Salvo D’Acquisto, fedele fino alla morte

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Chi è?


Salvo D’Acquisto (al Battesimo, Salvo Rosario Antonio) nacque a Napoli, precisamente nel quartiere del Vomero, il 15 ottobre 2020, primo degli otto figli di Salvatore D’Acquisto, impiegato civile al Commissariato Militare di piazza Guglielmo Pepe, e di Ines Marignetti, casalinga.

Frequentò l’asilo dalla Figlie di Maria Ausiliatrice, mentre per le elementari fu allievo, per i primi tre anni, all’Istituto Luigi Vanvitelli, passando, dalla quarta in poi, all’Istituto Sacro Cuore dei Salesiani di Don Bosco. Tornò dai Salesiani per frequentare il ginnasio dopo due anni alla scuola d’avviamento professionale Giovanni Battista Della Porta, ma dovette interrompere gli studi per non pesare sul bilancio familiare, anche perché aveva qualche difficoltà col latino.

Fu quindi inserito nella ditta del prozio Giuseppe Pindilfi, detto zio Peppino, il quale si faceva accompagnare da lui nelle visite ai malati nell’Ospedale della Vita e nell’Ospedale degli Incurabili. Queste visite contribuirono a far maturare nel ragazzo un’attenzione alle persone sole e sofferenti, già presente nel suo carattere riservato e mite.

Dopo aver ricevuto la cartolina per la visita militare, decise di entrare nell’Arma dei Carabinieri, seguendo le orme del nonno materno e di tre zii. Fece quella scelta dopo aver riflettuto e pregato a lungo, sia nella chiesa dell’Immacolata al Vomero, detta “la piccola Pompei”, sia davanti al quadro della Madonna del Buon Consiglio venerato nella chiesa di San Gennaro ad Antignano, sempre al Vomero, dove tra l’altro era stato battezzato.

Il 15 agosto 1939 iniziò il corso per Carabinieri effettivi presso la Scuola Allievi di Roma, diventando effettivo il 5 gennaio 1940. Il 23 novembre 1940, con la 608.a Sezione Carabinieri, sbarcò a Tripoli, dove rimase però solo un anno, a causa di una ferita alla gamba.

Rientrato in Italia il 13 settembre 1942, frequentò presso la Scuola il corso accelerato per essere promosso vice-brigadiere. Il 19 dicembre dello stesso anno fu destinato a Torrimpietra, a nord di Roma, perché aveva voluto essere inviato in una stazione periferica, per aiutare meglio la popolazione. Rimase lì anche dopo l’8 settembre 1943, nella situazione caotica che si era venuta a creare.

Il 22 settembre 1943, alcuni soldati tedeschi entrarono nella Torre di Palidoro, già deposito della Guardia di Finanza, e provocarono un’esplosione, nella quale un militare rimase ucciso e altri due feriti. Il vice-brigadiere fu prelevato dai tedeschi, che cercavano la “polizia italiana”, in assenza del maresciallo suo superiore, ma si rifiutò di rispondere su chi fosse il responsabile del presunto attentato. Per rappresaglia, vennero intanto catturati ventidue uomini del paese, ai quali fu unito Salvo, e trasportati alla Torre di Palidoro.

Agli ostaggi fu ordinato di scavare una fossa, anche usando le proprie mani. Quando il terreno fu pronto, il giovane chiese di poter parlare con un sottufficiale delle SS: aiutato da un interprete, affermò di assumersi la piena responsabilità dell’accaduto. Il sottufficiale attese però l’arrivo di un ufficiale per avere la conferma. Tutti gli ostaggi uscirono dalla fossa tranne Salvo, il quale cadde ucciso da tre raffiche di mitra.

Il suo corpo fu portato al cimitero di Palidoro, da dove, l’8 giugno 1947, fu traslato nel Mausoleo dei Caduti di Guerra a Napoli, presso Posillipo. Dal 1986 riposa invece nella prima cappella a sinistra della basilica di Santa Chiara a Napoli.

L’Ordinariato Militare per l’Italia ha seguito la prima fase della sua causa di beatificazione e canonizzazione, col processo durato dal 4 novembre 1983 al 25 novembre 1991, a cui si è aggiunta un’inchiesta suppletiva svolta nel 1986 presso la diocesi di Napoli.


NOTA: contrariamente al mio solito, non ho precisato l'indirizzo della causa, perché la questione è molto complicata; ho provato a sintetizzarla più avanti.

 

Cosa c’entra con me?


Non riesco a risalire con esattezza alla prima volta in cui ho sentito parlare di Salvo D’Acquisto. So di sicuro che una mia zia, cognata di mia madre, gli era particolarmente devota, tanto da aver visto più volte il film dove lui è interpretato da Massimo Ranieri e da non essersi persa la miniserie in cui il suo ruolo è stato assegnato a Giuseppe Fiorello.

Ha trasmesso questo affetto alle sue figlie, tanto che la maggiore ha voluto sposarsi a Santa Chiara per questa ragione. Non solo: lei ha più volte dichiarato che, se avrà un figlio maschio, gli darà il nome di Salvatore, in suo onore. A dire il vero, come ho indicato sopra, Salvo non era un diminutivo, ma il suo primo nome di Battesimo e il nome all’anagrafe.

Neppure so dire quando ho saputo che era sepolto in Santa Chiara, anche se doveva essere prima del 2001, anno del matrimonio di mia cugina, e che la sua causa era in corso. Ho invece bene in mente che dopo il 2006, lo stesso giorno in cui visitai per la prima volta le Sale Moscati al Gesù Nuovo, andai anche sulla sua tomba e chiesi qualche immaginetta ai frati del convento: ero infatti convinta che fossero loro a occuparsi della causa, come sembravano indicare i recapiti indicati nella quarta pagina della pagellina che avevo ricevuto.

Per anni ho creduto che la causa fosse stata avviata per verificarne il martirio, tanto da non essermi mai presa la briga di rivedere il suo profilo per santiebeati.it. Quando però venne promulgato il Motu proprio Maiorem hac dilectionem, il suo fu il primo caso che mi venne alla memoria, insieme a quello delle sei Suore delle Poverelle morte per il virus ebola.

Mi venne allora l’idea di rimaneggiare il testo biografico presente su www.santiebeati.it, trovandomi di nuovo a rifarlo daccapo. Il fatto è che l’autore del profilo precedente, morto quasi quando io avevo iniziato a collaborare al sito, aveva un gran cuore e una gran passione, specie per i personaggi giovani o napoletani come lui. Grazie al suo lavoro, moltissime storie hanno iniziato a circolare o a essere riscoperte; ne prendo atto. Il fatto, però, è che i suoi testi hanno spesso (non li ho ancora rivisti tutti) una sintassi zoppicante e una punteggiatura disordinata.

La revisione, però, ha comportato un’effettiva verifica del percorso seguito per verificare la santità di Salvo: leggendone i tratti biografici, infatti, non mi sembrava chiaro se ci fossero stati dei persecutori che avessero agito contro la sua testimonianza di fede. 

In realtà, se di martirio si doveva parlare, doveva essere per testimonium caritatis heroicis, ossia “per la testimonianza di eroica carità”, la stessa motivazione per la quale fu riconosciuto martire san Massimiliano Maria Kolbe. Almeno, così indicava Hagiography Circle, un prezioso aiuto per le mie ricerche.

Lo stesso sito indicava, come diocesi di riferimento per la causa, l’Ordinariato Militare d’Italia, ovvero la diocesi composta dai militari e dai loro cappellani. L’Ordinariato ha anche un suo Ufficio per le Cause dei Santi, come dovrebbe esistere in ogni diocesi. Di conseguenza, non capivo quale fosse il legame coi Frati Minori di Santa Chiara.

Ho quindi contattato l’Ordinariato, ma non mi fu indicato di parlare col postulatore, bensì con l’Ufficio Stampa. L’incaricato fu gentilissimo e m’inviò la biografia più recente, scritta da monsignor Gaetano Bonicelli, già Ordinario Militare, e un po’ di santini (che continuavano a indicare il riferimento alla vicepostulazione dei Frati Minori e a Santa Chiara).

Il libro mi è stato davvero utile per capire anzitutto l’ambiente in cui Salvo visse, non diverso da quello in cui erano immersi i miei antenati, tanto più che a mia volta ho origini napoletane. Ho poi riconosciuto che proprio la famiglia ha favorito la sua attenzione verso i più deboli, non rimproverandolo se arrivava a donare le proprie scarpe, oppure, ed è il caso dello zio Peppino, accompagnandolo a confortare gli ammalati. Ho poi appurato che i suoi legami con le donne erano, secondo il biografo, cortesi e gentili: sia con Ines Maria Monda e Maria Calignano, sue “madrine di guerra”, sia con Giuliana, una ragazza di Torrimpietra che non fu mai la sua fidanzata ufficiale, anche se la relazione era approvata dalla famiglia di lui.

Proprio il legame con la famiglia costituisce il primo aspetto che me lo rende affine. A causa dell’emergenza sanitaria, infatti, non so se e quando potrò tornare a Napoli. Le telefonate quasi giornaliere con la zia che mi ospita quando vado in vacanza, insieme ai contatti più saltuari con altri parenti, devono servirmi a non dimenticare le radici da cui provengo.

Il secondo, di cui non avevo affatto conoscenza prima di leggere quel libro, è che Salvo amava cantare: aveva una bella voce, da baritono per la precisione. Per qualche tempo, prima di entrare nell’Arma, aveva frequentato anche il Conservatorio di San Pietro a Majella, a Napoli. Non avendo visto il film, ignoro se questa sia la ragione per cui fu scelto Massimo Ranieri per interpretarlo, né so se ci sono scene canore.

Quanto alla questione della causa, il libro parlava di un “Convegno di studio” organizzato dalla Congregazione delle Cause dei Santi nel novembre 2007, nel quale, su nove consultori, tre votarono a favore del riconoscimento del martirio, mentre gli altri diedero parere sospensivo. In effetti, Hagiography Circle menziona la data del 30 novembre 2007 in riferimento al Congresso (questo il termine giuridico corretto) dei consultori teologi. Ho provato a contattare l’autore per capire se le due cose coincidessero, ma senza riuscirci. Neanche il mio contatto all’Ordinariato sapeva dirmi di più.

Ho quindi consultato la Bibliotheca Sanctorum, dalla quale ho appurato che, quando la causa fu aperta, venne scelta la via della verifica dell’eroicità delle virtù. Peraltro, il primo postulatore fu padre Germano Elia Cerafogli, dei Frati Minori; forse è stato grazie a lui che i suoi resti sono stati traslati a Santa Chiara.

C’era però un vizio di forma: il frontespizio dei due volumi della Positio e il lemma, ossia il titolo, della causa, parlavano di “vita, martirio e fama di martirio”, anche se padre Cerafogli l’aveva avviata per riconoscere le virtù eroiche. Nel 1999 si svolse quindi un’indagine suppletiva, appunto per verificare quello che impropriamente è detto “martirio di carità”. Intanto la causa era stata affidata a padre Paolo Molinari, postulatore generale della Compagnia di Gesù, che però è morto nel 2014. Il suo successore, nel 2017, mi aveva scritto  che la causa era passata ad altra mano e che non poteva aiutarmi. Nella mia scheda ho preso atto di tutto questo, riservandomi ulteriori modifiche.

Pochi giorni fa, scorrendo la homepage del sito di Avvenire, ho scoperto che oggi cadeva il centenario della nascita di Salvo. Ho quindi pensato di occuparmi di lui e di chiarire bene la questione, tanto più che volevo capire se, dopo il Motu proprio già citato, non si fosse pensato di reindirizzare ulteriormente la causa, per verificare l’offerta della vita.

Marco Roncalli, in un articolo uscito sul numero 41 dell'11 ottobre 2020 di Maria con te, nel quale riporta la testimonianza di Alessandro D’Acquisto, fratello di Salvo, accenna a questa possibilità. In quest’altro articolo per Avvenire, però, afferma che l’attuale postulatore, don Giuseppe Praticò, preferisce mantenere il riserbo, garantendo, di pari passo, che la causa va avanti.

 

Il suo Vangelo

 

La buona notizia rappresentata dalla vita di Salvo è basata sul concetto di fedeltà. Del resto, in onore al motto «Nei secoli fedele», la patrona dell’Arma dei Carabinieri è proprio Maria Virgo Fidelis.

Nei suoi quasi ventitrè anni, infatti, lui aveva cercato di essere fedele anzitutto ai suoi impegni di studente, tanto da dispiacersi quando, per non essere di peso alla famiglia, dovette interrompere gli studi. Fu fedele a quanto la nonna e gli altri familiari gli avevano insegnato, anche in termini d’impegni di preghiera: sono molte, a tal proposito, le testimonianze che riferiscono di come lui recitasse frequentemente il Rosario. Mantenne gli impegni con le “madrine”, nelle cui missive trovava il conforto necessario anche in mezzo alle fatiche della vita militare.

Infine, fu fedele al proprio dovere anche quando comprese di doversi assumere la responsabilità del presunto attentato, per evitare che i ventidue ostaggi, compresi alcuni padri di famiglia, venissero uccisi. A uno di essi, Nando Attili, rivolse le sue proverbiali ultime parole famose (non proprio le ultimissime, va detto per correttezza storica):

Senti, Nando, il mio dovere l’ho fatto. Per quanto io ho detto penso che voi sarete salvi. Io devo morire. Una volta si nasce e una volta si muore.

Spero quindi che il ricordo del suo eroismo contribuisca a far conoscere anche gli aspetti meno eccezionali della sua storia, in attesa di nuovi dati circa il suo cammino verso gli altari.

                

Per saperne di più

 

Gaetano Bonicelli, Salvo D’Acquisto – Martire di carità, Velar-Elledici 2015, pp. 48, € 5,00.

Il libro che mi era stato mandato dall’Ordinariato Militare, il cui autore propende decisamente per la verifica del “martirio di carità”.

 

Vera Bonaita, Salvo D’Acquisto, Velar 2016, pp. 20, € 5,00.

Una biografia per bambini, che sottolinea come Salvo vivesse già da piccolo la generosità che mise in pratica nei suoi ultimi istanti di vita.

 

Daniela Lombardi, Il mio dovere l’ho fatto – La scelta di un carabiniere, il dono di un cristiano, Libreria Editrice Vaticana 2014, pp. 112, € 12,00.

Biografia basata su testimonianze inedite di amici, parenti e colleghi carabinieri, nonché sui resoconti degli ostaggi.

 

Maria Arcuri, Salvo D'Acquisto – con dodici lettere autografe, Pietro Macchione Editore 2015, pp. 64, € 13,00.

Un libro che contiene i testi di dodici lettere del vice-brigadiere, messe a disposizione dall’Arma dei Carabinieri.

 

Su Internet

 

Non c’è un sito ufficiale, ma penso che sia bene rivolgersi, come ho fatto io, a quello dell’Ordinariato Militare in Italia.

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