Pier Giorgio Frassati: il mio ideale di uomo… e di Santo

Fonte: libretto della Messa della canonizzazione
(© Associazione Pier Giorgio Frassati - Roma)

Chi è?

Pier Giorgio (al Battesimo, Pier Giorgio Michelangelo) Frassati nacque a Torino il 6 aprile 1901, primo dei due figli di Alfredo Frassati, fondatore del quotidiano La Stampa, e di Adelaide Ametis, pittrice dilettante. Fu educato ai principi religiosi in modo formale, ma cominciò ad approfondirli personalmente nell’infanzia. 

Iscritto all’Istituto Massimo D’Azeglio di Torino, passò all’Istituto Sociale dei padri Gesuiti, a partire dalla terza ginnasio, in seguito a una bocciatura: lì accrebbe la sua fede con l’aiuto degli educatori. Nel 1918 s’iscrisse al Politecnico di Torino, nella facoltà d’Ingegneria meccanica con specializzazione mineraria: desiderava infatti lavorare accanto ai minatori, classe di lavoratori tra le più abbandonate.

Trovò l’alimento per la sua vita anzitutto nell’Eucaristia adorata e ricevuta, quindi come membro di Azione Cattolica e delle Conferenze di San Vincenzo, nonché nell’impegno politico all’interno del Partito Popolare Italiano. Aderì nel 1922 al Terz’Ordine Domenicano, prendendo il nome di fra Girolamo in onore di fra Girolamo Savonarola. 

Amava anche molto la montagna e la compagnia dei suoi più cari amici, con alcuni dei quali fondò la Compagnia dei Tipi Loschi, un’associazione goliardica che univa giovani uomini e giovani donne, tra scalate in montagna e intensa preghiera. 

Il 30 giugno 1925 ebbe i primi sintomi della poliomielite, in forma fulminante, contratta probabilmente durante una delle sue visite ai diseredati di Torino. Morì pochi giorni dopo, il 4 luglio 1925, in casa sua, a ventiquattro anni compiuti.

A lui vennero intitolati associazioni, gruppi di Azione Cattolica, oratori e centri giovanili sin da prima della sua beatificazione, avvenuta il 20 maggio 1990 a opera del Papa san Giovanni Paolo II. È stato canonizzato ieri, domenica 7 settembre 2025, da papa Leone XIV. 

I suoi resti mortali sono venerati dal 1990 nella terza cappella della navata sinistra della cattedrale di San Giovanni Battista a Torino, mentre la sua memoria liturgica ricorre il 4 luglio, giorno esatto della sua nascita al Cielo.


 

Cosa c’entra con me?

Anche in questo caso, a canonizzazione avvenuta, aggiorno il post che avevo pubblicato tempo fa, anzi, quasi agli albori del blog: pensavo infatti che, essendo un giovane, dovesse essere tra le prime figure che avrei dovuto trattare.

La prima volta che ho sentito parlare di lui è stato nel 1993: sulle pagine de Il Giornalino era infatti serializzato un fumetto, dal misterioso titolo P.G,F., sceneggiato da Renato Polese. Mi sono da subito appassionata alle sue avventure, rimanendo molto dispiaciuta per la sua morte a causa della poliomielite. Anni dopo, traslocando, ne ho trovato una puntata, che ho riproposto qui facendo un po’ il verso a quei blogger che si occupano di fumetti.

Negli anni dell’adolescenza, ammetto di averlo lasciato un po’ in disparte, come quasi con tutti i santi del resto. Si è timidamente riaffacciato il 7 aprile 2001, durante la Veglia in traditione Symboli “Abbiamo creduto all’amore”, a lui dedicata a conclusione dell’anno centenario dalla sua nascita e in prossimità della GMG di Toronto, della quale era fra i patroni. Ricordo in particolare il canto conclusivo, Un santo vero per amico, tratto da un recital composto da Guido Meregalli e profondamente vero nelle sue parole (lo citavo insieme agli altri canti ispirati alla vita di Pier Giorgio).

Qualche anno dopo, ho trovato nel mio oratorio di nascita un librettino su di lui e, dato che ce n’erano delle copie in eccesso, ho chiesto al sacerdote responsabile se potessi prenderne uno. Mi si è aperto un mondo: nel fumetto, per quanto ricordo, si metteva molto l’accento sulla sua attività caritativa, un po’ meno su quella politica e sulla sua adesione, col nome di fra’ Girolamo, in onore di Savonarola, al Terz’Ordine di san Domenico.

Inoltre, ogni volta che varcavo l’ingresso degli uffici della Fondazione Oratori Milanesi per iscrizioni ad attività diocesane o per semplici informazioni, m’imbattevo in una gigantografia che lo ritraeva (se non sbaglio, è stata tolta o spostata). La frase scritta sotto di essa, «Verso l’alto», divenne col tempo un monito a non accontentarmi della mediocrità e a mirare in direzione di mete ritenute irraggiungibili dai più, prima fra tutte quella della santità di vita.

Quando ho iniziato a bazzicare le librerie cattoliche del centro di Milano, per acquisti parrocchiali o per un po’ di shopping compulsivo (a ciascuno il suo luogo), sono rimasta sconvolta dalla mole di libri su di lui, ma anche quella volta ho preso qualcosa di molto agile. Anche in quel caso, ho scoperto elementi dapprima sconosciuti e, in un certo senso, credo di essermi presa una “cotta” per lui.

Ebbene sì: pensavo che, se solo non fosse morto quasi novant’anni addietro, avrei tanto voluto fidanzarmi con Pier Giorgio. Era generoso, sportivo, pronto alla battuta, con un’intensa vita spirituale, che si accompagnava, come scrivevo prima, ad un’intensa attività al servizio dei più poveri. Senza contare, poi, il suo essere di famiglia benestante. Non è, però, che gli andasse tutto bene, come ha sapientemente e ironicamente scritto Lucia Graziano sul blog Una penna spuntata.

In ogni caso, avevo deciso d’invocarlo perché mi aprisse gli occhi e mi mostrasse che esistevano ancora giovani come lui. Così è stato: mi sono resa conto di avere accanto, solo per citarne alcuni, i miei compagni universitari della FUCI, tra l’altro una delle associazioni che frequentava, quelli aderenti a Comunione e Liberazione o alla Comunità di Sant’Egidio, ma anche quelli che, pur non appartenendo a nessuna associazione o movimento, cercavano d’intensificare il loro legame col Signore. In loro ho trovato soprattutto dei fratelli spirituali, poi diventati quasi tutti sacerdoti, ma anche uomini che ora, in politica e nel giornalismo, s’impegnano per il bene di tanti.

Sempre negli anni universitari, ricordo che avevo incrociato, sulle scale della libreria San Paolo di Milano, una mia compagna, che mi riferì di essere là perché cercava il film Se non avessi l’amore, che era proprio sulla vita di Pier Giorgio, ma senza trovarlo; adesso è disponibile su Raiplay e stasera va in onda su TV 2000. Forse mi è venuta da lì l’idea di cercare, un giorno, di elencare tutti o quasi i Santi e i Beati a cui fosse stato dedicato un film, un documentario o una fiction, ma in forma litanica: alla fine l’ho fatto qui.

Allora come ora, penso che l’ideale rappresentato da colui che Giovanni Paolo II definì, quand’era ancora Arcivescovo di Cracovia, “uomo delle otto Beatitudini”, valesse anche per la mia personale vicenda, in modo da poterlo ritradurre nel mio tempo e nei miei ambiti di vita; a questo mi riferivo nel definirlo “il mio ideale di uomo”.

Negli anni seguenti, quasi ogni volta che visitavo Torino, ho fatto in modo di sostare sulla sua tomba. La prima è avvenuta in occasione del pellegrinaggio della diocesi di Milano per l’Ostensione della Sindone, il 6 maggio 2010. Non sono purtroppo riuscita a trattenermi come avrei voluto, dato che il flusso dei pellegrini doveva continuare a scorrere verso il Sacro Lino. Era come se l’allora Beato volesse invitarmi a non fermarmi a lui, bensì a proseguire nel mio cammino, per amare e riconoscere il dolore di chi soffre, rappresentato dal misterioso oggetto esposto alla venerazione dei fedeli. 

Sono poi passata di lì per l’ordinazione sacerdotale dei primi preti del Sermig, tra i quali c’era un mio comparrocchiano, poi lunedì 31 agosto 2020 e, ultimissima, il 20 agosto scorso. Nella visita di cinque anni fa, ricordo di aver chiesto all’addetta al bookshop interno al Duomo se ci fossero santini di Pier Giorgio. Dopo un attimo, mi sono stati presentati cinque santini impolveratissimi, con le litanie a lui dedicate e la fotografia in cui è ritratto mentre compie una scalata. Ammetto di esserci rimasta un po’ male: pensavo che sarebbe risultato difficile dichiararlo Santo, se il materiale per farlo conoscere rimaneva quasi sottochiave; adesso, naturalmente, le cose sono cambiate.

La sua canonizzazione era un auspicio che davvero custodivo da molto tempo, tanto da esprimerla nel primo post della categoria S’ i’ fosse Papa, canonizzerei…, magari tramite dispensa dal secondo miracolo o per canonizzazione equipollente, data la fama di santità mondiale di Pier Giorgio. In realtà, lì scrivevo di essere a conoscenza della grazia ricevuta da Kevin Becker, ma ora è palese che non è quello il miracolo preso in esame.

Lo scorso anno, le voci della canonizzazione imminente si facevano sempre più pressanti, ma sono diventate vicine all’ufficialità con la dichiarazione del cardinal Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, al Convegno unitario di Azione Cattolica a Sacrofano. Così, il 26 maggio 2024, quando ho visto che il nome di Pier Giorgio mancava nell’elenco dei Decreti del Dicastero delle Cause dei Santi, ci sono rimasta un po’ male. Era solo questione di tempo, come ho avuto modo di vedere.

In questi mesi che mi separavano dalla canonizzazione ho colto molte occasioni per approfondire ancora di più la sua storia, quasi per compensare il fatto che credevo di non riuscire a essere presente, dato che avevo scelto di non andare al Giubileo dei Giovani. Invece, le circostanze che hanno condotto a fissare la data al 7 settembre (quella del 3 agosto non aveva avuto ancora la ratifica da parte del Concistoro) hanno giocato a mio favore, dato che domani presenterò il libro Nuovi Martiri a San Bartolomeo all’Isola Tiberina.

Appunto, nei mesi scorsi sono stata alla presentazione di due libri voluti dall’Azione Cattolica ambrosiana, ma ho anche deciso di dedicare a lui ben due articoli per la mia collaborazione con Avvenire, appena agli inizi. Per entrambi i casi ho chiesto la consulenza, e ancor prima l’autorizzazione, da parte del vicepostulatore della causa.

Nel primo articolo ho indagato, col fondamentale apporto del motore di ricerca interno dell’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni, quali fossero i candidati agli altari in rapporto con lui, o perché suoi contemporanei se non compagni di studi, o perché influenzati dalla lettura di qualche sua biografia.

Mi sono quindi accorta che i personaggi che si sono rifatti a lui e che sono almeno Servi di Dio sono tutti uomini: la cosa mi ha sorpreso, perché, pensando a colui che per secoli è stato il “Santo giovane” per eccellenza, da proporre non solo ai candidati al sacerdozio, ovvero san Luigi Gonzaga, fu ammirato e imitato da santa Bartolomea Capitanio e dalla Venerabile Laura Baraggia. Se qualcuno che mi legge conoscesse qualche donna che sia perlomeno Serva di Dio e avesse considerato Pier Giorgio importante per il proprio cammino, me lo scriva, per favore.

Il secondo articolo, invece, ha suscitato non poca meraviglia: in esso raccontavo i motivi per cui la causa era stata dapprima rallentata, poi archiviata (in latino ecclesialese, prima ha ricevuto il dilata ad mentem, poi il reponatur). La reazione, che proprio non mi aspettavo, era dovuta al fatto che quelle informazioni avrebbero dovuto restare riservate, ma invece il primo a renderle pubbliche è stato il gesuita padre Paolo Molinari, a cui la causa fu affidata per la ripresa: le ha raccontate per esteso nella sua relazione al XXIII Convegno degli Archivisti Ecclesiastici, svolto dal 30 settembre al 3 ottobre 2008.

Ora che ci penso, anche quando ho provato a delineare il mio legame con fra Girolamo Savonarola, lui mi era venuto in mente. Già leggendo la piccola biografia che avevo trovato in oratorio, mi ero stupita del perché avesse scelto un personaggio simile, solo apparentemente controverso.

A proposito di legami, mi sono resa conto che tra me e lui esistono leggere similitudini. Come lui era membro di associazioni e confraternite (è il patrono delle Confraternite italiane, tra l’altro) ed era in ottimi rapporti con membri di Salesiani, Cottolenghini, Domenicani e Gesuiti, anch’io spero di non essere risultata antipatica alle congregazioni religiose, soprattutto femminili, che ho frequentato più spesso, iniziando con l’immancabile richiesta di santini e materiale per conoscerne i fondatori e scrivere di loro.

Leggendo uno dei volumi curati da sua sorella – anche la biografia di Luciana medesima mi ha aiutata molto – ho poi scoperto che ci uniscono anche le Lacrime di Giobbe, quei caratteristici semi che vengono adoperati come grani da Rosario, cari anche ad altri Santi e candidati agli altari (quasi quasi ci faccio un post).

Io me ne sono procurato un bel quantitativo grazie alle suore Figlie dell’Oratorio e ne ho ricavato con le mie mani alcune corone, mentre lui coltivava con cura quella pianta nel giardino della villa di Pollone, possedimento della famiglia materna: chiedeva ad alcune Suore Francescane Angeline di montarle a corona, quindi regalava i Rosari ai suoi amici. Nella corona vedeva quindi un segno tangibile di quell’«unione nella preghiera» che auspicava nella lettera del 15 gennaio 1925 a uno di questi giovani compagni, Isidoro Bonini.

Se c’è invece qualcosa in cui non ci assomigliamo affatto, è la vocalità: ne facevo riferimento nel post dedicato ai canti ispirati alla sua storia.

 

Ha testimoniato la speranza perché…

Nella vita di Pier Giorgio mi pare di ravvisare continui segni di speranza, che irradiavano dalla sua persona energica, chiassosa, a volte esagerata, ma pronta ad agire per ciò a cui teneva. Solo stare con lui doveva far pensare, già allora, che non tutti i giovani uomini erano scapestrati, dediti a passatempi poco leciti o con una scarsa considerazione delle donne.

Più direttamente, dalle lettere che ci sono rimaste, emergono indizi che fanno pensare ancora di più a lui come un testimone della speranza. Penso ad esempio in quei passi in cui intrecciava le tre virtù teologali: parlava della carità riecheggiando il suo caro san Paolo e la prima lettera ai Corinzi, ma allo stesso tempo riconosceva che senza la fede non sarebbe riuscito ad attraversare le crisi e una vita a tratti piatta e monotona; l’unica consolazione, in assenza di essa, sarebbe stata la morte, quindi la disperazione.

Quando fu vicino per lui il momento del trapasso, infine, non morì disperato, come una certa narrazione ha continuato a riferire, fermandosi all’accorato «Mi perdonerà Iddio?» ripetuto sul letto di morte e perpetuando la bufala secondo cui sarebbe stato sepolto vivo (qui i miei tentativi di smentita).


Il suo Vangelo

Uomo delle Beatitudini e quindi uomo completo e riuscito fu Pier Giorgio, capace di far entrare Gesù in tutti gli ambiti della sua vita e di ricambiare il Suo amore visitandoLo nei poveri.

Alcune delle sue più note espressioni, illluminate dai fatti della sua vita, denotano un carattere forte e una coerenza estrema. Per lui era lo stesso difendere la bandiera del suo circolo di Azione Cattolica o la bacheca della FUCI al Politecnico, viaggiare in terza classe o riunirsi coi membri delle Conferenze di San Vincenzo, perché erano tutti segni della fierezza con cui viveva il suo essere cattolico.

Lo espresse con vera efficacia nella frase tratta dalla lettera del 27 febbraio 1925 all’amico Bonini che, insieme all’espressione «Verso l’alto», è diventata un suo slogan identificativo. Io stessa l’avevo citata nel primo post, ma forse è troppo inflazionata e, citata secondo la formula abbreviata, perde quasi l’energia con cui lui l’aveva scritta e ancor prima pensata, quindi non mi va di ripeterla.

Ho selezionato, invece, quest’altra, dalla lettera del 15 gennaio 1925 a un altro dei suoi migliori amici, quel Marco Beltramo che aveva soprannominato “Perôl” o “Perrault”, mentre lui era “Robespierre”, nel gergo della Compagnia dei Tipi Loschi. Mi fa pensare che anche lui era teso tra il “già” e il “non ancora”, o tra il “su” e il “giù” per dirla con Carlo Acutis, ma non disprezzava l’esistenza terrena:

Bello è vivere in quanto al di là vi è la nostra vera vita altrimenti chi potrebbe portare il peso di questa vita se non vi fosse un premio delle sofferenze, un gaudio eterno, come si potrebbe spiegare la rassegnazione ammirabile di tante povere creature che lottano con la vita e spesse volte muoiono sulla breccia, se non fosse la certezza della Giustizia di Dio.

Non posso concludere questo post senza un nuovo annuncio che mi riguarda, in cui c’entra anche Pier Giorgio: il vicepostulatore, dopo aver apprezzato il mio articolo sugli amici “in Cielo” del nuovo Santo, mi ha chiesto di presentarlo in una comunicazione durante il convegno storico che si terrà sabato 15 novembre al Polo del Novecento di Torino. Spero di fornire presto dettagli più completi!


Per saperne di più

Pier Giorgio Frassati, Lettere, Effatà Editrice 2019, pp. 368, € 16,00.

La raccolta completa delle sue lettere.

Roberto Falciola, Pier Giorgio Frassati – «Non vivacchiare ma vivere», Editrice Ave – Effatà Editrice 2019, pp. 80, € 12,00.

Biografia sintetica ma puntuale, con ricco apparato fotografico.

Carla Casalegno, Pier Giorgio Frassati. Biografia, Effatà Editrice 2025, pp. 384, € 24,00.

Riedizione di una biografia più ampia, aggiornata alla canonizzazione (non avessi il vincolo di citare cinque testi e non di più, avrei menzionato anche quella di Cristina Siccardi).

Paolo Asolan, «Io, ma non più io» - Pier Giorgio Frassati. Una biografia spirituale, San Paolo Edizioni 2023, pp. 256, € 20,00.

Un percorso spirituale attraverso le testimonianze su Pier Giorgio, le sue lettere e altri scritti.

Luca Diliberto, Pier Giorgio Frassati e la società dei tipi loschi, In Dialogo 2025, pp. 80, € 12,50.

La storia di Pier Giorgio per bambini e ragazzi, raccontata da un nonno al suo nipotino curioso.

 

Su Internet

Sito del comitato ufficiale per la canonizzazione 

Sito dei Sentieri Frassati, percorsi in montagna dedicati alla sua memoria

Pagina su di lui del sito Azione Cattolica scuola di santità 

Pagina su di lui del sito del Dicastero delle Cause dei Santi, con il profilo biografico e l’omelia della beatificazione 

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