Papa Leone XIII, in ascolto della Chiesa e del mondo
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Chi è?
Vincenzo Gioacchino Pecci nacque a Carpineto Romano (in provincia e attualmente in diocesi di Anagni-Alatri) il 2 marzo 1810, figlio di Ludovico Pecci, colonnello dell’esercito vaticano, e di Anna Prosperi Buzi. Bambino vivace e generoso, fu allievo, insieme al fratello Ludovico, del Collegio dei nobili nella città di Viterbo, retto dai padri Gesuiti.
Nell’ottobre 1824
intraprese gli studi nel Collegio Romano, distinguendosi per l’intelligenza,
l’inclinazione verso le lingue classiche e la passione per la teologia di san
Tommaso d’Aquino. Diventato dottore in Filosofia e Teologia, nonché docente di
Filosofia nel Collegio Romano, si specializzò in Diritto canonico e civile
nell’Accademia dei Nobili ecclesiastici.
Fu ordinato
sacerdote per la diocesi di Roma il 31 dicembre 1837. Ebbe praticamente subito
incarichi di fiducia: prelato domestico di Sua Santità papa Gregorio XVI,
referendario presso il tribunale della Segnatura, ponente nella Congregazione
del “buon governo”.
Il 12 febbraio
1838 divenne delegato apostolico per la provincia di Benevento, dove lavorò per
l’ordine e la giustizia e promosse nuove forme di commercio. Guarito da una
grave malattia poco dopo il suo arrivo, benedisse la prima pietra del santuario
della Madonna delle Grazie.
Anche a Perugia,
dove arrivò nel maggio 1841 come delegato, lavorò per gli stessi principi,
tanto da essere chiesto come vescovo dai cittadini. Il loro auspicio si
realizzò nel 1846, dopo l’ordinazione episcopale nel gennaio 1843 e un periodo
come Nunzio apostolico a Bruxelles.
Il 19 dicembre
1853 fu nominato cardinale dal Beato papa Pio IX, il quale, nel 1877, lo volle
come Segretario di Stato. Alla morte del Pontefice, partecipò al Conclave: fu
eletto lui, dopo trentasei ore, assumendo il nome di Leone XIII.
Nel suo
pontificato, fra i più lunghi dei tempi moderni, affrontò il difficile rapporto
con il neonato Stato unitario italiano e le politiche anticlericali in corso in
Italia e altrove. Chiese di tornare allo studio della filosofia tomistica e
sottolineò l’importanza della diffusione della stampa cattolica. Continuò la
devozione mariana che viveva dall’infanzia, dedicando importanti documenti alla
preghiera del Rosario. Nelle sue sessantacinque encicliche affrontò numerosi
argomenti vitali per la Chiesa del tempo.
Morì a Roma il 20
luglio 1903. I suoi resti mortali, provvisoriamente sepolti nelle Grotte
Vaticane, vennero deposti, ventidue anni dopo la morte, nella basilica di San
Giovanni in Laterano a Roma.
Cosa
c’entra con me?
Ero ancora molto piccola quando mi trovai a sfogliare uno dei libri scolastici di mia sorella. Ricordo benissimo che conteneva testi latini fino all’età moderna, comprese alcune poesie di papa Leone XIII. Fino ad allora, ignoravo che un Papa potesse essere anche poeta, latinista perdipiù. Anzi, credo che sia stato il primo Papa vissuto soprattutto nel diciannovesimo secolo di cui avessi mai sentito parlare.
Lo ritrovai qualche tempo dopo, leggendo una biografia per ragazzi di santa Teresa di Gesù Bambino: mi meravigliai del coraggio con cui lei, prostrandosi ai suoi piedi, gli chiese di ammetterla nel Carmelo benché avesse solo quindici anni. Mi venne da pensare che sarebbe stato bello, un giorno, conoscere di persona il Papa, che al tempo era Giovanni Paolo II.
Quando, meno di un anno fa, ho potuto
avvicinarmi di nuovo a papa Francesco, un mio conoscente mi ha ricordato di non
fare come santa Teresina, ma di limitarmi a salutarlo (nel 2022 non gli avevo
nemmeno detto come mi chiamavo, ma avevo indicato il pass che avevo al collo) e
a dirgli che pregavo per lui; in realtà, ho messo nelle sue mani il mio desiderio
di servire la Chiesa raccontando dei santi.
Di
nuovo tramite una biografia per ragazzi, lessi che fu sempre papa Leone XIII a
indicare a santa Francesca Saverio Cabrini che non doveva partire per la Cina, come
sognava, ma dedicarsi agli emigranti italiani nel Nord America. Come ho
appurato parecchi anni dopo, visitando la casa madre delle Missionarie del Sacro Cuore a Codogno,
continuò a sostenerla e le fece parecchi doni, appunto in mostra nel piccolo
museo annesso alla “culla” di quelle religiose.
Non ho
mai approfondito troppo la sua opera e il suo pontificato, ma ne ho trovato
tracce quasi inconsapevoli nei rapporti che ebbe con altri Santi e candidati
agli altari che a loro volta c’entrano con me, soprattutto fondatori e
fondatrici.
Visitando
il santuario della Madonna del Rosario di Pompei, per anni ho ignorato i
dettagli della storia della sua fondazione e della vita del Beato (ancora per
poco, spero) Bartolo Longo.
Da relativamente poco tempo, infatti, ho appreso che lui offrì a papa Leone
XIII la proprietà del santuario nel 1893: da allora esso è un pontificio
santuario, separato dalla giurisdizione della diocesi di Nola. Non solo: fu
dietro suggerimento del Papa che Bartolo e la contessa Marianna Farnararo
vedova De Fusco, grazie alla quale era arrivato a Pompei, accettarono di
sposarsi, per mettere a tacere le insinuazioni circa il loro rapporto.
A papa
Leone XIII si devono, poi, la proclamazione di san Pasquale Baylón a patrono delle
opere eucaristiche e dei congressi eucaristici, avvenuta il 28 novembre 1897. È
per questa ragione che le suore Figlie di San Giuseppe di Rivalba hanno in
grande considerazione questo Santo, ma anche loro sono collegate allo stesso
Pontefice: le biografie del loro fondatore, il Beato Clemente Marchisio, riferiscono
l’affermazione ammirata («Questa volta il Signore ha finalmente voluto pensare
a sé stesso!») che udì dal Papa nel 1883, presentandogli alcune di quelle suore in
occasione dell’apertura della loro casa di Roma.
Sempre a proposito di fondazioni, favorì la nascita dei Missionari di San Carlo di san Giovanni Battista Scalabrini, il quale del resto era sulla sua stessa linea riguardo la Questione Romana, tanto dibattuta al tempo. Inoltre, quando ho appreso della canonizzazione di suor Elena Guerra, fondatrice delle Suore di Santa Zita – Oblate dello Spirito Santo, ho visto che lei gli ha scritto molte lettere per esortarlo a far riscoprire ai fedeli la devozione allo Spirito Santo, che riteneva fondamentale.
Quando
poi era ancora cardinale, incontrò più volte san Giuseppe Marello, futuro fondatore
degli Oblati di San Giuseppe. A sua volta ha creato cardinale, il 18 maggio
1894, il Beato Andrea Carlo Ferrari, arcivescovo di Milano.
Venendo
poi ai Beati e ai Santi da lui riconosciuti, sempre limitatamente a quelli di cui ho parlato su queste pagine, l’8 dicembre 1881 ha beatificato
Benedetto Giuseppe Labre,
poi Santo; il 27 maggio 1897 ha canonizzato il fondatore dei Chierici Regolari
di San Paolo (ovvero i Barnabiti) e delle Suore Angeliche di San Paolo,
sant’Antonio Maria Zaccaria;
ha sia beatificato, il 19 febbraio 1888, sia canonizzato, il 24 maggio 1900,
san Giovanni Battista de La Salle, fondatore dei Fratelli delle Scuole
Cristiane. Nello stesso giorno, infine, ha canonizzato santa Rita da Cascia, come tanti in
questi giorni avranno scoperto.
Da una
Santa mondiale a una religiosa che Leone XIII conobbe quando ancora dovevano
compiersi i disegni di Dio su di lei: Ida Cassi, giovane fiorentina, era tra le
più promettenti alunne delle Suore del Patrocinio di San Giuseppe (oggi Suore
di Gesù Redentore) quando il Papa in persona venne a visitare la loro casa di
Roma. Divenne poi religiosa nello stesso istituto, ovvero suor Agostina di Gesù, ma ne uscì
per fondare le Figlie di Nostra Signora del Sacro Cuore.
Anche
riguardo una delle invocazioni mariane che mi sono più care c’è un riferimento
a lui: nel 1903, infatti, aggiunse l’invocazione “Madre del Buon Consiglio” nelle litanie
lauretane, ricollegandosi al santuario omonimo di Genazzano, che aveva ben
presente.
Infine,
mi piace ricordare che anche lui, come vari suoi successori, ha anticipato il giudizio ufficiale della Chiesa su alcuni cristiani eccellenti. Mi riferisco ai
frati cappuccini, alle Suore Cappuccine di Madre Rubatto e a due terziari, assassinati,
nel 1901, ad Alto Alegre in Brasile. Appena fu informato del massacro, in cui
persero la vita anche duecentocinquanta indigeni cristiani, il Papa li definì «le primizie
del secolo».
Non
ricordo quando, ma mi sono procurata un piccolo libro su di lui, proprio per
colmare la lacuna di cui facevo cenno sopra. L’ho ripreso in questi giorni,
successivamente all’elezione di papa Leone XIV, il quale ha confermato di aver scelto quel nome per riferirsi alle sfide della nuova rivoluzione
industriale in atto.
Ho
quindi ammirato la sua arte diplomatica, ma anche la carità esercitata sin da
ragazzo e tutti quei fattori che avevano contribuito a renderlo attento alle
istanze della classe operaia, al mondo che si allontanava dalla Chiesa, ai
mezzi da attuare per contribuire all’elevazione morale e spirituale di tutto il
popolo di Dio.
Uno di
questi è indubbiamente la stampa, l’unico mezzo di comunicazione di massa in
uso all’epoca. Non solo ha promosso quella che un tempo si definiva la buona
stampa (in questo il cardinal Ferrari e il terziario francescano milanese
Angelo Mascherpa seguirono pienamente le sue indicazioni), ma è stato anche protagonista di
alcuni pronunciamenti extra-magisteriali proprio mediante i giornali.
A chi lamenta che i Papi hanno rilasciato troppe interviste su tutti i media, si dovrebbe ricordare che il primo a essere oggetto di una di esse fu proprio lui. il 31 luglio 1892 la concesse alla giornalista (atea perdipiù) Caroline Rémy, in arte Sevérine: pubblicata in prima pagina su «Le Figaro» del 4 agosto 1892, aveva come tema l’antisemitismo. Gli storici oggi ritengono che contenesse concetti ampiamente superati, ma altri, come il principio per cui ogni guerra è ingiusta, suonano validi ancora oggi.
Ha
testimoniato la speranza perché...
Mi sembra di capire che papa Leone XIII abbia testimoniato la speranza anzitutto nei suoi anni come delegato per Benevento e vescovo di Perugia: lì ha toccato con mano, lui che era di famiglia nobile, cosa volesse dire cercare di guadagnarsi da vivere, sopportare padroni ingiusti, interrogarsi sulla morte dei propri figli.
Il segno che ha lasciato in quelle due destinazioni era evidentemente dovuto al fatto che aveva indicato alla gente che doveva porre in Dio la propria speranza, come ha continuato a fare anche una volta eletto al soglio di Pietro.
Il
suo Vangelo
Papa Leone XIII è ritornato d’attualità grazie all’attuale Pontefice, come indicavo prima. Forse, rispetto ad altri predecessori e successori, non gode di fama di santità, ma i suoi meriti per la Chiesa del suo tempo si riverberano fino ai giorni nostri.
Pur
essendo ancora di fatto “prigioniero in Vaticano” e osteggiato dal Governo
italiano, mise in campo ogni mezzo per far capire che la Chiesa era vicina a
tutti, specialmente alle masse oppresse da lavori ingiusti e pagati male,
quando non lo erano per nulla.
Le
encicliche da lui scritte – non dobbiamo pensare a documenti analoghi più
vicini a noi nel tempo: rispetto a questi, non sono tutte così estese –
affrontavano anche temi legati alla preghiera e alla vita dei sacerdoti, ma non
per questo apparivano scollegate dalle circostanze storiche in atto.
Un
esempio lampante si vede nell’enciclica Tametsi futura prospicientibus,
datata 1° novembre 1900, quindi a ridosso dell’inizio del nuovo secolo. Il sito
della Santa Sede non riporta la traduzione italiana, che prendo invece da qui. In particolare, mi
ha colpita uno dei passaggi finali:
Molti sono lontani da
Gesù Cristo per ignoranza, più che per cattiva volontà; molti sono infatti
coloro che si dedicano a studiare l’uomo, a studiare il mondo, ma pochissimi
sono coloro che cercano di conoscere il Figlio di Dio. Prima di tutto, dunque,
si vinca l’ignoranza con la conoscenza, così che non si ripudi né si disprezzi
uno che non si conosce. […] Molto si è parlato alle folle circa quelli
che sono definiti "i diritti dell’uomo"; si parli loro anche dei
diritti di Dio.
Non
escludeva quindi che s’istruissero le masse sui diritti fondamentali, di cui
proprio in quei tempi si cominciava a parlare, ma metteva sullo stesso piano
anche la necessità di conoscere Dio e Gesù e, quindi, di vincere i pregiudizi
che circondavano la Chiesa. Alcuni sono ancora presenti: per questa ragione, un
appello del genere appare ancora più pressante e mi sembra di ravvisarlo nella
voce dei successori, fino a papa Leone XIV.
Per
saperne di più
Arcangelo Campagna, Leone XIII “Principe della Pace”, Velar-Elledici 2012, pp. 48, € 3,50.
Il
racconto della sua vita, della sua missione e del pontificato.
Enchiridion delle Encicliche. 3 - Leone XIII. Edizione bilingue, EDB 1997, pp. 2048, € 48,00.
Volume
che contiene tutte le sue encicliche col testo originale e la traduzione italiana.
Su Internet
Sezione del sito della Santa Sede dedicata a lui
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