Io c’ero #19: ad Assisi, per Carlo Acutis Beato (prima parte)



Per la serie: "Non facciamone un santino"...


Sono passati già due giorni dal mio ritorno a casa, dopo il viaggio ad Assisi per la beatificazione di Carlo Acutis. Solo ora, però, ho il tempo di riprendere le mie esperienze e raccontarle qua.

Come accennavo nel post successivo alla notizia del decreto sul miracolo, non avevo intenzione di mancare a questo appuntamento. Non era presenzialismo, il mio, né mania di protagonismo: sentivo che, se fossi rimasta a casa, sarei stata di pessimo umore.

In più, avevo deciso di vivere questo pellegrinaggio in spirito di espiazione per tutte quelle volte che mi era capitato di pensare che non fosse giusto che si parlasse continuamente di Carlo, tanto più che, come ipotizzavo nel medesimo post, proprio tramite la sua storia si è ricominciato a proporre come candidati agli altari bambini e ragazzi. Non che si fosse smesso, ma c’è stata una svolta, da allora in poi.

Anche per questa ragione, mi sono offerta di fare da corrispondente per il Portale www.chiesadimilano.it. Non era infatti prevista la partecipazione di nessun giornalista professionista, ma solo di operatori della comunicazione collegati alla Fondazione Oratori Milanesi (FOM).

Così, dopo la cronaca seria, ecco che ora racconto quello che ho vissuto in maniera molto più personale.


9 ottobre, 6.45 – Partenza quasi all’alba



A luglio, appena ho saputo che l’agenzia Duomo Viaggi organizzava per andare alla beatificazione, ho segnalato la mia adesione. In effetti, avevo chiesto a quelli di Santa Maria Segreta se avessero intenzione di partire almeno loro, o comunque mi ero resa disponibile per segnalare le iniziative in onore di Carlo, che abitava nel loro territorio.

Solo a settembre ho versato la prima parte della quota, completandola una settimana prima della partenza. Certo, l’aumento dei contagi mi stava iniziando a preoccupare, ma sentivo che, se avessi prestato attenzione al distanziamento e alle altre norme, non avrei avuto problemi.

Ho scelto di salire alla fermata più vicina a casa mia, all’angolo tra via Paleocapa e via Jacini, nei pressi della stazione di Milano Cadorna e della fermata della metropolitana Cadorna M1 M2. I parrocchiani di Santa Maria Segreta e i loro sacerdoti, più quelli che avevano deciso di montare sul mezzo dalla fermata di piazza Tommaseo, erano già lì.

Don Maurizio Corbetta, il parroco, è un’altra mia vecchia conoscenza. Infatti, quand’ero piccola e abitavo nella parrocchia dove lui arrivò come vicario, sono stata incoraggiata proprio da lui a entrare nel coro dei bambini, quando invece avrei voluto servire all’altare: il parroco del tempo, infatti, non era favorevole alle ministranti.

Il resto dei partecipanti è salito tra corso XXII Marzo e via Cipro, nei pressi della parrocchia del Preziosissimo Sangue. Con loro c’era don Mario Bonsignori, responsabile del Servizio per la Disciplina dei Sacramenti. Una mia amica mi aveva parlato di lui e dell’omelia che aveva tenuto quand’era venuto ad amministrare le Cresime nella parrocchia che lei frequenta. Così ho pensato che intervistarlo sarebbe stato un buon punto di partenza per il mio racconto di viaggio.


13.20 – A Santa Maria degli Angeli



Il nostro albergo era davvero a pochissimi minuti dalla basilica di Santa Maria degli Angeli, nell’omonima frazione di Assisi. Abbiamo pranzato senza neanche scaricare i bagagli, in modo da poter partire, tempo un’ora, per la città.


15.00 – Alla riscoperta delle Basiliche di San Francesco

 

L’arrivo nel piazzale della Basilica Inferiore mi ha fatto la stessa impressione di quando ci ho messo piede per la prima volta, quattro anni fa. Dopo aver visto documentari, trasmissioni culturali e religiose, sentivo con forza di trovarmi davvero di fronte a un patrimonio dell’umanità (immaginate queste ultime parole con la voce di Alberto Angela…).

La nostra guida ha illustrato le due chiese partendo da una visione d’insieme, passando poi ad analizzare gli affreschi principali. Questa volta ho potuto capirli meglio, anche se, a dirla tutta, ero preoccupata per la presenza di altri gruppi e per il fatto che molte delle persone che erano con me non stavano a distanza.

Passata nella Basilica Superiore, ho subito notato che il ritratto di Carlo era già stato posto dietro l’altare, coperto ovviamente da un telo, anche se s’intravvedeva in trasparenza. Ho ripensato a quando andavo nella sua parrocchia ogni anno per la Messa di suffragio e, sin da prima dell’inizio della causa, erano distribuite delle immaginette con la sua foto e, sul retro, la Preghiera Semplice falsamente attribuita a san Francesco d’Assisi. Per la prima volta, però, avrei visto, in quell’opera, la sua persona circondata da un alone di luce.


16.49 – Al Santuario della Spogliazione



La chiesa di Santa Maria Maggiore, ovvero il Santuario della Spogliazione, dista da San Francesco circa venti minuti a piedi. Già quando siamo arrivati noi c’era una certa coda, ma abbiamo notato che scorreva piuttosto in fretta. Anche in quel caso, purtroppo, ho notato uno scarso rispetto del distanziamento.

Mentre aspettavo, ho visto da lontano, nel cortile del Vescovado, Stefano Campanella, direttore di Padre Pio TV, e padre Francesco Di Leo, rettore del santuario di San Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo. Avrei voluto raggiungerli, ma temevo che gli altri in coda avrebbero creduto che intendessi saltare la fila; in più, non volevo fare la figura della fan esaltata.


17.17 – Di fronte ai resti di Carlo



Prima di arrivare dentro la chiesa, sono passata accanto all’oratorio che fu intitolato a Carlo già nel 2008, a due anni dalla sua morte. Ammetto di essere rimasta perplessa, quando lo seppi: mi sembrava inopportuno, dato che, ovviamente, non era né Beato né Santo. Forse la scappatoia era dovuta al fatto che non si trattava di un edificio sacro, ma di una struttura per bambini, ragazzi e giovani.

Sono entrata all’ora che ho indicato nel titolo. Ho deliberatamente scelto di non fare fotografie, anche perché la guida ci aveva sconsigliato: gli affreschi lì non sono ai livelli di Giotto, ma comunque sono molto poco conservati.

Non ho voluto fotografare neanche l’urna con i resti di Carlo, che hanno suscitato tanto scalpore dal giorno in cui sono stati esposti. Non ho ancora le competenze per distinguere tra corpo incorrotto e corpo intatto, ma ho formulato un’ipotesi: dopo i miracoli eucaristici, le apparizioni mariane e Inferno, Purgatorio e Paradiso, i corpi incorrotti sarebbero stati un soggetto perfetto per un nuovo sito e una nuova mostra ideati da lui.

Ho avuto timore di restare troppo di fronte all’urna, sia perché non volevo indugiare su dettagli come le scarpe o il colorito del volto, sia perché – ed era la motivazione principale – volevo evitare assembramenti, anche se i volontari mi sembravano abbastanza attenti. Il tempo di un Gloria al Padre (pregato con un po’ di scrupolo: in fin dei conti, a quell’ora lui era ancora Venerabile, ma l’ostensione dei resti era stata anticipata proprio per ragioni di affluenza), poi mi sono avviata all’uscita.

Contrariamente al mio solito, non mi sono fermata a lasciare una preghiera su uno dei registri all’ingresso: non volevo perdere il mio gruppo. Sono stata anche insolitamente rapida alla Libreria Fonteviva 2, adiacente il santuario, anche se mi è parso che il commesso non avesse apprezzato che io non volessi acquistare nulla su Carlo; del resto, avevo già i volumi che m’interessavano di più. Quanto ai santini, rispose ad altri miei compagni di viaggio che non potevano essere distribuiti prima dell’avvenuta beatificazione.


17.41 – Questo non è un locale...



Io non mi sono persa, ma una signora del mio gruppo sì, proprio perché si era trattenuta a scrivere una preghiera.

Mentre mi avviavo verso la chiesa di Santa Chiara col resto della comitiva, mi sono trovata ad avere, alla mia sinistra, un locale chiamato “Angolo Divino”, molto vicino al santuario della Chiesa Nuova (sorta, secondo la tradizione, sulla casa paterna di san Francesco). Ho subito pensato che fosse stato scelto in omaggio alla serie Che Dio ci aiuti, proprio come, qualche anno fa, erano stati aperti vari saloni di bellezza col nome Il bello delle donne.

Ho poi notato una targa di marmo con lettere di metallo, che indicava il “Convento degli Angeli”. A quel punto ho avuto un altro pensiero: il convento dove, nella finzione, vivono suor Angela e le ragazze del pensionato esisteva davvero, proprio come Città della Pieve dove si svolgevano le avventure di Carabinieri, o San Candido di Un passo dal Cielo.

Una signora del mio gruppo, invece, aveva provato a entrare, ma un uomo dall’aspetto di un muratore l’ha fermata, dichiarando che quello non era un locale vero. La conferma è arrivata poco dopo, quando ho scorto un furgone con un cartello che lo indicava come mezzo di servizio, con l’immagine di suor Angela e il logo della trasmissione.


17.50 – Santa Chiara al tramonto




La guida ci ha lasciati prima di andare nella basilica di Santa Chiara, lasciandoci liberi di visitarla per conto nostro.

Finalmente potevo avere un momento più tranquillo, che ho vissuto sotto lo sguardo del Crocifisso di San Damiano. Purtroppo non avevo con me un libretto che avevo comprato quattro anni fa, dove veniva spiegato ogni punto di quell’opera tanto significativa per il francescanesimo.

Ho pregato di fronte ai resti di santa Chiara pensando all’intenzione proposta per il mese di ottobre alla Rete Mondiale di Preghiera del Papa, ovvero l’Apostolato della Preghiera. Mi sono resa conto che la “pianticella di Francesco” non si era posta il problema di quale posto potesse avere, come donna, nella Chiesa: le bastava essere del Signore e seguire quella via che il suo conterraneo aveva iniziato, cominciando da subito ad avere qualche compagno.

 

20.00 – Chiacchiere agiografiche all’ora di cena


Durante la cena, ho cominciato a conoscere meglio le persone accanto alle quali mi ero seduta già all’ora di pranzo. Alla mia destra avevo Luca, parrocchiano di Santa Maria Segreta (anche se frequenta più Santa Maria delle Grazie) e imparentato da parte materna col Beato Luca Passi, fondatore delle Suore Maestre di Santa Dorotea. Di fronte a me, invece, c’erano Alessandra e Lorenzo, madre e figlio ventenne, di Varedo.

Tutti sembravano molto interessati ai temi collegati a come funziona una causa di beatificazione, alle tappe preliminari, alla verifica dei miracoli e alle questioni legate al culto di tipo diverso che spetta a un Beato o a un Santo.


21.30 – La veglia, quasi come alla GMG

 

Nessuno di noi era iscritto alla veglia “Eucaristia, la mia autostrada per il Cielo” organizzata dalla Pastorale Giovanile della diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino. Per questa ragione, prima di entrare, ci siamo sottoposti ai controlli e abbiamo firmato una dichiarazione per motivi di sicurezza sanitaria.

Tuttavia, mentre ero in coda, sono stata avvicinata da una ragazza, che mi ha indicato che avevo qualcosa di strano sui pantaloni. Mi sono subito allarmata e sono letteralmente corsa in albergo a cambiarmi. In realtà, era solo una macchia d’acqua, dovuta al fatto che, per la fretta, non mi ero asciugata bene uscendo dalla doccia.

Il mio unico paio di pantaloni di ricambio, però, mal si adattava al freddo della sera. Per questa ragione, mentre prendevo appunti per il mio secondo pezzo di cronaca per il sito diocesano, ho cominciato a sentirmi poco bene. Mi sembrava di replicare in tutto la GMG di Colonia: c’era il Santissimo Sacramento esposto, avevo sentito poco prima le sapienti parole di un maestro nella fede (allora papa Benedetto XVI, in questo caso monsignor Paolo Martinelli) e avevo i brividi, ma non perché fossi emozionata.

Sono stata sul punto di andarmene, ma la mia compagna di stanza, una ventenne di nome Nicole, voleva rimanere. Ho ammirato il suo contegno mentre ai canti si alternavano letture e silenzi e, per scaldarmi, ho iniziato a fare qualche passo; rispetto a Colonia, almeno, ci riuscivo.


10 ottobre, 0.30 – Un saluto al coro



Già che ero rimasta fino alla fine, ho pensato che avrei potuto salutare il coro Voci di lode, della Pastorale Giovanile locale. Volevo ringraziarli per aver resistito oltre un’ora a quella temperatura, oltre che per l’abilità canora. Poi volevo segnalare loro che anch’io faccio parte di una realtà simile, il Gruppo Shekinah, che tra i suoi canti originali ha uno che s’intitola Voce di lode.

La suora che dirige il coro mi ha ascoltata, ma solo per un breve momento, perché ormai era tardi: sono riuscita solo a dichiarare la mia stima per i suoi giovani. Mi sa che proverò a mandare loro una mail per spiegarmi bene.

Nicole, intanto, scalpitava perché aveva visto, in prima fila, la madre di Carlo. L’ho trattenuta perché la signora era stata circondata da giornalisti e fotografi, ma ora me ne trovo pentita. Spiegherò domani il perché, dato che ora sono stata già parecchio prolissa.



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