Carlo Acutis, una vita originale perché santa

 

Fonte: libretto della Messa della canonizzazione

Chi è?

Figlio primogenito di Andrea Acutis e Antonia Salzano, Carlo nacque a Londra, dove il padre si trovava per lavoro, il 3 maggio 1991. Trascorse l’infanzia circondato dall’affetto dei suoi cari e imparando da subito ad amare il Signore. Il 16 giugno 1998 ricevette la Prima Comunione nella chiesa del monastero delle Romite dell’Ordine di Sant’Ambrogio ad Nemus a Bernaga di Perego (Lecco), mentre il 24 maggio 2003 fece la Cresima nella sua parrocchia, Santa Maria Segreta a Milano.

Frequentatore assiduo della sua chiesa parrocchiale, dove partecipava alla Messa festiva e a quella feriale, nonché di molti altri luoghi sacri e non della sua città, studiò all’Istituto Niccolò Tommaseo delle Suore Marcelline alle elementari (ma dal settembre 1997 al gennaio 1998 fu allievo del Collegio San Carlo di Milano) e alle medie, poi frequentò il liceo classico all’Istituto Leone XIII dei padri Gesuiti, accettando di seguire il cammino della Comunità di Vita Cristiana (CVX).

S’impegnò a vivere l’amicizia con Gesù e l’amore filiale alla Vergine Maria, ma fu anche attento ai problemi delle persone che gli stavano accanto. In particolare, sfruttò la sua abilità nell’informatica per allestire siti web, facendosi promotore ad esempio di quello della sua parrocchia e di uno per il volontariato del suo liceo.

Aiuto catechista per i bambini della Cresima del suo oratorio, scoprì che non tutti arrivavano preparati e consapevoli ai Sacramenti: per questo, decise d’ideare un sito e una mostra sui Miracoli Eucaristici, seguiti da uno sulle apparizioni mariane e da un altro su Inferno, Purgatorio e Paradiso.

Nell’ottobre 2006 fu colpito da leucemia di tipo M3. Quando ancora sembrava che si trattasse di qualcosa di lieve, dichiarò di essere disposto a offrire le sue sofferenze per il Papa e per la Chiesa, ma anche per andare dritto in Cielo.

Inizialmente ricoverato alla Clinica De Marchi di Milano, fu trasferito all’ospedale San Gerardo di Monza, centro specializzato per le malattie del sangue. Entrò in coma dopo le 14 dell’11 ottobre 2006, ma il suo cuore smise di battere alle 6.45 del giorno seguente; aveva quindici anni compiuti.

Fu beatificato il 10 ottobre 2020, nella Basilica Superiore di San Francesco ad Assisi, sotto il pontificato di papa Francesco. È stato canonizzato oggi, 7 settembre 2025, da papa Leone XIV.

I suoi resti mortali sono venerati nella chiesa di Santa Maria Maggiore – Santuario della Spogliazione, ad Assisi, mentre la sua memoria liturgica ricorre il 12 ottobre, giorno esatto della sua nascita al Cielo.

 

Cosa c’entra con me?

Il grande evento della canonizzazione di Carlo mi porta a rimaneggiare nuovamente il post che avevo pubblicato il 4 novembre (giorno in cui ricorreva il suo onomastico) 2015 e, in una seconda versione, il giorno della beatificazione.

Già dieci anni fa, quindi, sapevo che prima o poi avrei dovuto scrivere di lui, però avevo paura di cadere nelle trappole della retorica e di uno stile svenevole, un rischio che si corre specialmente quando si parla di personaggi morti in giovane età.

La primissima volta che ho sentito parlare di lui è stata in occasione dell’uscita della sua prima biografia, di cui ho avuto notizia tramite il teletext dell’emittente televisiva Telenova, precisamente nelle pagine dedicate all’anteprima del numero di Famiglia Cristiana in uscita. Avevo buttato un occhio all’articolo appena ho potuto, vivendo due reazioni contrastanti: da una parte, ero meravigliata nel vedere che storie di giovani esemplari esistessero ancora, dall’altra mi domandavo cos’avesse fatto di speciale per meritarsi una biografia a neanche un anno dalla sua scomparsa, per le Edizioni San Paolo per giunta.

Nonostante m’interessasse, però, non mi ero procurata il libro, accontentandomi della sintesi a puntate che monsignor Ennio Apeciti pubblicò nella rubrica che teneva su Fiaccolina, il mensile per ragazzi curato dal Seminario di Milano. Quegli articoli mi fecero intuire che quell’adolescente, di appena sette anni più piccolo di me, aveva effettivamente qualcosa di speciale, ma avevo ancora qualche dubbio.

Proprio per dar retta a questi interrogativi, avevo rimandato di continuo l’acquisto del libro finché non mi fu regalato da alcune suore, che conoscevano la mia attrattiva verso vicende del genere. Finalmente, dopo averlo letto, avevo capito un po’ di più perché Carlo poteva essere presentato ai suoi coetanei: per lo stile, sobrio ma gioioso, con cui viveva la sua fede.

A contribuire alla sua formazione spirituale avevano sicuramente provveduto l’affetto di suo padre e la passione per la Chiesa di sua madre, che solo negli ultimi anni ha dichiarato di doverla a lui stesso.

Inoltre, penso che il fatto di abitare vicino alla chiesa di Santa Maria Segreta abbia costituito per lui uno sprone ad andare a visitare Gesù appena possibile e a partecipare alla Messa anche nei giorni feriali, compatibilmente con gli impegni di studio.

Quello che mi aveva sorpresa di più, e che continua a farlo ogni volta che ripenso alla sua storia, è come Carlo riuscisse ad illuminare di fede tutti gli aspetti della sua vita, senza per questo apparire un fissato: la scuola, che pur essendo paritaria e retta da religiosi, era frequentata da persone che non ne condividevano pienamente i valori; il tempo trascorso con i domestici di casa, che trattava da amici, non da servi; la cura per i suoi cagnolini, che rispettava come creature di Dio; l’interesse per i più moderni ritrovati dell’informatica, che conduce ad ipotizzare che, se fosse vissuto abbastanza per vedere l’avvento delle reti sociali, ne sarebbe diventato un assiduo frequentatore. Mi piace pensare che, dato il nostro comune interesse per i Santi (anche lui, ad esempio, teneva molto a sant’Antonio di Padova) e per la vita ecclesiale, prima o poi sarebbe capitato qua, o sarebbe diventato un mio collega su santiebeati.it.

Dopo aver letto la biografia, avevo deciso di visitare quello che un tempo era il suo sito ufficiale, soffermandomi in particolare sulla pagina dedicata agli “amici in Cielo”. Riconosco che al tempo, a parte quelli più famosi, perlopiù erano nomi che non avevo mai udito prima, sentendomi quindi invitata a rinverdirne la memoria.

Sul sito avevo visto, tra l’altro, che in occasione del suo anniversario di morte si sarebbe celebrata una Messa di suffragio nella parrocchia d’origine, che non mi era sconosciuta, dato che ci ero stata parecchie volte d’estate coi miei familiari.

Insomma, il 13 ottobre 2008 mi ero decisa ad andare, portando con me una corona del Rosario di quelle che faccio io, da regalare a sua madre, in segno della mia preghiera per lei e per i suoi familiari. In quella circostanza, avevo promesso che non mi sarei mai più lamentata perché i miei interessi non venivano ritenuti normali da chi mi circondava; purtroppo, temo di non aver mantenuto molto quel proposito.

Terminata la Messa, mi ero accostata a un’anziana signora, scoprendo che si trattava della nonna, suppongo Luana, quella materna: lei, a sua volta, mi aveva presentato a mamma Antonia. Lei, prendendo in mano il mio regalo, aveva esclamato che suo figlio avrebbe benedetto il mio lavoro: dopotutto, la biografia racconta che non tralasciava mai la preghiera del Rosario.

Non molto tempo dopo, la sua vicenda mi è stata messa in parallelo con quella di un altro adolescente, suo e mio conterraneo, anche lui allievo di una prestigiosa scuola paritaria della nostra città: Aldo Marcozzi, studente presso l’Istituto Gonzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane. In un post scritto poco prima della beatificazione ho pensato di riproporre per esteso il parallelismo tra loro due, trovando consonanze effettive e divergenze di non poco conto.

Il 12 ottobre 2012, partecipando come ogni anno alla Messa di suffragio, avevo udito l’allora postulatrice riferire che la sua causa di beatificazione e canonizzazione era nelle fasi preliminari. Da allora avevo deciso d’intensificare le mie preghiere, sperando che le indagini fossero accurate e non affrettate, così da confermare l’opinione che su di lui hanno sempre avuto molti fedeli, anche al di là del suo Paese d’origine.

In effetti, penso proprio che questa storia non si sarebbe diffusa anche a livello mondiale senza l’avvento delle nuove tecnologie: di link in link, di condivisione in condivisione, la sua buona fama è diventata davvero qualcosa di ecclesiale.

Nel 2014, con i miei compagni del Gruppo Shekinah, coro giovanile della diocesi di Milano, sono partita per un pellegrinaggio in Terra Santa. La situazione politica aveva messo a rischio il viaggio, tanto che alcuni partecipanti si erano ritirati.

Io ho riflettuto a lungo, anche pensando a quanto Carlo rispose ad alcuni sacerdoti amici di suo padre: sentiva di non avere il bisogno di andare tanto lontano per cercare i luoghi della presenza terrena di Gesù, in quanto Lui è ancora presente nell’Ostia consacrata e quindi in ogni Tabernacolo. Alla fine, però, ho pensato che non volevo avere il rimpianto che spero lui non abbia avuto in punto di morte: come raccontavo qui, ho deciso di partire.

Due anni dopo, il Decanato Navigli, dove vivo, si è associato al Decanato Vercellina per condividere viaggio e spese verso la Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia. Santa Maria Segreta fa parte del Decanato Vercellina: mi è venuto spontaneo, quindi, invocare Carlo perché benedicesse anche quell’iniziativa.

Peraltro, se fosse stato ancora vivo, sarebbe stato in piena età da GMG. Non so se sarebbe stato dei nostri o meno: con tutta sicurezza sì, se avesse frequentato il gruppo giovani parrocchiale o se si fosse associato alla CVX dei Gesuiti.

Non lo sapevo ancora, ma di lì a poco si sarebbe conclusa l’inchiesta diocesana su vita, virtù e fama di santità di Carlo. Anzi, ero convinta che le fasi preliminari fossero ancora in corso, dato che non avevo avuto notizia della prima sessione del processo. Ho ritenuto giusto non mancare: qui la cronaca di quella serata.

Col passare dei giorni, però, ha iniziato a impadronirsi di me una forma d’invidia sempre più forte. Non capivo perché, semmai cercassi di raccontare di qualche altro giovane speciale, mi venisse risposto che c’era anche Carlo. Ogni volta che ne sentivo parlare in televisione o su qualche rivista, m’incollerivo ancora di più. Eppure sentivo di non dovermela prendere con lui, o con Dio che continuava a permettere che ciò accadesse.

Avevo poi una curiosità che non potevo chiedere a chi si era occupato del processo diocesano, per via del giuramento di segretezza: dato che Carlo padroneggiava il computer da programmatore esperto, secondo le testimonianze, avevo pensato che le nuove tecnologie dovessero essere prese in considerazione per verificare la santità di qualcuno. Ho deciso di esporre quella domanda alla dottoressa Lodovica Maria Zanet, collaboratrice della Postulazione Generale della Famiglia Salesiana, ottenendo una risposta tutto sommato attendista.

Tra i motivi che mi facevano arrabbiare riguardo lui c’era anche il fatto che quasi ogni casa editrice cattolica ha in catalogo una monografia o un libro a suo riguardo; con la canonizzazione questo è naturalmente aumentato. Non mi sono quindi stupita di trovarlo in Giovani Campioni, un repertorio di storie di bambini, ragazzi e giovani, non tutti con la causa in corso o conclusa. Ero invece molto più felice perché c’era il Testimone a cui tengo maggiormente, come dicevo nella recensione.

La notizia del decreto sull’eroicità delle virtù mi ha spiazzata non poco: erano passati più o meno due anni dalla fine dell’inchiesta diocesana. In più, il fatto che il suo biografo era diventato il suo nuovo postulatore mi aveva insospettita; ora, invece, so che a volte capita che per la fase romana cambi.

Poi avevano cominciato a circolare voci relative a un presunto miracolo, avvenuto nella diocesi brasiliana di Campo Grande: guarda caso, era lo stesso luogo da cui veniva l’imprimatur alla novena ufficiale che avevo trovato, un giorno, di passaggio per la Curia Arcivescovile di Milano.

Per riuscire a placare il mio nervosismo, avevo iniziato a stilare l’elenco dei motivi per cui credevo di provare invidia e, dall’altro canto, quelli per cui, in fin dei conti, non potevo non ammirare Carlo. Pensavo di pubblicarlo quando avrei avuto la notizia del decreto sul miracolo: così è stato.

La settimana dopo, già aveva cominciato a diffondersi il coronavirus, con la conseguente sospensione delle Messe col popolo. Un frate cappuccino del convento di viale Piave – peraltro uno dei luoghi milanesi che il ragazzo amava di più – aveva deciso di percorrere la città con il Santissimo Sacramento in una teca.

Mentre mi recavo a intervistarlo, mi sono chiesta cos’avrebbe fatto Carlo in una circostanza del genere e mi sono data qualche risposta, che ho riportato al termine del post in cui raccontavo il pellegrinaggio eucaristico-metropolitano di quel religioso.

Più in generale, molto spesso mi sono interrogata su quali posizioni avrebbe assunto lui: se fosse stato incasellabile tra i progressisti o tra i tradizionalisti, se avrebbe avuto delle presenze sui social e come avrebbe accolto i pronunciamenti ecclesiali circa le nuove tecnologie o l’intelligenza artificiale. Mi sono anche domandata come avrebbe vissuto la rinuncia al ministero petrino di papa Benedetto XVI, gli anni di papa Francesco e l’elezione di papa Leone XIV.

Riguardo alla sua vocazione, ammetto di aver fantasticato pensandolo come un ottimo elemento per i Paolini o per i Gesuiti, se non per il clero diocesano: quest’ultima ipotesi è stata più volte ventilata dalla madre, non ultima nel libro-testimonianza Il segreto di mio figlio (qui la mia recensione). Quanto alla domanda rivolta alla dottoressa Zanet, ho trovato risposta in un’intervista alla signora Antonia sul Corriere della Sera: in sostanza, sono stati interpellati degli esperti che, scandagliando il computer del ragazzo, non hanno trovato contenuti sconvenienti o dannosi.

Appena ho saputo del pellegrinaggio diocesano per la beatificazione, ho scelto di prendervi parte. Non per ragioni di presenzialismo, ma per cercare, in quella stessa Assisi che era il luogo dove lui diceva di essere più felice, la ragione per esserlo io, anche grazie alla sua intercessione.

Nei post che ho scritto all’epoca, ma anche negli articoli usciti sul Portale dell’Arcidiocesi di Milano, ho riferito le mie impressioni e le mie sensazioni. Qui riporto solo che, al momento in cui fu solennemente letta la Lettera Apostolica per la beatificazione e ancor più mentre veniva svelato il ritratto del nuovo Beato, ho promesso a Dio che avrei fatto di tutto per dare risalto a ogni storia, di ogni Testimone, che mi fosse capitata a tiro.

In questi ultimi anni ho continuato a oscillare tra invidia – di tale si tratta e non lo nego – per la sua notorietà (che è cosa diversa dalla fama di santità) sempre più crescente, e ammirazione, ovvero lode a Dio perché continuava a servirsi di lui. Non ho mai, mai, MAI pensato, però, che non fosse giusto dichiararlo Santo, proprio perché, interessandomi alla sua vicenda ben prima dell’avvio della causa, ne avevo tratto insegnamenti preziosissimi.

Immaginavo poi che non ci sarebbe stato bisogno, per lui, di ricorrere alla canonizzazione con dispensa dal miracolo, nonostante la fama di santità davvero mondiale, tant’è che non l’ho mai riportato nei post S’ i’ fosse Papa, canonizzerei: in più di un’occasione, infatti, i social media avevano dato notizie di grazie singolari, prontamente smentite (ma sicuramente tenute in considerazione) dalla postulazione della sua causa. In effetti, non mi risulta che il miracolo esaminato per la canonizzazione fosse stato anticipato in qualche maniera, naturalmente non dalle fonti ufficiali.

Proprio perché non ho mai denigrato né disprezzato la sua santità personale, avevo deciso di partecipare anche alla canonizzazione, tanto più che, a ridosso della data inizialmente fissata, ci sarebbe stata la presentazione del libro Nuovi Martiri, a cui ho collaborato. Avevo poi deciso di partire ugualmente per Roma, quando la morte di papa Francesco ha fatto saltare tutto.

Ho quindi partecipato anche alla Messa in cui ci sarebbe stata la canonizzazione. Tuttavia, incontrando in giro per via della Conciliazione moltissimi fedeli con le immagini di Carlo su magliette e bandane e, soprattutto, vedendo che l’arazzo col suo volto non campeggiava sulla facciata di San Pietro, ho avvertito come una fitta dolorosa al cuore.

Anche le recenti polemiche montate a suo riguardo mi hanno addolorata moltissimo. Ho cercato di mitigare quel dispiacere pensando a quel che ha spesso ripetuto il cardinal Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi: la Chiesa proclama i Santi non per loro stessi e nemmeno per farsene un vanto, ma per far capire a chi è ancora in cammino su questa terra che è possibile vivere come ha insegnato Gesù, indipendentemente dalle epoche, dall’età o dagli stati di vita. Lho ribadito, anche se avevo solo un filo di voce a causa di una temporanea afonia, nella presentazione di un interessante approfondimento sulla sua storia riletta attraverso il libro biblico del Siracide.

Così, appena ho saputo che Carlo sarebbe stato dichiarato Santo insieme a Pier Giorgio Frassati, alla cui canonizzazione pure avrei voluto partecipare (ma avevo deciso di non essere presente al Giubileo dei Giovani, quindi il cambio di data è risultato a mio favore), mi sono interrogata se ripartire o meno. La risposta, come avrà capito chi mi legge da tempo, è sì, anche perché la presentazione di Nuovi Martiri è stata ricalendarizzata al 9 settembre, quindi tra due giorni.

 

Ha testimoniato la speranza perché...

Da quello che è stato reso pubblico dei suoi appunti spirituali, ma anche da ciò che è stato raccontato di lui, Carlo mi pare un testimone della speranza anzitutto perché ha guardato alla trascendenza restando saldo nella vita che conduceva, senza sbilanciarsi da una parte o dall’altra, come invece certe narrazioni della sua storia tendono a far pensare.

Sento poi che non posso negare il suo invito a sperare nella vita il più beata possibile, sia nel tempo che viene dato sulla terra sia nell’eternità, non solo per sé, ma per tutti. Non si spiegherebbe altrimenti, quindi, il suo impegno attraverso le mostre e i siti per far conoscere i Miracoli Eucaristici, gli appelli della Madonna, il Rosario, le realtà ultraterrene e i mezzi per ottenere le indulgenze.

 

Il suo Vangelo

Decisamente, la cifra principale con cui Carlo è ricordato è il suo amore a Gesù nel Santissimo Sacramento. Perfino monsignor Gianfranco Poma, che fu il suo parroco quando lui era vivo, ha affermato che, giunto da poco a Santa Maria Segreta, ebbe il suo primo incontro con lui mentre sostava in preghiera davanti al Tabernacolo: ho scelto proprio questo come episodio di partenza nell’articolo che gli avevo dedicato sul numero di gennaio 2021 di Sacro Cuore VIVERE. Il tutto senza dimenticare che era un figlio del suo tempo, sia nella società civile sia nella Chiesa.

Eppure, dalla beatificazione in poi, molti hanno sottolineato che questo aspetto non lo rende per nulla imitabile, anzitutto dai bambini e dai ragazzi come fu lui. Ci sono state poi posizioni che hanno chiamato in causa la sua famiglia e i suoi educatori, rimproverati per avergli fornito strumenti troppo datati e poco radicati nella vita ecclesiale contemporanea. Come ho cercato di ribadire, io non sono di questo avviso, altrimenti non gli avrei dedicato, a oggi, diciotto post escluso questo.

Sarebbe scorretto, inoltre, pensare che la sua vicenda umana e spirituale ricalchi quelle di altri giovani e giovanissimi ufficialmente proposti ad esempio, o in cammino per diventarlo. Penso ad esempio a Domenico Savio, che prima di lui era l'adolescente santo per eccellenza (e rimane comunque più giovane di lui, come riferivo nel post che gli avevo dedicato): in questo contributo uscito sull'agenzia InfoANS dei Salesiani sono sviluppati i legami che aveva con lui e con altre figure della Famiglia Salesiana. È comunque innegabile che grazie a Carlo si è riscoperta la santità adolescente, come avevo dimostrato qui.

Io stessa, già nel 2015, stavo per correre il rischio del paragone, dando all’articolo, in fase di stesura, il titolo «Carlo Acutis, l’adolescente eucaristico 2.0» e aggiornando, quasi fosse la nuova versione di uno di quei programmi informatici che il ragazzo conosceva a menadito, la qualifica che fu riferita al suddetto Aldo Marcozzi.

In effetti, oggi molti pensano a lui come a un “santo 2.0”, ossia a un modello nuovo di esemplarità (espressione che a mia volta ho usato nellintervista immaginaria che gli ho rivolto per Sacro Cuore VIVERE), ma, come mi rimproverò un sacerdote che avevo avvicinato a margine della sessione conclusiva dell’inchiesta diocesana, Carlo è Carlo, punto e basta.

Doveva essere consapevole lui per primo della propria unicità, altrimenti non avrebbe assunto quel pensiero secondo cui tutti nascono come originali, ma molti muoiono come fotocopie: come ho dimostrato ad esempio qui, deriva da un’opera del filosofo inglese del XVIII secolo Edward Young.

Altre sue riflessioni sono emerse nelle pubblicazioni curate dalla famiglia e dalla postulazione uscite recentemente; mi paiono assai più personali. Penso ad esempio a quanto scrisse dopo aver ascoltato durante una Messa feriale – lo riferisce la madre nel libro Il segreto di mio figlio, ma senza precisare la data – il brano del Vangelo secondo Giovanni in cui Gesù si paragona a un chicco di grano che dà frutto solo se muore:

Oso dire che siamo tutti questo chicco di grano, nel senso che siamo tutti in posizione minima, come un chicco, però un chicco talmente prezioso che il Signore si aspetta da esso tutto quanto si può immaginare.

Come già scrivevo dieci anni fa e ribadivo dopo altri cinque, anzi, come avevo intuito appena finito di leggere la prima biografia, mi viene da concludere che dobbiamo continuare a pregare e a tenere gli occhi aperti: ci sono ancora, nelle nostre parrocchie, negli oratori e nei movimenti, ragazzi che mettono Gesù al centro delle loro vite. Personalmente, ne sono convintissima, e lo sono ora più che mai, perché me l’ha mostrato lui per primo.

 

Per saperne di più

Ai testi che già segnalavo nelle vecchie versioni di questo post (la primissima biografia, per esempio, è uscita aggiornata alla canonizzazione), aggiungo:

Antonia Salzano Acutis, Santa Messa santo me - La vita in Cristo secondo Carlo Acutis, Piemme 2025, pp. 416, € 18,90.

Secondo di una quadrilogia di libri (il primo è la riedizione de Il segreto di mio figlio) curati dalla madre e dalla postulazione della causa, parte dagli appunti di Carlo, dalle sue riflessioni e dai testi di altri autori spirituali a lui cari, per descrivere cosa pensasse della Messa e dellEucaristia.

Antonia Salzano Acutis, Nicola Gori, Non io ma Dio - L'imitazione di Cristo secondo Carlo Acutis, Piemme 2025, pp. 304, € 18,90.

Terzo volume della quadrilogia, presenta la via della somiglianza a Cristo secondo la sua esperienza.

Antonia Salzano Acutis, Giovanni Emidio Palaia, Spiritual insight - Riflessioni e appunti dagli esercizi spirituali di Carlo Acutis, Piemme 2025, pp. 420, € 18,90.

Quarto volume della quadrilogia, con gli appunti relativi ai giorni di ritiro che, insieme alla famiglia, si ritagliava ogni anno alla Verna.

Ennio Apeciti e Giovanni Emidio Palaia, Carlo Acutis. I luoghi della vita e della fede, Centro Ambrosiano 2025, pp. 80, € 4,00.

Da Londra ad Assisi, senza per questo trascurare le vie di Milano, un itinerario nei luoghi dove Carlo è vissuto o è passato. Ammetto che avevo avuto un’idea analoga, a ridosso della beatificazione.

Maria Teresa Antognazza, Carlo Acutis e il miracolo dell’amicizia, Centro Ambrosiano 2025, pp. 80, € 9,50.

Riedizione aggiornata della biografia per ragazzi uscita per la beatificazione (al tempo era l’unica pubblicazione della nostra casa editrice diocesana a suo riguardo).

 

Su Internet

Sito ufficiale dell’Associazione Amici di Carlo Acutis, attore della sua causa

Il vecchio sito ufficiale 

Sezione del sito del Santuario della Spogliazione dedicata a lui 

Speciale del Portale della Diocesi di Milano dedicato alla canonizzazione 

Sezione del sito della parrocchia di Santa Maria Segreta dedicata a lui

Carlo - Sui passi di Acutis, podcast prodotto da Avvenire

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