Io c'ero #38: a Seveso per fratel Ettore Boschini... e alla radio per Alessandro Galimberti

Per la serie "non facciamone un santino"...

Oggi è stata una giornata molto intensa, in cui si sono sovrapposti due eventi a modo loro importanti per me: la chiusura del processo diocesano della causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Ettore Boschini, a Seveso, e una trasmissione (non la prima, per onestà) che Radio Mater ha dedicato ad Alessandro Galimberti, seminarista della mia diocesi, del quale continuo a parlare nella speranza che la sua storia diventi un fatto ecclesiale.

Sono ancora in tensione dopo la trasmissione, ma anche un po' stanca dopo l'andata e il ritorno da Seveso. Eppure sento di raccontare quanto ho vissuto, per ringraziare Dio e per condividerlo con chi mi leggerà.


Ritorno a Casa Betania

Sono partita col treno da Milano Cadorna alle 8.23, in modo da raggiungere in tempo Casa Betania delle Beatitudini, sede della centesima e ultima sessione del processo. Avevo partecipato alla sessione di apertura, il 19 dicembre 2017: le parole pronunciate dall'Arcivescovo monsignor Mario Delpini in quella circostanza, sul fatto che le storie dei santi non devono essere favole che conciliano il sonno, sono diventate un grande sprone per me; un altro conto è che a volte la mia prosa ha avuto ugualmente quell'effetto.

Contrariamente al solito, il navigatore mi ha dato indicazioni chiare, o forse sono stata io a seguirle bene. Di conseguenza, sono arrivata a Casa Betania con una ventina di minuti d'anticipo. Ho quindi potuto scambiare due parole con monsignor Ennio Apeciti, delegato vescovile per il processo diocesano, anche in vista del suo intervento durante la trasmissione.

Col passare dei minuti, la riproduzione in scala 1:1 della Cappellina delle Apparizioni di Fatima e della struttura che la circonda (fratel Ettore prese le misure lui stesso, durante un pellegrinaggio) si è affollato sempre di più. Io ho trovato posto dietro la balaustra di marmo che corre lungo il perimetro della cappella.

Lì un signore, evidentemente un ospite della casa, mi ha chiesto con insistenza, ma anche con gentilezza, di dargli una caramella, anche se non aveva quasi più denti in bocca. Indecisa sul da farsi, ho cercato con lo sguardo sorella Teresa Martino, responsabile della casa, ma era evidentemente impegnata con i membri del Tribunale ecclesiastico; alla fine, ho ceduto.

Il Tribunale al lavoro (foto mia)


Quindi è iniziata la celebrazione della sessione, che come da protocollo prevedeva un momento di preghiera con la Liturgia della Parola, uno giuridico e uno di ringraziamento. Del primo ha fatto parte anche l'omelia di monsignor Delpini: concordo soprattutto col punto in cui lui ha dichiarato che fratel Ettore aveva comportamenti fuori dal comune, eppure "essendo così unico, ha reso però possibile imitarlo". Questo paradosso è tornato più tardi, nel corso della trasmissione su Alessandro.

Non potevo però lasciare Casa Betania senz'aver compiuto alcuni atti che sentivo doverosi. Anzitutto, ho salutato i membri del Tribunale ecclesiastico, pubblicamente elogiati da monsignor Apeciti, ma anche il Postulatore generale dell'Ordine dei Ministri degli Infermi, vale a dire i Camilliani. È stata grande la mia sorpresa nel vedere che era lo stesso religioso a cui, cinque anni fa, avevo segnalato la recensione di una Via Crucis di cui lui aveva curato le illustrazioni.

L'altro gesto è stato fermarmi sulla tomba di Sabatino Iefuniello, situata sempre nella cappella di Casa Betania. Fratel Ettore aveva insistito, come lui solo sapeva fare, perché venisse istruita la sua causa, ma non è andata più in là del nulla osta. Comunque oggi quasi nessuno si ricorda di lui, a parte me (qui il post che avevo scritto a suo riguardo, proprio il giorno in cui era iniziato il processo di fratel Ettore). Ovviamente ho pregato anche sulla tomba di fratel Ettore, raccomandandogli quanti conosco e che, come lui, vivono solo per i poveri.

Avrei voluto fermarmi nel salone di Casa Betania per seguire un piccolo spettacolo messo in scena dagli ospiti e dai volontari, ma dovevo essere a casa per le 13, così da mangiare qualcosa ed essere pronta per seguire, in diretta Skype, la trasmissione di Radio Mater.


Scie di profumo per via radiofonica

La chiamata via Skype

Scrivevo sopra che non è la prima occasione in cui alla radio si parla di lui: rispetto ai cinque minuti su TV 2000 nel 2019, ci sono almeno sei ore complessive, tra Radio Maria (quella meditazione di monsignor Apeciti fu il primo sguardo complessivo che mi è  stato dato di avere sulla sua vicenda), Radio Mater (sempre grazie a monsignore) e Radio Oreb (qui ringrazio una volta di più coloro che l'hanno resa possibile a tutti i livelli).

L'idea mi è venuta dopo che avevo iniziato a seguire la trasmissione Filo diretto con i nostri angeli, curata dal Gruppo Gam "Maria Porta del Cielo" e in onda l'ultimo sabato del mese. Gam sta per Gioventù Ardente Mariana: il gruppo di Alba  è composto soprattutto da genitori che hanno perso un figlio. Di fatto, le prime trasmissioni sono state dedicate a bambini e ragazzi del Gam, ma poi si sono estese a raccontare altre vicende. Mi chiedevo allora se un giorno non potesse venire il turno del mio caro seminarista.

Così, dopo aver pubblicato un post sul Servo di Dio Fabrizio Boero, l'ho segnalato al conduttore della trasmissione, che è l'attuale parroco della chiesa frequentata da Fabrizio, da lui conosciuto come viceparroco nella stessa comunità. Lui mi ha telefonato, entusiasta di quello che avevo scritto. Ho quasi subito colto l'occasione di parlargli di Alessandro: altrettanto repentinamente, ha fissato la trasmissione al 25 novembre.

Come già per Radio Oreb, ho iniziato a pensare alle persone da coinvolgere; anzitutto, i familiari di Alessandro. Poi sono passata a Filippo, il fraterno amico che si è trasformato in regista per raccontare storie che aiutino i giovani. Infine, ho contattato preti che sapevo essere stati suoi amici, trovandoli molto disponibili. Chi, per vari motivi, non ha potuto intervenire, mi ha comunque promesso il sostegno nella preghiera.

Ecco il link da cui scaricare il file audio in MP3 della trasmissione (qui, comunque, c'è l'archivio). Praticamente, ho guidato io la seconda parte! Garantisco che c'è da commuoversi, ma anche da ridere, proprio come accadeva, mi pare di capire, a chi è vissuto accanto ad Alessandro.


Più di un "grado" di comunione

Sono già stata molto lunga, ma, proprio per via di questa combinazione di circostanze  (già, ma chi combina le combinazioni?), mi è venuto da pensare ai tratti che accomunano Alessandro e fratel Ettore. Anzitutto, sono morti nel 2004, a quasi nove mesi di distanza: il primo, il 3 gennaio; il secondo, il 20 agosto.

In seconda battuta, nessuno dei due ha mai goduto di ottima salute; sono anche morti di malattie simili. Però, come Alessandro si considerava un "sano malato" e s'impegnava nello studio e nella pastorale, così fratel Ettore non ha mai visto le proprie condizioni fisiche come un limite.

Poi ho pensato a come entrambi si siano aggrappati al Rosario: il Camilliano lo distribuiva a piene mani e lo tirava fuori per stimolare alla preghiera, mentre il giovane lo teneva con sé in quel "particolare Seminario" (parole sue) che era il Policlinico di Milano e lo sgranava anche quando veniva colto dal sonno (ma era certo che la Madonna, come scrisse al cardinal Tettamanzi, completasse la sua preghiera).

Infine, ho riflettuto sul nome della casa madre dell'Opera di fratel Ettore: Casa Betania delle Beatitudini, ovvero luogo di accoglienza dove Gesù è incontrabile nel povero, ma anche ricordo della casa che fu riempita del profumo versato da Maria sorella di Marta e Lazzaro (un'altra che di gesti singolari se ne intendeva), secondo quell'icona biblica scelta da Alessandro per la sua Regola di Vita.

Non so se un giorno saranno accomunati anche dal giudizio ufficiale della Chiesa sul loro conto. L'esperienza m'insegna che nessun passo è scontato quando si tratta di questioni serie come le beatificazioni e le canonizzazioni, ma anche che la fama di santità non va artificiosamente procurata. Per questo, ora più che mai, non mi resta che pregare e riflettere.

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