nostalgici, che guardano al passato e non vivono il presente. Questo ha comportato un certo distacco tra me e lui, ma ogni volta che, per esempio, nel Rosario delle 20.45 di Padre Pio TV lo si ricordava dopo il Pontefice in carica, mi univo alla preghiera comunitaria.
In questi ultimi suoi giorni terreni mi sono corazzata di cinismo: mentre l’accompagnavo pregando, dovevo rivedere i post su di lui, anzi, realizzare il post nuovo come un tipico “coccodrillo”, in tempo per la sua dipartita. Non ce l’ho fatta: la notizia della sua morte è arrivata quando il post era ancora in bozza, sebbene l’avessi rielaborato in gran parte.
Il suo Vangelo
In tutta la sua lunga vita, papa Benedetto ha vissuto, dimostrato e difeso la verità centrale della fede: Dio c’è, ha un volto, che Gesù è venuto a mostrare e a rendere ancora più vicino. Gli anni degli studi teologici hanno rafforzato questo concetto, che ha trasfuso nelle numerose pubblicazioni, ma anche nella predicazione e in tanti gesti poco noti.
Chiamato a guidare la Chiesa universale, ha esteso questo impegno senza lasciarsi intimorire dai continui confronti con tutti coloro che l’avevano preceduto. Ha affrontato scandali e crisi invitando i fedeli a non avere neanche loro paura. La rinuncia al ministero petrino, ora, non è più letta come una fuga dalla responsabilità e nemmeno io la vedo così, ma neppure sto a indagare dietrologie e complotti.
Alla base del suo modo di vivere il Vangelo c’è però la relazione profonda col Signore, che può essere ricondotta al concetto di amicizia, lo stesso espresso, ampliando, nell’omelia per l’inizio del ministero, il celebre «Non abbiate paura» di san Giovanni Paolo II, pronunciato nella medesima occasione.
Essendo però questo l’ultimo post dell’anno 2022, mi viene naturale concluderlo con le parole finali dell’ultima omelia nei Primi Vespri della Solennità di Maria SS. Madre di Dio, pronunciata quindi dieci anni esatti fa.
Al ringraziamento per un anno che si conclude si accompagna, allora, quello per aver avuto papa Benedetto, per quello che ha vissuto, e chiedendo a Dio di accoglierlo con Sé.
Cari amici, nell’ultima sera dell’anno che volge al termine e davanti alla soglia del nuovo, lodiamo il Signore! Manifestiamo a «Colui che è, che era e che viene» (Ap 1,8) il pentimento e la richiesta di perdono per le mancanze commesse, come pure il grazie sincero per gli innumerevoli benefici accordati dalla divina Bontà. In particolare, ringraziamo per la grazia e la verità che sono venute a noi per mezzo di Gesù Cristo. In Lui è riposta la pienezza di ogni tempo umano. In Lui è custodito il futuro di ogni uomo. In Lui si avvera il compimento delle speranze della Chiesa e del mondo. Amen.
Per saperne di più [aggiornato 05/01/2023]
Peter Seewald, Benedetto XVI – Una vita, Garzanti 2021, pp. 1296, € 28,00.
L’opera biografica realizzata dal giornalista che l’ha più volte intervistato, anche durante il pontificato, con documenti inediti prima dell’uscita.
Benedetto XVI, La mia vita, Edizioni San Paolo 2023, pp. 224, € 16,00.
L’autobiografia, che raccoglie i suoi ricordi dal 1927 al 1977; la nuova edizione aggiorna l’appendice che già raccoglieva gli eventi dal 1978 al 2013, comprendendo i fatti dal 2013 al 2023 e le linee guida del suo pontificato.
Benedetto XVI, Deus caritas est, Libreria Editrice Vaticana 2005, pp. € 3,50.
La prima enciclica, sull’amore di Dio.
Joseph Ratzinger, Opera Omnia: Gesù di Nazaret – La figura e il messaggio, Libreria Editrice Vaticana 2013, pp. 790, € 55,00.
Primo dei due tomi che compongono il sesto volume dell’Opera Omnia (il terzo nella traduzione italiana), contiene i tre volumi su Gesù già usciti singolarmente nel 2007, nel 2011 e nel 2012, nella loro ultima edizione corretta.
Lucio Coco (a cura di), I santi di Benedetto XVI, Libreria Editrice Vaticana 2008, pp. 154, € 7,50.
Una brevissima selezione dei suoi testi dalle Udienze generali e dalle omelie nei quali ha parlato dei Santi, però limitata ai primi tre anni di pontificato.
Su Internet
Sezione del sito della Santa Sede con i testi del suo Magistero
Sito della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger Benedetto XVI
Sul sito del Dicastero delle Cause dei Santi sono elencate le canonizzazioni e le beatificazioni del suo pontificato.
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