Rocco, servitore pellegrino per Cristo e per gli appestati
Rocco
nacque a Montpellier tra il 1345 e il 1350, da una famiglia nobile. A vent’anni,
rimasto orfano di entrambi i genitori, vendette tutti i beni che aveva ereditato
e partì per un pellegrinaggio alla volta di Roma, per pregare sulle tombe degli
apostoli Pietro e Paolo.
Intorno
al 1367 si fermò ad Acquapendente, vicino a Viterbo, per assistere gli ammalati
di peste: li curava e li sosteneva anche nella preghiera, tanto che gli furono
attribuite molte guarigioni. Rimase lì per circa tre mesi, però, mentre si
avviava verso Roma, seppe che in Romagna la peste continuava. Anche in quella
regione curò i malati e pregò per loro.
Finalmente
arrivato a Roma, proseguì la sua opera di assistenza, guarendo anche un
importante prelato della Curia romana, che lo presentò a papa Urbano V. Riprese
quindi la via del ritorno, ma si fermò dovunque gli sembrava che la sua
presenza fosse necessaria.
Nel
luglio 1371 arrivò a Piacenza e cominciò a prestare servizio nell’ospedale di
Nostra Signora di Betlemme, ma si ammalò a sua volta: gli spuntò un grosso
bubbone su una gamba. Per non dare fastidio agli altri ammalati, si rifugiò in
una capanna nel bosco di Sarmato, poco distante da Piacenza, ma rischiò di
morire di fame e di sete. Un nobile del luogo, Gottardo, si accorse di lui grazie
a uno dei suoi cani: rimase così colpito dall’austerità del pellegrino da
decidere di seguirne l’esempio, vendendo tutti i propri beni.
Secondo gli studi più recenti, Rocco non tornò mai più in Francia: fu arrestato a Broni, nel corso della guerra fra il Ducato di Milano e papa Urbano V, perché sospettato di essere una spia pontificia. Poiché non volle svelare la propria identità, ma si dichiarò «umile servitore di Cristo», fu condotto a Voghera e incarcerato. Morì il 16 agosto del 1376 o del 1379, dopo aver chiesto che gli venisse chiamato un sacerdote per gli ultimi Sacramenti.
Non esistono documenti certi né riguardo alla sua appartenenza all’Ordine Francescano Secolare, né riguardo l’apertura della sua causa di canonizzazione. In compenso, è sicuro che papa Gregorio XIII ha voluto inserirlo nel Martirologio Romano al 16 agosto. Papa Urbano VIII, invece, approvò il suo culto col breve apostolico del 26 luglio 1629.
I suoi resti mortali sono venerati nella chiesa a lui dedicata a Venezia a partire dal 3 marzo 1490, ma erano stati traslati in quella città cinque anni prima. Altre città affermano di avere sue reliquie più o meno insigni.
Secondo gli studi più recenti, Rocco non tornò mai più in Francia: fu arrestato a Broni, nel corso della guerra fra il Ducato di Milano e papa Urbano V, perché sospettato di essere una spia pontificia. Poiché non volle svelare la propria identità, ma si dichiarò «umile servitore di Cristo», fu condotto a Voghera e incarcerato. Morì il 16 agosto del 1376 o del 1379, dopo aver chiesto che gli venisse chiamato un sacerdote per gli ultimi Sacramenti.
Non esistono documenti certi né riguardo alla sua appartenenza all’Ordine Francescano Secolare, né riguardo l’apertura della sua causa di canonizzazione. In compenso, è sicuro che papa Gregorio XIII ha voluto inserirlo nel Martirologio Romano al 16 agosto. Papa Urbano VIII, invece, approvò il suo culto col breve apostolico del 26 luglio 1629.
I suoi resti mortali sono venerati nella chiesa a lui dedicata a Venezia a partire dal 3 marzo 1490, ma erano stati traslati in quella città cinque anni prima. Altre città affermano di avere sue reliquie più o meno insigni.
Cosa
c’entra con me?
San
Rocco è uno dei primi Santi con cui ho iniziato ad avere familiarità, per un
motivo semplicissimo: c’era una
sua statua nella mia parrocchia di nascita. La ragione è che, prima di quella
attuale, esisteva una chiesa a lui dedicata, di cui rimane il ricordo nella via milanese
dove si trovava e che da lui porta il nome.
Come spesso accadeva, però, mia madre, che pure con tantissima pazienza sopportava il fatto che la costringessi a girare per la chiesa anche se c’era la Messa in corso, non mi spiegò mai la sua storia, anche perché non la conosceva.
Come spesso accadeva, però, mia madre, che pure con tantissima pazienza sopportava il fatto che la costringessi a girare per la chiesa anche se c’era la Messa in corso, non mi spiegò mai la sua storia, anche perché non la conosceva.
Ero
comunque incantata dal cane che gli stava accanto, che gli porgeva un panino
tondo come quel pane strano (non sapevo ancora che fosse l’Eucaristia) che
vedevo in mano al sacerdote. In compenso, la lunga piaga che il Santo indicava sulla gamba sinistra
mi faceva molta impressione. Per anni, poi, la mia parrocchia lo festeggiava la
prima domenica di ottobre, che di fatto andava a prolungare la festa dell’oratorio.
Quando
ho compiuto sei anni, l’ultima dei fratelli e delle sorelle di mia madre, che si
era trasferita anche lei a Milano per aiutarla ad accudire mia sorella, ha
sposato un uomo di origini pugliesi; di Leverano, per la precisione. Da allora
cominciò a trascorrere in quella cittadina alcuni giorni d’estate, proprio a
ridosso della festa di san Rocco, e ogni anno mi portava un’immaginetta-ricordo.
La prima volta rimasi sorpresa, perché quella statua non era proprio uguale a
quella che conoscevo io.
Quando
ormai ero adolescente, sono andata per la prima volta a Leverano coi miei
familiari, ospitata nella casa dove i miei zii abitavano per il periodo estivo.
Ho iniziato a seguire con attenzione i riti religiosi e i festeggiamenti
popolari, restando abbagliata, nel vero senso della parola, dalle luminarie
tipiche del Salento.
In
quella stessa circostanza ho appreso una delle versioni circolanti della storia
del Santo: quella secondo cui tornò a Montpellier, ma non fu riconosciuto
neanche da suo zio, governatore della città, che lo mise in carcere. C’era
anche un canto religioso tipico della festa, di cui non ho trovato traccia, ma
di cui ricordo alcuni versi (che spero di non aver travisato): «Pellegrino la
patria lasciasti / per l’Italia i tuoi passi drizzasti / il tuo tocco la morte fugò».
Solo
nel 2006, grazie a un libro che ho trovato presso il santuario di San Ciro a Portici,
la città natale di mia madre (per inciso, anche Ciro è un Santo legato alla medicina e ai malati),
ho scoperto la vera storia di Rocco, quella che ho sintetizzato nel paragrafo d’apertura.
Ammetto che, la prima volta che ho letto quel volume, mi sono trovata abbastanza
arida, ma del resto avevo appena cominciato a riappropriarmi delle storie sante
che, già nell’infanzia, avevano costituito le mie letture predilette.
In caso di malattie, a dire il vero, non mi sono mai affidata a lui, preferendogli figure più storicamente accertate, come san Giuseppe Moscati. Anche nel caso dell’epidemia da COVID-19 non pensavo di ricorrere a lui. A dirla tutta, se ancora abitassi nel mio vecchio quartiere, penso che avrei acceso almeno una candela di fronte alla sua statua, tanto più che, come ho letto sull’informatore parrocchiale, è stata messa in risalto sull’altare dove ora si trova.
Un articolo comparso a pagina 62 del numero 10/2020 del settimanale Credere, però, ha risvegliato in me l’interesse per lui. Peraltro, apprezzo particolarmente quella rubrica: Enzo Romeo, che la cura, riesce a far dialogare le storie dei Santi con l’attualità, mostrando un’efficacia tale che io, invece, cerco ancora di applicare nei miei post.
Ho quindi ripreso il libro che avevo comprato, riuscendo a capire che, come mi aveva insegnato un’agiografa ben più esperta di me potevo distinguere il dato storico da quello leggendario e, in tal modo, interpretare l’esperienza di Rocco anche in questi nostri tempi.
In caso di malattie, a dire il vero, non mi sono mai affidata a lui, preferendogli figure più storicamente accertate, come san Giuseppe Moscati. Anche nel caso dell’epidemia da COVID-19 non pensavo di ricorrere a lui. A dirla tutta, se ancora abitassi nel mio vecchio quartiere, penso che avrei acceso almeno una candela di fronte alla sua statua, tanto più che, come ho letto sull’informatore parrocchiale, è stata messa in risalto sull’altare dove ora si trova.
Un articolo comparso a pagina 62 del numero 10/2020 del settimanale Credere, però, ha risvegliato in me l’interesse per lui. Peraltro, apprezzo particolarmente quella rubrica: Enzo Romeo, che la cura, riesce a far dialogare le storie dei Santi con l’attualità, mostrando un’efficacia tale che io, invece, cerco ancora di applicare nei miei post.
Ho quindi ripreso il libro che avevo comprato, riuscendo a capire che, come mi aveva insegnato un’agiografa ben più esperta di me potevo distinguere il dato storico da quello leggendario e, in tal modo, interpretare l’esperienza di Rocco anche in questi nostri tempi.
Il
suo Vangelo
La
testimonianza di san Rocco, per quello che sappiamo di lui, contiene alcuni elementi
di verità. Anzitutto, l’esperienza del pellegrinaggio, che aiuta a interpretare
la vita come un cammino che ha una meta, ma spesso vede soste, forzate e non.
Per lui, quelle tappe coincidevano con l’assistenza ai malati. Gli ospedali come li intendiamo noi oggi dovevano ancora nascere, ma esistevano ugualmente strutture di ricovero. Il suo esempio, quindi, insegna a fermarsi di fronte alla malattia e a viverla fidandosi dell’intervento sanitario, ma anche della presenza di Dio, che lui rendeva palese tracciando sui malati il segno della Croce.
A parte la frase che pare avesse pronunciato per cercare di difendersi, non rimangono suoi scritti o detti, quanto piuttosto il ricordo delle sue azioni di carità. La sua leggenda, però, afferma che, quando fu aperta la sua cella e fu trovato il suo cadavere, fu rinvenuta lì accanto una tavoletta con questa scritta:
Per lui, quelle tappe coincidevano con l’assistenza ai malati. Gli ospedali come li intendiamo noi oggi dovevano ancora nascere, ma esistevano ugualmente strutture di ricovero. Il suo esempio, quindi, insegna a fermarsi di fronte alla malattia e a viverla fidandosi dell’intervento sanitario, ma anche della presenza di Dio, che lui rendeva palese tracciando sui malati il segno della Croce.
A parte la frase che pare avesse pronunciato per cercare di difendersi, non rimangono suoi scritti o detti, quanto piuttosto il ricordo delle sue azioni di carità. La sua leggenda, però, afferma che, quando fu aperta la sua cella e fu trovato il suo cadavere, fu rinvenuta lì accanto una tavoletta con questa scritta:
Chiunque m’invocherà contro la peste, sarà
liberato da questo flagello.
Alle
“pesti” del ventesimo secolo come l’AIDS e la SARS, per le quali san Rocco è stato
invocato, ora si è aggiunto il nuovo coronavirus. Spero che gli operatori
sanitari coinvolti, specie i volontari del Pronto Intervento, possano avere un
po’ della sua attenzione verso chi sta male.
Per
saperne di più
Luigi
Ferraiuolo, San Rocco – Pellegrino e guaritore, Paoline Edizioni 2003,
pp. 146, € 8,50.
Volume che presenta prima la leggenda, poi i dati storici, infine lo sviluppo del suo culto.
Graziano Pesenti, San Rocco – Pellegrino di Dio, Velar – Elledici 2012, pp. 48, € 3,50.
Simile al primo, ma più breve e a colori.
Gian Pietro Casadoro (a cura di), Il cammino devozionale di San Rocco in Italia – Storia, arte e tradizione, Marcianum Press 2015, pp. 228, € 16,00.
Libro sulla diffusione del suo culto dall’Italia settentrionale a quella meridionale.
Volume che presenta prima la leggenda, poi i dati storici, infine lo sviluppo del suo culto.
Graziano Pesenti, San Rocco – Pellegrino di Dio, Velar – Elledici 2012, pp. 48, € 3,50.
Simile al primo, ma più breve e a colori.
Gian Pietro Casadoro (a cura di), Il cammino devozionale di San Rocco in Italia – Storia, arte e tradizione, Marcianum Press 2015, pp. 228, € 16,00.
Libro sulla diffusione del suo culto dall’Italia settentrionale a quella meridionale.
Su
Internet
Sito della Scuola Grande di San Rocco a Venezia
Altri interessanti punti di vista sono stati espressi da Lucia di "Una penna spuntata": https://unapennaspuntata.com/2020/08/13/san-rocco-epidemie .
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