Caterina da Siena, madre e predicatrice di unità
Andrea Vanni, Santa Caterina da Siena e una devota (particolare),
Siena, basilica di San Domenico - Cappella delle Volte,
1380-1383 circa (fonte)
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Chi è?
Caterina nacque a Siena il 25 marzo
1347, da Jacopo Benincasa e Lapa di Puccio de’ Piacenti, insieme a una sorella
gemella, Giovanna, che morì poco dopo la nascita. Sin dalla più giovane età
desiderò consacrarsi a Dio.
Sedicenne aderì alle “Sorelle della penitenza di san Domenico” dette “Mantellate”, terziarie (ossia laiche legate a un Ordine religioso, quello domenicano nel loro caso) per il manto nero che portavano sull’abito bianco, e cominciò a servire poveri e malati, restando però in famiglia. Molti discepoli, specialmente giovani, cominciarono a seguirla e ad aiutarla.
Sedicenne aderì alle “Sorelle della penitenza di san Domenico” dette “Mantellate”, terziarie (ossia laiche legate a un Ordine religioso, quello domenicano nel loro caso) per il manto nero che portavano sull’abito bianco, e cominciò a servire poveri e malati, restando però in famiglia. Molti discepoli, specialmente giovani, cominciarono a seguirla e ad aiutarla.
Nel 1375, mentre pregava nella chiesa
di Santa Cristina a Pisa, ricevette le stimmate, ma chiese che non fossero
visibili. L’anno successivo partì per Avignone, all’epoca sede papale, per
convincere papa Gregorio IX a tornare a Roma. Soffrì molto per lo scisma d’Occidente
e sostenne la legittimità dell’elezione di Urbano VI.
Appena capace di leggere e di scrivere,
dettò numerose lettere ai suoi discepoli, i quali trascrissero anche le
preghiere e i colloqui estatici che le accadevano. Stremata dai digiuni, dalle
penitenze e dalle malattie, morì a Roma il 29 aprile 1380.
Fu canonizzata da papa Pio II il 29
giugno 1461. Nel 1630 papa Urbano VII la inserì nel Martirologio Romano, fissandone
la memoria al 30 aprile (il 29 era già commemorato san Pietro da Verona).
Il 13 aprile 1866 fu proclamata
patrona secondaria di Roma dal Beato Pio IX. Il 18 giugno 1939 papa Pio XII proclamò
lei e san Francesco d’Assisi Patroni d’Italia. Lo stesso Pontefice la elesse
patrona secondaria delle infermiere d’Italia.
Il 4 ottobre 1970 san Paolo VI la dichiarò
Dottore della Chiesa Universale. Il 1° ottobre 1999 san Giovanni Paolo II
proclamò lei e le sante Brigida di Svezia e Teresa Benedetta della Croce compatrone
d’Europa. La sua memoria liturgica ora cade il 29 aprile, giorno della sua
nascita al Cielo.
La sua tomba si trova nella basilica
di Santa Maria sopra Minerva a Roma, ma la reliquia del suo capo, la “Sacra
Testa”, è venerata nella Basilica Cateriniana di San Domenico a Siena. Altre località
custodiscono ulteriori reliquie.
Cosa c’entra
con me?
Il mio primo
incontro diretto con santa Caterina fu tramite le pagine di un libro per
ragazzi, preso per completare la collana che avevo iniziato a conoscere nel
corso delle mie visite ad alcuni santuari mariani della Campania. Non vorrei sbagliarmi,
ma credo che sia stato il mio primo acquisto in assoluto in una libreria
cattolica, al di là dei negozietti annessi ai santuari.
L’impressione che mi lasciò fu grande, specie quando lessi che già da bambina aveva avuto esperienze singolari, come la visione di Gesù in abiti pontificali sopra la basilica di san Domenico della sua città. Anche gli episodi nei quali mostrò la sua determinazione a consacrarsi a Dio mi colpirono a tal punto da decidere d’imitarli. Ero nel periodo in cui, dopo la Prima Comunione, avevo saputo che molti miei compagni non avrebbero proseguito il cammino in preparazione alla Cresima. Non avevo molto chiaro, all’epoca, il concetto di riparazione, ma pensai che, se mi fossi tagliata i capelli, avrei espiato al posto loro. Beninteso, non mi sarei rasata a zero, beninteso, ma avrei tagliato una ciocca della frangia. Se non ricordo male, mia madre mi colse sul fatto e mi rimproverò: non dovevo prendere su di me le conseguenze degli errori altrui.
Ho parlato di «incontro diretto» perché, in realtà, ero già passata sotto il suo sguardo, nel santuario della Madonna del Rosario di Pompei. A dire il vero, il Beato Bartolo Longo, quando gli fu regalato il quadro che intendeva esporre nella parrocchia di quel piccolo paese, fece modificare la santa ai piedi del trono della Vergine: da santa Rosa da Lima divenne, appunto, santa Caterina, perché la riteneva più adatta.
Molti anni dopo, l’ho ritrovata nella mia antologia di Letteratura italiana delle superiori. Precisamente, quel libro di testo conteneva la Lettera 273 a fra Raimondo da Capua, suo direttore spirituale, e il racconto di come accompagnò e preparò alla morte Niccolò di Tuldo, accusato di essere una spia di Firenze contro Siena. Anche nella biografia che avevo letto era contenuto quell’episodio. Non mi convinse molto il fatto di dover sviscerare la lettera cercando tutte le occorrenze del termine «sangue» o espressioni simili senza capire perché; mi sembrava di privare la lettera del suo senso più profondo.
Forse anche per quella ragione, ho passato anni senza accostarmi a lei. Non mi aiutarono neanche certe letture della sua spiritualità, dalle quali emergeva o come una malata di anoressia, o come una esagitata che pretendeva di dare lezione addirittura al Papa, o ancora, di converso, come un’operatrice di giustizia da prendere a modello contro le presunte storture della Chiesa di oggi. Ho poi comprato un’altra sua biografia, trovata a poco prezzo su una bancarella, ma non mi aveva affatto appassionata.
Lo scorso febbraio, guardando le ultime uscite dell’editoria religiosa, ho visto un nuovo libro su di lei. L’autrice mi sembrava una garanzia: era la stessa suora a cui mi ero rivolta per capire come presentare i Santi e i Testimoni senza trasformare le loro vite in racconti della buonanotte. Tuttavia, per varie ragioni, non ultima la mole di libri che dovevo e devo ancora leggere, ho trascurato quell’ispirazione.
Quando è cominciato il periodo d’isolamento per il coronavirus, meditando con alcune delle sue preghiere nel primo Rosario per l’Italia promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana, ho iniziato a pensare di dovermi riavvicinare a lei. Così, nell’imminenza della festa di ieri, mi sono procurata il libro di cui sopra, divorandolo nel giro di poche ore.
Ho trovato davanti a me una diversa immagine di Caterina: donna del suo tempo, ma che con i suoi insegnamenti tocca anche la nostra epoca; madre spirituale per tanti figli, nonostante la giovane età; mistica che sapeva dare tempo a Dio, ai propri cari e ai fratelli; messaggera di pace. Non era un ritratto dissimile da quel primo libro che avevo letto, forse perché entrambe le autrici erano consorelle impegnate nell’apostolato tramite la scrittura e, quindi, si sentivano a loro modo affini al soggetto che dovevano trattare.
Non ricordavo, poi, che la sua scelta vocazionale fu orientata da fra Tommaso della Fonte, suo parente, anche lui domenicano. Non sapevo che le Mantellate fossero perlopiù anziane e vedove e che, con quell’adesione, Caterina intendesse assumere uno stile di vita diverso da quello delle sue coetanee, spesso già mogli e madri.
Anche ieri c’è stato un Rosario per l’Italia tramite i media della CEI, ma non si è pregato con santa Caterina, bensì con san Giuseppe da Copertino, presso il santuario di Santa Maria della Grottella. Per un verso sono stata molto contenta, perché gli sono molto devota, come spiegavo qui, anche se un collegamento da Siena o da Santa Maria sopra Minerva sarebbe stato più ovvio. Con la santa senese, però, c’è un collegamento sottilissimo: anche il “santo dei voli”, com’è più noto, chiamava “Malatasca” il diavolo, prendendo spunto da lei.
L’impressione che mi lasciò fu grande, specie quando lessi che già da bambina aveva avuto esperienze singolari, come la visione di Gesù in abiti pontificali sopra la basilica di san Domenico della sua città. Anche gli episodi nei quali mostrò la sua determinazione a consacrarsi a Dio mi colpirono a tal punto da decidere d’imitarli. Ero nel periodo in cui, dopo la Prima Comunione, avevo saputo che molti miei compagni non avrebbero proseguito il cammino in preparazione alla Cresima. Non avevo molto chiaro, all’epoca, il concetto di riparazione, ma pensai che, se mi fossi tagliata i capelli, avrei espiato al posto loro. Beninteso, non mi sarei rasata a zero, beninteso, ma avrei tagliato una ciocca della frangia. Se non ricordo male, mia madre mi colse sul fatto e mi rimproverò: non dovevo prendere su di me le conseguenze degli errori altrui.
Ho parlato di «incontro diretto» perché, in realtà, ero già passata sotto il suo sguardo, nel santuario della Madonna del Rosario di Pompei. A dire il vero, il Beato Bartolo Longo, quando gli fu regalato il quadro che intendeva esporre nella parrocchia di quel piccolo paese, fece modificare la santa ai piedi del trono della Vergine: da santa Rosa da Lima divenne, appunto, santa Caterina, perché la riteneva più adatta.
Molti anni dopo, l’ho ritrovata nella mia antologia di Letteratura italiana delle superiori. Precisamente, quel libro di testo conteneva la Lettera 273 a fra Raimondo da Capua, suo direttore spirituale, e il racconto di come accompagnò e preparò alla morte Niccolò di Tuldo, accusato di essere una spia di Firenze contro Siena. Anche nella biografia che avevo letto era contenuto quell’episodio. Non mi convinse molto il fatto di dover sviscerare la lettera cercando tutte le occorrenze del termine «sangue» o espressioni simili senza capire perché; mi sembrava di privare la lettera del suo senso più profondo.
Forse anche per quella ragione, ho passato anni senza accostarmi a lei. Non mi aiutarono neanche certe letture della sua spiritualità, dalle quali emergeva o come una malata di anoressia, o come una esagitata che pretendeva di dare lezione addirittura al Papa, o ancora, di converso, come un’operatrice di giustizia da prendere a modello contro le presunte storture della Chiesa di oggi. Ho poi comprato un’altra sua biografia, trovata a poco prezzo su una bancarella, ma non mi aveva affatto appassionata.
Lo scorso febbraio, guardando le ultime uscite dell’editoria religiosa, ho visto un nuovo libro su di lei. L’autrice mi sembrava una garanzia: era la stessa suora a cui mi ero rivolta per capire come presentare i Santi e i Testimoni senza trasformare le loro vite in racconti della buonanotte. Tuttavia, per varie ragioni, non ultima la mole di libri che dovevo e devo ancora leggere, ho trascurato quell’ispirazione.
Quando è cominciato il periodo d’isolamento per il coronavirus, meditando con alcune delle sue preghiere nel primo Rosario per l’Italia promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana, ho iniziato a pensare di dovermi riavvicinare a lei. Così, nell’imminenza della festa di ieri, mi sono procurata il libro di cui sopra, divorandolo nel giro di poche ore.
Ho trovato davanti a me una diversa immagine di Caterina: donna del suo tempo, ma che con i suoi insegnamenti tocca anche la nostra epoca; madre spirituale per tanti figli, nonostante la giovane età; mistica che sapeva dare tempo a Dio, ai propri cari e ai fratelli; messaggera di pace. Non era un ritratto dissimile da quel primo libro che avevo letto, forse perché entrambe le autrici erano consorelle impegnate nell’apostolato tramite la scrittura e, quindi, si sentivano a loro modo affini al soggetto che dovevano trattare.
Non ricordavo, poi, che la sua scelta vocazionale fu orientata da fra Tommaso della Fonte, suo parente, anche lui domenicano. Non sapevo che le Mantellate fossero perlopiù anziane e vedove e che, con quell’adesione, Caterina intendesse assumere uno stile di vita diverso da quello delle sue coetanee, spesso già mogli e madri.
Anche ieri c’è stato un Rosario per l’Italia tramite i media della CEI, ma non si è pregato con santa Caterina, bensì con san Giuseppe da Copertino, presso il santuario di Santa Maria della Grottella. Per un verso sono stata molto contenta, perché gli sono molto devota, come spiegavo qui, anche se un collegamento da Siena o da Santa Maria sopra Minerva sarebbe stato più ovvio. Con la santa senese, però, c’è un collegamento sottilissimo: anche il “santo dei voli”, com’è più noto, chiamava “Malatasca” il diavolo, prendendo spunto da lei.
Il suo
Vangelo
L’annuncio
di santa Caterina unì carità e contemplazione, azione nella società e nella
Chiesa. In un’epoca in cui alle donne non era permesso avere ruoli di rilievo,
lei ottenne quel dono anche grazie all’appartenenza all’Ordine domenicano,
diventando a sua volta predicatrice.
Contrariamente alle interpretazioni che continuano a diffondersi su di lei, credo che agisse non per mettere i credenti gli uni contro gli altri, ma per richiamare in tono materno e commosso i sacerdoti (dal Papa in giù) alla loro autentica missione di ministri, ossia di servi, dispensatori di un potere che non veniva dai loro sforzi.
Per loro così pregava, nella Orazione VI (resa in italiano corrente):
Contrariamente alle interpretazioni che continuano a diffondersi su di lei, credo che agisse non per mettere i credenti gli uni contro gli altri, ma per richiamare in tono materno e commosso i sacerdoti (dal Papa in giù) alla loro autentica missione di ministri, ossia di servi, dispensatori di un potere che non veniva dai loro sforzi.
Per loro così pregava, nella Orazione VI (resa in italiano corrente):
Non respingere il
desiderio dei tuoi servi, ma conduci questa navicella, o autore della pace, e
attira a te i tuoi servitori in modo che, sparite le tenebre, brilli la luce
aurorale di quelli che sono radicati nella tua Chiesa per puro desiderio della
salvezza delle anime.
Di
certo le sue preghiere si stanno elevando ancora, per tutti i luoghi e le
categorie che si mettono sotto la sua protezione.
Per saperne
di più
Elena Bergadano, Caterina
da Siena,
Edizioni San Paolo 1985
(quinta edizione 2012), pp. 104, € 9,00.
Il libro per ragazzi che me l’ha fatta incontrare, adatto anche per una prima conoscenza da parte di chi è più grande.
Il libro per ragazzi che me l’ha fatta incontrare, adatto anche per una prima conoscenza da parte di chi è più grande.
Raimondo da Capua (a cura di Angelo Belloni), Vita di Caterina da
Siena - Legenda maior, Paoline 2013, pp. 480, € 19,00.
La
primissima biografia, resa in italiano corrente.
Le preghiere di santa
Caterina, Città Nuova 2011,
pp. 208, € 12,00.
Una raccolta di tutte le preghiere di
santa Caterina da Siena disseminate nelle sue opere, nelle prime biografie e
nelle deposizioni del processo di canonizzazione.
Beatrice Immediata, Caterina – Una santa del Trecento
italiano, Cantagalli 2019, € 13,50.
Biografia divulgativa ma con agganci agli
scritti e alle prime opere su di lei, uscita nel sessantesimo anniversario della
proclamazione a patrona d’Italia e nel ventesimo di quella a patrona d’Europa.
Carlo Riccardi (a cura di), Breviario Cateriniano –
Una pagina al giorno dall’Epistolario di S. Caterina da Siena, Cantagalli
1996, pp. 480, € 18,10.
Santa Caterina ha lasciato 381 lettere,
quasi una per ogni giorno dell’anno. Da lì sono tratti i pensieri proposti in
questo volume.
Su Internet
Sito
del Centro Internazionale Studi Cateriniani
Sito
dell’Associazione Internazionale Caterinati
Sito
della Basilica Cateriniana di San Domenico a Siena
Sezione
del sito Viae Siena dedicata a lei
Sito
dell’Arciconfraternita di Santa Caterina a Roma
Ho conosciuto santa Caterina da Siena tramite mia madre che anni fa si recò proprio a Siena per lavoro con mio padre, dove visitò la chiesa della reliquia e mi portò un libretto credo. Successivamente sono stata anche io a Siena e ho visitato la chiesa dov'è custodita la reliquia della sua testa e dove presi un'immaginetta per la devozione. Tuttavia è stato più recentemente che, tramite Tv2000, ho conosciuto megliola figura di questa santa, scoprendo che era una laica consacrata e che anticipava la grande fioritura di vocazioni laiche nel nostro secolo (focolarini, memores domini, numerari dell'Opus Dei e altri).
RispondiEliminaTecnicamente parlando, più che alle laiche consacrate odierne mi verrebbe da assimilarla alle "monache di casa" diffuse specie a Napoli nell'Ottocento: vivevano in famiglia, spesso si facevano chiamare "suor" e, per essere seguite meglio, erano poste sotto la protezione di un Ordine religioso, di cui entravano a far parte come Terziarie. In moltissimi casi hanno poi dato vita a congregazioni religiose vere e proprie.
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