Suor Eugenia Joubert, catechista ardente, dolce e paziente
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NOTA PREVIA: non ha di fatto cambiato nome con la professione dei voti, ma è più nota col nome italianizzato; lo userò quindi parlando di lei come suora, ossia dai voti temporanei in poi.
Chi è?
Eugénie
Joubert (al Battesimo, Marie-Antonia-Jeanne-Eugénie) nacque l’11 febbraio 1876
a Yssingeaux, nella regione francese del Puy, quarta degli otto figli di Pierre
Joubert e Antoinette Celle, proprietari terrieri e coltivatori della vite. Per volontà della madre,
studiò dai cinque agli undici anni dalle Orsoline di Monistrol-sur-Loire,
quindi dalle Suore di San Giuseppe del suo paese, infine al Collegio Santa
Maria di Puy.
Intorno
al 1889, suo padre si separò dalla moglie, andando a vivere a Queyrières, dove
aveva una casa di campagna. Eugénie, quindi, aiutò la madre nella cura della
casa e nell’educazione dei fratelli più piccoli. Dedicava inoltre il resto del
suo tempo a visitare i poveri e a insegnare il catechismo ai bambini.
Arrivata
a diciott’anni, quindi in età da marito, non si sentiva ancora pronta per una
scelta di vita. Frequentava però le Suore della Santa Famiglia del Sacro Cuore,
congregazione della quale faceva parte una delle sue sorelle, Marie.
Il 2
luglio 1895, dopo un colloquio col fondatore, il gesuita padre Louis-Etienne
Rabussier, decise di entrare in quella stessa congregazione. Il 6 ottobre dello
stesso anno iniziò il postulandato, accolta dalla fondatrice madre Maria
Ignazia (al secolo Adelaïde) Mellin.
Il 13
agosto 1896 ricevette l’abito religioso dalle mani di padre Rabussier, ad
Aubervillers, nella periferia est di Parigi: si trovava lì dal 7 aprile, per
aiutare come catechista continuando in pari tempo la formazione. L’8 settembre
1896 professò i voti temporanei a Saint-Denis, in un antico convento
carmelitano, diventato sede del noviziato delle Suore della Santa Famiglia del
Sacro Cuore.
Nel
1902 ebbe i primi sbocchi di sangue, segno inequivocabile di una tubercolosi
polmonare. Fu inviata quindi nella comunità di Liegi, in Belgio, dove peraltro
suor Maria, sua sorella, era superiora. Con la speranza di una guarigione, fu
destinata alla comunità che stava per insediarsi a Roma, ma né il cambiamento
di aria, né i pellegrinaggi compiuti nelle chiese romane e a Loreto giovarono
alla sua salute.
Il 6
maggio 1904, consigliata dai medici, tornò a Liegi, ma dal 18 giugno seguente
non si alzò più dal letto. Morì il 2 luglio 1904, nove anni esatti dalla sua
decisione; aveva ventott’anni.
Suor
Eugenia fu beatificata a Roma il 20 novembre 1994 dal Papa san Giovanni Paolo
II. I suoi resti mortali sono venerati dal 30 giugno 2024 nella chiesa di Sant’Eligio a Liegi, in un’apposita
cappella, mentre la sua memoria liturgica ricorre il 2 luglio, giorno esatto
della sua nascita al Cielo.
Cosa c’entra con
me?
La mia conoscenza di suor Eugenia è collegata a un piccolo libro su di lei, uscito nella collana Pionieri dell’editrice Elledici e ormai fuori catalogo. Non ricordo però se l’avessi trovato tra gli opuscoli che rischiavano di essere buttati via nel corso di alcuni lavori nella mia parrocchia di nascita, o se l’avessi ricevuto per posta dall’autore medesimo. Di sicuro, la sua storia mi aveva intenerita perché terminata in età piuttosto giovane; a quel tempo prediligevo esempi come il suo, sentendoli più vicini a me.
Non
ricordo per quale ragione, ma molto tempo dopo mi sono accorta che il suo
profilo sul sito Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni mi sembrava
molto esiguo. Ho quindi ripreso quel libretto per migliorare la sua pagina, accorgendomi
che, sul finale, presentava i contatti della casa romana delle Suore
della Santa Famiglia del Sacro Cuore.
Ho telefonato, ma mi è stato risposto che quelle suore non risiedevano più lì, o meglio, che erano rimaste in due e molto anziane. Avrei però potuto ricevere qualche aiuto se avessi scritto un’e-mail all’indirizzo che mi stava per essere dettato: quando ho finito di scrivere, mi sono accorta che avevo sotto gli occhi il recapito delle suore Missionarie della Divina Rivelazione. Mi sono subito ricordata che poco prima, nel 2018, alle Cresime nella mia parrocchia, ne avevo incontrata una, suor Benedetta. Già sapevo, poi, che la loro congregazione era uno dei frutti delle apparizioni della Vergine della Rivelazione a Bruno Cornacchiola (qui il mio articolo su di lui).
Nello
scambio di messaggi che seguì, non solo le suore mi aiutarono a completare la
scheda biografica mandandomi la scansione di un altro libro, ma mi spiegarono
anche cosa le collegasse alla Beata Eugenia, tanto da considerarla una vera e
propria sorella spirituale.
In
sostanza, la loro casa di via delle Vigne Nuove 459 a Roma era stata la sede
generalizia delle Suore della Santa Famiglia del Sacro Cuore, che avevano
lasciato prima il Belgio, poi la Francia. Le due sorelle anziane erano rimaste
anche dopo che madre Prisca Mormina e le sue prime figlie spirituali si erano
stabilite lì (le Missionarie della Divina Rivelazione sono congregazione di
diritto diocesano dal 2001); al tempo in cui ho scritto erano ancora vive.
Non mi
ero dimenticata di suor Eugenia, soprattutto perché, cercando nei miei file
quello relativo al sacerdote Albert Joubert, martire in Congo e beatificato con
tre Missionari Saveriani lo scorso 18 agosto, mi saltavano fuori anche i
documenti su di lei, ovviamente per via dello stesso cognome (magari una
lontana parentela c’è, dato che era figlio di un francese membro della Guardia
pontificia e di una donna africana).
Lo
scorso 7 gennaio, mentre cercavo in Rete tutt’altro, ho visto su di un sito di
acquisti librari l’uscita di un libro nuovo su di lei. Il sito dell’editore non
diceva nulla a riguardo, così ho iniziato a indagare. Ho quindi scoperto che
non solo esisteva un’associazione a lei intitolata, ma anche che le sue spoglie
non erano più nella loro precedente collocazione. A quel punto, la scheda per santiebeati
andava modificata, almeno nella parte finale; purtroppo non ci sono ancora riuscita.
Ho
proceduto a scrivere all’autore del libro nuovo, il giornalista François Vayne,
di cui leggo spesso i contributi per la rivista Maria con te: la mia
conoscenza del francese è molto scolastica e un po’ arrugginita, per cui ho
preferito scrivergli in italiano e lasciargli un recapito telefonico. L’8
gennaio mi ha inviato un messaggio vocale per ringraziarmi, ma anche per invitarmi
agli eventi previsti nell’ambito del
Giubileo dei Catechisti (ecco il programma completo) e collegati alla Beata.
Lo stesso giorno ho ricevuto un’e-mail dai
responsabili dell’associazione Amis de la
bienheureuse Eugénie Joubert, nuova parte
attrice della causa insieme alla diocesi di Liegi: sono stati loro a spiegarmi
come stavano le cose. Precisamente, l’ultima Suora della Santa Famiglia del Sacro
Cuore, suor Maria Caterina, aveva ufficialmente trasmesso all’associazione (che
il 9 ottobre 2023 è stata riconosciuta canonicamente dal vescovo di Liegi come
associazione privata di fedeli) e alla diocesi di Liegi tutto il patrimonio
spirituale della Beata, compresa la custodia dei suoi resti mortali; è morta due
mesi dopo quell’atto solenne, precisamente nell’agosto 2023.
Nel
frattempo ho preso contatti con l’editore italiano, perché speravo di poter
parlare del libro sia su Avvenire, sia qui, magari per la Giornata Mondiale
della Vita Consacrata. Anche il Giubileo dei Catechisti avrebbe potuto essere
una buona occasione, ma valeva la pena di anticiparmi.
Ottenuta
la copia per recensione, mi sono messa al lavoro. Mi sembrava di vanificare un
po’ gli sforzi dell’autore leggendo il libro quasi di fila, ovvero senza
rispettare la scansione dei quindici giorni di meditazione, ma era l’unico modo
per andare piuttosto rapidamente e consegnare il mio pezzo per il giornale: alla fine è uscito nel numero di sabato 15 marzo, solo sul giornale cartaceo.
Mi sono
fatta l’idea che la Beata Eugenia fosse un tesoro da non lasciare nascosto e
che, se Dio ha voluto che il suo esempio non andasse perso, dev’esserci un Suo
disegno particolare a riguardo. Non so se sono troppo fatalista, ma è un
pensiero che andava avanti man mano che approfondivo gli aspetti della sua
storia: la situazione familiare difficile, la scelta della vita consacrata, la
devozione a Maria e quella al Sacro Cuore di Gesù (del resto, il fondatore
delle sue suore era membro della Compagnia di Gesù, da sempre legata al culto
del Sacro Cuore), l’impegno come catechista, le virtù dell’umiltà e
dell’obbedienza, ma anche la costanza nelle sofferenze, viste come
compartecipazione alla Passione di Cristo, pur senza smarrire (almeno, così
assicurano le testimonianze riportate) la gioia e il sorriso.
Inoltre,
chi ama gli incroci provvidenziali tra storie sante, come me, non rimarrà
deluso. Al di là del fatto che suor Eugenia sia nata nel diciottesimo
anniversario delle apparizioni della Madonna a Lourdes e del fatto che il suo
pellegrinaggio a Loreto si sia svolto poco tempo prima del passaggio di santa
Teresa di Lisieux per quel santuario (avvenuto nel 1887) e che come la giovane
carmelitana scalza francese, ma anche come santa Bernadette, sia morta ripetendo
il nome di Gesù, è accertato che, nei suoi giorni romani, lei andasse spesso a
pregare a Santa Maria ai Monti, luogo della sepoltura di Benedetto Giuseppe
Labre.
Come
avevo raccontato nel post che gli avevo dedicato qualche mese fa, Labre è stato
canonizzato nel 1881, quindi una ventina d’anni prima dell’arrivo a Roma delle Suore
della Santa Famiglia del Sacro Cuore, ma per decenni la sua storia è caduta
quasi nel dimenticatoio, tanto che non era più considerato un santo “di moda”:
ultimamente, invece, sta godendo di un recupero e di un’attualizzazione senza
precedenti.
Sembra
quasi lo stesso destino della Beata Eugenia: sia la sua diocesi di adozione,
sia quella di nascita, sia l’associazione guidata dal pronipote si stanno
impegnando a presentare la sua testimonianza e a tramandarla a nuove
generazioni di credenti, anche tramite i mezzi di comunicazione digitale.
Ho
invece molto da imparare da lei, soprattutto nell’umiltà e nello spirito di
sopportazione di malanni e offese. Di certo lei guardava all’umiltà di Gesù
Bambino, che aveva contemplato nell’immagine del “pupo de Roma” venerato nella
basilica dell’Ara Coeli: con le altre suore, ebbe il permesso speciale di
toccarlo e sicuramente se ne portò in Belgio una riproduzione. Ne avrei voluta
qualcuna anch’io, quando sono stata all’Ara Coeli lo scorso novembre, ma non ho
trovato lo spazio dei ricordini.
Ha testimoniato la
speranza perché...
Da quel che ho letto, ho capito anche che suor Eugenia è stata testimone della speranza, anzitutto perché ha insegnato ai bambini a pregare, dai suoi fratellini ai piccoli dei quartieri periferici di Parigi. Lo faceva non solo con le formule come gli atti di fede, speranza, carità e dolore, ma con il suo stesso esempio, seguendo quindi quanto madre Maria Ignazia voleva per le sue figlie.
Quando
poi la tubercolosi (la “malattia dei santi” per eccellenza prima che si
manifestassero tante forme tumorali, anche se ogni malattia, se ben accolta,
aiuta a santificarsi) le ha tolto la possibilità di stare tra i bambini e di
vivere con loro il catechismo, ha posto tutta la sua speranza nel Cuore di
Gesù, ricevendo in cambio intuizioni spirituali tradotte in forma di dialoghi
tra lei e il Signore, trascritti nei suoi quaderni per ordine della superiora
generale: possono essere intese sia come effettive locuzioni interiori, sia
come frutto di una relazione personale e intima con Lui.
Il suo Vangelo
L’essenza della testimonianza di suor Eugenia risiede proprio in questa fiducia profonda, coltivata dall’infanzia e maturata nella scelta della consacrazione religiosa. La madre voleva a tutti i costi che abbracciasse quello stato di vita, come del resto aveva già fatto Marie, la maggiore delle figlie femmine; tuttavia, fino all’estate del 1885, lei non sapeva ancora dove fissare la sua tenda, secondo le sue medesime parole.
Alla
fine si è stabilita nella congregazione di padre Rabussier e madre Mellin, che
aveva come scopo continuare la vita di Nazareth in mezzo alla società francese,
destinata a una progressiva secolarizzazione, e quindi vivere l’amore che univa
i membri della Sacra Famiglia e che si è poi effuso tramite il Cuore di Gesù.
Si
proponeva di trasmettere quello stesso amore ai bambini delle “periferie rosse”
parigine: a detta delle testimonianze, spesso riusciva a trasformare quelli
testardi in piccoli apostoli tra i coetanei. Realizzava quindi quanto aveva
annotato in uno dei suoi quaderni di meditazione, sul tema «L’abnégation»:
Dolcezza verso i
fanciulli. Se qualcuno più vivace degli altri provoca in me l’impazienza,
penserò alla dolcezza, alla pazienza che Gesù mi dimostra, nonostante le mie
infedeltà.
Chi si
accosta oggi all’esperienza credente di suor Eugenia percepisce come il
pensiero dell’amore di Gesù sia utile per moderarsi anche se non si vive il
servizio, anzi, ormai il ministero di catechista.
Per saperne di più
François Vayne, Pregare 15 giorni con la beata Eugenia Joubert – Ardente catechista, Gribaudi 2025, pp. 98, € 8,00.
Un
itinerario di preghiera per quindici giorni, basato sugli scritti di suor
Eugenia e sulle testimonianze contenute nelle sue prime biografie.
Su Internet
Sito ufficiale (versione italiana) e pagina Facebook ufficiale (con post plurilingue) dell’Associazione Amis de la bienheureuse Eugénie Joubert
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