Esperienze al profumo di nardo (Le 5 cose più #21)

Icona dell’Unzione di Betania (più propriamente, Gesù ospitato da Marta e Maria),
Seminario di Venegono Inferiore (non ricordo l’aula precisa)

Questa è una Domenica delle Palme senza la benedizione degli ulivi e le tipiche processioni, almeno dalle mie parti, a causa della pandemia per il nuovo coronavirus. Nelle comunità di Rito Ambrosiano è prevista solo la Messa del giorno, ma già in circostanze normali solo in una Messa viene proclamato il brano dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme secondo l’evangelista Giovanni.
In tutte le altre, il Vangelo scelto è quello dell’Unzione di Betania, sempre secondo Giovanni (che nel Rito Romano è invece al lunedì della Settimana Santa), e si fa esplicito riferimento, nelle orazioni e nelle antifone, ai vari aspetti della Passione di Gesù: ecco perché l’intitolazione precisa è «Domenica delle Palme nella Passione del Signore» (però non è mai stata presente la prassi di proclamare l’intera Passione secondo Matteo, come nel Rito Romano).
A me, però, quando capita di ascoltare quel brano, viene in mente solo l’esperienza di fede, tra gioia, dolore e desideri, del seminarista Alessandro Galimberti. «Ancora lui?», diranno i miei lettori di lunga data.
In effetti, inizialmente avevo pensato di presentare alcuni stralci della sua Regola di Vita, ossia il testo programmatico che i giovani, nella mia diocesi, sono invitati a scrivere nell’imminenza delle scelte importanti per la propria vita; tanto più che oggi cade la trentacinquesima Giornata Mondiale della Gioventù. Di solito avviene tra i diciotto e i diciannove anni, ma nella raccolta edita di gran parte degli scritti di Alessandro porta la data del 6 agosto 2001, quattro giorni prima che lui compisse ventuno anni.
Mi sono però resa conto di un elemento: fino a oggi, non mi ero mai posta la domanda sul perché avesse scelto proprio l’Unzione di Betania in Giovanni come icona biblica, ossia il passo che doveva servirgli per rileggere il suo cammino fin lì e per formulare i propositi per il futuro, confluiti nella preghiera che poi intitolò Barattolo di nardo. Lui stesso non lo dichiara, almeno in quello scritto.
Ho l’impressione, in ogni caso, di non essere l’unica a pensare a lui quando sento parlare di quell’episodio evangelico. Credo che accada anche alle Suore Marcelline, perché la biografia del loro fondatore uscita per la sua beatificazione aveva proprio quel brano come elemento comune (e citava Alessandro nella dedica, nella prefazione e nella conclusione).
Anche tutte quelle suore a cui è stata proposta quella preghiera in corsi di Esercizi Spirituali o ritiri, i giovani che hanno meditato su quelle parole per i più svariati motivi, gli amici sacerdoti e non che hanno condiviso davvero con lui un tratto di cammino, ormai credo che non possano fare a meno di ripensare a quanto aveva scritto e ad applicarlo alla propria storia personale.
Quanto a me, in almeno cinque momenti, da quando ho saputo di lui, ho sentito quel profumo, ora con le mie narici, ora immaginandolo, ora domandandolo quasi come se fosse lo «strumento di rivelazione» della presenza di Gesù che quel giovane seminarista aspirava a essere.


1) 26 luglio 2006

Nel mio diario dell’epoca non ho annotato il giorno esatto in cui le Figlie di San Giuseppe di Rivalba m’indicarono il volto di Alessandro sul tableau della sua classe. So per certo, invece, che il 26 luglio 2006, per la prima volta, ho menzionato la sua preghiera, mentre riflettevo sulle sensazioni che mi avevano lasciato la lettura di una piccola biografia di san Gabriele dell’Addolorata e la partecipazione, non voluta, alla Messa in suffragio di una ragazza di nome Anna, nel giorno del suo onomastico.
Col passare del tempo, ho iniziato a domandarmi come fosse effettivamente il profumo del nardo. Credevo che fosse difficile da trovare in Italia: ho quindi iniziato a pensare a come procurarmelo.

2) 18 novembre 2009

Durante gli Esercizi Spirituali serali d’Avvento per i giovani della città di Milano, nella basilica di Sant’Ambrogio, quell’anno erano previsti alcuni segni che ricordavano il sacerdozio battesimale dei fedeli. Dopo l’aspersione e l’incensazione, l’ultima sera ci sarebbe stato quello dell’unzione, proprio con dell’olio di nardo.
Mentre veniva eseguito il canto Olio di letizia, mi sentivo sempre più emozionata. A un certo punto, il coro si è interrotto e un lettore ha iniziato a leggere, su sottofondo musicale: «Signore Gesù, voglio essere per te come quel barattolino di olio di nardo che Maria riversò sui tuoi piedi…».
Accanto a me c’era un mio compagno di università, col quale avevo familiarizzato, pochi mesi prima, proprio quando avevo scoperto che anche lui aveva sentito parlare di Alessandro. Mi venne spontaneo dargli un colpetto di gomito, senza dire nulla per non rovinare l’atmosfera. Altrettanto in silenzio annuì, poi riprendemmo a pregare, mentre lacrime di commozione bagnavano il banco su cui ero inginocchiata.
Quella sera ho faticato ad addormentarmi: continuavo ad annusare il palmo della mia mano destra, cercando d’imprimermi nella memoria il profumo che ora era realtà. A dirla tutta, mi tenevano sveglia un sacco di fantasticherie: dato che la preghiera non c’era sul libretto, pensavo che qualcuno dei giovani presenti avrebbe cercato il testo su Internet e sarebbe capitato su qualche pagina che parlava del suo autore, oppure avrebbe chiesto al proprio don che, magari, era stato suo compagno in Seminario.

3) Non ricordo la data precisa, ma tra il 2009 e il 2010

Tramite un mio conoscente di Lissone, ho ricevuto alcune immagini-ricordo, quelle che furono distribuite, per volere dei familiari, il giorno in cui i Preti 2006, che sarebbero stati i compagni di ordinazione di Alessandro, celebravano la loro Prima Messa.
Dato che erano appena dieci, ho deciso di consegnarle a persone che avrebbero apprezzato; ad esempio, a uno dei sacerdoti all’epoca nella mia parrocchia di nascita, collezionista di santini e ricercatore di storie esemplari soprattutto nel passato.
Ricordo che a un certo punto gli ho detto che temevo di anticipare il giudizio della Chiesa su quel giovane, regalando le sue immaginette e diffondendo le testimonianze che avevo trovato sul web. Lui mi suggerì, ma sembrava più un ordine: «Chiedi un segno!». Con un certo sarcasmo, commentai: «Sì, dell’olio di nardo che esce dalla sua tomba!», tenuto conto che il don era molto interessato al fenomeno della “manna”, quella resina strana che promana ai luoghi dove sono venerati santi come Nicola di Bari o l’apostolo Andrea.
Non molto tempo dopo, durante una conversazione con un giovane che era stato compaesano e amico di Alessandro, ho saputo che sulla sua lastra tombale c’era un vasetto da cui fluiva dell’olio di nardo. Sia il recipiente che il contenuto, però, erano parte del monumento funebre.

4) Lunedì 4 agosto 2014

Ricordo con precisione che il primo acquisto che ho fatto in Terra Santa, al mio arrivo a Gerusalemme, è stata una boccetta di olio di nardo. A Betlemme ne ho poi presa un’altra, come profumo per il corpo. La uso solo in occasioni speciali, oppure, quando ho dei momenti di sconforto, la apro e l’annuso.
L’anno scorso ho regalato il primo flaconcino alla mia migliore amica, per Pasqua. Dopotutto, il nardo è anche il profumo dell’amicizia: lo stesso Alessandro, nella sua Regola, scrive che secondo lui Maria di Betania lo sparse sui piedi di Gesù non perché in Lui vedeva il taumaturgo che aveva riportato in vita suo fratello Lazzaro, ma perché era Gesù e basta.
Non immaginavo, però, che la mia amica fosse allergica a quel tipo di fragranze…

5) Giovedì Santo 2015

Dato che quell’anno avrei compiuto trentuno anni, era la mia ultima possibilità per partecipare a Farò la Pasqua da te, il Triduo Pasquale per i giovani, in collaborazione con il Seminario di Milano, ormai nella sola sede di Venegono Inferiore.
Dopo essermi sistemata nella camera che mi era stata assegnata, sono scesa nell’aula dove doveva svolgersi la prima meditazione. Subito ho avvertito un odore familiare: c’era del nardo in un profuma-ambienti.
Ero tra il commosso e l’arrabbiato: ero venuta lì col proposito di concentrarmi sulla Passione del Signore, ed ecco che invece mi tornava alla memoria il fatto che Alessandro aveva studiato in quelle stesse aule (nel Corso Propedeutico e, nell’anno di III Teologia, per quello che ha potuto seguire tra un ricovero e l’altro) e pregato nella cappella col Gesù della Chiamata e nella Basilica centrale!
Quel ritiro è stato particolarmente fruttuoso, in termini di conoscenze di nuovi amici (tra i quali un ragazzo che poco tempo dopo tornò a Venegono come seminarista e un giovane attualmente diacono) e di riflessioni su quei giorni centrali per la nostra fede.

Un profumo che aiuta a guardare a Gesù

Ora che so come profuma il nardo, posso facilmente identificarlo con la persona stessa di Gesù. È dolce, ma persistente; è discreto, ma inconfondibile. Adesso lo trovo facilmente nelle librerie cattoliche o nei negozi online, anche se in Terra Santa, ovviamente, costa meno.
Non so se Alessandro avesse quelle medesime doti, né sono certa che chiunque l’abbia avvicinato abbia trovato in lui qualcuno che rimandasse al Signore. Tuttavia, per me è stato così, anche se, come ho ribadito più volte, tra me e lui c’è solo un legame nella Comunione dei Santi (ma non è poco).
Ripensando alle letture di oggi, mi sono ricordata che c’è quel passo della Lettera agli Ebrei che ho scelto come linea editoriale, o meglio, come icona biblica. I Testimoni mi circondano e mi stimolano nella corsa che mi sta davanti, ma lo sguardo deve restare fisso su Gesù.
Nell’imminenza di questa particolarissima Pasqua, chiedo allora perdono perché, invece, mi sono concentrata troppo sui mezzi, Alessandro compreso, e meno sul fine della mia esistenza.

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