Padre Giuseppe Marrazzo, un padre per tutti
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Giuseppe
Marrazzo nacque a San Vito dei Normanni, in provincia di Brindisi e oggi in
diocesi di Brindisi-Ostuni, il 5 maggio 1917, sesto dei nove figli di Luigi
Marrazzo e Maria Concetta Parisi. Non amava molto studiare, ma aveva un carattere
docile e una religiosità semplice e genuina.
Per
quest’ultimo motivo il suo parroco, monsignor
Francesco Passante, Arciprete di San Vito dei Normanni, intuì che in Peppino,
come lo chiamavano tutti in famiglia, potevano esserci i segni di una possibile
vocazione al sacerdozio. Il parroco era cugino della madre del ragazzo: fu lei
a porgli la domanda se volesse diventare sacerdote e ad ascoltare la sua
risposta positiva.
Il 20
ottobre 1930, tredicenne, Giuseppe entrò nella Scuola Apostolica, ovvero la
struttura per la formazione dei ragazzi che sembravano inclini alla vocazione
sacerdotale e religiosa tra i Rogazionisti del Cuore di Gesù. Tre anni prima
del suo arrivo, a Messina, era morto il fondatore dei Rogazionisti e delle
suore Figlie del Divino Zelo, il canonico Annibale Maria Di Francia
(canonizzato nel 2004).
Il 29 settembre 1934 Giuseppe
iniziò il noviziato, impegnandosi a vincere il suo peggior difetto, o come si
diceva al tempo, la sua passione predominante, ovvero l’invidia unita all’egoismo.
Emise la prima professione religiosa il 29 marzo 1936 e quella definitiva il 24
settembre 1940.
Fratello Giuseppe fu assegnato
alla Casa madre dei Rogazionisti a Messina, per il “magistero”, ovvero il
tirocinio pratico; si occupò quindi dell’educazione e dell’assistenza dei
bambini e dei ragazzi orfani.
Iniziò gli studi teologici il 9
ottobre 1939 presso il Seminario diocesano di Messina, perché all’epoca i
Rogazionisti non avevano una scuola teologica interna: la ebbero dal 1941.
Compensava le difficoltà nelle materie di studio con la determinazione a
compiere la volontà di Dio a ogni costo.
Pochi anni dopo, il Seminario
maggiore dei Rogazionisti fu sfollato a Barcellona Pozzo di Gotto: lì fratello
Giuseppe e sei compagni furono ordinati diaconi il 2 maggio 1943 e sette giorni
dopo, il 9 maggio, sacerdoti; l’anticipo era motivato dai tempi di guerra.
Nei primi anni da sacerdote,
padre Giuseppe iniziò ad appassionarsi al Sacramento della Confessione, ma nel
1956 fu inviato alla casa di Padova, come direttore spirituale dei seminaristi
rogazionisti (incarico che, tra gli altri, aveva già rivestito a Messina) e
animatore vocazionale. Obbedì, ma non smise di pregare per ottenere la grazia
di tornare a Messina: fu esaudito appena un anno dopo.
Da allora e per circa
quarant’anni, padre Giuseppe visse in Casa madre, dedicandosi alle confessioni
nell’annesso santuario di Sant’Antonio di Padova a Messina. Seguendo
l’insegnamento del suo fondatore, era molto vicino ai poveri e agli ammalati.
Aveva anche molte figlie
spirituali, nubili e coniugate, che però considerava più come delle sorelle o
delle madri. Era infatti convinto che la donna potesse contribuire alla
vocazione del sacerdote come “mamma spirituale”, ma solo se avesse preso a
modello la Vergine Maria sotto la Croce.
Il 29 novembre 1992, prima
domenica dell’Avvento di Rito romano, padre Giuseppe si sentì insolitamente
stanco. Cancellò tutti i suoi impegni, salvo la novena dell’Immacolata e la
Messa, e andò a dormire subito dopo la cena. L’indomani fu trovato morto nel
suo letto, a porta chiusa: la sua morte fu ricondotta ad arresto cardiaco, poco
dopo la mezzanotte del 30 novembre.
Il processo diocesano della sua
causa di beatificazione e canonizzazione, per l’accertamento dell’eroicità
delle sue virtù, si è svolto dal 5 maggio 2008 al 9 maggio 2015, nella diocesi
di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela.
Ieri, 8 novembre 2023, papa
Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui padre Giuseppe,
che dal 9 maggio 2014 riposa nel santuario di Sant’Antonio di Padova a Messina,
è stato dichiarato Venerabile.
Cosa c’entra con me?
Sicuramente,
non avevo sentito parlare di padre Giuseppe prima dell’uscita di una piccola
biografia su di lui, nel giugno 2016, che però non avevo acquistato.
L’anno
dopo, il 2017, il diacono Gianpiero Pettiti, mio collega dell’Enciclopedia
dei Santi, Beati e Testimoni, mi chiese di rivedere un suo testo su padre
Pantaleone Palma, il primo collaboratore di sant’Annibale Maria Di Francia
nella nascita dei Rogazionisti del Cuore di Gesù e delle Figlie del Divino
Zelo.
Per una
maggior sicurezza, decisi di contattare la Postulazione Generale dei
Rogazionisti, inviando il testo su padre Pantaleone l’8 febbraio 2017. Non
ricordo perché né come, ma nell’e-mail del giorno dopo, quindi il 9 febbraio,
scrissi di nuovo al Postulatore, chiedendo di spedirmi per posta anche la
piccola biografia di padre Giuseppe, oltre a quella dell’altro confratello e
agli immancabili santini di ciascuno dei due e di sant’Annibale. Il 13 febbraio
mi arrivò tutto, in grande abbondanza.
Dopo
aver letto il materiale e aver prodotto da zero la scheda biografica di padre
Giuseppe, inviai tutto al Postulatore, il quale, il 15 marzo 2017, mi rispedì i
testi corretti. Per la pubblicazione ci volle un mese e mezzo: avvenne il 31
marzo, ma non ricordo la ragione esatta (nell’e-mail parlo vagamente di un
problema informatico).
Inizialmente,
di padre Giuseppe mi aveva colpito la tenacia nel perseguire la propria
vocazione, che riconosceva essere un nuovo dono di Dio dopo quello della vita.
Insieme a questo, ero rimasta ammirata da come lui avesse intuito che la prima
vocazione per cui doveva pregare dovesse essere la propria, seguendo l’invito
che sant’Annibale sentiva venire dal Cuore di Gesù, espresso nelle parole «Pregate
il padrone della messe che mandi operai nella sua messe».
Mi
avevano poi fatto sorridere i coloriti epiteti che la gente gli attribuiva,
come quello di «118 degli ammalati», più pronto nell’intervento perfino dei
sanitari, oppure di «medico di guardia» della «clinica spirituale di Messina»,
come monsignor Francesco Fasola, arcivescovo di Messina (anche per lui la causa
è in corso), appellò rispettivamente lui e il santuario di Sant’Antonio, o
ancora di «taxista delle anime», definizione che padre Giuseppe diede di sé
medesimo. Sarebbe curioso se un giorno, già dopo la beatificazione, questi
termini formassero parte delle litanie in suo onore!
Il secondo, peraltro, mi ricorda la scritta «Sacerdote di guardia nelle ore del pomeriggio», che aveva fatto apporre sul proprio confessionale nel santuario della Madonna del Rosario di Pompei un altro candidato agli altari, il quale s’intendeva della cura delle anime, ma anche dei corpi, avendo esercitato la professione medica: don Eustachio Montemurro, del quale ho raccontato qui (e che peraltro era legatissimo a sant’Annibale, visto che lo sostenne quando gli istituti che a sua volta aveva fondato erano a rischio di soppressione).
Oltre
agli appellativi, mi sono parsi curiosi due mezzi coi quali cercava di
rallegrare le persone, sane o malate che fossero: il dono delle caramelle –
anche fra Daniele Natale amava regalarle – e la musica della sua chitarra. Non sono poche le fotografie
che ritraggono padre Giuseppe con quello strumento in mano, specie quando
visitava gli anziani dell’ospizio di Collereale; peraltro, aveva imparato a
suonare ormai da adulto.
A
unirmi più direttamente a lui sono tre elementi. Il primo è che c’entrano con
me i suoi maggiori riferimenti spirituali: il suo fondatore, sant’Annibale,
come raccontavo qui,
e il suo modello come confessore, san Leopoldo Mandić, a
cui avevo dedicato questo post.
Prima
di partire per Padova, depose sulla tomba del primo un biglietto dove chiedeva
all’«amato Padre», così esordiva, di poter tornare presto lì, in quel santuario
che per lui era «anticamera del Paradiso». Riguardo al secondo, invece, ne
aveva già sentito parlare quando ancora non era a Padova: in una preghiera
composta nel 1952, ovvero quattro anni prima della sua partenza, lo invocava
come «san Leopoldo da Castelnuovo», ma all’epoca il Cappuccino era ancora Servo
di Dio. Padre Giuseppe anticipava sicuramente il giudizio ufficiale della
Chiesa, che nell’uno e nell’altro caso si è comunque verificato, ma il grido
del suo cuore era genuino.
Il
secondo è che, tra le invocazioni mariane che mi sono più care, c’è quello della
Madonna del Buon Consiglio, di cui parlavo qualche anno fa. Il piccolo Peppino,
appena arrivato nella Scuola Apostolica di Oria, aveva già in mente di andarsene nel Natale successivo, ma non ebbe il coraggio di riferirlo alla
madre.
Col
passare degli anni, come riferì anni dopo nel suo diario, si sentì accompagnato
dalla Madonna nel superare la nostalgia e altre difficoltà, accettando i suoi
consigli come provenienti da Gesù stesso. Esiste un’altra foto nella quale lo
si vede piuttosto anziano, mentre contempla una stampa che riproduce l’immagine
devozionale della Madonna del Buon Consiglio; poco distante, sul ripiano della
sua scrivania, una bella scorta di caramelle.
Non mi
poteva lasciare indifferente, infine, la sua attenzione alla maternità
spirituale. Nel corso delle mie esplorazioni agiografiche, avevo già incontrato
molte figure che l’avevano vissuta in prima persona in quanto donne,
soprattutto consacrate ma non solo. In loro avevo trovato dei modelli per
avvicinarmi ai sacerdoti, specie giovani, e ai seminaristi che conoscevo,
cercando di non essere eccessivamente diretta e di non sviarli dalla loro
missione (purtroppo, alcuni hanno cambiato strada, e ancora oggi mi chiedo dove
ho sbagliato nel mio comportamento e nelle mie preghiere).
Con
padre Giuseppe vedevo, invece e per la prima volta, che un sacerdote ne
raccomandava l’importanza. Il suo primo esempio in tal senso era sicuramente la
sua madre secondo la carne, Maria Carmela, ma tra le sue penitenti c’era una in
particolare che considerava sua “mamma” secondo lo spirito. Quella maternità,
secondo lui, era un’ulteriore chiamata, un ultimo appello del Cuore di Gesù
crocifisso, sia a sua Madre Maria, sia al discepolo che, da quell’ora, la prese
con sé.
Eppure,
stando al testo biografico che ho letto sul sito del Dicastero delle Cause dei Santi poco
dopo aver appreso con vera gioia la notizia del decreto sulle virtù eroiche, è
stato proprio il concetto della maternità spirituale ad aver condotto i
cardinali e i vescovi dello stesso Dicastero a chiedere chiarimenti alla
Postulazione, che li ha prontamente forniti.
Infine,
qualcuno si è domandato quale fosse il segreto di padre Giuseppe. La risposta è
in questo omaggio in video, ma a ben vedere è un segreto alla portata veramente
di tutti.
Il suo Vangelo
Padre
Giuseppe ha annunciato la misericordia del Signore, fondamentalmente attraverso
il Sacramento della Riconciliazione. Non ha mai posto
limiti d’orario – se necessario, usciva dalla comunità anche a ora tarda – e
neppure nella selezione dei penitenti, che erano davvero di ogni stato di vita
ed età.
Anche gli incontri occasionali, in treno o per strada, erano per
lui occasione di mostrare un volto di Dio amabile, paterno, sorridente: i
mezzi, che mai separava dal fine, erano le immancabili caramelle, spesso
accompagnate da un invito a farsi santi, o la chitarra. Donava la misericordia
perché l’aveva sperimentata per primo, accogliendo la chiamata a diventare, da
povero pastorello, un segno di quel medesimo e infinito amore.
Nella già citata preghiera a san Leopoldo chiedeva di trovare
un buon direttore spirituale e di poter diventare il padre di tutti, cosicché
fossero attratti dall’amore di Gesù come la calamita attrae il ferro. Anche in
questo caso, la sua invocazione ha trovato compimento, perché priva di secondi
fini.
In
un’altra preghiera, datata 17 marzo 1960, padre
Giuseppe immaginava il momento della propria morte e del giudizio particolare
sulla propria anima. Sicuro che Gesù non poteva deluderlo, così pregava:
Eccomi:
non ho altro titolo che di aver creduto nella Tua bontà. Questa è l’unica mia
forza. Se la mia totale fiducia nel Tuo amore si dileguasse, tutto sarebbe
finito, perché senza di Te sono nulla.
Il
decreto di venerabilità è un’ulteriore tappa della sua causa, ma certifica che
la sua fiducia era sicuramente retta.
Per saperne di più
Gaetano
Passarelli, Padre Giuseppe Marrazzo – Semplicemente prete, Velar 2016,
pp. 48, € 3,50.
Piccola
biografia illustrata, che condensa i tratti essenziali della sua storia.
Anna Maria Ternullo, Padre Giuseppe Marrazzo – Un piccolo del Regno - Tra storia e memoria, Di Nicolò Edizioni 2021, pp. 304, € 20,00.
Biografia più corposa, con larghi estratti dei suoi scritti.
Su Internet
Sito ufficiale della sua causa, a cura dei padri Rogazionisti
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