Marco Gallo: alla ricerca della felicità (Cammini di santità #29)


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Tra i post più letti di questo blog (suppongo merito dell’immagine che avevo scelto, in mancanza di una vera foto del protagonista, almeno al momento), c’è il primissimo dopo l’introduzione. Quel che il cardinal Angelo Scola, all’epoca arcivescovo di Milano, aveva dichiarato riguardo alla lettera di Marco Gallo, che quindi proponeva indirettamente come esempio ai suoi coetanei di Milano città, mi fece convincere che avrei dovuto rilanciarlo su questo mio spazio web, nato da pochissimo.
Fu grande la mia sorpresa quando la madre di quel ragazzo mi mandò un’e-mail, che però era finita nella posta indesiderata. Fu ancora più grande quando venni a sapere che stava per uscire un libro che conteneva scritti e ricordi di Marco, a cinque anni dall’incidente in cui morì, e che lui sarebbe stato incluso nella mostra a pannelli Santi della porta accanto.
Dato che non avevo ancora letto il libro, ho colto come pretesto la possibilità di parlare di lui nella mia rubrica su Sacro Cuore VIVERE. Prima ancora di prenderlo, ho interpellato i familiari del diretto interessato, mediante la pagina Facebook ufficiale e l’indirizzo che era riportato nelle informazioni della pagina stessa.
Tra messaggi, telefonate, la visione di alcune testimonianze e la lettura del volume, ho pensato che in effetti, su Marco, c’era moltissimo da dire. Dovevo però cercare di rendere il più universale possibile il discorso su di lui, evitando le espressioni tipiche del Movimento di Comunione e Liberazione, a cui doveva molto. La raccomandazione di sua madre, allo stesso tempo, era di far parlare lui attraverso le sue stesse parole, con lo stesso intento dei curatori del libro. A chi legge, il compito di stabilire se io ci sia riuscita o meno.

* * *

7 agosto 2011. La famiglia Gallo, composta dal padre Antonio, dalla madre Paola e da tre figli, è in vacanza negli Stati Uniti d’America. È il compleanno di Francesca, la figlia maggiore. Suo fratello Marco le consegna il suo regalo, frutto di lunghe ricerche, mentre viaggiano in automobile; è imbarazzato e accenna un timido sorriso. Fa per aprirlo, però Marco la prende per il polso e l’invita a leggere prima il biglietto che accompagna il dono. Francesca apre il foglietto piegato in quattro e legge: «Per tutte le volte che mi hai perdonato». Nella riga sotto, un altro messaggio: «Ogni giorno scegli tu dove guardare». La carta da regalo svela un uccellino di legno, con la testa rivolta in alto. Quella piccola scultura e quella frase, successivamente, avrebbe fatto ripensare Francesca al modo in cui suo fratello aveva cercato di vivere il tempo della propria esistenza.

Le curiosità dell’infanzia

Nato il 7 marzo 1994 a Chiavari (GE), Marco Gallo da bambino è esuberante, quasi esplosivo. Sua madre rimane sorpresa nel sentirlo pronunciare le prime domande su come funziona il mondo, come quella volta, nel maggio 1998, durante le preghiere della sera: «Dal seme cresce l’albero. Ma il seme da dove è venuto, se prima non c’era l’albero? Chi ce lo ha dato?». Mamma Paola risponde: «È Dio che lo ha seminato». Il bambino conclude: «Sì: ce lo ha messo in mano e noi lo abbiamo seminato ed è cresciuto grande grande».
Nel settembre 1999 si trasferisce 16 maggio 2020 con la famiglia ad Arese, in provincia di Milano, per motivi di lavoro del padre. L’anno successivo, i Gallo si stabiliscono a Lecco (LC): iscrivono Marco alla scuola elementare parificata «Pietro Scola». Nei suoi compiti affiorano le prime riflessioni più profonde. Il 22 maggio 2004 scrive: «La vita di san Francesco Saverio è cambiata per un solo momento: il colloquio con Ignazio e la domanda “e poi?” che gli è rimasta come un tarlo. Aiuta mi Signore a trovare quel momento, ad ascoltare quella domanda che mi faccia capire qual è la cosa che più conta nella vita».

Per vivere pienamente la vita

Negli anni delle medie, l’insegnante d’Italiano invita lui e compagni a tenere un diario. Marco annota quello che gli accade, il suo interesse per la botanica, le esperienze che vive a scuola. Descrive anche il mare della Liguria, dove torna sempre per le vacanze in famiglia, o le piccole avventure accanto alle sorelle e agli amici di sempre.
Tuttavia, le domande vere continuano a far parte di lui e si acuiscono quando la sorella Francesca comincia le superiori. Quando anche Marco comincia il liceo scientifico, al «Don Gnocchi» di Carate Brianza, la sua idea fissa è avere un gruppo di amici come quello che ha la sorella. Tuttavia, scrive in un racconto autobiografico del 2011, «La mia confusione mi portò a: felicità= amici= uscire sabato sera… che era il mio nuovo ideale».
I suoi genitori, per tutti i figli, hanno scelto sempre scuole che rispecchiassero le indicazioni educative del fondatore di Comunione e Liberazione, don Luigi Giussani. Sentono infatti una profonda consonanza tra i valori che vivono e che quel tipo di istituti s’impegna a trasmettere. Proprio grazie a una delle proposte della scuola, ovvero la vacanza in montagna dell’estate del 2009, Marco intuisce per la prima volta come poter sperimentare la vera amicizia. È aiutato in questo anche da Francesco detto Cassino, uno dei suoi professori, e da Chris Basich, consacrato dei Memores Domini.
Nel dicembre dello stesso anno, Marco consegna alla madre tre fogli intitolati «Il metodo per vivere pienamente la vita per rispondere alle domande ultime; scritto per i giovani, raccontato da un giovane». Coniugando fede e ragione, afferma sul finale: «Infine, chiarisco che cercherò di capire tutto con un principale punto di riferimento: la mia fede, poiché per me è il metodo attraverso cui raggiungo Dio nella concezione cristiana, l’origine del tutto; ma spiegherò la connessione tra questi aspetti della vita e l’origine, capendo e non credendo senza capire».

La radice della sua gioia

La primavera del 2011 porta due momenti importanti per Marco, dopo i quali appare più sereno e quasi luminoso: gli Esercizi Spirituali nel Triduo Pasquale e il 1° maggio, a Roma, la beatificazione di Giovanni Paolo II. Per prepararsi a questo viaggio, vede molti filmati del Papa polacco: gli servono per sentirlo vivo in quello stesso istante. In particolare, si sente rispecchiato nell’invito rivolto nella Messa d’inizio pontificato. Il giorno dopo racconta in una lettera agli amici, poi pubblicata dal settimanale «Tempi»: «È come se, finalmente, qualcuno mi abbia capito. Una comprensione che va oltre quella degli amici e delle persone che ho incontrato. Come se il segreto della vita fosse racchiuso qui, in queste parole».
Marco trova un amore appassionato per Dio e per gli uomini sia in papa Wojtyła sia in san Francesco d’Assisi. Ama particolarmente il film su quest’ultimo, diretto da Liliana Cavani, tanto da sottoporre i familiari a continue e approfondite visioni. Sempre più spesso, poi, si ferma a pregare nel santuario francescano di Santa Maria delle Grazie, vicinissimo alla sua nuova casa di Monza (MI) [in realtà MB, ndr].
Dialoga sulla fede con chiunque e in modo naturale, sia col suo anziano vicino di casa, sia con i ragazzi con cui pratica atletica leggera nella società «Forti e Liberi» di Monza, perfino durante i festeggiamenti dopo qualche vittoria. «Ma come, Gallo? Tu così di chiesa?», gli domandano con un misto di ammirazione e di stupore. Il 15 settembre 2011 scrive su Facebook: «Se sono più felice, si dovranno pur chiedere da dove viene questa gioia».
Lui sapeva di averla trovata nel Signore, a cui si rivolge in un altro scritto, riecheggiando sia una poesia di Giacomo Leopardi tanto amata da don Giussani, sia una frase udita dal missionario padre Aldo Trento:
«“Cara Beltà, che amore
lunge m’ispiri”, sei ciò per cui vivo.
Accadi nelle mie giornate,
in fatti umanamente eccezionali,
come Te, amico mio,
che “mi hai amato infinitamente
di un amore non tuo,
avendo pietà del mio niente”».

L’ultima domanda

Nell’autunno dello stesso anno, Marco appare turbato da alcuni episodi: l’incidente occorso a un suo compagno appena fuori dalla scuola, la morte del pilota motociclistico Marco Simoncelli e quella di Giovanni Bizzozero, amico di un suo caro amico. «La vita è breve. Poteva succedere a me, a te. Non sprecarla», scrive in un messaggio col cellulare.
La mattina del 5 novembre 2011 sale sul suo motorino per andare a scuola. Lungo la strada provinciale da Monza a Carate Brianza, all’altezza di un semaforo, un’auto compie un’improvvisa inversione a U. Marco cerca di frenare, ma l’asfalto è bagnato per la pioggia: muore rompendosi l’osso del collo.
La sua famiglia non riesce a trovare il senso di quanto è accaduto, almeno fino al pomeriggio dello stesso giorno, quando la madre e altri parenti entrano nella sua stanza per prendere i vestiti con cui seppellirlo. La sua amica Alice, anche lei presente, si accorge che sul muro accanto al Crocifisso di San Damiano, che lui stesso aveva voluto appendere, c’è scritto qualcosa. È una frase del Vangelo di Luca, che fino al giorno prima non c’era: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?». Grazie a quella scritta, tracciata con l’inconfondibile grafia da mancino del ragazzo, tutti iniziano a riconoscere che ora Marco è insieme a Gesù risorto, quindi è per sempre felice.
Ogni anno, il 1° novembre, ai familiari di Marco si uniscono centinaia di giovani per un pellegrinaggio al Santuario della Madonna di Montallegro, vicino a Rapallo (GE), uno dei suoi luoghi preferiti. Molti, anche in altri periodi dell’anno, vanno poi a trovarlo al camposanto di Casarza Ligure, dove riposa in attesa della risurrezione finale.

Originariamente pubblicato su Sacro Cuore VIVERE 3 (maggio 2020), pp. 16-17 (visualizzabile qui)

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