Suor Margherita Maria Alacoque, un cuore amico e innamorato del Cuore di Gesù
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Particolare dell'affresco nella Cappella delle Apparizioni nel Santuario di Paray-le-Monial (fonte) |
Marguerite Alacoque nacque a Lhautecour, nella diocesi di Autun, il 22 luglio 1647, da Claude Alacoque, notaio regio, e Philiberte Lamyn. A quattro anni fu mandata a vivere nel castello di Corcheval, dalla sua madrina di Battesimo, Marguerite de Saint-Amour. Quattro anni dopo, rimasta orfana di padre, fu affidata alle Clarisse Urbaniste di Charolles, presso le quali ricevette la Prima Comunione, ma dovette rientrare in famiglia per una strana debolezza fisica, a causa della quale, per altri quattro anni, non riuscì nemmeno a camminare.
In
casa, Marguerite e la madre, molto malata, erano trattate come delle serve,
benché fossero le padrone di casa, da tre donne. Nonostante quei contrasti, la
ragazza cercava di aiutare i poveri e insegnava il catechismo ai bambini del
paese.
Col
tempo, si faceva sempre più pressante in lei il desiderio di rispettare
pienamente il voto di castità che, quasi senza saperne il vero significato,
ripeté più volte da bambina. Nel 1671 entrò nel monastero della Visitazione di
Santa Maria a Paray-le-Monial. Il 25 agosto dello stesso anno vestì l’abito
religioso e prese il nome di suor Margherita Maria (in realtà, aveva assunto il
nome di Marie già dopo la Cresima, ricevuta nel 1669). Il 6 novembre 1672
professò i voti perpetui.
Molte
furono le esperienze eccezionali che le capitarono e che preoccupavano molto le
superiore che si succedettero nel monastero. In particolare, ebbe tre grandi
manifestazioni del Sacro Cuore di Gesù: la prima avvenne il 27 dicembre 1673; la
seconda probabilmente il 2 luglio 1674; durante l’ottava del Corpus Domini del
1675. In quest’ultima, detta “la Grande Rivelazione”, le fu chiesto che il
primo venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini venisse dedicato a una festa per
onorare il Cuore di Gesù.
Suor
Margherita Maria fece del suo meglio per onorare quell’impegno, cominciando
dalle novizie del monastero, che era stata chiamata a guidare nel 1684. Fu
anche aiutata da padre Claude de la Colombière, giunto a Paray come superiore
della comunità dei Gesuiti (canonizzato nel 1992), da subito sicuro che la
suora fosse un’anima speciale.
Nel
1685 il suo nuovo direttore spirituale, padre Ignace Rolin, le ordinò di
scrivere la sua autobiografia. L’anno seguente, il 21 giugno, fu celebrata per
la prima volta in monastero la festa del Sacro Cuore.
Suor
Margherita Maria continuò a ricevere messaggi celesti, come quello da riferire
al re di Francia, Luigi XIV, anche in relazione all’approvazione pontificia
della festa del Sacro Cuore, ma non è dato sapere né se il re avesse ricevuto
il messaggio, né se gli fosse mancato il coraggio per attuarlo.
Suor
Margherita Maria morì il 7 ottobre 1690, nel monastero di Paray-le-Monial. Fu
beatificata dal Beato papa Pio IX il 18 settembre 1864 e canonizzata da papa
Benedetto XV il 13 maggio 1920. La sua memoria liturgica ricorre il 16 ottobre,
ma nella diocesi di Milano cade il 13 dello stesso mese, col grado di memoria facoltativa,
perché il 16 si ricorda il Beato Contardo Ferrini, che ha il grado di memoria
obbligatoria.
I suoi
resti mortali sono venerati nel Santuario del Sacro Cuore a Paray-le-Monial.
Cosa
c’entra con me?
La devozione al Sacro Cuore non è mai stata troppo radicata nella mia famiglia, neppure da parte materna: era molto più presente quella al Volto Santo compendiata nell’immagine resa popolare, nel napoletano, da Florinda Romano vedova De Santis, alias Madre Flora. In più, benché ci fosse una raffigurazione nella mia parrocchia di nascita, non ci avevo prestato mai troppa attenzione, a differenza della statua vestita che, invece, vedevo nella mia parrocchia delle vacanze.
La
primissima volta in cui ho visto il Sacro Cuore affiancato a santa Margherita
Maria credo sia avvenuta nel Santuario della Madonna del Rosario di Pompei, ma
anche lì nessuno mi aveva mai spiegato niente, men che meno che uno dei miracoli presi in esame per lei era avvenuto proprio a Pompei. Allo stesso modo, non so
risalire all’esatto momento in cui ho conosciuto le apparizioni di
Paray-le-Monial, ma le avevo ben presenti quando un prete che ho conosciuto
vent’anni fa mi ha raccontato di essere devotissimo a santa Margherita,
precisando che non si trattava dell’Alacoque, ma della leggendaria martire di
Antiochia.
Negli
anni universitari, ho iniziato a frequentare il monastero della Visitazione in
via Santa Sofia, quasi da quando ho iniziato a seguire i corsi nella succursale
dell’Università degli Studi di Milano, a poca distanza da lì. Ricordo benissimo
che la prima volta, intorno al 2004 o al 2005, sicuramente un Primo Venerdì,
dopo essermi fermata in preghiera, non sono riuscita ad aprire la porta della
chiesa pubblica e ho invocato mentalmente il Signore (anche perché rischiavo di
arrivare in ritardo a lezione): di lì a poco è arrivata una monaca, che poi ho
scoperto essere l’addetta alle comunicazioni con l’esterno.
Da
allora sono passata molto spesso (stando attenta alla porta, naturalmente), sia
per parlare un po’ con la monaca di cui sopra, in seguito sostituita da
un’altra, sia per fermarmi all’Adorazione Eucaristica dei Primi Venerdì del
mese.
Spesso,
in chiesa, trovavo i biglietti mensili dell’Apostolato della Preghiera, o
comunque qualche opuscolo o santino: ne ho preso sicuramente uno su santa
Margherita Maria. Leggendolo, sono rimasta colpita dalle vessazioni cui, da
giovane, era andata incontro con la madre, ma anche da come la diffusione della
devozione al Sacro Cuore andò per gradi.
Tra
l’altro, la monaca addetta all’esterno, quando le chiesi chi fosse il sacerdote
raffigurato in uno dei quadri, mi presentò per la prima volta san Claudio de la
Colombière; questa, però, è un’altra storia. Conoscevo già, invece, il
fondatore, san Francesco di Sales, come raccontavo nel post su di lui.
Nel
frattempo mi ero interessata alla Venerabile Luisa Margherita Claret de laTouche, che era convinta di aver ricevuto dal Signore il compito di
approfondire quanto Lui aveva insegnato a santa Margherita Maria, ossia
mostrare specificamente ai sacerdoti le ricchezze del Suo Cuore. Di fatto, lei
era una visitandina, quindi aveva ben presente la storia della “Santa Sorella”,
come la chiamano ancora oggi le monache (san Francesco di Sales è il loro
“Santo Padre”, mentre santa Giovanna Francesca di Chantal, fondatrice con lui
della Visitazione, è chiamata “la Santa Madre”; il monastero di Annecy, per
finire, è la “Santa Sorgente”).
Nel
corso del Giubileo della Misericordia, ho approfondito il senso della devozione
al Sacro Cuore e il contesto storico in cui si collocava l’esperienza di santa
Margherita Maria tramite il libro Sacro
Cuore – Da Maria Maddalena a madre Speranza, il volto femminile della Misericordia, di Roberto Italo
Zanini (che recensivo qui). È un testo ancora
molto valido, ma meriterebbe un aggiornamento al pontificato concluso di papa
Francesco e all’enciclica Dilexit nos.
Nel
frattempo, le mie visite al monastero milanese si sono diradate, ma con mio
gran dispiacere ho appreso della sua chiusura. Mi sono ricordata dei discorsi
intrattenuti con le monache, delle intuizioni che ho ricevuto pregando davanti
al Santissimo esposto, ma anche delle Messe a cui spesso ho partecipato nella
Giornata Mondiale Pro Orantibus o nella memoria liturgica di santa Margherita
Maria.
Non
molto tempo dopo, nel 2020, ho intrapreso la collaborazione col direttore
diocesano dell’Apostolato della Preghiera, o meglio, della Rete Mondiale di
Preghiera del Papa. Lui stesso mi riferì che, anni addietro, le Visitandine
avevano ospitato molti incontri e raduni di preghiera.
Per
capire meglio le radici di quella spiritualità che, pur con la ricreazione in
atto, non erano comunque perse, ho pensato di dover iniziare ad approfondire santa
Margherita Maria: per quella ragione, per due volte mi sono accinta a leggere
la sua autobiografia (che forse avevo preso proprio dalle monache), ma non sono
mai riuscita a finirla.
Più o
meno in quel periodo, in un blog che normalmente non si occupa di tematiche
religiose, ho sorprendentemente trovato un post in cui l’autore scriveva che
santa Margherita Maria mangiava gli escrementi o leccava le piaghe per provare
piacere fisico. Provando un comprensibile sconcerto, ho pensato di andare alla
fonte, ossia all’Autobiografia.
Lì ho
trovato effettivamente descrizioni di episodi in cui lei agì in questo modo, ma
anche comunicazioni attraverso cui il Signore stesso le faceva capire di disapprovare
quelle e altre penitenze corporali; preferiva piuttosto l’ubbidienza e l’amore.
In ogni caso, quando leggo di Santi o personaggi simili che si danno a
mortificazioni del genere, ripenso al punto 22 dell’Esortazione apostolica Gaudete
et exsultate: il santo va visto nel suo complesso.
Avevo
avuto, negli scorsi anni, più di un’occasione per parlare di lei qui, ma le ho
mancate tutte: sia l’anniversario tondo della morte, sia il primo centenario
della canonizzazione, sia il seicentesimo anno dalla prima apparizione del
Sacro Cuore.
Quando,
nell’Udienza Generale del 5 giugno 2024, papa Francesco ha annunciato che a
settembre sarebbe uscito un nuovo documento sul Sacro Cuore, mi sono messa in
allerta, pur non abbozzando il post. Per tutto il mese in questione non si è
saputo nulla, finché, il 21 ottobre, è stata annunciata l’uscita di quel nuovo
pronunciamento papale, ovvero la già citata Dilexit nos, la quarta
enciclica in tutto sul Sacro Cuore.
A quel
punto, avevo una nuova occasione, ma mi sentivo ancora impreparata. Ho quindi
pensato di potermi occupare del Venerabile Giorgio Maria Martinelli, fondatore degli
Oblati Missionari di Rho, il quale ha tradotto per primo in italiano, nel 1698,
la fondamentale opera del gesuita padre Jean Croiset La dévotion au
Sacré-Cœur de N. S. Jésus-Christ, pubblicata sei anni addietro.
Con
l’approssimarsi della solennità del Sacro Cuore di quest’anno, ho pensato che
fosse giunto il momento di parlare di santa Margherita Maria. Ho quindi ripreso
l’autobiografia e, finalmente, sono riuscita a concluderla, sebbene l’avessi
letta un po’ a singhiozzo.
Mi sono
vista confermata nelle intuizioni che avevo avuto già quando mi sono cimentata
nella prima lettura, ma sentivo di dover sapere ancora di più: ho quindi
ordinato al Segretariato nazionale della Rete Mondiale di Preghiera del Papa
altre pubblicazioni, ma non sono riuscita a leggerle tutte in tempo per oggi.
Dopotutto, i legami con i Testimoni di cui racconto qui non si esauriscono
certo nel tempo riferito in ogni post, ma spesso si consolidano o assumono
nuova luce dopo ogni pubblicazione.
Infine,
ho appreso che la Rete Mondiale di Preghiera del Papa in Italia organizzava,
per il luglio di quest’anno, un pellegrinaggio alla “cara Paray”, come la
chiamava santa Margherita Maria. Mi sarebbe piaciuto andarci, ma ho protratto a
lungo la mia indecisione, quindi alla fine ho lasciato perdere.
Quando mi
era venuta l’idea di scrivere qui, mi ero segnata un video della trasmissione Bel
tempo si spera, del 23 gennaio 2020: lo ripropongo perché mi sembra ancora
molto interessante.
Ha
testimoniato la speranza perché…
Santa Margherita Maria ha davvero posto tutta la sua speranza nel Cuore di Gesù, ricevendo in cambio grandi consolazioni, sin da quand’era ancora nel mondo. Quando poi le manifestazioni eccezionali sono diventate evidenti, ma non perché lei lo volesse, ha pazientato nel sentirsi definire visionaria e pazza, perché era sicura che il Signore le avrebbe dato ragione. Ci sono voluti quasi due secoli per beatificarla e duecentotrent’anni dopo la morte per canonizzarla, ma alla fine, come sempre, Lui è rimasto fedele alle sue promesse.
Il
suo Vangelo
Nella sua vita, santa Margherita Maria ha evidenziato come veramente Dio si serva di persone di poco conto per far capire che Lui agisce con potenza. Le manifestazioni del Sacro Cuore erano già avvenute nei secoli precedenti, ma quelle di cui è stata partecipe sono arrivate in un tempo difficile per la Chiesa, tra correnti teologiche avverse e dottrine erronee, e per la storia umana, tra guerre di religione, fermenti scientifici e nuove forme di economia.
Nel
chiostro di Paray-le-Monial lei non ha certo avuto pace, tra i controlli da
parte delle superiore e le prove a cui andava incontro, compresi i problemi di
salute, ma quando sentiva più vicino al suo il Cuore di Gesù, sentiva di non
aver nulla da temere.
Per
questo poteva scrivere a madre Maria Francesca De Saumaise, la sua superiora, il 25 agosto 1622:
Gesù Cristo è l’unico
vero amico dei nostri cuori creati soltanto per Lui; non per nulla solo in Lui
riescono a trovare riposo, gioia e completa soddisfazione.
In un
tempo in cui il Sacro Cuore è oggetto di un interesse rinnovato, anche
l’esperienza di colei che ne è stata definita “evangelista” e “apostola” merita
quindi un’attenzione che vada, appunto, al cuore della sua esperienza.
Per
saperne di più
S. Margherita M. Alacoque, Autobiografia, Apostolato della Preghiera Edizioni 2015, pp. 256, € 12,00.
Il
testo dell’autobiografia che fu chiesta alla Santa da padre Rolin.
Margherita M. Alacoque, Scritti autobiografici, Apostolato della Preghiera Edizioni 2023, pp. 233, € 12,00.
Gli altri
scritti di taglio autobiografico, come quello chiesto da madre de Saumaise, i
testi scritti durante i ritiri spirituali, le lettere a padre Croiset e alcune
preghiere.
S. Margherita M. Alacoque, Scritti spirituali, Apostolato della Preghiera Edizioni 2016, pp. 278, € 15,00.
Gli
estratti più significativi dal suo epistolario.
Ottavio De Bertolis, Accadde a Paray, Apostolato della Preghiera Edizioni 2022, pp. 76, € 8,00.
Un
gesuita esperto della storia della devozione al Sacro Cuore racconta i fatti
collegati all’esperienza di santa Margherita Maria.
Benedetto XV, S. Margherita M. Alacoque. Decreto di canonizzazione, 13 maggio 1920, Apostolato della Preghiera Edizioni 2010, pp. 64, € 5,50.
Il testo
quasi integrale (manca l’iter dettagliato della causa e il racconto dei
miracoli) del Decreto per la canonizzazione, che costituisce praticamente una
piccola biografia a sé.
Su
Internet
Sito del Santuario del Sacro Cuore a Paray-le-Monial
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