Suor Agostina Pietrantoni: non martire col sangue, ma testimone d’amore e di servizio


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Chi è?

Livia (così la chiamavano tutti, ma al Battesimo era Oliva Ulpia Candida) Pietrantoni nacque a Pozzaglia Sabina, in provincia di Rieti e diocesi di Tivoli, il 27 marzo 1864. Era la seconda degli undici figli di Francesco Pietrantoni e Caterina Costantini.
Già nell’infanzia si sentì attratta dalla preghiera e dalla solitudine: amava spesso andare a pregare in una cappellina in località Rifolta e in altre chiese del suo paese.
Iniziò a lavorare prestissimo: prima dei dieci anni contribuì ai lavori di costruzione della strada da Poggio Moiano a Orvinio, portando secchielli di ghiaia. Tra i quattordici e i quindici anni, invece, raccolse le olive nelle campagne dei dintorni di Tivoli. Allo stesso tempo, aiutava in famiglia e curava la nonna e il padre, infermo a letto. Nel tempo libero, visitava gli anziani di Pozzaglia.
Respinse almeno due proposte di matrimonio, ma solo a uno zio, fra Matteo, confidò che avrebbe voluto farsi religiosa e dedicarsi al servizio dei malati, anche lavorando giorno e notte. Il parente cercò una congregazione adatta a lei e individuò le Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret.
Il 22 marzo 1886 Livia arrivò alla Curia generalizia delle suore per il postulato, mentre il 13 agosto 1887 vestì l’abito religioso, cambiando nome in suor Maria Agostina. Fu immediatamente impegnata come infermiera nell’ospedale Santo Spirito di Roma, nella corsia per i bambini. Dal 1889 al 1894 fu in servizio tra i tubercolotici: contrasse lei stessa la malattia, ma domandò di restare in quella corsia.
Uno dei malati, Giuseppe Romanelli, la minacciava di continuo. I superiori le raccomandarono di stare attenta, ma suor Agostina sentiva di dover proseguire ad accudirlo. Romanelli fu espulso dall’ospedale e cominciò a maturare pensieri di vendetta, specie contro la religiosa. Approfittando dell’orario di visita, il 13 novembre 1894 l’aggredì, pugnalandola alle spalle. Alla consorella che la soccorse e che le domandò se lo perdonava, suor Agostina rispose con un cenno e un sorriso, poi morì.
Beatificata il 12 novembre 1972 da san Paolo VI, è stata canonizzata il 18 aprile 1999 da san Giovanni Paolo II. Il 29 aprile 2003 (ma la comunicazione fu data alle suore il 20 maggio successivo) la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha emesso il Decreto con cui veniva nominata Patrona degli Infermieri italiani.
I suoi resti mortali, che il 3 febbraio 1941 erano stati traslati nella cappella della Curia generalizia delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida, dal 14 novembre 2004 sono venerati nella cappella a lei dedicata della chiesa parrocchiale di San Nicola di Bari a Pozzaglia Sabina.
La sua memoria liturgica cade il 13 novembre, giorno della sua nascita al Cielo, ma a Pozzaglia Sabina i festeggiamenti in suo onore sono stati spostati alla seconda domenica di settembre.

Cosa c’entra con me?  

Nei primi anni 2000, avevo iniziato a collezionare un Dizionario dei Santi a dispense in edicola. La voce dedicata a sant’Agostina era una delle prime, dato che erano in ordine alfabetico. Leggendola, rimasi molto impressionata per il fatto che era stata assassinata da uno dei suoi pazienti; ne dedussi che fosse morta da martire.
Non molti anni dopo, conobbi una Suora della Carità, suor Agata, durante un giro di acquisti alla libreria delle Paoline di via Duomo a Napoli. Grazie a lei potei visitare Regina Coeli, il monastero che è un po’ la Betlemme della sua congregazione, ma non ricordo se le avessi menzionato suor Agostina. Lo stesso per le consorelle della Piccola Casa San Giuseppe, la prima volta che passai di lì per informarmi sulla Beata Enrichetta Alfieri.
Di certo, la citai a due suore e a una postulante residenti presso la Piccola Casa del Rifugio, una casa di riposo non lontano da dove abito, con le quali attaccai bottone di ritorno dalla Veglia Missionaria in Duomo, tre anni fa.
Sempre tornando dal Duomo, in un’altra circostanza, mentre ascoltavo la radio, capitai su una stazione dove si parlava di suor Agostina. Controllai subito la scheda presente su santiebeati.it mi sembrava fatta bene, dato che era tratta dal sito della Santa Sede. Mi venne poi in mente di aver letto tempo addietro, su Piccolo Gregge, periodico della Congregazione di Gesù Sacerdote, che quei religiosi avevano una comunità nella parrocchia romana intitolata a San Cleto e a lei (il 1° luglio 2018 la parrocchia di Sant’Agostina è stata resa autonoma).
Il legame che sento di avere con lei, fino a questo punto, sembra abbastanza esile, se non fosse che, quando ho iniziato a pensare di occuparmi di Testimoni che nelle loro vite sono stati medici, infermieri o pazienti, mi è venuta in mente. Le Suore della Carità hanno riportato, sul loro sito ufficiale, due preghiere speciali a sant’Agostina: questa e quella scritta da monsignor Mauro Parmeggiani, vescovo di Tivoli, entrambe volte a chiederne l'intercessione specialmente per gli infermieri e gli operatori sanitari.
Mentre stavo iniziando a svolgere le mie ricerche, sono capitata su questa pagina, dov’è raccontato che Livia, quando ancora lavorava come olivarola, difendeva le compagne contro i “caporali” che volevano approfittare del loro lavoro. La cosa particolare è che poco prima avevo terminato di seguire la trasmissione A sua immagine, dov’era stato ospite Yvan Sagnet, il primo scioperante contro il caporalato.
Avevo però una questione da sciogliere: se lei era stata beatificata in quanto martire oppure no. Il testo del Martirologio Romano, al 13 novembre, la qualifica semplicemente come «Vergine», non «Vergine e martire». Nell’omelia per la beatificazione, però, san Paolo VI parlò della «barbara storia che spegne sotto le coltellate la sua giovane e candida vita, e intreccia sul suo capo la duplice corona di vergine e martire». Proseguì citando il De virginibus di sant’Ambrogio, all’inizio della descrizione dell’esempio di sant’Agnese (è stato oggetto della mia tesi di laurea specialistica).
Anche nelle Litanie dei Santi che si sono adoperati nel campo della sanità, composte da monsignor Paolo Ricciardi, vescovo ausiliare del Vicariato di Roma (a pagina 7 del PDF scaricabile qui), è menzionata come «infermiera fino al martirio». Se è per questo, è citato anche «san» Carlo Gnocchi, che invece è Beato.
Il sito Hagiography Circle, che reputo fondamentale per le mie ricerche agiografiche, pur con qualche svarione ogni tanto, alla pagina del 1894, anno della sua morte, riporta i dati della causa nel dettaglio. Lì è scritto che la causa fu avviata per l’esercizio delle virtù eroiche e che il relativo decreto fu promulgato il 19 settembre 1968.
Ho provato a sentire le suore della comunità di Pozzaglia Sabina, ma non ho ricevuto risposta all’e-mail che ho scritto il 2 aprile, mentre al telefono cadeva la linea. Ho quindi sentito la Curia Generalizia e sono stata messa in contatto con la postulatrice, che mi ha fornito tutti i chiarimenti e altri dettagli.
In estrema sintesi, Romanelli era mosso da odio personale nei confronti di suor Agostina e la minacciava, lasciandole anche biglietti osceni, riferendosi anche alla sua condizione di religiosa. Le diede anche un ultimatum: tempo un mese e l'avrebbe ammazzata.
L’iter della causa, effettivamente, rallentò proprio perché i Consultori Teologi volevano chiarimenti sul comportamento del persecutore. Se fosse stata aperta oggi, ha dedotto la postulatrice, sicuramente si sarebbe presa la via del martirio; più o meno, ho aggiunto io, com’è accaduto alla Beata Lindalva Justo de Oliveira, Figlia della Carità di San Vincenzo De Paoli (il cui martirio però è in defensum castitatis).
So che possono sembrare dettagli noiosi e che non tolgono nulla al nocciolo della testimonianza di suor Agostina, ma ho creduto di doverli presentare per eliminare gli equivoci. Come scrivevo nel mio decalogo dell’agiografo moderno, le storie dei Santi sono Storia, quindi vanno rispettate nel reale andamento dei fatti, anche dopo la loro fine terrena.

Per la stessa ragione, la postulatrice mi ha ricordato che il contesto storico in cui suor Agostina si trovò a operare era marcatamente anticlericale: i Concezionisti del Beato Luigi Maria Monti erano stati cacciati e anche i Cappuccini. Le Suore della Carità erano tollerate per mansioni di servizio, ma a patto che non facessero apertamente discorsi religiosi ai degenti.
Suor Agostina poteva pur sempre parlare di loro a Dio: teneva in uno sgabuzzino un quadro della Madonna, dietro al quale scriveva i nomi dei più ribelli tra i malati. Quando qualcuno stava per morire, cercava di stargli accanto fino all’ultimo, invitandolo a riconciliarsi col Padre.

Il suo Vangelo 

A prescindere dal modo in cui è stata riconosciuta la sua santità, suor Agostina ha vissuto un Vangelo di amore e di servizio, sin dalla più tenera età. Non è un luogo comune, ma un fatto accertato dal delinearsi della sua biografia.
Aver scelto di essere una figlia spirituale di santa Giovanna Antida e, per traslato, di san Vincenzo De Paoli (sotto la cui protezione la fondatrice mise la congregazione da subito) le era sembrata una naturale conseguenza di quanto già compiva al suo paese. Inoltre, una Suora di Carità non dev’essere infatti solo piena di buona volontà, ma anche dotata di una certa resistenza fisica, dote di cui lei non era certo priva, se si pensa ai lavori pesanti che aveva affrontato quand’era ancora in famiglia.
Ammalandosi di tubercolosi, però, sembrava venire meno questo requisito. Lei mostrò, come già quando sosteneva le compagne nella raccolta delle olive, un carattere non meno tenace, chiedendo di restare tra i tubercolotici anche una volta guarita. Lì, però, trovò ugualmente la sua fine.
Tra i suoi pensieri più diffusi c’è un Decalogo dell’Infermiera, che mi piace citare perché oggi è la Giornata Internazionale dell’Infermiere. Il patronato di sant’Agostina vale solo per gli infermieri e le infermiere italiani, ma questi suoi consigli sono davvero universali.

1- Non avrai altro biglietto da visita all’infuori del sorriso.
2- Ricordati di “cancellare” te stessa.
3- Ricordati di non dimenticare.
4- Onora la competenza e la preparazione.
5- Bada che Dio sia manifestato in ciò che fai.
6- Con l’affidabilità del tuo servizio fà benedire Dio.
7- Devi rubare al fratello il peso del dolore.
8- Devi inventare l’amore.
9- Non indurire il cuore con l’abitudine al dolore altrui.
10-Tieni presente infine che l’ammalato è sempre un… Altro, Gesù.

Per saperne di più 

Fernando Di Stasio, Il dono di una vita. Sant’Agostina Pietrantoni, al servizio dei malati, Edizione Domenicana Italiana 2015, pp. 48, € 5,00.
L’unica biografia attualmente in commercio. 

Le due seguenti, invece, possono essere richieste presso la Curia Generalizia delle Suore della Carità:

Raffaella Perugini, La logica della carità. Suor Agostina Pietrantoni, Suora della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, stampato in proprio. 

Vittorio De Bernardi S. J., Con le ali nel cuore. Suor Agostina Pietrantoni, Suora della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, stampato in proprio.

Su Internet

Sito dell’Associazione Fedeli di Santa Agostina, di Pozzaglia Sabina
Sito ufficiale delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida a Pozzaglia Sabina
Pagina sul sito istituzionale delle Suore della Carità

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